lunedì, 16/06/2008

Non si esce vivi dagli anni ’90

Chi l’avrebbe mai detto che il 2008 sarebbe stato l’anno del grande ritorno del trip-hop? Dopo il tanto sospirato terzo disco dei Portishead e il previsto ritorno sulle scene dei Massive Attack, che calcheranno di nuovo i palchi italiani a Luglio (Napoli, Roma, Ravenna e Venezia) e di cui è atteso un nuovo disco in autunno,adesso è pure il turno di Tricky, che tra un mese esce con il nuovo Knowle West Boy. Il disco è sempre la stessa roba, voce roca e sussurrata, ritmi sincopati e un po’ di chitarre qua e là, un po’ afro e un po’ metropolitano, con le solite vocette femminili a fare i cori.

A ricordarci che non siamo più negli anni ’90 c’è solo il sito dedicato, immancabile remix contest compreso, e la cover di Slow di Kylie Minogue, che in realtà non è così originale ma che con quella chitarra guadagna qualcosa in più. Ci manca solo il ritorno dei Lamb e degli Sneaker Pimps e poi siamo a posto.

 

Tricky – Slow (cover di Kylie Minogue) MP3
(link aggiornato)

 

venerdì, 13/06/2008

C’era una volta il nastrone

E’ un rito che ai tempi abbiamo fatto decine di volte.

Abbiamo passato ore a scegliere tutti i pezzi uno ad uno, a decidere l’ordine migliore, cosa mettere in apertura e cosa in chiusura, dove piazzare i pezzi da novanta e dove posizionare i pezzi che sottolineavano meglio il messaggio che volevamo mandare (c’era sempre un messaggio). Abbiamo scritto i titoli uno dopo l’altro stando attenti a non far sbaffare il tratto-pen sulla carta lucida della copertina (io, per evitare di passarci sopra con la mano e toccare l’inchiostro fresco, li scrivevo in ordine inverso), abbiamo considerato se mantenere un look sobrio e anonimo (titoli e poco più, di solito io facevo così) o se donargli una veste grafica più accurata (una foto? un ritaglio di giornale? un disegno?), abbiamo scelto il titolo (la chiave -ovviamente enigmatica- per capirne il senso profondo), valutato se fare una dedica o quantomeno una firma o una sigla, e alla fine l’abbiamo messo nella piastra e premuto «play», per sentire come suonava dell’inizio alla fine.

 

Abbiamo registrato mixtape per far colpo sulle ragazze, per far conoscere musica nuova agli amici, per avere la nostra colonna personale nell’autoradio, per festeggiare ricorrenze nostre o altrui, per selezionare la scaletta killer di un artista o un genere, per confezionare il mix da party definitivo, e per far colpo sulle ragazze (l’ho già detto?). Alla fine degli anni ’90 siamo passati ai cd masterizzati, sembrava un passo naturale ma già non era la stessa cosa. Ora facciamo le playlist sull’iPod, scriviamo le scalette sui blog, linkamo i nostri muxtape, ma la magia è persa, e lo sappiamo. La magia dei nastroni e della loro cultura è persa, e non tornerà.

 

Mix Tape – L’arte della cultura delle audiocassette è il libro compilato da Thurston Moore (voce e anima dei Sonic Youth, tra le decine di altre cose) per celebrare ed onorare questa piccola forma d’arte ormai scomparsa. Pubblicato negli States nel 2005 e appena uscito nelle nostre librerie nell’edizione italiana (bellissima e assolutamente fedele all’eccezionale veste grafica dell’originale) grazie alla sempre beneamata ISBN Edizioni, Mix Tape raccoglie le storie e le immagini di decine di nastroni originali a suo tempo creati da una serie di personaggi dell’undergound americano, selezionati da Moore.

Un libro che è un piacere sfogliare e guardare, rifacendosi gli occhi con le BASF dai colori acidi e le Sony nere e sobrie, con i titoli scarabocchiati a penna, le grafiche do-it-yourself, il mondo perso che evocano e i ricordi che fanno riaffiorare. Un libro che è un piacere leggere, nelle annotazioni brillanti di Thurston Moore e di Bruce Sterling (autore, nell’introduzione all’edizione italiana, di alcune delle osservazioni più lucide), nelle storie minime -ironiche, curiose, malinconiche- raccontate dagli autori dei nastri, nelle scalette d’altri tempi che riportano, e negli squarci di vita che se ne possono desumere. Un libro eccezionale.

 

Stasera, a Get Black, (come sempre alle 21 sui 103.1 FM a Bologna e provincia, per gli altri in streaming OGG o MP3, e dal weekend scaricabile in podcast) parliamo di nastroni, mixtape, cassette e di quello che hanno significato per noi, nei nostri personali amarcord e nella storia della musica e della sua fruizione.

Non paghi di scoperchiare questo vaso di Pandora, tentiamo nel nostro piccolo di emulare Thurston Moore e il suo certosino lavoro di ricerca sul tema, e chiediamo aiuto a voi: mandateci via mail (all’indirizzo black |at| getblack.it) i vostri nastroni storici e le storie che ci sono dietro, salite in soffitta e tirateli fuori dagli scatoloni, soffiate via la polvere e date loro nuova vita spiegandoci cosa succedeva in quei giorni, cosa vi ha guidato nella scelta della scaletta, a chi l’avete regalato (o da chi l’avete ricevuto) e cosa ha significato per voi. Se volete armatevi anche di scanner e macchina fotografica, per farci vedere la grafica e far sospirare un po’ anche noi. 

Chi ci manderà il nastrone più significativo, in ogni possibile senso del termine, riceverà una copia di Mix Tape – L’arte della cultura delle audiocassette, grazie a ISBN Edizioni. Diversamente dal solito avete a disposizione una settimana (premieremo il vincitore venerdì 20 giugno), così avete tutto il tempo per recuperare i nastroni dai luoghi in cui sono finiti, o di contattare quella ex a cui avevate fatto una formidabile compilation nel ’96 per chiedergliela indietro (tanto l’ha ascoltata al massimo due volte, ormai lo sapete). Chissà che, da questo, non nascano altre storie da raccontare.

 

giovedì, 12/06/2008

Diversamente greche

di

Sarò breve.

Le donne dell’isola di Lesbo hanno iniziato procedimenti legali affinchè il loro nome abbia di nuovo valenza esclusivamente geografica e le donne gay si cerchino un altro appellativo.

Non me lo sto inventando
.

Nei commenti voglio vedere osservazioni sociologiche, ma soprattutto proposte alternative.

_Galleria di immagini
 

mercoledì, 11/06/2008

DisKoInKiostro Volume 1

Non so bene che scrivere e allora mi sono detto: suona loro qualcosa. Falli ballare. Come in una di quelle serate infrasettimanali dove ci si può permettere qualche libertà. In cinque pezzi. Vero è che faccio selezione all’ingresso: inizio col nuovo singolo di uno dei miei produttori techno preferiti ed è oscuro e minaccioso nella sua violenta ipnosi frequenziale, quasi a dire che fareste meglio a girare al largo Tolti di mezzo i curiosi (non è vero, sanno usare benissimo il ffwd), tributo il giusto riconoscimento al padrone di casa riproponendo in ambito disco-effettato il beniamino Jose Gonzalez, con addizione di bassi super-sexy. Poi giusto per inimicarmelo, il padrone di casa, tiro fuori quello che sarebbero i Sigur Rós se fossero prodotti dalla DFA. In sequenza collego un pezzo dalla ritmica gustosamente offensiva e multipla. La chiusura è affidata a una cover tra la sabbia californiana dei nostri robot preferiti, a ricordare il loro amore per i ragazzi da spiaggia. Per l’immagine ringrazio gli inventori del brevetto. Ad alto volume, funziona meglio.

Mirrorball Patent

DisKoInKiostro Vol.1
(la tracklist si trova qui)

mercoledì, 11/06/2008

Se sei a corto di idee cosa e’ meglio di un gioco di parole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Chipsy King", "C U Latte", "Cubic Hair", "Juan in a million", "lord of the fries", "Wok this way", "Thai Tanic", "Sofa so good", "Public Hair", "Pita Pan", "Pets and the city" e "Marquis de salade".

Questi sono i miei preferiti, ma qua ce ne sono addirittura cinquanta..

 

domenica, 08/06/2008

iPhone reloaded

Nelle ultime 2 settimane in giro per la rete si sono letti talmente tanti articoli che ne parlano che il cultore dello zeigeist che alberga in me non può fare a meno di rilanciarlo: domani all’Apple’s Worldwide Developer Conference di San Francisco Steve Jobs terrà uno dei suoi celebri keynote, gli eventi in cui il guru della Apple svela al mondo con quale aggeggio lucido e scintillante ha intenzione di cambiare il mondo questa volta.

 

La stampa è unita nel pensare a questo giro sarà il turno del nuovo iPhone 3G, e se tutti sono concordi nel dare come certo il supporto UMTS -conditio sine qua non per lo sbarco in parecchi paesi, come l’Italia-, sul resto delle caratteristiche le ipotesi si sprecano: GPS, doppia fotocamera per le videochiamate con una rinnovata versione di iChat (anche per Windows), diversificazione dei modelli e delle funzionalità, prezzo super-ridotto (si parla di soli 200$) quando è venduto in bundle con un abbonamento, apertura dello store con le applicazioni create da terza parti, fino a ipotesi più fantascientifiche come l’alimentazione a energia solare.

Eccovi un po’ di link, prima che, alle 19 di domani sera, diventino tutti inesorabilmente obsoleti:

 

_il riassuntone di MacRumours (se cliccate su un solo link, questo è il più completo).

_l’analisi delle foto leaked diffuse venerdì da Crunchgear.

_le specifiche leaked del nuovo firmare.

_le prove del fatto che milioni di esemplari del nuovo iPhone sono già nascoste sul territorio americano

_il Financial Times di ieri si dice sicuro che il prezzo del nuovo iPhone sarà «significativamente più basso».

_Forbes riporta che la Apple sta cercando di brevettare l’uso di celle a energia solare per i dispositivi portatili, da mettere sotto lo schermo LCD (testo del brevetto).

_Secondo Repubblica è imminente lo sbarco del nuovo iPhone in Italia (ah beh, se lo dicono loro).

_Popular Mechanics esplora le implicazioni e priorità di un nuovo iPhone con GPS integrato.

 

Bonus:

_iPhone wishlist.

_4 motivi per cui gli Early adopters non hanno bisogno di un upgrade all’iPhone 3G.

_Come lanciare un prodotto Apple in 5 facili step.

 

[per la cronaca: no, non penso che comprerò l’iPhone neanche se tutte o quasi le voci che girano fossero confermate, nonostante sia un oggetto bello e fatto molto bene. Mi trovo ottimamente col mio geekissimo Nokia]

 

venerdì, 06/06/2008

Giovanni 11,1-46 2.0

 
 

 

 

 

 

***

 

 

Il piccione volava distratto, sfiorando pericolosamente alcuni passanti più bellicosi e rapidi di altri, una bici, un pioppo, un paio di suv, un lampione – il lampione chiaramente nemmeno si era mosso.

Con un paio di volute affannate riuscì a sollevarsi ancora ed a posarsi sul tetto dell’edificio, vicino all’insegna. Casaleggio ed., LTD, si leggeva, e sulla T spiccava un volatile sovrappeso. Il piccione valutò la situazione e decise di restare lì a meditare ancora un po’ sul da farsi, mentre tre piani più in basso Miscavige entrava nell’edificio. Il traffico intorno al Madison Square garden continuava indifferente.

 

 

***

 

“Cin”

“Cin”

“… davvero, non è questione di aspirazione alla frustrazione.”

“Mh.”

“Il punto è che Hank piace perché noi abbiamo già tutti i suoi difetti: pensiamo da anni alla stessa persona, non abbiamo mai sfruttato davvero le nostre capacità, siamo infelici e incapaci.”

“…”

“E la differenza è che lui oltre a questo è un donnaiolo ed uno scrittore di talento. Non si desidera l’infelicità, si desiderano le capacità.”

“E la possibilità di fare l’allegro cazzone a quarant’anni.”

“Sì, ma sul serio. Io ero un quarantenne quando ne avevo venti, a quarant’anni vorrei essere un ventenne.”

"Cinico e un po' stronzo?"

"Cinico e un po' stronzo."

“…”

 

***

 

L’odore è ancora troppo penetrante quando riapre gli occhi. Le palpebre sono pesanti, ed il sevoflurano ancora in circolo nei polmoni rende troppo difficile da sopportare persino la voce altrui.

“Parlate di meno, lentamente, faccio fatica”, riesce a dire dal letto alle due persone che gli sono accanto, che conversavano animatamente. Tacciono. Gli occhi che spuntano dalle lenzuola bianche e grezze dell’ospedale sembrano confusi.

“Cosa…”, cerca di dire, ma la fatica ha la meglio e ritorna a dormire.

 

***

 

“Quand’è che questo gioco è diventato più grande di noi? Che non siamo più riusciti a controllarlo? Per esempio… Ironman, l’hai visto Ironman, tu?”

“Beh, io…”

“Sai cos’ha scritto Strade dissestate? Cinquanta righe di elogio – alla sceneggiatura, agli attori, alla regia, agli effetti speciali, alle metafore – con un lunghissimo panegirico sul sottotesto morale. Tu l’hai visto, Ironman?”

“No, com’è?”

“E’ orribile. Si salvano gli attori e gli effetti speciali. La regia è scontata e la sceneggiatura fa ridere – dove non fa tristezza. È un elogio degli americani buoni e delle armi usate per giusti fini, inframmezzato da gag più o meno divertenti.”

“…e?”

“E quando è diventato normale il camp? Quand’è diventato encomiabile? Da quando Ironman è globalmente un bel film?”

“Io non…”

“Siamo noi che abbiamo legittimato tutto questo?”

 

***

 

Occhi aperti. Fatica. Occhi chiusi. Ecco, ora sì. Oocchi aperti. Bene. Pensieri da coordinare. Parliamo, proviamoci. Sorridono. Come sta. Sto bene, dico, o forse ci provo soltanto, forse farfuglio “OEEE” e lascio a loro lo sforzo di interpretare. Ieri febbre, mi dicono, capita, è normale. Adesso flebo, da domani mangia, non la voglio la flebo, già mi fa male tutto, non la voglio la flebo voglio solo dormire, dormire, dormire e ricordarmi perché sono qui e che cosa ci faccio.

 

***

 

Io al concerto dei Battles non c’ero. Non ero in città, se ci fossi stato ci sarei andato.

Eppure lo so, come era quel concerto. Era un frullatore: elettronica, math-rock, improvvisazioni di jazz acido, noise, tasti suonati a caso. Mi piace? Mi piace, è la mia posizione ufficiale, oramai io sono le mie posizioni ufficiali. Mi piace l’elettronica, mi piacciono i Battles.

C’ero al concerto? No, ma se necessario sì. Se dovessi potrei parlarne, ne ho viste a decine di concerti così, non fa nulla che non fossi davvero sotto il palco a vedere Ian Williams che ballava sghembo con la sua chitarra violentando sincopatamente la tastiera.

Se dovessi potrei parlarne, io il concerto dei Battles l’ho visto anche se non c’ero.

 

***

 

“Ben svegliato.”

“Ciao…”

“…David.

“Ciao, David.”

“Ricordi?”

“Niente.”

“Normale. Domani comincia il tuo training. È stato così per tutti, stai reagendo bene. Beppe abbiamo dovuto legarlo il primo giorno”

Beppe. “Beppe…”

“Sì. È normale, te l’ho detto, non sei il primo. Dormi, riposati, domani ti spiegheremo.”

Dormo.

 

***

 

E non lo so fino a che punto è stata una scelta voluta e quanto invece le cose si sono impossessate di me. Fisso lo schermo e non riesco a rispondermi.

Io ci lavoro, davanti a quello schermo. Ci passo le giornate, mi sono detto, tanto vale dedicarci anche il tempo libero, mi ci trovo. Così – twitter, myspace, anobii, lastfm, flickr, non ricordo più neanche dove ho veramente aperto un account e dove ho solo pensato di farlo.

E le cose si impadroniscono di te così, lentamente, un passo per volta. Cosa importa se dopo nove ore di lavoro passo ancora altre due ore davanti ad un LCD. Non mi costa fatica. Non mi dispiace.

Uscire? Ancora un feed, ancora un commento.

La ventola ronza silenziosa mentre la luce passa tra i contatti, costante ed indifferente a dispetto di tutti i fan di nerooogle del mondo.

 

***

 

Oggi è diverso. Lo aiutano ad alzarsi, a lavarsi, lo vestono. Ti gira la testa? No. Va bene un discorso più lungo? Va bene. Vieni con noi. Va.

La stanza è un ufficio asettico virato in bianco, un ficus stereotipato, qualche foto alle pareti. Il titolo di commodoro, una foto dell’attore che salta sopra i divani impegnato a promuovere Narconon.

Dietro la scrivania ci sono due sedie, sulle sedie due marionette, o due persone, è tutto ancora così buffo. Parlano, una in inglese ed una in italiano, spiegano.

Non ti devi preoccupare di nulla, ci pensiamo noi. Tu non ricordi, è normale, è tranquillo, è tutto scritto. Indicano dei fogli, gli puoi dare un’occhiata se vuoi, alle prime pagine, riconosci la grafia?

Il resto non lo leggi però, funziona così. Riconosce la grafia.

Da adesso andrà tutto bene, da adesso non sei più solo, ci pensiamo noi, non ti devi preoccupare di nulla. Non sei il primo sai, sappiamo già cosa fare, in questo momento stai vedendo Cai Guo Qiang al Guggenheim. Tranquillo, leggi e ricorderai. La gente, la gente si aspetta delle cose da te, tu non ne potevi più, quelle cose gliele daremo noi. Non ti devi preoccupare di nulla, è normale.

La conversazione dura troppo e le palpebre sono di nuovo pesanti ed il ficus è più difficile da osservare adesso ed una delle due persone in camice se ne accorge perché la conversazione termina così.

 

***

 

“Ehi.”

“Ehi, quanto tempo… Come va?”

“Ti ricordi l’anno in cui Julian Cope si tagliò sul palco? Ti ricordi i concerti al Velvet? Ti ricordi la prima volta che ti accennato del gruppo svedese che a maggio avrebbe suonato a Bologna, la prima volta che ti ho parlato di Gibbard?

“Che hai?”

“Sono stanco.”

“Lavori troppo. Ma non è questo. Mi spaventi. Che hai?”

“Niente.”

“Mi chiami dal nulla, parli a fiume, non è vero che non hai niente. Che hai?”

“Sono sempre stato così?”

“…”

“Seriamente.”

“Così come?”

“Dai che lo sai che voglio dire”

“Sì. No. Uff. Che vuoi che ti dica?”

“Non lo so”

“Sei sempre tu, io ti conosco da tanto. Però non sei sempre stato così. Non posso parlare comunque, sto lavorando. Mi chiami dopo?”

“Mh.”

“Mi chiami dopo?”

“Va bene.”

“Va bene. Ci conto. Stai tranquillo e poi ne parliamo.”

“Sì. Ciao.”

“Ciao.”

 

***

 

Poi per un momento mi è sembrato di ricordare. Ero sveglio, dormivo, non lo so. Cioè lo so, razionalmente lo so, si chiama allucinazione ipnagogica. Di solito succede che credi di svegliarti e rimani paralizzato. Urli e non ti sente nessuno. Hai visioni, probabilmente è così che la gente parlava con dio anni fa. Allucinazioni ipnagogiche. Eppure mi è sembrato di ricordare.

Scrivevo, avevo questo… avevo un blog. Mi chiamavo… mi chiamavo Fabiano Frangia. Sì, Fabiano. Mi pare. Scrivevo di musica, scrivevo, la gente… maledetta indeterminatezza dei sogni. Non era così. Mi chiamavo… mi chiamavo Filippo. Filippo Facci. Sì, questo me lo ricordo, Filippo Facci, il nome me lo ricordo. Scrivevo di tutto, la gente leggeva e commentava, male commentava, la gente leggeva e mi insultava. Filippo Facci. Oppure no, la gente mi insultava davvero? Eppure per un momento mi è sembrato di ricordare.

 

***

 

La gente balla comunque, se metto elettronica ucraina o quel pezzo che adoro che dice Then you picked the wrong place to stay. La gente balla comunque, lo fa da sempre qui, eppure mi sembra diverso. Mi sembra che prima ballassero di tutto perché erano curiosi di tutto, era il sapere aude della musica. Ora ballano di tutto perché tutto gli è indifferente, non sono qui per la musica, non sono qui per scoprire, sono qui ma potrebbero essere al Billionaire se fosse di moda il Billionaire.

Meglio quando ce la tiravamo in trenta, quando Meloy era un cognome come un altro? Chissà. E chissà quanti lo hanno detto di me quando sono entrato qui la prima volta, quando guardavo io l’uomo con il box dei dischi dietro il palchetto rialzato scegliere la canzone successiva. Where are your friends tonight?, continua a chiedere, ed io la risposta davvero non la so.

 

***

 

“Reagisce meglio del previsto.”

“Sì, ottimo soggetto.”

“Il team come sta andando?”

“Bene. I nuovi si stanno integrando con quelli scelti da lui. Un po’ troppo anarchici.”

“Pensi che…”

“Solo se necessario.”

“I nostri?”

“Firmeranno a suo nome. Alcuni già lavoravano per…”

“Sì, chiaro.”

“E per Antonio.”

“Mh.”

“Cosa?”

“Ce n’era davvero bisogno?”

“Lo sai anche tu che non ho fatto niente stavolta, è stato lui”

“Sì, ma…”

“Sarà utile, non ti preoccupare.”

 

***

 

Ieri ho passato il limite. Dal nulla hanno cominciato a parlarmi in tre su googlechat. Ho detto che stavo uscendo e ho salutato tutti affrettatamente.

Poi mi sono deciso, non ne posso più, ci pensavo da un po’. Basta, davvero.

Sono andato alla libreria e l’ho preso. Il web è morto, viva il web. Non ho potuto fare a meno di ridere. Com’è ironico il fato, i segnali che ci manda quando si diverte a prendersi gioco di noi.

Ho controllato la quarta di copertina mentre cominciavo a premere i numeri sulla tastiera.

 

“Pronto?”

“Gianroberto?”

“Chi parla?”

“Mi chiamo Francesco. Però scommetto che conosci il mio blog. Vorrei proporti un patto. So come funzionano le cose, vorrei farne parte anche io.”

“…”

“Beh?”
“Non parliamone qua. Ci incontriamo per un caffè e ne discutiamo un po’, ti va?”

“Va bene.”

“Senti, se ci trovassimo d’accordo… ti piacerebbe vedere Sutton Square di persona? Sai, mi pareva che ti piacesse…”

“Sì.”

“Bene. Mi faccio sentire. Ciao”

 

***

 

Mi hanno lasciato quelle quattro pagine sul comodino. Francesco Fungo, c’è scritto grosso nella prima, e la grafia è la mia, il nome è il mio. Continua con una serie di dati inutili per una pagina e mezza. Salto. Leggo. Dipendenza, recupero, collaborazione, editore fantasma, amnesia indotta, 2.0. Rileggo, non ci posso credere. Io sottoscritto Fungo Francesco… non ci posso credere. Però comincio a sentirmi meglio. Respiro. Non ho neanche voglia di dormire.

Entrano, gli chiedo se posso tornare in quell’ufficio, devo chiedere una cosa. Nessuna sorpresa. È tutto normale, certo, non sono il primo, eccetera.

E adesso, domando. Adesso ci pensiamo noi. E se volessi aggiungere qualcosa? Puoi, chiaro che puoi. Beppe aggiunge sempre delle battute qua e là. E gli altri? Gli altri li hai scelti tu, da prima. Io? Tu.

 

You think over and over, "hey, I'm finally dead.”

 

Io. Va bene allora, scriverò qualcosa io, voglio sancire il passaggio, voglio marcare la differenza. Non esiste e non è mai esistito, è una vostra proiezione mentale, batto in terza persona come da protocollo, rido da solo adesso nella luce fioca della stanza, e altrove continuo, dopo 5 anni e mezzo, da queste parti comincia l'era due punto zero.

 

Tenetevi forte.

 

 

venerdì, 06/06/2008

Nude and crude

di

Previously, on Radiohead: esce un disco nuovo, puoi scaricartelo senza pagare, è legale. Lo sa pure mia nonna che ascolta Radio Zeta. La promozione del disco e dei singoli è fatta attraverso iniziative che sfruttano web, UGC, eccetera. Tra queste trovate spicca Nude Re/mix: puoi scaricare i "layer" di cui è composta la canzone, e successivamente caricare il tuo orrido remix sul sito stesso. Ma la canzone ha struttura ritmica e compositiva che rende l’operazione – o almeno, ottenere risultati decenti – quasi impossibile. Fin qui ci siamo.

Finché arriva un tizio chiamato James Houston, e decide di suonare Nude utilizzando le seguenti apparecchiature al posto degli strumenti:

Sinclair ZX Spectrum – Guitars (rhythm & lead)
Epson LX-81 Dot Matrix Printer – Drums
HP Scanjet 3c – Bass Guitar
Hard Drive array – Act as a collection of bad speakers – Vocals & FX

Il risultato è questo video. Commovente, nevvero?

(grazie al Misterioso Segnalatore Anonimo)

giovedì, 05/06/2008

Lost, I atto

Da McSweeney’s, vista su Giavasan:
(se non siete almeno alla quarta serie di Lost non leggete oltre)

 

 

THE OPENING ACT FROM THE ORIGINAL, UNUSED TELEPLAY OF LOST‘S PILOT EPISODE

 

JACK: OK, everyone, gather round. I’m Jack. We crashed on this island. I’m kind of an alcoholic, and I had a really complicated relationship with my father, Christian, who was also an alcoholic.

 

CLAIRE: Christian Shepherd? That’s my dad, too!

 

JACK: No way!

 

SAWYER: Oh, yeah, I know that guy, too. I met him at a bar. He’s proud of you.

 

JACK: You met my dad?

 

SAWYER: Yeah, I met him right before I killed this guy I thought had ruined my life as a child. He was a con man who went by "Sawyer" and had an affair with my mother and then my dad found out and killed her and himself. It was ugly.

 

LOCKE: No way! That sounds just like my dad! He stole my kidney and then paralyzed me.

 

KATE: Paralyzed people can’t walk.

 

LOCKE: Don’t tell me what I can’t do! I can walk now, obviously. I think this island is magic or something crazy like that.

 

KATE: Know what else is crazy? I killed my stepdad, who was actually my dad, by blowing up the house he was in. Then I went on the run for a long time. That marshall guy that’s dying there was taking me to the U.S. to put me in jail.

 

(The "monster noise" is heard in the jungle.)

 

CHARLIE: What was that, mates?

 

HURLEY: I think it was a monster made of smoke that’s floating around for some reason.

 

(continua)

 

mercoledì, 04/06/2008

Suggestions from No Surprises

di

La mente delle persone funziona in modi imprevedibili e incomprensibili. L’intelligenza spesso assume delle forme e dei colori molto diversi da persona a persona. C’è chi pensa a zig zag, chi pensa come una serie di cubetti lego messi uno sopra l’altro. La mia mente funziona così. Tutto inizia con un’immagine che mi colpisce. E’ un’immagine irresistibile, quasi violenta nella sua bellezza, che parte dall’osso sacro, risale la colonna vertebrale e arriva fino al mio cervello. E così l’immagine rimane lì giorno dopo giorno e ogni tanto torna a trovarmi nei momenti più impensabili, magari mentre aspetto l’autobus o mentre nuoto. Poi a poco a poco si tirano dei fili, si creano dei collegamenti nel mio cervello e di solito è così che nasce il post. Tutta questa premessa per parlarvi di alcune suggestioni che hanno preso il via dal video di No Surprises dei Radiohead.

 

 

Il 1997 fu un grande anno per la musica rock, c’erano i Verve, c’erano ancora i Super Furry Animals che facevano su e giù con i loro molleggianti, c’era anche Thorn di Natalie Imbruglia. In quell’anno uscì uno degli album che mi avrebbe cambiato la vita OK Computer. Se in 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrik l’intelligenza artificiale HAL 9000 mostrava un uomo indifeso di fronte ad una tecnologia che non è più capace di gestire e che lo ha superato, in OK Computer, i RH usciti da The Bends non hanno più problemi ad affidarsi al computer per scrivere un album che sarà visto come uno spartiacque.

 

 

Lasciando da parte queste problematiche, solo molti anni dopo (circa 10!) dovevo scoprire l’opera di Yael Davids, Aquarium, datata proprio 1997, in cui l’artista infila la testa in una scatola di vetro piena d’acqua. Difficile si tratti di un caso, probabile che si sia trattata di una suggestione che il regista Grant Gee era pronto a cogliere.

 

 

Yael Davids è un artista nato a Gerusalemme che vive ad Amsterdam. Nelle sue istallazioni/performance si dedica da anni a studiare le forme di silenziosa violenza sociale. Le performance di Davids costringono il corpo umano a mettersi in posizioni scomode e forzate. In Mattress l’attore è disteso sotto ad un materasso e respira solo attraverso un piccolo buco. Per il visitatore che si è perso l’inizio della performance il corpo dell’artista rimane di fatto invisibile.

 

 

In altre installazioni Davids costringe i visitatori a infilare la testa, le labbra o altre parti del corpo in buchi sulle pareti creando assurde situazioni di conflitto e tensione tra il corpo e lo spazio circostante. Se quella di Yael Davids è un’arte silenziosa che proprio nel silenzio e nel soffocamento dell’essere umano esprime quello che ha da dire, i Radiohead riescono ad esprimere pensieri, sensazioni che di solito rimangono nel silenzio nella testa delle persone che ogni giorno prendono l’autobus e si sentono soffocare.

 

mercoledì, 04/06/2008

Fake cab for cutie

Era solo questione di tempo: prima o poi doveva accadere. Come riportano diverse fonti (1, 2, 3), un giornale musicale piuttosto blasonato (Rumore) ha recensito, senza accorgersene, la versione fake di un disco diffusa su internet al posto di quella vera. Il disco in questione è Narrow Stairs dei Death Cab for Cutie, eletto Disco del mese dal mensile in una recensione firmata da Sara Poma (ma probabilmente, c’è da dire, di questi tempi una cosa simile poteva capitare quasi a chiunque) che con tutta evidenza parla del disco sbagliato, citando arrangiamenti elettronici, inserti di pianoforte, o sperimentazioni rumoristiche di cui nei brani originali non c’è nemmeno l’ombra (e nei fake sì).

 

E’ già noto da un po’ che la copia del disco che è stata diffusa in rete ad inizio Aprile è in realtà per lo più composta da pezzi della band tedesca Velveteen, e complici l’incredibile somiglianza tra il sound dei due gruppi e gli mp3 perfettamente taggati, ci sono cascati quasi tutti (anch’io).  Se avete scaricato una copia del disco ad Aprile, è probabile che anche voi abbiate la versione sbagliata (controllate su wikipedia se la durata delle canzoni coincide).

 

Lascio a voi le prese per il culo (qui c’è già un instant-blog), i sorrisini per la palese figura di merda e i sacrosanti O tempora o mores, che in prima battuta di fronte a un passo falso così evidente sono quasi inevitabili. Chi sa come va il mondo, però, sa anche che qualunque appassionato di musica nel 2008 (anche i professionisti, sì) non può prescindere dall’ascolto e dal download, legale o meno, di canzoni e dischi da Internet, e che incidenti del genere sono -e saranno sempre di più- all’ordine del giorno. Le cause e le conseguenze di una situazione simile sono tante, e anche se a tal proposito sono già stati scritti fiumi di inchiostro, siamo certamente ancora ben lontani dall’averle approfondite tutte.

 

Mi piacerebbe che nel prossimo numero di Rumore, invece di far finta di niente (ce ne scorderemo, in fin dei conti) o di liquidare la cosa in qualche trafiletto, ci fossero un po’ di articoli, magari firmati dai collaboratori più lucidi del giornale (da Campo a Lo Mele, da Compagnoni a Girolami, da Pomini a Messina) che approfondiscano la questione e riescano a farcela vedere anche dalla prospettiva che noi non addetti ai lavori non abbiamo. Sarebbe una prova di onestà e lungimiranza non da poco.

Perchè -c’è poco da fare- questo è solo l’inizio.

 

 

Death Cab for Cutie – No sunlight (MP3)

Velveteen – The drummer goes berserk (No sunlight FAKE) (MP3)

 

Bonus:

Death Cab for Cutie – Long Division (MP3)

 

mercoledì, 04/06/2008

Invidiami

di

martedì, 03/06/2008

La miglior illusione ottica di tutti i tempi

lunedì, 02/06/2008

Inkiostro 2.0

Sì, sono tornato.

[da un po’]

 

Prima di partire per New York City, come già sapete, ho chiesto a un po’ di amici di scrivere qualche post in mia assenza per tenere vive queste pagine. Provvisto com’ero di laptop e smartphone, connessione wi-fi e tempo libero a volontà -il lusso maggiore, di questi tempi- pensavo che anch’io sarei riuscito ad aggiornare il blog abbastanza spesso da là, contando anche che gli argomenti non mi sarebbero certo mancati. Sapete già come è andata a finire.

 

I miei 17 giorni nella Grande Mela sono stati eccezionali oltre ogni dire, e ogni giorno le cose da raccontare erano talmente tante che non aveva senso rubar loro del tempo per mettersi a raccontarle. Abortita sul nascere ogni idea di scrivere qualcosa durante il mio soggiorno (mi sono limitato ad aggiornare con qualche report insopportabilmente cool il mio account su twitter), nei ritagli di tempo mi sono goduto i deliranti, eccellenti, post con cui i miei ospiti hanno animato queste pagine. Se vi hanno fatto rimpiangere la mia presenza, probabilmente non avete mai capito appieno lo spirito di questo blog.

 

Appena tornato, travolto dal jet lag, dalla montagna di lavoro che era rimasta quieta ad attendermi dietro l’angolo e da arretrati vari ed eventuali, mi sono preso qualche giorno sabbatico per recuperare le energie e il fuso orario, e poter così scrivere un post riassuntivo che rendesse giustizia almeno un po’ al mio spettacolare soggiorno newyorchese. Non sono riuscito a fare neanche questo; e a dire la verità non ho neanche avuto la voglia di provarci.

 

Nel mentre su queste pagine hanno continuato a scorrazzare liberi gli altri autori, scrivendo tutto e il contrario di tutto, giocando con la vecchia linea editoriale di questo blog, venendo insultati ed insultando, reclamando a gran voce il mio ritorno (eccomi, contenti?) e prendendo confidenza con quella che diventerà anche casa loro. L’esperimento del blog collettivo, infatti, mi è piaciuto molto, tanto che su queste pagine diventerà la normalità. Abituatevi a leggere la firma del post in basso a sinistra, perchè sarà sempre diversa, e sarà più spesso quella di qualcun’altro che non la mia; un po’ di autori ormai li conoscete già, e altri ancora ne arriveranno. Non so bene cosa ne uscirà, ma sono abbastanza sicuro che sarà meglio di quello che c’era prima.

 

Dopo 5 anni e mezzo, da queste parti comincia l’era due punto zero.

Tenetevi forte.

 

venerdì, 30/05/2008

Spiacente Hank Moody, c’è uno che ti batte

di

Le stagioni di Gossip Girl, House e Lost sono terminate; alla fine di Battlestar Galactica mancano due episodi. Non potevo certo stare con le mani in mano o essere costretto a vedere film d’autore, così, in consonanza perfetta con il processo di regressione che lo sviluppo della mia persona sta subendo da tempo (mi vesto più da giovane di quando avevo vent’anni, ho praticamente abbandonato la musica seria a cui ero approdato, non leggo i quotidiani, ho un blog, vado a concerti di gruppi del liceo di Brighton invece che al country club, sono allergico ai musei – mi fanno subito venir voglia di andare in discoteca, penso che limonare con sconosciute sia più divertente che fidanzarsi) ho scovato la mia nuova, magnifica ossessione: Mad Men.
Per farla breve,

Ambientata nella New York degli anni ’60, la serie tratta della vita di alcuni pubblicitari che lavorano per l’agenzia Sterling Cooper di Madison Avenue e si concentra sul dirigente e creativo Don Draper. L’ambientazione storica della sere dipinge i cambiamenti sociali in atto negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’60, con sullo sfondo la campagna presidenziale che contrappose John Kennedy a Richard Nixon.

Alla descrizione di Wikipedia, tra le tante cose che si potrebbero dire se non si fosse drammaticamente a corto di tempo (tipo che il confronto tra la società di allora e la nostra è un giochino molto interessante), aggiungo solo che Don Draper è un personaggio davvero complesso e contraddittorio, sofferto, di successo ma ombroso e misterioso; meno piacione e simpatico di Hank Moody, cucca quanto questo perché, ovviamente, è comunque molto figo. E Hank, mi spiace, in tua assenza ora il mio riferimento è lui: spero non me ne avrai a male.

Qua sotto i titoli di testa, dai quali già si intuisce che il modello maschilista e di apparente successo ritratto nella serie è tutt’altro che spensierato e anzi, rischia di vedere sgretolate le proprie certezze e di sentirsi cadere nel vuoto.

giovedì, 29/05/2008

Ultimamente Inkiostro fa vomitare

di

ECCOMI! Scusate il ritardo. Stavo finendo di leggere il post qua sotto di Violetta.
Sarò breve, così finite di leggerlo anche voi.
No davvero, Inkiostro, torna.
Non se ne può più della gente che scrive cose diverse dalle tue.
Io se vedo un nome diverso da Inkiostro non inizio nemmeno a leggere.
A volte mi capita anche quando sono in altri blog: se non ci scrive Inkiostro insulto il proprietario. Così. DEVE sapere.
A tutta questa gente che scrive diverso da Inkiostro (soprattutto a quel pirla che ha avuto addirittura la faccia tosta di aprire una rubrica fissa con tanto di banner personale), dedico questo link, in cui alcune delle menti più brillanti del nostro pianeta per imitare una scena dei Griffin si sono filmate mentre bevono sciroppo emetico e vomitano con violenza.
È una metafora, maledetti impostori, per sottolineare lo schifo che mi fate.
Qua sotto uno dei video a caso (non l’ho visto ma c’è un ciccione, che fa sempre guadagnare in folklore):
 

mercoledì, 28/05/2008

Preghiere esaudite, con sottotitoli.

Lui e lei si baciano nello stesso vicolo dove una volta sono entrato in una vetrina col motorino. Finora il film è tremendo e non solo per questo.”

Qualche settimana fa, a chi mi chiedeva ragione del nome che porto, ho risposto “um, io sono al 50% umana”.
Non volevo fare la spiritosa.
Sembrava solo il modo più rapido di spiegare che, vero, il Dna è quello, e quindi anche io butto sul morboso alla minima provocazione, spesso sento il bisogno di serrare i ranghi anche se non è successo assolutamente nulla e ogni tanto penso che se la civiltà come la conosciamo venisse risucchiata di botto da un buco nero non sarebbe tutta questa gran perdita, ma essendo nata da una madre e non da un cyborg risulto comunque più abilitata alle relazioni sociali rispetto alla generazione che mi ha preceduto.
Piccoli passi, cavalletta.

I protagonisti di Amore Tossico, tutti junkies all’ultimo stadio, hanno tutti una pelle stupenda. C’è qualcosa che mi sfugge.

Lo stesso, non è semplice conciliare questo quadro biologico – questa costellazione familiare, se vogliamo – con i miei obiettivi di massima.
Se potessi scegliere – sul serio: se potessi scegliere tra qualsiasi destinazione – vorrei essere sposata a un omosessuale non dichiarato verso la metà degli anni Cinquanta.
Scivolerei nella parte senza fatica.
Maniche a mezzo braccio, mobili da giardino pitturati di bianco, schiena parcheggiata in veranda nove mesi su dodici a giocare a mah-jong e ridere rovesciando la testa all’indietro. Ah, questi mariti, sempre impegnati con il lavoro! E se non è il lavoro è il circolo del Bel Gioco! Saranno settimane che non vedo il mio, di marito. Ah ah ah. Gradite un biscottino ai fiocchi? Che diamine, è quasi mezzogiorno. Passatemi il ghiaccio.
Questo pensiero è affiorato alla superficie solo nelle ultime settimane, però da qualche parte doveva pure aver messo radici, tant’è che l’estate scorsa – nel primo e unico shopping spree legato all’abbigliamento che la mia storia ricordi – ho comprato in posti diversi una serie di abiti talmente insensati da risultare drammaticamente funzionali, tutto un dipanarsi di sottogonne, corpetti, stringhe e lacci da stringere in vita, una serie di vestiti fighi dell’estate che chiameremo Splendore nell’erba 2.0 e che esprimono tutti, senza scarto, il desiderio di vagare in una piantagione al calare del sole sentendo dei fruscii poco rassicuranti a giro caviglia.
Che posso dire. Ho sempre avuto un debole per questa iconografia da perdita dell’innocenza, oppure, volendo essere più precisi, da tu hai sbagliato e Dio ti punirà. Accetto riviste illustrate dalle mani dei Testimoni di Geova, uso senza battere ciglio dei metaforoni come “scarpe da ballo nella polvere” e non mi spiacerebbe terminare la mia esistenza terrena come una metà a piacere di quel quadro con la casa e il forcone, ‘cause there’s no place like home, and home, that’s where the heart is, dàh-ling.

Nell’atrio c’è un sagomato col buco per farsi le foto con la faccia da Minimeo. Vorrei avere in tasca un vecchio Caballero e chiudermi al cesso per due ore.”

Cosa ancora più difficile da spiegare – però voglio spiegarla, o almeno provarci – queste, um, politiche sessuali a volume undici si uniscono, per tutto il resto, a una disposizione esteriore abbastanza rilassata.
L’universo tende a srotolarsi seguendo il suo corso. Il senso che ho di me non è legato mani e piedi al lavoro che faccio o al luogo in cui mi trovo. Si è tanto più autentici quanto più quello che hai dentro assomiglia a quello che metti fuori. Dio dà e Dio toglie.
Ma c’è un ma.
Avendo per anni indossato l’indipendenza, l’andare e venire come e quando volevo senza chiedere niente a nessuno, è piuttosto curioso sentire il bisogno di un compagno in senso sociale.

In effetti sarebbe un buon modo di svoltare la serata. Anche se io ho un debole per il primo, con Stephen Dorff che esplode and all.”

"Accompagnatore", parola persa nella traduzione.
Accompagnatore compare nel consumo culturale moderno come una tristezza inaudita, sempre in odore di sporcizia, un gradino sopra chiavatore di vecchie a Capri e un gradino sotto amico paraplegico di Carlito Brigante, lo si potrebbe rendere con “cicisbeo”. Sbagliando.
L’accompagnatore sarebbe il walker, lett. “quello che cammina con”: la persona di sesso maschile che scarrozza le signore sposate per risparmiare loro l’imbarazzo di andarsene in giro senza marito in società, e viene ricompensato non con i soldi (non sempre, almeno) ma tramite una gamma di vantaggi materiali (viaggi, vacanze, cene) e immateriali (far parte di un jet set internazionale di aristo-freak scoppiati per poterne un giorno riciclare le confidenze, pensare che la virtù basti a se stessa).
Io faccio coincidere walker e Daywalker, ma perché ho dei problemi a tenere separate le mitologie, non per essere originale.

Sarà il clima, il sonno o il pensiero di aver sbagliato le piastrelle del bagno, ma non capisco cosa impedisca ai piacentini di fare come i lemming.”

Devo fare una cosa sociale, come succede.
Devo fare una cosa sociale e non mi va di andarci da sola.
Ti va di accompagnarmi a una cosa sociale? Tempo cinquantacinque minuti navighiamo la sala e ce ne andiamo. So che non mi metterai in imbarazzo. Mi fido del tuo buon senso.
Non posso sempre chiedere alla stessa persona. Voglio dire, per i matrimoni avrei risolto (c’è una persona, una certa persona che riassume il senso del proprio stare al mondo in “l’aula di punizione delle high school è una lacuna che non riuscirò mai a colmare” – e intanto i favori da restituire si innalzano fino al cielo e oltre), mentre ogni altra occasione sociale, ma anche semi-sociale, rischia ancora di diventare un prom a cui farsi portare da un anonimo tizio addestrato alla bisogna.
E il walker potrebbe essere benissimo una female walker (walker-ess? walkerette?), se non fosse che le donne di solito hanno altre priorità. E poi, francamente, se ci vogliamo frequentare andiamo a mangiare fuori. In compagnia mista. Bando alle hen night.
E se sotto certi aspetti i parametri dell’estate cambiano da soli, senza strappi – non portare nulla al collo se non ti senti del tutto a tuo agio; non mettere tacchi troppo marcati, altrimenti affonderanno nell’asfalto come denti nel chewingum – ci sono cose che non cambiano mai. Non senza un intervento preciso da parte nostra.
Quello che mi serve è un alleato.
Quello che mi serve è un Diurno.
Ne ho costruito uno e l’ho offerto alla persona per cui sto scrivendo.

Ho scoperto che How Soon Is Now? era nella colonna sonora di Giovani Streghe, per questo l’hanno usata per Streghe. Almeno questa l’abbiamo risolta.”

A scanso di equivoci: l’accompagnatore non può, per alcun motivo, essere incarnato da un amico omosessuale.
Ci sono un sacco di cose divertenti che si possono fare con un amico omosessuale – la prima che mi viene in mente è l’abbraccio di Across The Universe (*), un bellissimo trick per cui è necessario sia un compare dal colore di capelli opposto al tuo sia non essersi messi d’accordo prima (la spontaneità è la chiave), la seconda è andare in giro in motorino d’estate, la terza ha al centro YouTube e, beh, non è una cosa molto divertente se non eri lì – però farsi accompagnare a delle cose sociali non è tra queste.
Di nuovo, questione di copioni.
Io non ti reggo lo zaino quando tu vai nei tuoi locali, tu non impersoni il ragazzo tuttofare quando mi trovo in certi impicci eterosessuali.
Semplice, di classe. No.

Che strano. In un bar di Pechino c’è una ragazza che ti somiglia.” 

Ce li avrei, gli amici giusti per questo genere di emergenze. Accidenti se li avrei. Se non che, quando scatta il momento per caso hai impegni domani, mi ricordo che se ne stanno incatenati alla scrivania fino a mezzanotte, oppure quando da me è sera da loro è mattina, oppure vanno a cena con i Bellissimi di Retequattro.
We keep odd hours.

A proposito. Ho sognato che era uscito il tuo libro, e tu eri la foto sul cruciverba di copertina della Settimana Enigmistica.”

Questo sparpagliamento geografico non ci impedisce di portare avanti il nostro consueto social networking nel mondo reale, una famigliona allargatona che appoggiata su un tavolo per il lungo riempirebbe cinque alberi genealogici.
Se ci pensi ti scoppia la testa da tutte le possibilità.
Un milione di figli unici, di gemelli mancati moltiplicati per tre, un milione di stanze d’albergo singole, costumi da bagno interi, libri ripassati, bagni allagati, prestiti a fondo perduto, un milione di sms con un milione di scherzi privati chiusi dentro – e come posso cancellare qualsiasi segno di un simile stato di cose dalla memoria del mio cellulare, chiunque abbia mai inquadrato la situazione con un “… dimmi che vai a vedere The Warriors a Coney Island, fallo per me” merita di essere salvato, e non sono pochi e nemmeno tanti.
Come ho detto.
Costellazioni familiari.

Quello che mi serve è un Diurno.
Quello che ho è un blood pack.
Le tue preghiere vengono sempre esaudite, nell’ordine in cui sono state ricevute.

(* ci sarebbe un link, ma per arrivare al momento-abbraccio bisogna prima guadare due minuti di Hey Jude cantata da un coro di orfanelli con il naso che cola, due minuti che non sottoporrei al mio peggior nemico, figuriamoci a totali estranei.)

martedì, 27/05/2008

Sessantanove Sessantanova Sessantanove

Ousiders ha riesumato la mitica Telenovela piemontese.

Assolutamente imperdibile.

 

venerdì, 23/05/2008

Riassunto delle puntate precedenti

di

LO POSTANO TUTTI E ALLORA LO POSTIAMO PURE DA INKIOSTRO, OK? QUALCOSA IN CONTRARIO? CERCATE LA RISSA??

Weezer, Pork and Beans.

venerdì, 23/05/2008

Tecnologia suocera

di

oggetto misterioso
Cos’è?

martedì, 20/05/2008

Tutto il cuoricino in una cassettina

di

Perché limitarvi ad ascoltare cassettine farlocche confezionate con freschi mp3 da persone che conoscete con dentro canzoni che nella maggior parte dei casi vi eravate già scaricati (leggi muxtape) quando potete ascoltare le cassettine vere di persone che sono sì assoluti sconosciuti, ma ehi, almeno loro hanno una vita vera? E magari suonano in un gruppo? Oppure magari un loro amico conosce uno che è cugino di uno che suona in un gruppo?

Cassette from my ex [via] è stato creato dal fondatore di Found Magazine, e si propone di raccogliere compile analogiche fatte da ex fidanzati/e e successivamente dimenticate nel cassetto, corredate di post memoriale e dalla puccissima immagine dell’amato/odiato dispositivo di tortura.

Un esempio: la cassettina di Joe, ex ragazzo di Claudia Gonson dei Magnetic Fields, compilata nel 1986. Wow. Oppure, vediamo, er, no, per ora è l’unica a sollevare in me un vaghissimo interesse.

Tempo di chiudere il post ed è scemato del tutto pure quello.
Inkiostro, perfavore, torna.

lunedì, 19/05/2008

Ceci n’est pas Inkiostro (A True Story).

(la cultura gay e i danni del porno in 15 punti)
1. L’ultima volta che qualcuno mi ha proposto di fare qualcosa sul divano io gli ho risposto “vorrei, ma ho una valanga di poesie di Baudelaire da leggere”.
2. Provo quindi un certo disagio di fronte al mash-up impossibile in cui i Pavement tributano il giusto riconoscimento al caposcuola Tiziano Ferro.
3. Se state leggendo il blog del ragazzo Inkiostro, esiste una forte possibilità che voi siate violettabb, Magent, punch-drunk, valido, batteriaricaricabile, woland, NuxxNews, kekkoz, atrentesimo, FrancescaGrado0, Icepick, hankmooody. State calmi, niente panico, ogni riferimento a fatti e persone non è purtroppo affatto mucciniano.
4. Se siete Iron Man, abbiamo poco da dirci. Si ricorre alle maniere forti. Spiacente.
5. Non è tanto questione di orientamenti sessuali. È solo sfacciata allegria se alla domanda “ehi, per caso hai sentito l’ultimo cantautore piagnone dal forte impatto gay tra parureris  alla James Murphy  o blowjob natalizi di Raffaella Carrà” io me lo taglio. Mi domando se si possa studiare la diminuzione delle meteore alla Casa 139, una scuola elementare senza fondi.
6. Il problema del mio mio fidanzato – cioè, il problema più immediatamente evidente dell’indie – sta nel suo essere a) frocio b) terrone e c) metallaro, categorie che prese singolarmente potrebbero non essere inadatte alla vita, ma insieme vanno a formare un Eternal Flame che mi imbarazza quanto Woody Allen che limona con Steve Shelley, anche se rimane confinato nell’angolo più buio della credenza per la prossima trentina d’anni.
7. Dopo di che, lo sappiamo, la notizia della settimana è: ritorna il piano fisso nei video porno dei Julie’s Haircut!
8. Prendiamo ad esempio (uno tra i tanti) I’ll Be Forever Crazy Through The Barricades (A Christian Story), video porno culto del padrone di casa [che al suo ritorno, direte voi, si pentirà di avermi dato la password del suo arriccia peli del petto? Oh, sì.], il video wannabe disco-lesbo in cui un’ottuagenaria viene stuprata da un salumiere brianzolo ingaggiato – per stuprarla, si intende – da Regina Spektor.
9. Di fronte a I’ll Be Forever Crazy Through The Barricades (A Christian Story), mentre la scaglia piatti Femmina alza gli occhi al cielo e sopporta per inspiegabile attaccamento all’attività post coitale, il condivisore di caffettini celebrativi Per Definizione (Maschio) pigola “oh, vorrei tanto essere anch’io così radical freak”.
10. Vediamo se ho capito: tu vorresti essere una misconosciuta scenester ottuagenaria o l’ignoto salumiere brianzolo di turno. Che delusione. un leghista col blocco del biscotto pucciato che caragna dietro a "Chi vuol essere milionario".
11. Hanno fatto bene i tuoi genitori a farti studiare trenino brasileiro con Anthony al Truffle Club. Le colpe dei genitori ricadono sui figli, lo sappiamo, è così dalle origini dell’uomo, da quando mia madre mi ha lasciato un servizio floreale degli anni ’60 a base di bagna càuda.
12. Non puoi desiderare di essere Nick Cave come tutti i grillini confusi e disorientati di Facebook?
13. David Duchovny è indie, quindi non ci provo nemmeno, a proportelo come alitatore da letto. Lo so che di fronte all’alieno malinconico e solitario di X-files invocheresti la Beppe Grillo defense. Tra i danni del liberismo, annovererei anche i Lego e il commercio equo solidale.
13.b  (Di solito di questo passo si finisce a invocare un mondo in cui Schifani alcolizzato perso si ritrova accerchiato da una gang di tifosi nocerini che roteano mazze ferrate con Meatloaf in sottofondo. Stavolta NON andrà così. Non siamo neo-porno, noialtri.)
14. Il vero motivo per cui non sono post-indie-gay – anzi, il motivo per cui non sono mai stato e non sarò mai a) frocio b) terrone e c) metallaro, anche se i miei consumi culturali a tratti possono sovrapporsi a quelli di Nikki – è che non sopporto il pigiama a teschi e tibie di mio figlio.
15. Ad esempio.

lunedì, 19/05/2008

Lost (o forse found) in the post

Inkiostro continua ad essere desaparecido (c’è chi dice abbia deciso di trasferirsi a Madrid, e chi giura di averlo visto prendersi un caffè con uno dei protagonisti di Sex & The City; secondo me invece ha piantato uno tenda sotto il ponte di Brooklyn e neanche Giuliani riesce a mandarlo via) e nessuno ha notizie di lui neanche su twitter, quindi metto da parte la timidezza e umilmente mi aggiungo al dream team di firme che da un po’ infesta questo blog. Mi chiamo Hankmooody (con poca fantasia e tanto, doveroso, omaggio a uno dei fictional characters più monumentali degli ultimi anni), e spero che non vi farò rimpiangere il padrone di casa.
Cominciamo con un post a punti, così ci sentiamo tutti un po’ a casa:

 

_Fox Moody. Continua il momento d’oro per David Duchovny, che dopo il Golden Globe per il ruolo nei panni del mio omonimo sta per tornare con l’attesissimo nuovo film di X-files, X files – I want to believe (trailer). E c’è chi, dopo Californication, si aspetta anche qui qualche incontro ravvicinato di un certo tipo…

 

_Boring Gossip. Da un blog che si chiama Indie Gossip ci si attenderebbe di tutto: voci di corridoio, scoop di nessun interesse, piccole malignità assortite. Invece, per ora, interviste banalotte a qualche misconosciuta scenester o all’ignoto musicista di turno. Che delusione.

 

_Ed è pure scientifico. Gli occhiali da sole che fanno dimagrire.

 

_Excel al servizio della classifica. La diminuzione del numero della canzoni che entra in classifica, con conseguente diminuzione delle meteore,  che, però, non sono mai state tante come lo sono ora e come lo erano negli anni ’60: dati e grafici alla mano, spettacolare analisi di Waxy (riportata anche da Cru7do).

 

_Barcelooooona. Da non perdere il trailer del nuovo film di Woody allen, Vicky Cristina Barcelona. Javièr Berdem che limona con Scarlett Johansson. Javièr Berdem che limona con Penelope Cruz. Ma soprattutto, Scarlett Johansson che limona con Penelope Cruz.

 

_Secondo me al padrone di casa piace. I Phosphorescent (nome da tenere d’occhio) sul loro Myspace rifanno il classico minore Right now I’m a-roaming di Nick Cave & The Bad Seeds. Bella.

 

_Li ho tutti. Signs you may be a hipster. I miei preferiti: «You stopped listening to your favorite band because your Abercrombie-wearing cousin told you he likes their new single.» «You dated someone because they knew Thurston Moore.» «You dumped someone because they knew Steve Shelley, but no one else in the band. » «You ended a friendship because a friend who you told about a new band told another friend about that same band, but didn’t tell that friend that they originally heard about them from you.»

 

_Un attimo prima del backlash. Godiamoci uno dei nomi più caldi degli ultimi mesi, i Ting Tings, prima dell’inevitabile sovraesposizione che ce li farà odiare. Dall’instant classic Great DJ (che ormai conoscono e ballano anche i muri), a Shut up and let me go usata nella pubblicità dell’iPod, alle mille session che ci sono in giro (DaytrotterKCRW e Indie 103.1, ad esempio). E pensate che il disco non è ancora uscito (esce oggi). Io (mi porto avanti- li odio già.

 

_After Amar Fou’s Haircut. Quattro ottimi nuovi video di ottimi musicisti italici: Riprendere Berlino degli Afterhours (impeccabile, a parte il mostruoso collo a barchetta della tutina di Agnelli),  30 anni che non ci vediamo degli Amari (ottima idea e ottima realizzazione; dai che stavolta Mtv ve lo passa), Se un ragazzino appicca il fuoco degli Amor Fou (già un classico, anche se un po’ boghese), Sleepwalker dei Julie’s Haircut (girati con le webcam di 12 macbook messi a cerchio Con una canzone così bella bastava anche un piano fisso).

 

_Meraviglioso. Non ho capito bene, Sawyer, figlio di che? Come mi hai chiamato, Desmond?

 

giovedì, 15/05/2008

Close your eyes and give me your hand

di

E la mia notizia preferita della settimana è: ritorna il lento!
O almeno a Buenos Aires, dove un evento pubblicizzato via Facebook ha attirato la bellezza di 4000 persone che hanno danzato al ritmo (molto basso) di ballatone d’altri tempi come Glory Of Love di Peter Cetera, (Everything I Do) I Do it For You di Bryan Adams e I Will Always Love You di Whitney Houston.
Ora, siccome che in qualità di metallaro dal cuore d’oro in circa 4 minuti sono stato in grado di tirare giù una scaletta di almeno 35 pezzi, ho deciso di regalarvi un tuffo nostalgico e farvi riassaggiare ciò di cui stiamo parlando.
Per cui, considerando che Whitney Houston è contro la mia religione e che Bryan Adams dopo quasi 20 anni ancora non l’ho digerito, innanzitutto beccatevi l’imprescindibile video della suddetta Glory of Love (Love Theme From Karate Kid II):
 

E poi cuccatevi in generoso omaggio una veloce compilation confezionata da me in persona (perdonatemi, non ho avuto tempo di pubblicare una dozzina di mp3, per cui punta tutto su Youtube):

FROM VALIDO WITH LOVE

Guns’N’Roses – November Rain
[subito un pezzo da 90 a tradimento]
Extreme – More Than Words
[il regolamento ci impedisce di ignorarla]
Warrant – Heaven
[visto che recentemente si parlava di loro…]
Bon Jovi – I’ll Be There For You
[altro che Always]
Aerosmith – Crazy
[da teenager presi una cotta dura per Alicia Silverstone]
Spandau Ballet – Through The Barricades
[Tony "Mortadella" Hadley!]
Meatloaf – I’d Do Anything For Love
[diretto da Michael Bay!!! e si vede] 
The Bangles – Eternal Flame
[non scordo la rappresentanza femminile]
Night Ranger – Sister Christian
[devo davvero citare Boogie Nights?]
Alphaville – Forever Young
[voglio una cover degli Arcade Fire SUBITO]
Poison – Every Rose Has Its Thorn [pura poesia]
Scorpions – Still Loving You
[i Maestri]

Bonus obbligatorio:
Nikki – L’ultimo bicchiere [non il vero video, purtroppo…]

Ovviamente ora voglio l’elenco delle vostre ballate preferite…
 

martedì, 13/05/2008

Accessories for Lonely Men

di

Quando una donna ti lascia e ti senti solo, che cosa ti manca veramente? Lei come persona o le piccole cose legate alla sua presenza fisica? Questo è l’interrogativo suscitato da un’opera del 2001 di Noam Toran esposta al Moma nell’ambito della interessante mostra Design and the Elastic Mind (da provare la funzione search del sito). Peccato però che i singoli pezzi che la compongono non siano in vendita, altrimenti su di un paio ci avrei fatto un pensierino sull’onda dello shopping spree.
Vediamo un po’.
L’arriccia peli del petto, un’attività post coitale da cui personalmente mi salvo solo grazie alla poca villosità del mio torace. Come regalo a un amico quindi. Pensa a come sarebbe contento.

image068Il condivisore di sigaretta. E’ vero che ho smesso di fumare, ma nulla mi impedirebbe di far fumare solo il condivisore. Magari però lo mando in balcone.

image070
Un alitatore da letto. Mi domando se si possa anche munire di diffusore di fragranza all’aglio per simulare di aver cenato a base di bagna càuda la sera prima.

image078Il ruba lenzuolo. Manca però lo "spingitore sul bordo del letto".

image074Lo scaglia piatti. Un modo per sbarazzarmi del servizio floreale che mia madre mi ha lasciato e che mi imbarazza anche se rimane confinato nell’angolo più buio della credenza.

image072

A riguardare questi oggetti sorge però spontanea una domanda: è un caso che volendo rappresentare la quotidianità di una storia sentimentale siano tutti legati a un momento di scassamento di maroni? Boh, certo è che a me sarebbero venuti in mente altri oggetti. Ma questo è un blog serio e non è il mio. Perciò ve li risparmio.