giovedì, 16/10/2008

Wombat rock

Che i Wombats fossero degli adorabili cazzoni si era capito già da un po’. Una band che nel suo secondo singolo cita Bridget Jones e nel terzo invita a trovare il lato divertente delle canzoni dei Joy Division -blasfemia!- fa capire da subito che non gioca neanche nello stesso campionato della massa di fighetti pieni di sè che in media compone le giovani band della terra di Albione, e non può che stare subito simpatica.

 

E infatti il trio di Liverpool è tra le mie band favorite della sua generazione (ne ho già parlato qui, qui e qui); grazie anche all’ottimo esordio che contiene (almeno) tre singoli che ancora riempono la pista degli indie-dancefloor, ai loro live carichi, entusiasti e scatenati, e alle cover di canzoni bislacche che talora si divertono ad inserire nei loro set (sentite qua sotto).

 

Le ultime news li danno candidati agli Mtv Europe Music Awards come Best UK Act (sono contro corazzate come i Ting Tings, Duffy, Adele e Leona Lewis; non hanno speranze), e pronti a uscire a dicembre e a Febbraio con due nuovi singoli. Capace che fanno pure un bel secondo disco. Le carte ci sono.

 

[i Wombats suonano stasera all’Estragon di Bologna. Se vi interessavano le date di Milano, Roma o Treviso, beh, ve le siete perse]

 

 

The Wombats – Bleeding Love (Leona Lewis cover) (MP3)  [ALT]

The Wombats – Everything I do (Bryan Adams cover) (MP3)  [ALT]

The Wombats – Patience (Take that cover) (MP3)  [ALT]

The Wombats – There she goes (The La’s cover) (MP3)  [ALT]

 

mercoledì, 15/10/2008

Appunti per una pièce da spogliatoio


Da qualche mese a questa parte ho preso la decisione di fermare la lenta ma inesorabile demolizione del mio corpo ricominciando a fare sport. Dopo un periodo passato a fare attività che appartengono alla categoria "noia mortale" (cyclette, corsa, aratura manuale dei campi fuori Settimo Milanese) ho deciso di staccare dal chiodo la racchetta da tennis e vedere se valevano di più i dodici anni di attività o i dieci di inattività. Se avete scommesso sulla seconda complimenti, avete vinto, passate alla cassa e ritirate il buono omaggio.  

Tra gli elementi collaterali al fare sport che possono rivestire grande interesse sociologico c’è senza dubbio il filone dei cosiddetti "discorsi da spogliatoio" (o, come li chiamano i sociologi tedeschi, gewurtztraminer), che spesso riservano grandi sorprese. Il rilascio di endorfine dovuto all’attività fisica appena conclusa, unito a quel minimo di intimità necessaria a svestirsi davanti ad una persona estranea e sessualmente non attraente porta le persone a denudarsi in maniera anche metaforica, lasciando emergere parti dell’io sconosciute e sommerse. Questo fa si che vengano formulati discorsi di grande pregnanza filosofica e poetica, che potrebbero rivaleggiare con le più grandi pièce teatrali della nostra cultura contemporanea.

(Va anche detto che questi discorsi sono nulla a confronto di ciò che accade negli spogliatoi femminili, almeno a giudicare da alcuni filmati che mi è capitato di visionare per sbaglio convinto che avrei assistito a Caos Calmo.)

Certo dell’alto valore teatrale e, perchè no, poetico del monologo che ho ascoltato oggi, mi sono riservato di arrivare a casa e appuntarmelo, sai mai che torni utile a qualcuno.

Luogo: spogliatoio di circolo tennis. La stanza che ospita lo spogliatoio è divisa a metà dalle docce. Due amici quaranta-cinquantenni chiacchierano, probabilmente convinti di essere soli, mentre si svestono per farsi la doccia dopo la partita. Entrambi lombardi, uno dei due ha un accento che tira verso il Veneto, e di quelle parti ha la caratteristica erre arrotata. Dopo una breve disamina della partita, quello dei due che pare aver perso – il veneto –  porta il discorso verso una decisa deriva esistenzialista. Il dialogo che segue ha forma di monologo perchè l’amico non controbatte alle affermazioni del primo ma si limita ad ascoltare e talvolta interviene annuendo o sogghignando. Pur non vedendo la persona che parla, la immaginiamo con lo sguardo perso nel vuoto, come in trance, mentre dal profondo della sua anima emergono concetti profondi ma al tempo stesso estremamente limpidi.

<RUTTO SONORO>,
…ieri sera l’ho trombata, ma di malavoglia…
…il problema… è che non c’è più l’amore…
…eeeehhh, beato te che sei innamorato, beato te…
…certo che poi, alla fine, l’uomo innamorato è l’ombra di se stesso.


Sipario. Applausi.

martedì, 14/10/2008

Cascate

Del disco di Arnoux  mi sono innamorato perdutamente una sera in cui pioveva.
Il che, per un disco che si chiama Cascades e che è evidentemente acquatico fin dalla sua copertina, è talmente perfetto da essere quasi troppo scontato.

 

Ero uscito dal lavoro tardi, che era già buio, ero stanco e mi trascinavo verso casa lentamente con il suo disco in cuffia. La consonanza emotiva tra la mia condizione psicofisica e i suoi pezzi circolari, in larga parte costruiti su loop di chitarra arpeggiata o pianoforti pigri, con aperture quasi indietroniche, uno xilofono più virtuoso di quanto non sembri e un paio di voci che giocano a nascondersi, è stata così perfetta che l’ho ascoltato per tre volte di fila, e alla fine le sue atmosfere ambientali (che a volte ricordano certe cose degli Hood o dei Mice Parade) mi avevano completamente conquistato.

 

Arnoux è il progetto solista di Fabio Arnosti (già bassista dei Ten thousand bees), è pubblicato dalla Knifeville e costa solo 10 euro, spese di spedizione incluse. E’ davvero bello.

 

 

Arnoux – Fishing bottles in the middle of a lake, Akko, Israel (MP3)

Arnoux – Today, a rainy day (MP3)

 

 

 

E poi c’è il live in the tracking room, una serie di video registrati e messi online da Atracoustic, con micro-intervista iniziale e live dall’altissima qualità e dalla cura eccezionale (la loro realizzazione potrebbe competere con celebri serie di live come quelle di PitchforkTV o della Blogotheque), che mi ha confermato che in questo caso ci troviamo davvero di fronte a qualcosa di piccolo ma grandioso. Che fa rumore come una goccia che cade ma in realtà, dentro, è fragoroso come una cascata.

 

 

lunedì, 13/10/2008

Random Monday Madness

I Tranformers esistono davvero.

 

venerdì, 10/10/2008

SFW XXX : Porno di Moda, Moda Porno

venerdì, 10/10/2008

Lov Lov Lov

Non è la prima che questo blog professa il suo esagerato amore nei confronti di Sara Lov e dei suoi Devics. Successe nel 2006, in occasione dell’uscita dell’ultimo disco della band, ma anche l’anno dopo, quando la cantante californiana iniziò a diffondere il suo materiale solista, poi pubblicato in un EP autoprodotto (un oggetto bellissimo) e presentato in anteprima mondiale sulla spieggia dell’Hana-bi in un concerto memorabile (da cui proviene la foto qui sopra, scattata dal Paso e ospitata dalla Ele insieme ad altri begli scatti).

 

Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, perchè Sara Lov ha da poco annunciato di aver firmato per la Nettwerk, che pubblicherà a Gennaio The Young Eyes EP e ad Aprile un disco intero, intitolato Seasoned eyes were beaming. L’EP è già disponibile in forma digitale, e oltre a contenere la già classica New York e una versione alternativa della title track del disco, contiene anche due cover: una del recente singolo di Beck Timebomb, l’altra di My body is a cage degli Arcade Fire (che trovate qua sotto, in qualità non proprio perfetta ma vabbè). Online circolano già alcune tracce del disco, come la spettacolare Animals (in duetto con Alex Church, già cantante dei Sea Wolf ) e Fountain, entrambi eccellenti esempi del cantautorato crepuscolare e melanconico della cantante e songwriter losangelina. Classe da vendere, cuore che sanguina.

 

Sara Lov – My body is a cage (Arcade Fire cover) (MP3)  (ALT)

 

Sara Lov (feat. Alex Church) – Animals (MP3)  (ALT)

Sara Lov – Fountain (MP3)  (ALT)

 

mercoledì, 08/10/2008

If that really is your name – Part one

di

Sentire un nome in una canzone, soprattutto quando è il nome di una persona realmente esistita, mi fa sempre un certo effetto. Non so bene nemmeno io perché. Forse perché mi ricorda un pezzo di Billy Joel per cui andava matta mia madre circa una ventina di anni fa, che si chiamava We didn’t start the fire. Fu proprio lei a spiegarmi che il testo della canzone, che a me sembrava fatto di parole confuse di una lingua a me ancora sconosciuta, era composto unicamente da eventi di quarant’anni di storia. La maggior parte dei quali erano nomi e/o cognomi di celebri americani. "Senti, che in questo punto dice joe-di-mag-gi-o?". Quel giorno, scoprii chi era Joe di Maggio.

Allo stesso modo, mi ha fatto effetto sentire come Knickerbocker, la canzone che apre Lightbulbs, il terzo disco di Fujiya & Miyagi – e il loro lavoro migliore, a mio avviso – sia basata sulla ripetizione della frase "Vanilla, strawberry, knickbocker glory, I saw the ghost of Lena Zavaroni". Anche perché, al di là della vaniglia e della fragola, io non lo sapevo, chi fosse questa Lena Zavaroni. Adesso lo so.

Chi era Lena Zavaroni?

Lena Zavaroni era una cantante. O meglio: una bambina-prodigio. A tutt’oggi, la più giovane artista ad aver mai conquistato la top10 nel Regno Unito. Scozzese, classe 1963, Lena pubblicò infatti il suo primo album nel 1974. Uno di quei piccoli mostri che ogni tanto spuntano fuori, e diventano famosissimi, e tutti a dire ma quanto è pucci Lena, e quanto talento la piccola Lena, ma guarda come canta Lena, cielo, e poi purtroppo Lena diventa adulta, e muore.

Lena Zavaroni è scomparsa nel 1999 a causa di un’anoressia nervosa che le aveva reso la vita impossibile fin dall’età di 13 anni, peggiorata dalla morte della madre per overdose di tranquillanti, un matrimonio fallito dopo un anno e mezzo, una denuncia per furto per aver rubato un pacchetto di caramelle all’età di 35 anni, diverse overdose, diversi tentativi di suicidio, diversi elettroshock, e un’operazione psicochirurgica definitiva che invece di guarirla le provocò una polmonite, uccidendola. Alla sua morte, Lena Zavaroni pesava 32 chili.

Flashback. 1974. Lena Zavaroni ha di nuovo 10 anni. Ed è ospite di Johnny Carson, al Tonight Show.

Mi è sembrato di vedere un fantasma. A voi no?

Billy JoelWe Didn’t Start the Fire (mp3)
Fujiya & Miyagi Knickerbocker (mp3)

(Fujiya & Miyagi saranno in Italia nei prossimi giorni: a Milano al Rocket il 9 ottobre, il giorno dopo a Bologna al Covo Club, e l’11 a Roma al Circolo degli Artisti)

 

 

[Update by ink: pare che un membro della band abbia appena perso il passaporto e che sateranno quasi sicuramente la data di Milano e probabilmente anche Bologna e Roma. La notizia non è ancora confermata ufficialmente, quindi rimanete sintonizzati per aggiornamenti (e incrociate le dita). (via e via)]

 

 

[Update all’update by ink: E’ confermato: il tour italiano di Fujiya e Miyagi è rimandato al 4-5-6 dicembre. (via)]

 

 

mercoledì, 08/10/2008

Troublemaker

Ok, lo ammettiamo: da queste parti (quasi) tutti amiamo senza se e senza ma i Weezer, nonostante l’ultimo bel disco della band risalga più o meno a un decennio fa.
Già a Maggio Valido aveva linkato il paraculissimo video dell’apripista del nuovo disco Pork and Beans, che sopperisce alla povertà del suo pop chitarristico senza pretese con la partecipazione dello YouTube-All-Stars al gran completo. Ora la band di Rivers Cuomo torna con un nuovo singolo (Troublemaker, probabilmente il pezzo migliore del red album), e stavolta a illustrare il suo pop chitarristico senza pretese c’è un delirio visivo che mischia tutto e il contrario di tutto il cui scopo è, forse, esattamente quello di buttare fumo (colorato) negli occhi di chi guarda. E secondo me funziona.

Il video forse è mostruoso, forse è bellissimo, non lo so. Durante le sue riprese sono stati compiuti alcuni record per il Guiness dei primati (tra gli altri: più numeroso ensamble di air guitar, più grande partita di palla avvelenata, più lunga maratona di Guitar Hero World Tour e più grande battaglia a torte in faccia), per buona parte del video c’è uno spudorato e imbarazzantemente evidente product placement dell’N85 dela Nokia, e Rivers Cuomo è conciato come un Mike Patton più grottesco e senza senso dell’umorismo. Insomma, un delirio. Mi piace un sacco, anche se fa schifo.

 

martedì, 07/10/2008

Insonnia presidenziale 2.0

Il tema del giorno è: passare un’altra notte insonne o farne a meno?
Non che mi manchino i pretesti: questa notte infatti si fa il bis con il dibattito tra i candidati alla Presidenza degli Stati Uniti, Barack Obama e John McCain.

La prima volta (26 settembre ) il dibattito è iniziato alle 3 di notte ora italiana. Non (solo) stoicismo e masochismo, ma anche curiosità tecnologica. Alcuni di voi forse sapranno che in occasione dei quattro dibattiti finali fra i contendenti alla Casa Bianca (due per i candidati presidenti, due per i vice), twitter e CurrentTV hanno stipulato un accordo per permettere a twitters di partecipare in diretta all’evento.

Basta avere un profilo su twitter (io ho dovuto rispolverare il mio, accantonato in soffitta per cessato uso) e aggiungere il canale twitter.com/current. Dopodiché, aggiungedo un "#current" ai propri twits, durante il dibattito si possono mandare live i propri commenti e la redazione di current li manda in diretta in sovraimpressione…

Questa notte si replica, all’una di notte italiana. Il prossimo dibattito tra i candidati alla vicepresidenza americana, Joe Biden e Sarah Palin è previsto per il 15 Ottobre.

Vi garantisco che l’esperienza è emozionante, anche se l’ultima volta, tra PC, TV e altro, mi sembrava di essere in una stanza del centro direzionale della NASA. Ad ogni modo, sarà stata la troppa emozione, o l’ora indecente, ma dopo mezz’ora ero già a letto…

Consigliato ai nottambuli.

Link
http://current.com/topics/88834922_hack_the_debate
http://twitter.com/current

martedì, 07/10/2008

Primo gelo

Era notiza di questo weekend: da qualche parti sulle Alpi negli scorsi giorni è già caduta la prima neve. Da noi in città di giorno si sta ancora bene ed è difficile trovarsi a pensare con tanto anticipo all’inverno; se recentemente vi è capitato di svegliarvi molto presto, però, avrete sicuramente sentito il freddo pungente di quelle ore, e l’aria gelida e pura non avrà potuto non farvi venire in mente con un brivido che all’inverno non manca poi tanto.

 

Un clima del genere sembra perfetto per l’uscita di un disco che si chiama First Frost, «Primo Gelo». Curioso però che a pubblicarlo sia una band australiana, originaria di una terra dove, come intuirete, per quest’anno il freddo è ormai alle spalle e si appresta ad arrivare la bella stagione. The Lucksmiths, però, sono sempre bravissimi a prenderci in contropiede sulle stagioni della nostra vita, a mostrarci l’aspetto reale delle cose che tutti i giorni sono sotto i nostri occhi, e a condurci in un nuovo viaggio che stavolta tematicamente pare portare lontano da quegli angoli tiepidi del loro capolavoro di tre anni fa.

 

Il loro penultimo disco Warmer Corners, infatti, è stato il mio disco dell’anno nel 2005, ed ogni volta che l’ascolto non riesco quasi a capacitarmi tanto della bellezza del suo pop semplice e cristallino quanto della sua capacità di descrivere alla perfezione buona parte della mia vita nell’anno domini 2005. Non ho idea di cosa riuscirà a raccontarmi First Frost, che esce a Novembre per Matinée/Fortuna Pop (poco temo, visto che al momento c’è ben poco da raccontare), ma visti i primi tre brani diffusi sul Myspace (altri frammenti sul sito della Matinée) sono fiducioso. Il primo gelo in arrivo non mi è mai sembrato così bello.

 

 

The Lucksmiths – Good Light (MP3)

The Lucksmiths – Sobering thought (Just When One Was Needed) (MP3)

The Lucksmiths – The town and the hills (MP3)

 

lunedì, 06/10/2008

Ormai è quasi arte

Sicuramente esagero un po’, ma quando mi imbatto in collezioni come 39 masterpieces of creative advertisments, 10 creative advertising ideas from students o A selection of perfect ads, il dubbio un po’ mi viene: le pubblicità sono l’arte del nostro tempo? Contando la pervasività e gli scopi spesso “commeciali” che l’arte nella storia ha sempre avuto, il paragone pare meno bestiale di quanto potrebbe sembrare a prima vista…

 

[«Stuck in the wrong job?», Monster.com]

 

Bonus: 10 creepiest old ads.

 

venerdì, 03/10/2008

Lost in the post

[dei link che probabilmente avete già visto e in più un po’ di cazzi miei]

 

 

_Se scrivi un post per punti bla bla bla.

 

 

_Band italiane: prendere appunti. Remix dei TV on the radio, duetto live benefico tra Fleet Foxes e Wilco su classico di Dylan, inedito dei Vampire Weekend, cover dei Talk Talk più mini-live di Bon Iver. E ancora: video live dei TV on the radio da Letterman (in esterna), Bon Iver e Lykke Li insieme per una bella versione live di Dance Dance Dance, il video di Reckoner dei Radiohead che ha vinto il contest user-generated, il video di Ventrale degli Offlaga Disco Pax, il nuovo video dei Fleet Foxes: gli autori dei dischi dell’anno sanno come tener viva l’attenzione della rete su di loro.

 

 

_Random WTF of the day. Esilarante.

 

 

_Nooooo future. Johnny Rotten ha appena fatto lo spot per una marca inglese di burro. Fermate il mondo, voglio scendere.

 

 

_RapidDeath. Scaricatori di tutto il mondo, preparatevi al peggio: le autorità hanno intimato al colosso tedesco del direct link download Rapidshare di controllare preventivamente la liceità dei file uploadati dagli utenti prima di renderli disponibili. Praticamente, la sua morte. Contando che questo tipo di servizi al momento è responsabile di più o meno 30% del traffico complessivo della rete, c’era da aspettarselo. (come se cambiasse qualcosa)

 

 

_Get Black. Come avrete già letto nel post precedente, stasera in radio riprende Get Black. La nuova stagione avrà un sacco di novità, esclusive e regali (stasera il disco di Styrofoam), la prima delle quali è che sentirete molto raramente la voce del sottoscritto, e che la guida dello show passa interamente nelle mani di Fabio e Francesca, con OfflagaDiscoMax a fare sempre da battitore libero e qualche new entry. Scoprite tutto alle 21 stasera sui 103.1 MHz FM a Bologna e dintorni, o in streaming (e da domani, in podcast).

 

 

_Shameless self promotion. E a proposito di Styrofoam e di Offlaga Disco Pax, il sottoscritto questo weekend fa la doppietta, e mette i dischi stasera al (brand blue) Covo (con tessera!) dopo il concerto del genietto belga dell’indietronica pop (al Gate 2, con George aka Y:DK) e domani è ospite di Mingo all’Estragon dopo lo show (gratuito) dei nostri beniamini reggiani. Non oso immaginare in che condizioni sarò domenica mattina.

 

 

_Farsene una ragione è un’altra cosa, ma un pochino aiuta. Lookeyinside traduce sul suo blog uno degli ultimi racconti scritti da David Foster Wallace, mentre Salon ci presenta uno squarcio vivido e doloroso sugli ultimi giorni di vita dello scrittore. Non risponde alla domanda che ci siamo fatti tutti («Perchè?»), ma è già qualcosa.

 

 

_ Quando interviene lui, non ce n’è più per nessuno. Leonardo dice la sua sua sulla discussione in tre parti (uno, due, tre) sugli Hipster che c’è stata in questi giorni su queste pagine.

 

 

_Se vi servisse una guida. Bubble flow chart of things to say during sex.

 

 

_La solita utile guida sulla follia orientale. Lunchbox che riproducono col cibo le copertine dei dischi. Bleah.

 

 

_Titty strikes back. Oggi è uscito il nuovo singolo di Tizianone Ferro, Alla mia età. Ne dice bene Simona, qua (e io sono d’accordo).

 

 

_Soul meets body? Qual è l’identità sessuale della vostra mente? Io l’ho scampata, ma non è scontato.

 

 

_And I finish up my coffee and it’s time to catch the train. Oltre a essere un’ecezionale e sottovalutata folksinger, Suzanne Vega (vista dal vivo sabato scorso al Festival della poesia della provincia di Modena, nel solito spettacolare set acustico che non mi stancherò mai di rivedere) è anche un’ottima blogger. Leggere il Tom’s essay, pubblicato 10 giorni fa sul blog del New York Times sul songwriting e dedicato alla composizione del suo strafamoso capolavoro Tom’s diner, per credere.
[e se volete un recente live intero con la band, lo trovate qui e qui – pass HAVEDAT]

 

venerdì, 03/10/2008

Cinque ragioni per esserci stasera

di

_perché stasera alle 21.00 ricomincia Get Black!, la trasmissione in onda tutti i venerdì sui 103.1 di Radio Città Fujiko a Bologna (e in streaming, per i fuori sede, da qui).

_perché stasera scoprirete la notizia di cui si parlerà in tutta la blogosfera per i prossimi 10 giorni. La vignetta di Biani? Cazzate. Il fidanzato della Lucarelli? N-i-e-n-t-e. La nuova serie di Gossip Girl? Sciocchezze da bambini. Siateci, stasera, così domani potrete parlarne a ragion sentita.

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giovedì, 02/10/2008

Domino effect

(via)

 

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mercoledì, 01/10/2008

Dagli yuppie agli hipsters (corollario del corollario)

di
Once we had a name for them, we suddenly realized that they were everywhere, like the pod people of Invasion of the Body Snatchers-especially here in New York, the urbanest place of all. We might have even recognized them as us.
From the beginning, there was a certain subject/object confusion associated with the yuppie concept, a certain “we have met the enemy and he is us” self-reflexivity to the phenomenon. [#]

Mentre Repubblica tracciava un identikit dell’hipster un po’ superficiale ma sicuramente meno impreciso e irritante di quanto personalmente mi aspetti da quel tipo di testata; mentre i lettori di questo blog si scaldavano nei commenti, probabilmente galvanizzati dalla scottante problematica; dicevo, mentre qua da noi accadevano, si fa per dire, questi non-fatti del tutto trascurabili e quindi fondamentali, uno dei miei maestri di vita, il mio amico (anche se lui non lo sa) Jay McInerney, scriveva un articolo da par suo praticamente sul medesimo tema; partendo e occupandosi però principalmente del concetto di "yuppie", al nostro più che ben noto.
Lo scritto merita a mio parere la lettura per l’eccezionale fluidità che lo contraddistingue e per i succulenti riferimenti che contiene; a cominciare da una "colazione" post sbronza datata 1983 al ristorante ucraino dove mi fregio di aver visto inkiostro affrontare con coraggio un Pierogi (cfr. punto 8); e inoltre, chi lo sapeva poi che l’Iguana avesse preso casa a un metro dal mio compare di blog newyorchese Matte? e poi la citazione dell'amato Michael J. Fox di Alex Keaton (per nulla casuale…); in più l’inizio della diffusione delle palestre, presenza urbana che oggi diamo per scontata; la coca; etc.
E poi la chiosa, questa sì sugli hipsters moderni.

In the meantime, the yuppie family tree has thrown off another branch, the hipster. Hipsters believed they were the ultimate anti-yuppies. Unlike their forebears, they wanted to be known not by their job or ambition but by their self-conscious disregard for either. If anything, the cult of connoisseurship was even more exaggerated in this subgroup. Their code, enshrined in Robert Lanham’s hyperironic 2003 Hipster Handbook, was inherently elitist, defining itself in opposition to the mainstream. Hipster consumerism championed the notions of alternative and independent, rejecting the yuppie embrace of certain consumer brands in favor of their own. So it was vintage T-shirts rather than Turnbull & Asser dress shirts with spread collars, Pabst Blue Ribbon over Chardonnay. But ultimately, whether you love Starbucks or loathe it, a world in which we are defined by our choice of blue jeans and coffee beans owes more to Alex Keaton than to Abbie Hoffman. And as if to prove that the hipster and the yuppie are brothers under the skin, borough-bred columnists like Denis Hamill and Jimmy Breslin still find the yuppie label useful for bashing a certain breed of interloping effete New Yorker, the kinds of people who may in fact identify themselves as hipsters. [#]

Le luci si saranno pure spente, ma Jay rimane ancora luminoso; e partecipa al primo episodio della seconda stagione di Gossip Girl, il che, oltre ad avermi fatto pensare a una marchetta per finanziare i suoi soldatini boliviani, lo rende ai miei occhi ancora più grande, perché significa che è rimasto anche la solita puttana mondana di sempre.

martedì, 30/09/2008

Il brivido di essere barbone…al caldo nel tuo letto

Le bellissime lenzuola Slaap onder een kartonnen (che sembrano di cartone ma in realta sono di cotone, e il cui nome secondo me in olandese vorrà dire laquo;Dormi sotto un cartone») sono un’idea talmente bella che la loro cinica campagna pubblicitaria si scrive da sè: Prova il brivido di essere un barbone, tra le tue comode lenzuola di cotone! 
C’è da dire che parte dei proventi vengono in effetti dati progetti di sostegno agli homeless, quindi a conti fatti si tratta di un’opera di beneficienza. Comunque di pessimo gusto.
(via)

 

martedì, 30/09/2008

Hipsteria (corollario)


Se anche un mezzo generalista, con tutta la sua naïveté, riesce a fornire una descrizione accettabilmente accurata di una tendenza, e le varie parodie, più o meno graffianti, sono sempre più diffuse e sempre meno grossolane, spesso quella tendenza sta vivendo la fase di maggiore diffusione (non mediata e non meditata ma accettata perché in auge), ed è prossima alla fine, fino alla prossima palingenesi, da nicchia a tendenza e così via.

Quando li cattura una definizione/il mondo passa a una nuova generazione.

lunedì, 29/09/2008

Hipsteria

C'è arrivata persino Repubblica, quindi -come ampiamente previsto- ora il fenomeno è inequivocabilmente mainstream anche da noi. Non piangete, immagino ce ne faremo una ragione.

 

Hipster, essere fashion col peggio della moda è un profilo meritatamente superficiale ma piuttosto accurato del popolo frangettato, che non si concentra sulla vera caratteristica distintiva dell'hipster (la smodata ricerca della novità a tutti i costi, per raggiungere la sensazione di far parte di un'elite all'avanguardia e super-cool) per concentrarsi di più sull'aspetto estetico e modaiolo:

 

Secondo lo Urban Dictionary, il più autorevole vocabolario online di linguaggio urbano, hipster, che deriva dal termine slang hip ovvero "informato sulle ultime mode", è una sottocultura di persone tra i 20 e i 30 anni che crede nel pensiero indipendente, nell'anticonformismo, nella creatività, nell'arte e nella musica indie. Nato intorno all'inizio del 2000 nel quartiere di Williamsburg, New York, e poi diffusosi in tutto il mondo, l'hipsterism raccoglie intorno a sé giovani istruiti che spesso lavorano nel mondo dell'arte, della musica e della moda e rifiutano i canoni estetici della cultura Usa. E anche la sessualità predefinita.

 

Non sono radical chic, né bohemien o neo-liberal. Quello che li differenzia da questi gruppi è la mancanza di intenti politici. Non rivendicano alcuna appartenenza politica, perché volutamente indipendenti da ogni regola. Non vogliono essere catalogati e eludono l'attualità: tranne, ovviamente, per quel che riguarda musica e moda. L'unica religione che tutti gli hipster riconoscono come tale sono i pantaloni attillati: le donne indossano quelli super slim, stretti fino al polpaccio e gli uomini – per risultare ancora più insaccati – si infilano a fatica nei modelli femminili. […]

 

Così conciati, e alla disperata ricerca di uno stile di vita indie, gli hipster sono purtroppo caduti nel nemico da loro più temuto: il conformismo e la catalogazione. Divenuti una delle tante espressioni della creatività giovanile, proprio come i punk o gli emo, musica, moda e società li hanno ingabbiati in numerose definizioni. C'è l'hipster rap, l'hipster hop e l'hipster funk. Ci sono gli hipster-genitori, preferibilmente coppie multiculturali che portano i loro hipster-figli a concerti e mostre, e le hipstermobile, biciclette a ruota fissa senza freni né cambio. Si potrebbe continuare ancora per molto. Fino all'hipsteria. [#]

 

[H•I•P•S•T•E•R•S è un'idea del sempre fondamentale Hipster Runoff]

 

 

Random hipster-themed song:
(che gli hipster, che hanno un sacco di senso dell'ironia, sono costretti ad apprezzare)

 

Oh snap! – I'm too fat to be a hipster (MP3)

domenica, 28/09/2008

Choose. Your. Own. Guru.

di

PER LEI:

Chi: Gwyneth Paltrow

Url: http://www.goop.com

Slogan: nourish the inner aspect

Spiegati meglio: Make your life good. Invest in what’s real. Cook a meal for someone you love. Read something beautiful. Treat yourself to something. Go to a city you’ve never been to. Learn something new. Don’t be lazy.

Chi potreste cuccare: Brad Pitt, Ben Affleck, Chris Martin



PER LUI:

Chi: Andrew W.K.

Url: http://www.awkarchive.com (sezione "text")

Slogan: PARTY HARD!!!

Spiegati meglio: DO WHAT EVER YOU WANT! NEVER LET DOWN! LIFE IS TOO SHORT! NO REGRETS! LIVE HARD! OUR TIME HAS COME!!! LIVE!!! NOW!!! OR NEVER!!!

Chi potreste cuccare: Melissa Auf Der Maur (non verificato)

venerdì, 26/09/2008

Bloons Tower Defense

Inkiostro è uno stronzo. Sapendo che sono un affezionato della prima ora dei suoi Monday gaming, un paio di settimane fa mi ha scritto una mail che conteneva solo il link a Bloons Tower Defense 3, senza neanche una riga di testo. Così facendo, il bastardo mi ha distrutto un intero weekend e un paio di serate, che come un automa ho passato davanti al computer a spaccare palloncini posizionando scimmiette assassine alla maniera dell'ormai classico Desktop Tower Defense. Ormai l'ho finito in tutti i modi e a tutti i gradi di difficoltà. Voglio ancora livelli, dannazione.

giovedì, 25/09/2008

Il nuovo Gondry?

Ve lo ricordate il video aggregator? Fino a un paio d’anni fa questo blog ospitava regolarmente una rassegna dei più interessanti videoclip del momento (con corredo di link ai file scaricabili) finchè l’appuntamento non è stato placidamente ucciso da Youtube e compagnia (che hanno reso i video tanto facili da trovare quanto in precedenza in rete erano merce rara), dalla mia carenza di tempo e da una certa mancanza di idee che ha incontestabilmente colpito la forma videoclip nel corso degli anni. Ora la ricetta per far uscire dall’impasse il videoclip e farlo tornare ai fasti dei tempi di Michel Gondry e Spike Jonze cerca di darla Wired, che individua Six New Directors Who Are Making Music Video Cool Again.

 

Ci sono Matthew Cullen (quello del pluricitazionista video web-geek di Pork and beans dei Weezer ), Vincent Morisset (quello del brillante video interattivo in flash di Neon Bible degli Arcade Fire ), Vincent Moon (deus ex machina de La Blogotheque e dei suoi sempre splendidi concerts à emporter in giro per Parigi) e soprattutto Keith Schofield, autore che dopo una gavetta durata anni (era il regista di One with the freaks dei Notwist, nientemeno) è dietro alcuni dei video più interessanti usciti nell’ultimo mese.

 

C’è il video di Move dei CSS, che gioca con una polaroid e i piani prospettici come amava fare Gondry, mischiandoci anche lo spirito cazzaro e DIY che contraddistingue la band brasiliana, e donando ad una canzone non proprio indimenticabile un video assolutamente caratteristico.
Un’idea simile ma uno svolgimeto più pulito è dietro al video di Be the one dei Ting Tings, che esplora in modo lo-fi cosa si può fare con due schermi da proiettore e un po’ di piani visuali; a giudicare dal risultato Schofield ha probabilmente avuto a disposizione  un decimo dei soldi che aveva Gondry in questi casi (e forse un po’ meno talento), ma le carte ci sono (e a me piace pure la canzone).
E infine c’è il nuovo video dei BPA – Brighton Port Authority, il supergruppo capitanato da Fatboy Slim che vede dietro ai microfoni una vera squadra di nomi illustri. Toe Jam ha alla voce David Byrne e Dizzee Rascal, è basato su un’idea geniale (se non l’avete visto non ve la svelo: guardare per credere) ed è realizzato ottimamente. Gondry stesso probabilmente non avrebbe saputo fare di meglio. Finalmente un erede  per l’indimenticato mestro dei videoclip?

 

mercoledì, 24/09/2008

Terrific Toys

di

C’è un blog che non mi dimentico mai di andare a visitare: Toys Blog. Questo sito che a uno sguardo poco attento e superficiale potrebbe apparire poco interessante offre a volte degli spunti di riflessione niente male e delle perle trash storiche. Per esempio tipo questa:

 

Il mondo dei Toys si è a torto o a ragione fatto strada di soppiatto nel mondo dell’arte contemporanea. Ci sono gallerie in Italia che si occupano proprio di promuovere questi oggetti d’arte come la Dorothy Circus Gallery di Roma. Nel gran marasma che spazia tra oggettini discretamente carini e veri e propri prodotti artistici, ho scovato due ragazze che usano la loro manualità assolutamente femminile per cucire giocattoli che farebbero impazzire di gioia Tim Burton.

 

Marina Bychkova é nata in Russia e realizza delle bambole di porcellana. Queste dolls sono caratterizzate da una sensualità e una dolcezza estremamente intriganti. Se fate un giro nella gallery del suo sito non potrete non rimanere affascinati dalla delicatezza e dalla estrema cura per i particolari che caratterizza queste bambole. Non solo i volti, i capelli, ma anche le mani, i piedi sono decorati con un’attenzione quasi maniacale. Tuttavia la cosa più interessante in questi oggetti sono le giunture. Le bambole sono perfettamente snodabili e sono capaci di eseguire tutti i movimenti degli esseri umani. Questo desiderio di mimesi con il corpo umano ha portato Marina ha inventare queste giunture super snodate e al tempo stesso delicatissime. La bellezza di queste dolls si fa ancora più struggente se le guardiamo senza vestiti, nude in tutta la loro bellezza e allo stesso tempo mostruosità che viene celata una volta che indossano i suntuosissimi costumi. Sono esseri che appartengono ad un altro mondo, come le Geishe che appartenevano all’Ukiyoe, il mondo fluttuante. Queste bambole non sono chiaramente fatte per le bambine, ma per persone adulte che saranno capaci di apprezzare la cura e la scrupolosità con cui sono state costruite.

 

Anastasia Ward costruisce delle sculture e dei pupazzi interattivi terrificanti che contengono un piccolo motore, un altoparlante, un microchip, un rivelatore di movimento (una volta urtati, i piedi e le braccia si muovono avanti e indietro). Le creature sono dei piccoli Frankenstein-giocattolo, costruiti all’interno e all’ esterno con parti di vecchi peluche o giocattoli elettronici e meccanici già usati. Questi piccoli mostri rinsecchiti mi ricordano non so perché il neonato sul soffitto a cui si girava la testa nel film Trainspotting, e per certi versi anche le opere degli immensi fratelli Chapman. Devo dire però che mi sento molto più vicini e familiari questi piccoli aggeggi tremolanti e brutti che non le perfette bambole-androidi di Marina Bychkova. Nel loro essere orripilanti e disgustosi conservano qualcosa di teneramente goffo e rassicurante, sono sicura che, come diceva la pubblicità di quando ero piccola, questi piccoli mostri troveranno qualcuno pronto a firmare il contratto di amicizia con loro.

 

martedì, 23/09/2008

La piccola agenda dei concerti