Uno dei giochi più assurdi a cui abbia mai giocato: Don’t shoot the puppy. Bellissimo.
Uno dei giochi più assurdi a cui abbia mai giocato: Don’t shoot the puppy. Bellissimo.
Non mi piace riascoltare i dischi di un gruppo prima di andare a un concerto. Trovo che rovini l’esperienza del live decimando le possibili sorprese ed inibendo ogni Madeleine. E poi non posso non pensare alla mia vicina che ululava a squarciagola "piccola Katy" prima dei concerti dei Pooh. Sgradevole. A casa mia non cantava mai nessuno e per questo ci ho messo un po’ a capire che quello che non faccio mai coi dischi e i concerti l’ho fatto coi fumetti e le mostre.
Ieri ad esempio mi sono riletto Black Hole di Charles Burns perché sapevo sarebbe stato in mostra a Bologna al Festival Internazionale di Fumetto BilBolBul. L’ho ripassato, così come la mia vicina ripassava l’opera completa di Facchinetti e Canzian per essere pronta alla performance. Perché alla fine vedere la tavola originale è l’unico modo per toccare con mano la performance fumetto: le sporcature di matita, le sbianchettate, le pecette. Normalmente non sono così interessato a questi aspetti tecnici: vedere la grammatura della carta o scoprire che l’artista usa una mina HB invece che B mi lascia indifferente. Ma a volte sento che devo riuscire a capire cosa c’è dietro le quinte, e questo capita quando mi imbatto in un’opera perfetta.
Black Hole è perfetto perché tutto, ma proprio tutto, ha un motivo per essere lì e tutto, ma proprio tutto, è intrecciato e dialoga con tutto il resto. Tutto si tiene. E’ una di quelle opere che ti fa sentire in colpa se non ti piace. Lei è perfetta, al massimo sei tu che non sei interessato a quello che vuole raccontare per qualche tua idiosincrasia. Cosa che può benissimo capitare, dopotutto l’argomento principale sono le vagine mutanti.
La trama in brevissimo: Seattle, 1975 circa. Un virus ("the bug") si propaga per via sessuale tra gli adolescenti, rendendo mostruosamente deformi i contagiati. In alcuni casi i malati son talmente orribili da doversi rintanare nei boschi, mentre i meno sfigurati provano a proseguire la loro vita camuffando il marchio dell’infamia.
Non un’allegra commedia rosa, capirete, anche se gli ingredienti di partenza sono gli stessi: l colpo di fulmine tra i banchi di scuola, la prima volta, il lavoretto estivo, il campeggio, la fuga d’amore. Solo che il manzo della scuola questa volta ha due bocche e la gnocca di turno una coda da lucertola.
Le vicende di Rob, Chris, Liz e gli altri ragazzi si annodano in una rete di flash back, forward, lunghe sequenze oniriche ma soprattutto simboli sessual-freudiani, che costellano tutto la storia punteggiando ogni passaggio. Un simbolo in particolare ritorna con particolare forza e importanza, tanto che sembra che tutto ruoti attorno ad esso: la figa. Fighe-ferita, fighe-varco, fighe-gorgo che solo piselli ritorti possono penetrare, fighe-fighe. Figa ovunque, anche nel titolo a guardare bene.
Non si parla sempre di sesso in Black Hole ma la sessualità pervade tutto, come nelle vite di ogni adolescente. Solo che qui tutti i timori si realizzano in pompa magna. Il segno di Burns incarna perfettamente la tensione tra desiderio e terrore, innocenza e colpa: le linee precise, prese a prestito dagli anni ’60 più pop, sono sommerse da litri di minaccioso inchiostro nero senza alcun grigio che possa portare sollievo.
Ed è questo che vorrei vedere alla mostra, il nero: avrà imbarcato il foglio da quanto ne ha messo? Avrà usato della carta spessa come compensato per assorbirlo? Si riuscirà a vedere qualcosa sotto quel muro d’inchiostro, delle matite, delle imprecisioni? Non posso cedere che la realizzazione sia stata perfetta come l’opera. Per farla Burns ci ha impiegato 10 anni (dal 1995 al 2005), avrà di sicuro dovuto correggere qualcosa a posteriori, per omogeneizzare tutto. Avrà rifatto delle vignette. Deve averlo fatto.
Così mi sono riletto il libro per vedere le differenze, per capire il processo. Non credo che la mia vicina pensasse a questo quando ricantava "uomini soli" ma sono certo che tremava di gioia per qualche accordo un po’ diverso, qualche nota un po’ fuori posto: rendevano i Pooh un po’ meno perfetti ma molto più veri.
(Ieri. casa natale di Inkiostro. Tutto vero.)
Mamma: «Ma tu sei Emo?»
Ink: «Eh?!?»
Mamma: «I tuoi capelli assomigliano un po’ alla faccina di Skype che si chiama Emo»
[ndInk: questa: ]
[neanche per sbaglio, peraltro]
Ink: «Scusa ma tu che ne sai?»
Mamma: «Ieri ho visto un servizio al Tg1»
(Guardatelo, è fantastico)
[0. Intro
Tutte queste parole ti spaventano? (Ciao, Valido, che piacere). Non leggerle: limitati a guardare i due trailer inglesi pubblicati finora – qui e qui – e questo delizioso giochino virale in flash che posterei ora se non fosse grande tre volte il layout di questo blog. Altri link alla fine delle mille righe che seguono]
Uòlter si è ritirato da appena una settimana, e già non ne parla più nessuno.
Ma a noi piace ricordarlo così, con la sua milgiore parodia ad opera di Corrado Guzzanti, da Millenovecentonovantadieci:
(ritrovato via)
Ecco un nuovo Internet meme di quelli che fanno impazzire la rete; una stupidaggine di nessuna importanza che raggiunge spesso risultati in qualche modo sorprendenti.
Direttamente da Buzzfeed (ma si sta diffondendo pure su Facebook), Wikipedia names your band è l’esperimento che invita all’uso di Wikipedia, QuotationsPage.Com e Flickr per costruire in modo casuale il nome della vostra band, il titolo del disco e la copertina del medesimo. Le istruzioni:
Go to "Wikipedia." Hit "random" and the first article you get is the name of your band. Then go to "Random Quotations" and the last four or five words of the very last quote of the page is the title of your first album. Then, go to Flickr and click on "Explore the Last Seven Days" and the third picture, no matter what it is, will be your album cover. [#]
Ecco cosa è uscito a me (con questa voce di wikipedia, questa citazione e questa foto). Niente male, no?
[se qualcun’altro vuole provare, mi fate vedere il risultato nei commenti?]
iScreener, da Abstruse Goose.
Josh Freese, già batterista degli A perfect Circle, dei Devo e dei Vandals, e in passato anche dei Nine Inch Nails, dei Guns’n’roses, dei Queens of the stone age, degli Offspring e di dozzine di altre band, ha fatto un nuovo disco solista. Per promuoverlo, il nostro ha messo in piedi una campagna "a pacchetti" assolutamente clamorosa. Non fosse che è confermata da più parti (qui, qui e qui, ad esempio), sembrerebbe davvero una bufala. A seconda di quanto offrite (e le offerte più costose sono disponibili solo per un numero limitato), oltre al disco vi portate a casa più o meno piccoli pezzi di vita di Freese e dei suoi amici (e che amici).
Per capirci:
Per 7$ vi scaricate il disco.
Per 15$, vi arriva il cd.
Per il 50$ il cd, la maglietta, e una telefonata di 5 minuti con Freese.
[e già non è male]
Per 250$: cd, maglietta, bacchette della batteria autografate, e un pranzo con Freese da PF Changs o alla Cheesecake Factory.
Per 500$, oltre al resto, un giro per Venice, California con Freese, e poi cena a base di bistecca o gamberi.
Con 1000$ i pezzi della batteria aumentano, e oltre alla cena, Freese vi lava la macchina o vi fa il bucato (o voi fate il suo, a scelta), e alla fine vi tagliate i capelli a vicenda in un parcheggio.
Con 2500$ nel lotto c’è una lezione di batteria, una gita al museo delle cere insieme anche a un membro dei Vandals o dei Devo a scelta, e 3 indumenti presi dal suo armadio.
[il meglio deve ancora venire, eh]
Con 5.000$ Freese scrive una canzone su di voi e poi la mette in vendita su iTunes; in più vi fa co-dirigere il videoclip per la canzone stessa. Poi vi fa da cicerone in un tour di Disneyland, vi ubriacate insieme (se volete a casa di suo padre) e Stone Gossard dei Pearl Jam vi manda una lettera per parlarvi della sua canzone preferita del disco di Freese.
Se pagate 10.000$, tra le altre cose, Freese e Twiggy Ramirez (ex chitarrista di Marilyn Manson, ora nei Nine Inch Nails) vi offrono una cena da Roscoe’s Chicken ‘n’ Waffles a Long Beach. Poi fate un giro a Disneyland, e alla fine Freese vi regala la sua Volvo Station Wagon (a patto che gli diate almeno un passaggio a casa).
Per 20.000$ Freese, Maynard Keenan dei Tool e Mark Mothersbaugh dei Devo vi portano al minigolf e poi vi abbandonano sull’autostrada e vi filmano per mettervi su YouTube. Freese vi fa fare un tour estensivo di Long Beach, compresa la scuola dove andava Snoop Dog e il barbiere di due dei NOFX; poi passate la notte sulla Queen Mary (cabine separate). Freese scrive due canzoni su di voi, le mette su iTunes e sul prossimo disco, e voi potete partecipare (vanno bene anche i cori o l’handclapping).
E infine, per 75.000$, vi fate un po’ di giorni in tour con Freese, le canzoni scritte su di voi diventano cinque (un intero EP sulla vostra vita), vi portate a casa una sua batteria intera, e vi fate un giro per Hollywood sulla Lamborghini di Danny Carey dei Tool. Freese entrerà nella vostra band e ci resterà un mese; se non avete una band, per lo stesso periodo vi farà da assistente personale. Vi fate un giro in limousine a Tijuana a fare cose illegali non meglio specificate, e nel lotto c’è anche una lezione di trapezio acrobatico con due dei Nine Inch Nails.
Poi magari il disco fa schifo. Ma quest’uomo è un genio.
[tutti i dettagli qui]
Visto che nel paese reale le cose negli ultimi mesi vanno di male in peggio, proviamo almeno a distrarci con la musica (non troppo, però).
Per evadere un po’ dal presente non c’è niente di meglio che rifugiarsi nel passato mitico evocato dalle melodie di Hold Time, il nuovo disco di M Ward. Una carriera solista lunga e mai troppo di successo la sua (che però negli anni ha prodotto alcuni pezzi bellissimi), salita agli onori delle cronache l’anno scorso, grazie al disco d’esordio del progetto She and Him (che Ward condivide con la divina Zoey Deschanel, ora fidanzata con Beniamino Gibbard dei Velveteen, Death Cab for Cutie), un vero e proprio bagno di atmosfere retrò e melodie anni ’60. Ed esattamente come quest’ultimo progetto, Hold Time stavolta si distanzia un po’ dal classico modello folk cantautore-con-chitarra, e osa di più mischiando vari generi del presente e del passato, che riescono a combinarsi nella mirabile alchimia propria dei capolavori pop senza tempo.
Ascoltare il singolo Never had nobody like you, oppure la cover di Buddy Holly Rave on, per credere: mi fanno venire voglia di mettere un completo nero, il fiore all’occhiello e andare al ballo della scuola con la mia bella. Sperando che assomigli sempre a Zoey Deschanel.
M Ward – Never had nobody like you (MP3)
M Ward – Rave on (MP3)
Previously (uno dei suoi pezzi migliori, del 2005):
M Ward – Hi-fi (MP3)
A Chioggia un cane strappa con un morso il naso all’insegnante di musica che lo costringe a studiare violino per 13 anni: "Volevo suonare la chitarra come Lavezzi".
Addio ad Edoardo Ajello Vianello, l’anima di Madchester, la voce italiana di Di Pietro.
Il vescovo lefebvriano scherza con i desaparecidos su Luxuria.
L’Arcigay convoca l’ambasciatore.
Liberate le due suore italiane rapite 14 anni fa dai rom kenioti.
Il Vaticano convoca l’ambasciatore.
Elena Santarelli: sono incinta di Pastore.
MTV convoca l’ambasciatore.
Donna fa sesso con il proprio pastore tedesco.
La Germania convoca l’ambasciatore.
Donne in bikini, per gli Otaku sono "cose in bikini". Lapo: "Più rispetto, anche sulla vita". Sabato manifestazione nazionale del movimento Antidoping contro la pillola che cancella i brutti ricordi. Jukka Politkovskaia, assolti i quattro arrestati, i colpevoli sono 160 professori romeni colpevoli di aver messo Soru sulla copertina del primo numero di Wired Sardegna, in fuga dopo i tagli alla scuola della Caffarella annunciati da Facebook. Naufraga il traghetto della biodiversità: 50 dispersi. TeleBrianza: "Bonolis fa il corvo". Hipster Runoff alza i toni: "E’ dittatura". Veltroni attacca Corona: "Giochi sporchi contro di me con le termo-foto dello scandalo".
Ecco il pacchetto anticrisi della la Motogp: moto elettrica, un caricabatterie universale per tutti i piloti e il Merryweather Post Google Street View a bordo. Addio a Tremonti, tagli in faccia per 6 milioni di euro, il crollo delle Borse si ferma per ricordarlo. Google Earth scova Atlantide? In Cina esplode una miniera. L’Italia delle ronde si ferma a Lamezia. Netanyahu in cerca di un governo uccide un cane a sei zampe e poi va a scuola a Chiaiano con Grillo. Paolo l’idraulico dà i numeri, si spoglia e pesta Rihanna: "Voleva che pagassi l’affitto facendo sesso dentro una valigia. Mi raccomando, morite piano, senza far rumore. I fischi sono inutili". Galliani insieme al collega britannico Brown: "Stiamo cercando risposte definitive per il sistema finanziario e gli investimenti cosiddetti tossici. Una teoria è quella della nazionalizzazione di Beckham. Per Fedele la soluzione sarebbero l’evasione fiscale e la bancarotta di massa. Un progetto talmente orrendo da essere bellissimo. Tanto si fa sempre un tempo a fare un salto sulle bancarelle del mercato nero, da Palermo a Shizuoka".
Inkiostro: "Scusate, non è il blog che sognavo. Un gruppo di persone che, quando cercano di distinguersi, lo fanno a braga calata è il sogno della mia vita, ma non ce l’ho fatta e per questo lascio in serenità senza sbattere la porta, adesso cercherò di diventare gay, ma anche maschilista, ma anche politicamente scorretto nel giro di centoventi secondi. È come se lo avessi fatto. E non averlo fatto è stato proprio come averlo fatto. C’era quello che diceva che il mondo esiste soltanto per finire in un libro di Eddy Anselmi. Più Eddy riesce a manipolare Sanremo a suo vantaggio, più i bambini delle elementari sembrano ammirarlo. Mi scuso e per questo lascio a rappresentarmi un quadrato nero su fondo nero. Ma anche un enorme mammut morto 40mila anni fa. Suprematismo tattico. Devo capire esattamente che senso abbia, ma sembra che sto benedetto problema al pisello sia una cosa dermatologica. No, giuro. Ve lo giuro. Ho smesso con gli adulti. Passo alle api. Una passione che nasce nel marzo 1977, a metà tra il piacere proibito e le insospettabili riflessioni su politica, filosofia o religione di Marco Carta. Al mio successore non chiedete con la manopolona di Lost in mano di ottenere dei risultati, perché un grande progetto di documentario sull’operazione pesce sostenibile ha bisogno di anni".
In sala Trino si asciuga le lacrime, Hankmooody e la Violetta sono terrei. Kekkoz gli chiede di ripensarci cantando un anthem strappamutande. Maxcar sta per farsi il bagno con una donna bellissima dal seno enorme ma è svegliato sul più bello da Blueblanket. Icepick, cappotto in mano, è immobile. Margotosleep si fa trovare in mutandine sul letto, ma Passi Falsi pensa che non sia il caso. UomoSenzaK non c’è. PeggyG nemmeno. Dicono che non abbia neanche telefonato.
Inkiostro lascia il blog dopo aver investito Valido ubriaco marcio nel ruolo di ‘traghettatore’ fino all’inizio della nuova serie di Mad Men fatta di Lego.
E’ iniziato così il processo al fotolitista che ha lanciato giradischi che skippa contro l’ex presidente americano Robin W. Hood, e che rischia fino a 15 anni di reclusione nel Teatro Ariston con Luca Laurenti.
L’idea è semplice e la faccio breve: mettere insieme le menti più geniali della generazione X-Factor, chiuderle nel Cie di Lampedusa insiema a un migliaio di immigrati in ecstasy a leggere tutte le 1698 versioni in lingue differenti dell’Almanacco illustrato della canzone escapista di Povia.
Ma anche chiudere 1600 cover band dei Jesus Lizard in una casa in fiamme con FrancescaGrado0 intenta a mostrare le tette (come Carver) cantando Autodistruzione virale della porca figura freudiana sul dancefloor del Covo dei Santo California.
Poi, quando i cervelli migliori saranno tutti occupati a fumare bong e Cyloni insieme a Nick Sylvester, a puntargli il dito gridando "HA-HA!", raccontargli come trombano le larve dei cadaveri, noi potremo dedicarci a qualcosa di divertente.
Un testo collettivo «balearic/kraut/cosmicdisco/moroder/carpenter/ecc» che ci eviti di morire vergini o di farsi la Zanicchi versione maiala synth & cowbell senza bersi settantadue martini, ma anche che ci faccia diventare ricchi senza dover mentire per favorire il premier. Voi direte: Cosa?
Il decreto Milleproroghe, una sorta di autobiografia-con-prostata di Al Bano, la fusione di uomo e macchina rappresentata da film come Questo piccolo grande amore, la contrazione minimale tra fuffa e attitude.
Il fotografo Ari Versluis e il profiler Ellie Uyttenbroek hanno lavorato insieme fin dall’ottobre 1994. Ispirandosi al dress code di diversi gruppi sociali hanno sistematicamente documentato numerose identità durante gli ultimi 14 anni. La street scene di Rotterdam multiculturale e eterogenea rimane la principale protagonista della loro ricerca.
Hanno chiamato il risultato Exactitudes: una contrazione tra exact e attitude.
Versluis and Uyttenbroek hanno dimostrato che le persone quando cercano di distinguersi lo fanno assumendo in ogni caso una ‘group identity’. Nei loro scatti l’apparente contraddizione tra individualità e omologazione è portata all’estremo.
Troppo bello per essere vero, oppure semplice fuffa tecnologica?
Self-confessed retro lover is here to tell you about this remarkable find! Bringing a modern-day charm to the long-forgotten LP player is the Zero. 1. It’s a CD Player that can also play the vinyl records. What’s really unique is that a system has been incorporated where the device is able to “read” the gaps between the tracks, memorize them, and make it selectable, quite like how you would do with a CD. [#]
(via)
Ho aspettato un po’ a pubblicarlo perchè prima volevo avere il tempo per guardarle tutte e decidere quale fosse la migliore. Ora ho raggiunto il verdetto: la migliore versione di Urca Urca Tirulero (Robin Hood e Little John van per la foresta – in originale Oo De Lally) è sicuramente quella in Catalano, intitolata Durul·lari:
Waxy ha raccolto in un post tutte le versioni in lingue differenti che è riuscito a trovarae, e il risultato finale è strepitoso (fa morire anche solo leggere i titoli: Oo de Lally, Tirly Tirly Truly Truly, Jodeladie Jodelee, O-La-Ri-Lo-Le…). Se poi spingete Play in tutte contemporaneamente…
Lego Minifig Motorcycle Helmet, di Sebastian Errazuriz (via)
All I Know I Learned From Family Guy
— Scritta su una t-shirt
Ragazzi, la proposta è seria. Sedetevi (se ancora ricordate come si fa) e ascoltate.
L’idea è semplice e la faccio breve: mettere insieme le menti più geniali della nostra generazione, chiuderle in una stanza e farle lavorare su qualcosa che possa veramente cambiare il mondo e migliorare la vita di tutti (chessò: la pace in Medio Oriente, il riscaldamento globale, la pietra filosofale). Poi, quando i cervelli migliori saranno tutti occupati, noi potremo dedicarci a qualcosa di divertente. Un testo collettivo che colmi una grave lacuna dell’editoria nostrana e al contempo faccia uscire dal tunnel della droga (o del blogging) i tanti laureati al Dams o Scienze della Comunicazione che riempiono le strade delle nostre città. E magari ci porti anche settantadue vergini senza dover prima morire, e ci faccia diventare ricchi trasformandoci da poveri immigrati vietnamiti quali siamo in ricchi caucasici hollywoodiani. Voi direte: Cosa?
Scrivere la raccolta di saggi definitiva sui Griffin.
Se vi siete bagnati il momento di asciugarsi è questo.
Qualcosa di simile a I Simpson e la filosofia o La filosofia di Lost, House, Harry Potter, Sasha Grey (be’, per questa non serve un libro intero), Wittgenstein, i Griffin (sì: in inglese ne esiste già uno per Family Guy) o le altre innumerevoli forme che può assumere il declino dell’Occidente e l’Heideggeriana Autodistruzione della Tradizione Umanistica (HATU). Chi siamo noi per tirarci indietro quando si tratta di oltraggiare qualcuno o qualcosa?
L’unica differenza è che il nostro testo non si limiterà alle letture filosofiche (gli studenti del Dams, ricordate?) ma si allargherà a tutte le possibili chiavi interpretative, discipline e approcci ermeneutici (ad esempio: Da Frank ed April a Peter e Lois. Ascesa e declino della famiglia nucleare; oppure: Deconstructing Peter: testualità e dissémination al tempo di You Tube; o anche L’uomo dei lupi: la sessualità di Stewie in una lettura freudiana; Dimenticare Foucault, ricordare Quagmier… ecc…). Insomma: tutto quanto possa mettere in luce la genialità (o la problematicità) di una delle vette assolute del pensiero umano, Family Guy appunto.
Anche secondo voi Revolutionary Road assomiglia a una puntata dei Griffin, solo meno divertente?
Prima cosa: inviatemi i vostri abstract e le vostre proposte a questo indirizzo.
Se le proposte ricevute saranno in quantità e qualità adeguate si passa alla fase due: stendere una decina di cartelle (da dieci a venti) di intelligenza e umorismo sul tema scelto (più la prima che il secondo. Ricordate: sono comunque dei saggi che pretendono di dire qualcosa sull’argomento e non solo palesare barzotti quanto vi siete rincoglioniti a guardare il tivì). A quel punto un editore senza scrupoli avrà già bussato alla nostra porta supplicandoci di pubblicare il frutto delle nostre fatiche (alla peggio basterà chiedere un finanziamento al dipartimento di Cultural, Media and Genders Studies della Libera Università Telematica di Bolzano-Canicattì).
Fase tre: bersi un martini.
I Did sono uno dei più promettenti nomi italici emersi nell’anno appena passato. Partiti da un bell’EP in free download (per la sempre benemerita netlabel piemontese Kirsten’s Postcard), in cui spiccava quella Ask U2 che ha ottenuto una certa visibilità sui blog non solo italiani e che fa sempre la sua porca figura sul dancefloor del Covo, sono da poco arrivati alla pubblicazione del primo EP ‘fisico’ (Time for shopping, pubblicato da Circolo Forestieri), che perfeziona il primo EP integrandone due pezzi con due nuove composizioni. Il riferimento più vicino sono i migliori Rapture, quelli che mischiano punk e funk in parti uguali e che partono dalla new wave più danzereccia per arrivare ai synth e alla cowbell, o i primi Disco Drive, con i continui raddoppi alle percussioni e il virus avant-rock ancora fuori dall’organismo. A confronto con tali modelli musicali, i Did -peraltro ancora giovanissimi- escono già a testa alta.
Crimea X è un neonato progetto «balearic/kraut/cosmicdisco/moroder / carpenter/ecc» con base a Reggio Emilia. Dietro ci sono Jukka Reverberi (i cui vari progetti –Giardini di Mirò, Die stadt der romantische punks e Bastion elencavo giò nel post relativo al suo più recente progetto Racconti Emiliani) e Luca Roccatagliati (storico DJ del Maffia come Rocca DJ, ed ora parte del progetto nu italo disco Ajello che sta attirando molta attenzione sui circuiti internazionali) che non paghi dei rispettivi mille impegni hanno trovato il tempo per mettere in piedi questa nuova creatura musicale. All’attivo per il momento solo un paio di remix, in arrivo un EP d’esordio (previsto per aprile sotto marchio Hell Yeah) e forse i primi live/Dj set sul finire della primavera.
I Crimea X hanno appena remixato la title-track dell’EP dei Did, riuscendo nell’apparente mission impossible di «balearizzarne» il sound metropolitano, smussando gli spigoli e portandoli a bersi un cocktail in un bar lungo la spiaggia. Ascoltare per credere, e segnarsi i due nomi. Ho il sospetto che ne sentiremo ancora parlare.
Did – Time for shopping (Crimea X remix) (MP3)
Did – Ask U2 (MP3)
Did – Ask U2 EP (link -> ZIP con 4 MP3)
Dopo la Domina Lisa, un domino molto più faceto: Beer Bottle Domino. Sarà la pubblicità virale di qualcosa (un locale, pare), ma mi piace vederle come un messaggio per bere responsabilmente. Per mettere tutte quelle birre in fila, non puoi essere proprio ubriaco marcio..
Il South by Southwest di Austin è il sogno dell’appassionato di musica che diventa realtà. Ormai diventato uno dei festival musicali più importanti del mondo (ma noto anche per le sue versioni Film e Interactive), il South by Southwest (SXSW) si differenzia dai festival che conosciamo per l’assenza di palchi giganteschi, nomi altisonanti e folle oceaniche, e gli preferisce invece più di 50 luoghi medio-piccoli (club, bar e parchi, case private) in cui si suona più o meno ininterrottamente per 5 giorni. E così, per i musicofili di tutto il mondo, per 120 ore il centro di Austin (Texas) si trasforma nel centro del mondo.
Il focus è tutto sulle band giovani e sulle nuove sensazioni, che tipicamente trovano nella platea di Austin, composta in buona parte da addetti ai lavori, il pubblico giusto per emergere dall’anonimato o fare il salto che li porta sulle riviste, radio e siti web indipendenti di tutto il mondo. Andate a cercarvi gli autori dei dischi che compaiono più spesso nelle top 10 di fine anno; scoprirete che quasi tutti, a Marzo di quell’anno, sono passati per Austin.
E quest’anno al festival ci sarò anch’io, e, come è ovvio, vantarmene è lo scopo principale di questo post.
Per il momento la line-up (non ancora definitiva) elenca circa 1600 band, in cui i pochi nomi grossi (Primal Scream, PJ Harvey & John Parish, Echo and the bunnymen, The Decemberists, Tori Amos, Okkervil River, Katy Perry, Meat Puppets, New York Dolls) annegano nella marea di nomi medi e piccoli (tra cui cercherò di non perdermi Ra Ra Riot, +/-, Lisa Hannigan, Cut off your hands, Passion Pit, Crystal Stilts, M Ward, The pain of being pure at heart, Andrew Bird, Peter Bjorn e John, Gomez, Lemonade, Grizzly Bear, Department of eagles, Late of the pier, Au revoir Simone, Fanfarlo, The Soft Pack, Phosphorescent, The Whip, The Wrens, Telekinesis!, Cause co-motion, The Little Ones, Dent May, The Rural Alberta Advantage e poi ce ne sono ancora, non finiscono davvero più) che mi costringeranno spesso a scelte ardue o alla trilocazione.
Anche la delegazione di band italiana quest’anno è di tutto rispetto, e conterà su nomi molto apprezzati da questo blog come A Classic Education, Les Fauves e Afterhours per cercare di ottenere un po’ dell’attenzione estera che certamente meritano.
Strumenti indispensabili per orientarsi in questa marea di band sono la lista di DO512, la straordinaria web-app di Paul Lamere e il SXSW Blog di Shed.Org che aggregano dati e bio prese dalla rete, costruiscono classifiche sulla base degli ascolti su Last.fm, postano quotidianamente news su eventi, showcase e parties del festival e consentono di costruirsi la propria scaletta personalizzata.
Sulla strada per Austin, all’andata e al ritorno, mi fermerò per qualche giorno a New York City, giusto il tempo sufficiente per mangiare una bagel, fare un giro nel Lower East Side, trascinare mia sorella a concerti di band che non conosce, bere galloni di Red Stripe con Matte e twittare cose insopportabili che vi faranno venire voglia di uccidermi. E vedere i Modest Mouse al Terminal Five e Morrissey alla Carnegie Hall, certo.
Sarà dura aspettare ancora un mesetto (con tutto quello che sta succedendo in Italia, poi…se continua così provo a chiedere lo status di rifugiato, magari Obama ha pietà), ma con quello che mi attende, scommetto che ce la farò. Voi che dite?
Due tizi vestiti da vichinghi che combattono con delle spade, uno svenuto (ubriaco?), una casa in fiamme e una bella ragazza intenta a mostrare le tette: questo e altro è capitato per caso davanti all’obiettivo di Google Street View, ed è stato raccolto da Urlesue in Top 10 Moments Caught on Google Maps Street View. Ricordatemi per sempre così, come il tizio riverso davanti a casa.
Eddy Anselmi è un guru. Oltre ad essere probabilmente il miglior speaker radiofonico bolognese e una persona di rara simpatia, Eddy è senza ombra di dubbio il più grande esperto mondiale di quello straordinario evento di costume che è il Festival di Sanremo. Da ieri è in edicola (e la prossima settimana in libreria) Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone italiana, prima, mastodontica, opera enciclopedica dedicata alle 58 edizioni del festival, scritta da Eddy con la passione di un innamorato e dedizione di un pazzo. Ci fa l’onore di presentarlo qua, in prima persona, spiegandoci le ragioni di questa bizzarra (e davvero anticonformista) ossessione, raccontandoci (senza lesinare una doverosa previsione sull’edizione di quest’anno) una storia in cui molti di noi, in fondo, almeno un po’ si riconoscono.
Sanremo: unire i puntini
di Eddy Anselmi
Una passione che nasce nel marzo 1977.
Mentre le radio private si moltiplicano, gli autonomi sampietrinano, la celere carica, Cossiga al Viminale e i blindati in piazza, una sola settimana prima che la forza pubblica sfondi la porta di Radio Alice in Via del Pratello 41, io vedo per la prima volta il Festival di Sanremo.
Faccio la seconda elementare, di anni ne ho 7. Del Festival ho già sentito parlare. La locuzione non mi è nuova, ma non ho mai capito di cosa si tratti di preciso. A musica leggera non sono propriamente uno sprovveduto. Nell’estate 1976, avevo guadagnato il potere sul mangiacassette lasciato da papà a casa nel momento della separazione. La mamma aveva comprato una cassetta taroccata dove c’erano Fernando degli Abba, Dolce amore mio dei Santo California e Ramaya di Afric Simone. Il Festival del 1977 è bellissimo, rapido, a colori, una formula semplice semplice, tutta a eliminazione diretta: quarti, semifinali e finale a tre.
Vince Bella da morire: io non colgo le sfumature del caso, mi sfugge cosa voglia dire che "a sedici anni non si perde il cuore nemmeno se tu provi a fare l’amore". Santo cielo, un sacco di gente nelle canzoni "faceva l’amore" io non sapevo cosa volesse dire, sapevo solo che si cantava nelle canzoni. Io avevo perso la testa per una mia compagnuccia delle elementari con uno sguardo un po’ fricchettone da Uma Thurman, per dire, e il massimo della vita sarebbe stato invitarla a pranzo a casa e poi fare i compiti.
Sul serio, da lì a contestualizzare espressioni come "Sul tuo seno da rubare io non gioco più" ne mancava. Non me ne rendo mica conto, ma in quel momento ci deve essere stato una sorta di baco, nel mio hard disk. Vuoi per l’adrenalina della gara, vuoi per gli accordi in maggiore, vuoi per i forti sentimenti di cui tutto mi sembrava permeato: va a finire che tutto quello che erano canzoncine, e in particolar modo quello che erano canzoncine di Sanremo, zum, non se ne andavano mica via, rimanevano lì.
A forza di ricordarsele tutte, queste canzoncine, finì che sembrarono tanti puntini. Come il gioco della Settimana Enigmistica. E la figure che ne vennero fuori furono quelle di quelle irripetibili stagioni, con gli archi di Ruggero Cini che punteggiavano l’Emozione da poco di Anna Oxa, con la chitarra di Alberto Radius che suonava La canzone del sole, ma con le tastiere di Filippo Destrieri e la voce di Alice vinceva Sanremo. Figure complesse, come Lene Lovich, che canta tra i big nel 1982 ed è una delle poche volte che Sanremo precede una tendenza anziché seguirla con affanno. Pochi anni più tardi e Madonna e Cindy Lauper riproporranno con estremo successo il suo personaggio pre-newromantic. Ogni anno ci sono le canzoni di Sanremo, ogni anno diventano come madeleinettes intrise dell’unico sapore di quella particolare primavera, compresa quella Maledetta di Loretta Goggi.
Poi, era il Natale 1989 e i telegiornali parlavano della fuga di Nicolae Ceausescu e del colpo di stato in Romania, e io mi imbattei per caso in libri e riviste che raccontavano di com’era il mondo, la musica leggera, l’arte popolare, lo spirito del tempo prima di quel marzo 1977. E il Festival di Sanremo era una tappa annuale, una ricorrenza immancabile, con le sue foto che dal 1951 acquistavano il colore, con le sue canzoni che si vestivano di nuove sonorità, con i suoi protagonisti che acquisivano nuova personalità. Se i puntini da unire nel 1981 erano diversi da quelli del 1987, il gioco avrebbe funzionato anche per stagioni di cui non potevo conservare un ricordo nemmeno remoto? La risposta, sorprendentemente, fu sì.
E così scoprii un’Italia che esce dal conflitto senza una memoria veramente condivisa, rifugiandosi nei cori alpini e nel mito della I guerra mondiale, scoprii un paese profondo per cui tutto continuava immutato, con canzoni che potevano essere indifferentemente state scritte all’epoca dei telefoni bianchi. A fare la rivoluzione non fu il rock’n’roll. Furono i Platters, con quel ritmo "terzinato" su cui è costruita quella Nel blu, dipinto di blu che riporta le lancette della musica leggera italiana al passo con i suoi tempi il giorno stesso in cui il Senato approva la legge Merlin e gli americani mandano in orbita il loro primo satellite artificiale. Scoprii una generazione, quella dei bambini del dopoguerra, che arriva alla ribalta nel 1961, proprio a Sanremo, e da allora domina la scena italiana, musicale e non solo. Si chiamano Adriano Celentano, Milva, Giorgio Gaber, Edoardo Vianello, Tony Renis, Gino Paoli, Gianni Meccia, Umberto Bindi. Scoprii Mina, nemmeno maggiorenne: una forza della natura, in scena e fuori scena, come quando nel 1961 riceve nella sua stanza d’albergo l’inviata di cronaca rosa e costume dell’Europeo Oriana Fallaci e, a questa che le chiede cosa la giovane pensi delle donne saudite obbligate all’uso del velo, Mina risponde «Maometto, che nome carino: se un giorno avrò un figlio, voglio chiamarlo Maometto!».
E nel frattempo Sanremo continuava, intrecciandosi ai ricordi personali, diventandone pietra miliare, cerimonia, festa di precetto. Nel 1995 vengo invitato a raccontare la storie delle canzoni storie alla radio. Lungimirante e coraggioso, il direttore di Radio Città 103 Alfredo Pasquali dà il suo OK al numero zero di Fuori Target, rotocalco settimanale di musica leggera e di costume che per dodici anni ideo e conduco insieme a Mister Pink. Parlare di Pupo a Radio Città 103, tra gli Stormy Six e Enrico Capuano non fu indolore né accettato all’unanimità. Ma una volta in onda, la trasmissione divenne un piccolo classico. Da uno spin-off internet di Fuori Target nasce festivaldisanremo.com, il sito indipendente sul Festival di Sanremo, che -in un mondo che non conosce ancora la parola blog- viene fondato pochi anni più tardi, nell’autunno 1998 (ma che parte solo in occasione del Festival 2000).
Da lì parte l’idea di Festival di Sanremo Almanacco Illustrato della Canzone Italiana, che passa attraverso la rilettura di (quasi) tutti i quotidiani, rotocalchi, libri e riviste sul Festival degli ultimi quasi sessant’anni, l’ascolto (e la ricerca) di tutte le canzoni. Del baco dell’hard disk ve l’ho detto. Dopo questi ulteriori tre anni mi sembra di essere diventato un mostro. Mi sento come l’Henry Jekyll, o il Quebecchese Andre Delambre dell’Esperimento del Dr. K..
E anche se il refuso è sempre dietro l’angolo come un brigante da strada, è andata a finire che ho scritto 960 pagine che sono la storia del Festival di Sanremo, che l’ha pubblicato la Panini e che ne ha tirate alcune decine di migliaia di copie. Oltre al Festival, c’è una storia che parte dal piano Marshall e finisce con Barack Obama, ci sono le programmazioni cinematografiche da Amedeo Nazzari ai Fratelli Coen, c’è il concorso Eurovisione della Canzone da Lugano 1956 a Mosca 2009. E poi ci sono loro, le canzoni, gli interpreti, i parolieri e i musicisti. I concorrenti, insomma. Perché Sanremo è una gara. Il resto fa colore, se ne discute, se ne parla. Ma resta inessenziale.
A proposito (ma non ho ancora letto i versi dei motivi in concorso): quest’anno vince Marco Masini. secondi (oso) gli Afterhours, terzo (ahimè) Marco Carta. Altri due nomi? Francesco Renga e Nicky Nicolai, noblesse oblige. Premio della critica agli Afterhours o a Patty Pravo.
N.B. Musicalmente ho una vita privata che va oltre Sanremo, talvolta. L’ultimo disco che ho comprato è quello degli Animal Collective. Ho adorato gli Stone Roses e tutta la scena di Madchester, gli Stereolab, i Radiohead. Perché Sanremo sarà pur sempre Sanremo, ma non esageriamo.
Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana rappresenta il risultato di oltre 3 anni di lavoro di ricerca sulle 58 edizioni, sulle 1698 canzoni in concorso e sugli oltre 2.200 interpreti e autori che hanno concorso al Festival fino al 2008. Sarà in edicola dal 9 febbraio, e in libreria dal 18 febbraio 2009.
Eddy Anselmi – Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana. Panini, Modena 2009
960 pagg. colori / copertina cartonata / prezzo al pubblico € 19,90