venerdì, 27/03/2009

Inaccettabile/malsano

di
Qui l’immagine da pornografica si fa violenta e quindi aggredisce lo spettatore, obbligandolo ad uno spettacolo che non desidera e che invece la consuete veste di conformismo intellettualoide gli fa credere vera, autentica, indispensabile. Un prodotto del tutto sbagliato che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come inaccettabile e certamente malsano.
Utilizzazione: é da escludere sia in programmazione ordinaria sia in altre circostanze. Nonostante il divieto ai 18 anni, molta attenzione é da tenere per piccoli e minori in vista di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD.

Questo è un estratto dalla scheda di Shortbus presente nell’archivio della Commissione Nazionale Valutazione Film, organo della C.E.I. Cosa?

La Commissione Nazionale Valutazione Film è un organo tecnico-pastorale, costituito per rispondere all’esigenza di offrire ai fedeli una valutazione rispondente alle indicazioni del Magistero e allo stesso tempo fornire indicazioni su opere molto diverse tra loro. Oggi la Commissione esprime "valutazioni morali ai fini pastorali" e tali valutazioni sono vincolanti per la programmazione delle Sale dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica.

Nelle pause dal lavoro mi aiuta a distrarmi. Fanculo IMDB quando posso informarmi piangendo dalle risate.

via

venerdì, 27/03/2009

Intervallo

Banksy Pictures With The Smiths – Asleep

[in onore del padrone di casa, che ieri è andato a vedere Morrissey a New York]

 

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mercoledì, 25/03/2009

The Evolution of the Batman Logo

di

martedì, 24/03/2009

Una piccola lezione di vita

Meglio drogarsi che taccheggiare, fondamentalmente.

[fonte]

 

lunedì, 23/03/2009

Il bene e il male

di

Mi hanno detto che perfino il TG1 ha parlato di Jade Goody, ma non credo che voi sappiate tutta la storia a modo.
Per cui vale la pena raccontarla bene in ordine.
Lo farò io, che volente o nolente l’ho seguita per un anno durante i miei lunghi e noiosi viaggi in metropolitana (sono Valido, eh? che magari a colpo d’occhio sulla lunghezza del post avevate pensato a Punch-Drunk o Trino).
Cercherò di non ribadire nè nome nè provenienza, per dare maggior significato universale alla vicenda ed evidenziare le spettacolari riflessioni morali che suggerisce.
Jade Goody, se non ci fosse stata, l’avrebbe ideata Alan Moore, o Rob Zombie, o qualcuno di altrettanto nichilista e perverso.

Prendete una ragazza sui 21, brutta. Ma brutta brutta. Che proprio ogni tanto ti sorprendi a fissarla che non ti capaciti di quanto è brutta.
E grezza. Ma grezza grezza. Tipo Floriana del Grande Fratello, per dire.
E infatti, la ragazza in questione va al Grande Fratello, e lo vince.
Fin qui tutto bene.
La nostra ragazza, oltre a essere brutta, stupida e grezza, non ha un talento che sia uno, per cui l’unica cosa che la può salvare da una vita come commessa di supermercato è attaccarsi ai giornali scandalistici come una cozza (…) allo scoglio, con qualsiasi vaga scusa.
Per fortuna se la cava discretamente, guadagnandosi il diritto a pubblicare un’autobiografia, uno show tutto suo e persino una fragranza col suo nome, nonché un nuovo invito al Grande Fratello, questa volta in versione VIP.
E qui il fattaccio: a pelle, si prende in antipatia con la concorrente indiana, e con grande leggerezza inizia a sfotterla, spalleggiata da due biondine senza personalità. Poiché è una tipa molto grezza, le scappa anche qualche appellativo degno di Calderoli. La TV coglie e amplifica a dismisura, e scoppia uno scandalo a sfondo razziale che in poco tempo ragginuge livelli internazionali. La trasmissione viene inondata da lettere di protesta: arriva perfino quella formale dal Parlamento indiano.
Al momento dell’eliminazione, le ragazze – l’indiana compresa – non sospettano minimamente la portata sproporzionata di ciò che è accaduto: le due biondine sono letteralmente sotto shock, ma non è nulla in confronto alla nostra protagonista, che di colpo gode di una reputazione negativa inferiore soltanto a quella dello zio Adolfo. La sua carriera è, come si suol dire, fottuta.
Per mesi i giornali continuano a parlarne, seguendola ad ogni passo, scrutinando e sbeffeggiando ogni sua mossa. Lei le prova tutte per rimediare come può: rilascia interviste, piange in diretta, va persino in gita in India e si fa fotografare mentre regala soldi a un orfanotrofio, ma ogni tentativo suona disperato e non ha effetto. Arriva addirittura a denunciare improbabili minacce di morte che la costringerebbero a barricarsi in casa con i figli, ma anche i tabloid le ridono dietro.

Passa circa un anno, e con le acque sufficientemente calmate, la nostra tenta l’ultima, disperata, forse definitiva mossa riparatrice, e si fa infilare come concorrente al Grande Fratello indiano.
Sono tutti sicuri che durerà pochissimo.
E hanno ragione.
Quello che non sospettano, è come uscirà.
Tempo appena tre giorni, e dritto dal confessionale in diretta tv,  un medico, da analisi fatte in precedenza, le fa sapere di averle diagnosticato il cancro.
Il mondo crolla. Il cancro??? Proprio a lei? Proprio adesso? E glielo dicono in quel modo???
I giornali mantengono atteggiamento cauto e decoroso, ma l’imbarazzo è evidente.
Nessuno cadrebbe così in basso da far credere di avere il cancro come mossa pubblicitaria per riparare la reputazione. Nessuno, eh? Non scherziamo.
Però… ecco, quello che tutti pensano ma nessuno dice è che se ci fosse una sola persona a cui soltanto una malattia terminale in questa fase salverebbe la carriera, e una sola persona talmente stupida e grezza e disperata da poter essere capace di considerare accettabile una trovata simile… ecco, quella persona probabilmente sarebbe lei. E che tempismo, accidenti: nel bel mezzo di una mossa riparatrice che non stava avendo tutto l’eco che si sperava, e che per di più le risparmiava la pena di stare forse nell’ultimo posto in cui aveva voglia di stare, in cui poteva pure rischiare di combinare altri casini.
Insomma, nessuno lo diceva, ma nessuno ci credeva. Le lettere della gente ai giornali erano imbarazzate, ambigue. Lei era ufficialmente la prima persona pubblica al mondo a cui una malattia terminale portava qualche imbarazzato cordoglio, e una gran dose di diffidenza. Soprattutto se paragonato all’effetto che pochi anni prima aveva fatto la battaglia al tumore sostenuta dalla nota cantante pop Kylie Minogue, che al confronto ne usciva come la somma di Giovanna D’Arco, Madre Teresa e Santa Lucia.
Che tattica ha usato quindi la nostra per affrontare la situazione?
Beh, è ovvio.
Ha cominciato a sbandierarla in giro con costanza e determinazione, rilasciando interviste a raffica, piangendo a comando davanti alle telecamere, e sputando il peggior tipo di dichiarazioni che vi potete aspettare. Tutto il peggior repertorio del caso, senza freni, senza pudore, costantemente in pubblico: "soffro troppo, non ce la faccio", "ho chiesto ai medici di farmi morire prima", "non ho il coraggio di dirlo ai miei figli", "voglio il funerale più bello dell’Universo".
Insomma, insiste, e si è costretti a crederle di più, ma c’è ancora diffidenza, nonché l’impossibilità a provare simpatia per una che fino a poco tempo prima era vista come un patetico mostro pieno di veleno, e che per di più si comporta in modo così ostentato.

Comincia la chemio, e ora appare in pubblico con la testa completamente rasata. L’opinione pubblica è sempre più combattuta. Non esistono manuali di comportamento ufficiali per casi del genere, dalla regia non suggeriscono nulla. Cosa si deve pensare? Avete presente quando qualcuno fa una grossa, ignobile cattiveria, e tu ti ritrovi a pensare "spero le venga una malattia orribile, così impara"? Cosa bisogna pensare se accade davvero, praticamente al volo? Cambiare idea e pentirsi? Dire "ecco, ben le sta"? Cosa???
Nel frattempo la nostra protagonista, in pieno bombardamento di cure, sforna un documentario dagli ascolti record e decide di sposare il suo moroso di 21 anni.
E ovviamente lo fa con enorme, sfarzosa cerimonia pubblica, venduta in esclusiva a giornali e tv che filmano l’evento integralmente per uno special televisivo.
Lui tra l’altro, un altro tipo con cui si fa fatica a simpatizzare, reduce da 18 mesi di galera, beccato a tradirla più volte e sorpreso pochi giorni prima ad aggredire violentemente un tassista colpevole di guidare in modo poco gradito.
Lei è sempre lì, a rilasciare dichiarazioni pubbliche quotidiane che non hanno nulla a che vedere con barlumi di forza interiore, messaggi positivi, o lampi improvvisi di profondità anche per sbaglio.
È la più media delle persone normali, debole, spaventata, ingenua, sognatrice, e non lo nasconde.
La scusa c’è, ed è buona: quando ti rimangono gli ultimi giorni per vivere, c’è effettivamente poco di meglio da fare che tentare di accumulare più soldi possibile da lasciare ai figli, non importa in che modo. Non importa se la totale mancanza di dignità con cui lo si fa sarebbe stata probabilmente identica anche in situazioni normali.


Ma insomma: oggi, guarda caso durante la Festa della Mamma, è morta Jade Goody.
Che riposi in pace.
Le acrobazie morali effettuate dai tabloid in questi giorni sono state notevoli, e dubito che qualcuno – e con "qualcuno" intendo il lettore medio dell’equivalente inglese di Novella 2000 – sia riuscito davvero a riflettere sulla sequenza degli eventi.
Ma spero che, sotto sotto, non vengano dimenticati.
E soprattutto, mi chiedo cosa sarebbe successo se fosse guarita.

UPDATE: oggi Metro titolava "Family mourns ‘beautiful Jade’". Esatto, con "beautiful" tra virgolette.

venerdì, 20/03/2009

Cmon let’s twist again

MYDNA Twist bookcase. Complicato metterla a muro, ecco.

 

giovedì, 19/03/2009

Fake Lov’ers

Il dott. Inkiostro in questo momento sta gozzovigliando in Texas, ma se fosse al suo posto segnalerebbe sicuramente l’uscita di Seasoned Eyes Were Beaming, il debutto solista di Sara Lov dei Devics (qui qualche dettaglio). Nel fare le sue veci, purtroppo vi toccherà una Sara Lov un po’ più movimentata, ma, ehi, mi ha dato lei l’idea con questa foto.

sara lovSara Lov vs Nathan Fake Touched by a Fentiger (Hi Low To Lov maxcar vibrato) (MP3)
(per l’originale di Nathan Fake che è quella figata che senti in sottofondo fai un salto dalle mie parti)

mercoledì, 18/03/2009

Austin powers

Saluti, da Austin, TX.

Vi scrivo dalla veranda davanti alla casa che ho affittato sulle pendici delle colline del quartiere di Clarksville, poco distante dalla Sesta Strada. Ci sono 25 gradi, il sole, e gli uccellini che cinguettano. E, a una ventina di minuti di distanza, la movida del South By South West, il festival musicale più figo del paese (secondo qualcuno addirittura del mondo), di cui vi ho già parlato estesamente un mese fa.

A parte un paio di anticipazioni ieri sera, il grosso del festival comincia oggi, con una serie di ottimi day parties (Levi’s Fort Fader, Paste Magazine, Terrorbird Media, Hype Machine e Austinist sono quelli con le line-up migliori) che animano una serie di club e cortili cittadini con musica indie, birra a fiumi e barbecue gratis. In serata invece cominciano gli Official Parties, e non ho la più pallida idea delle band che deciderò di vedere nella miriade di opzioni disponibili.

Per avere un’idea, date un’occhiata qua sotto al widget di Sched, che consente di costruirsi il proprio programma personalizzato tra i quasi 2000 concerti previsti. Come noterete, in quasi qualunque momento dovrei essere in almeno 5 o 6 posti diversi. Il completista che è in me impazzirà presto.

Se a qualcuno interessa, qua c’è la playlist costruita in base alla mia schedule. Ve la consiglio, c’è un sacco di roba interessante.

 

 

 

Back to you in the next days, guys.

 

martedì, 17/03/2009

Togliamoci il pensiero

di

De Luca chiede, De Luca ottiene.

500 Days of Summer

Qui il trailer:

Qui la medicina:

Doppia razione (a me è servita):

Via, zuccherino finale per sicurezza:

E qui, come bonus, quello che viene in mente a me quando mi dicono "500":

(si ringrazia Cerca su Google per avermi aiutato con antidoti corretti, testati su casi specifici e approvati dall’Associazione Medica)

martedì, 17/03/2009

Nick Cave Heavy Weight – Alter Skins

di



Sono sicura di fare cosa gradita prima di tutto a Inkiostro (che è suo grande estimatore), postando il link alle foto del catalogo realizzato in relazione alle performance di Nick Cave  HEAVYWEIGHT – ALTERSKINS alla Fosdick Nelson Gallery.

lunedì, 16/03/2009

Rubik ci fa un baffo

Petaminx mi fa sinceramente paura. Se ve lo steste chiedendo, ha 1212 facce.

 

venerdì, 13/03/2009

Il Calcio e le Patrie Virtù Democratiche

di

Al cinema e non solo, il baseball ha sempre sfoggiato un fascino metaforico che scavalca il fenomeno sportivo per invadere la riflessione sociologica, politica, morale. Basti pensare al discorso di Robert De Niro / Al Capone ne Gli Intoccabili. O agli scritti sul baseball del columnist conservatore (e vincitore del Premio Pulitzer) George Will. O al primo formidabile capitolo di Underworld di DeLillo. Agli americani piace filosofeggiare sul baseball e vederci dentro metafore densissime che, secondo loro, spiegherebbero al meglio l’autentico spirito a stelle e strisce: l’equilibrio complesso tra individualismo e appartenenza alla squadra; la ricompensa per il duro lavoro; il fair-play; la mobilità sociale; la democrazia.

E il nostro amato calcio? Qualche anno fa sull’autorevole settimanale (neo)conservatore Weekly Standard, Frank Cannon e Richard Lessner denunciavano il nichilismo decadente sotteso al nostro passatempo nazionale:

Nel recente incontro con l’Italia nel campionato mondiale,  la squadra USA ha giocato quella che è stata definita, da molti conoscitori del gioco, la migliore partita mai giocata da una squadra di calcio americana su suolo straniero. Lo storico match è finito in un epico pareggio, 1-1. Ma in quella che è stata strombazzata come una delle migliori partite mai giocate da una squadra americana, gli Stati Uniti non sono riusciti a segnare. Il gol attribuito agli Americani è stato infatti realizzato da un avversario che – ops! – ha accidentalmente messo la palla nella sua rete.

Pensateci per un attimo. Questo riassume tutto quello che vi serve sapere sul soccer o football, come è noto da altre parti. Il calcio è il gioco perfetto per il mondo post-moderno. E’ l’espressione quintessenziale del nichilismo che prevale in molte culture, cosa che senza dubbio spiega la sua popolarità in Europa. […] Un gioco sul nulla, dove i punti sono accidentali, è di scarso interesse per gli Americani che credono ancora che il mondo abbia senso, che la vita abbia un significato e una struttura più grandi e che l’essere non sia un fine in sé.

Gli autori arrivano a dire che il calcio è un gioco per quadrupedi, in quanto nega ciò che ha elevato l’uomo al di sopra degli altri animali: una testa pensante e il pollice opponibile. Ma nel calcio, scrivono, a differenza degli altri sport, la testa non è protetta e la si può usare per colpire brutalmente una palla; mentre le mani, quelle sono vietate.

Qualche giorno fa, Stephen H. Webb su First Things (blog dell’Institute on Religion and Public Life) ha scritto:

Per chi è incline alla paranoia, sarebbe facile addebitare il successo del calcio alla sinistra, che, dopotutto, ha lavorato per anni per portare la decadenza e la disperazione europea in America. La sinistra ha cercato di trasformare il marxismo, il post-strutturalismo e il decostruzionismo in fenomeni di moda al fine di indebolire la chiarezza, il pragmatismo e l’energia della cultura americana. Ciò che la sinistra non è riuscita a realizzare per mezzo di quei capricci intellettuali, si potrebbe pensare, sta cercando di ottenerlo con lo sport.

Ma davvero il calcio è un gioco nichilista? Espressione di una cultura stanca e decadente? Sintesi dei mali del nostro Paese, del suo scarso pragmatismo, della carenza di democrazia, dell’assenza di una sana cultura meritocratica, in cui per essere premiato devi lavorare duro invece che azzeccare un punto per caso?

Ho deciso di approfondire la questione.

A un primo esame, bisogna ammetterlo, molti dei maggiori successi calcistici nazionali non sono esattamente legati a momenti di brillante pragmatismo democratico ed energia repubblicana. Due titoli mondiali su quattro l’italia li ha vinti sotto il Duce. Il quarto lo abbiamo ottenuto durante il mandato del governo con la più risicata maggioranza (e non certo la più frizzante energia) della storia. Il Presidente Berlusconi è anche il Presidente della Pluripremiata Squadra di Calcio del Milan. Nel ’70, anno in cui gli Azzurri diventano vice-Campioni del Mondo, si tenta (forse) il Golpe Borghese.

Insomma: avranno ragione i neoconservatori dello Standard e i tizi dell’Institute on Religion and Public Life? Il calcio è il gioco dei decadenti nichilisti europei?

Per scoprire l’arcano, ho deciso di analizzare le correlazioni tra il Calcio e i Governi della Repubblica Italiana, da De Gasperi a Prodi. 58 governi abbastanza traballanti, come noto. Qual è segno più cristallino di un sano ed energico pragmatismo all’americana se non l’agognata e (quasi) mai realizzata stabilità dell’esecutivo? E qual è, d’altro canto, segno più evidente di un sano e trionfante calcio italiano se non l’affermarsi della Gloriosa Nazionale Italiana nei più prestigiosi tornei internazionali?

Ho provato, pertanto, a confrontare la durata dei governi italiani con i successi degli Azzurri negli stessi anni. E, più in particolare, a misurare eventuali correlazioni tra le variazioni nella stabilità dei governi e le variazioni nel successo della nazionale di calcio alle Olimpiadi, agli Europei e ai Mondiali.

Ebbene: la correlazione c’è. E smentisce fieramente le plutocratiche insinuazioni d’oltreoceano.

Ho suddiviso i 58 Governi repubblicani (dal De Gasperi II al Prodi II) in 7 differenti "classi di stabilità" sulla base dei giorni di durata in carica (la più bassa fino a 100 giorni, la più alta dopo gli 800) e in 12 differenti categorie sulla base dei successi della Nazionale Italiana di Calcio (A e Olimpica) negli anni in cui hanno governato anche parzialmente (la più bassa categoria in caso di mancata qualificazione sia agli Europei sia alle Olimpiadi, cioè nel 1972; la più alta in caso di vittoria ai Mondiali, e raggiungimento dei quarti di finale sia agli Europei che alle Olimpiadi, cioè nel biennio prodiano 2006-2008). Ed è emerso che le variazioni di segno dei due suddetti indici da un governo all’altro mostrano una discreta correlazione (anche, in parte, nell’entità):

Photobucket

Salvo casi isolati di spiccata divergenza, può dirsi orgogliosamente che negli anni in cui il Popolo Italiano mostrava all’Europa e al Mondo la bravura dei suoi Atleti sui Campi da Calcio, i nostri Illuminati Governanti servivano proficuamente un’Idea di Governo Stabile e Concorde. La nostra amata Patria bandiva litigi e fragilità e debolezze così nei Palazzi del Governo come nei Verdi Campi da Gioco.

Altro che decadente nichilismo. Altro che post-strutturalismo. Altro che marxismo.

Quando il Popolo e i suoi migliori Calciatori rafforzano le Atletiche Virtù Patrie, i Patrii Rapppresentanti rafforzano i loro legami per il miglior servizio del bene pubblico.

Diteglielo, al Weekly Standard.

venerdì, 13/03/2009

Ma po’ i vegnen chi a Milan

di

Stamattina un inviato di Radio Popolare sale sul bus della linea 56 di milano, la più multietnica della città, per intervistare in diretta i passeggeri. Alla fine del servizio, con spirito cazzone e fraternizzante, il giornalista induce un filippino e un’italiana a cantare insieme O mia bela Madunina, ma la donna si inventa il testo ed esibisce un marcato accento meridionale. Interviene allora una milanese sdegnata dalla performance della connazionale (sciura: un pugliese non può cantare O mia bela madunina! intervistatore: e allora io non posso cantare le canzoni in inglese dei Beatles?) e scoppia un litigio tra italiani che costringe alla prematura chiusura del collegamento. Peccato, perché il testo improvvisato dalla pugliese era genialmente esilarante. Che ironia: volevano testare il grado di tolleranza degli italiani nei confronti degli stranieri e invece è riemerso l’antico razzismo dei milanesi nei confronti dei "terroni"!

Questa è una grande città.

giovedì, 12/03/2009

Harder better Faster Stronger Dafter

Con iDaft provi il brivido di governare la console dei Daft Punk con la tastiera del computer. Un incrocio tra un controller midi e la rotella coi versi degli animali con cui giocavi da bambino. E’ questione di minuti perchèarrivino i primi remix.

 

giovedì, 12/03/2009

Due tag con una fava

Lego Bookcase. Peccato per il colorino non proprio sobrio.
[grazie a ThisKid per la segnalazione]

 

mercoledì, 11/03/2009

«Who is this fat woman and why I’m being forced to touch her?»

Beth Ditto e Karl Lagerfeld. Scatto bellissimo, titolo e foto rubati di sana pianta da Best Week Ever.

 

martedì, 10/03/2009

Meglio di un milione di recensioni di Pitchfork

L’idea di raccogliere i pareri di persone di un’altra generazione sulla musica pop e rock contemporanea è tutt’altro che nuova. Ricordo uno dei primi numeri dell’edizione italiana di Rolling Stone, in cui c’erano anziane maestre di musica che recensivano non so più cosa; ma forse in qualche libro ho letto che l’aveva già fatto qualcuno con il punk, sottoposto, nel suo periodo d’oro, ad attempate e inorridite ladies britanniche.

 

Di recente sono arrivati anche i puntuali pareri in maceratese di mamma Fiorella in Pronti al Peggio, ma solo oggi (grazie a Gorilla VS Bear) ho scoperto lo spettacolare Breakfast at Sulimay’s, in cui degli allucinatissimi vecchietti un po’ rincoglioniti di Philadelphia si trovani alle prese con canzoni più o meno alternative da recensire (quando non gli fanno direttamente intervistare delle band, come i Fuck Buttons). Sentite cosa hanno da dire sui Blood Brothers, Peter Bjorn & John o Beirut, o i loro sboccatissimi pareri sui Thermals, Joanna Newsom, Pitchfork e i Decemberists. o le acide lamentele quando si trovano alle prese Santogold, i Portishead e i Death Cab for Cutie.

 

E, qua sotto, guardate cosa dicono dell’osannatissimo Merryweather post pavillon degli Animal Collective (proprio in questi giorni in tour in Italia): «I’m starting to get an headache», «I doubt that this group is not gonna get very far from Baltimore, Maryland» e così via.
Abbiamo trovato dei nuovi critici musicali di riferimento.

 

 

lunedì, 09/03/2009

L’Hipster Pod suona i Passion Pit

Tempo fa (via Onigiri) mi sono imbattuto nel video di presentazione dello straordinario Hipster Pod:

 

A parte il video in sè (che potreste trovare o non trovare divertente), è curioso che per indicare musica hipster si faccia ricorso a mostri sacri ormai riconosciuti da tutti come i Velvet Underground o i Sonic Youth o comunque a band non esattamente di primo pelo (e non certo modaiole) come gli Yo la Tengo. Se il video l'avessi fatto io, al tizio avrei fatto ascoltare Chunk of change, l'EP d'esordio dei Passion Pit.

 

Già incensati dai blog di mezzo mondo e (e già comparsi su queste pagine all'interno del report della CMJ Marathon di Matte), come da copione i Passion Pit non hanno ancora pubblicato un disco completo, e godono di una gloria effimera basata in larga parte su quello che potrebbero fare ma non hanno ancora fatto. Esattamente come succede a tutta la vera musica hipster, che nella sua perenne ricerca di anticipare tutti vive sempre in un futuro che non deve accadere mai.

 

Non che i Passion Pit non siano bravi; tutt'altro. Il loro sound flirta ora con l'indietronica dei Postal Service o degli Hot Chip ora con certo elettropop da classifica, con abbondanza di falsetti stralunati, campionamenti bizzarri e melodie pronte a stamparsi nella testa. Ottimi pezzi, per lo più, da godersi senza chiedersi se i nostri diventeranno grandi oppure scompariranno dopodomani. L'importante è che piacciono alle ragazze, e che quindi sull'Hipster Pod farebbero un figurone.

 

 

Passion Pit – Sleepyhead (MP3)

Passion Pit – Smile upon me (MP3)

venerdì, 06/03/2009

La simpatica carica dei ganzissimi fasci

Ci mancava solo questa:

Dal blog di Andrea Pomini, ecco gli screenshot del fantascientifico servizio di Top Girl dedicato ai neofascisti, Una nuova tribù urbana davvero troppo fiCa. Alla fine c’è pure una pratica dressing guide.

 

L’articolo intero ad alta qualità è qua. Io non ho davvero parole.

 

 

 

[Disclaimer: le pecette gialle sono state aggiunte da chi ha scannerizzato l’articolo. Ovviamente non ci sono sugli originali]

 

 

Update: l’inutile risposta della direttrice del giornale, su Lipperatura.


giovedì, 05/03/2009

Le domeniche dell’Hana-bi in pericolo?

Gli autoctoni lo sapranno giò da un po’, ma qua in città la notizia gira da poco e in modo frammentario: pare che per la prossima Estate a Ravenna sarà in vigore un’ordinanaza comunale che di domenica vieta lo svolgimento di ‘feste danzanti’ in spiaggia dopo le 8 di sera. La cosa avrà un’immediata ricaduta su tutti i bagni del ravennate, per cui la domenica è la giornata più affollata e redditizia, e le domenica sera la ciliegina sulla torta che, associata alla giornata di mare, spesso giusitifica le trasferte di una buona fetta della popolazione delle insopportabilmente calde cittadine dell’entroterra emiliano. E avrà un’immediata ricaduta anche sulle domeniche dell’Hana-bi, l’eccezionale indie-stabilimento balneare di cui spesso si è parlato su queste pagine, le cui domeniche, come scrivevo un paio di anni fa, per il sottoscritto sono uno dei motivi per cui vale la pena di vivere.

 

La notizia dell’ordinanza è riportata dall’Agenzia Dire e da RavennaNotizie con dovizia di dettagli e, soprattutto, di dichiarazioni indignate da parte di chi lavora nel settore. Non ci sono infatti motivi ragionevoli per vietare il ballo in spiaggia: la quasi completa assenza di case nei dintorni, l’abbondanza di etilometri schierati sulle strade e la chiusura imposta comunque a mezzanotte, sono sempre state misure più che sufficienti ad evitare grossi problemi di ordine pubblico o ricadute particolari per la -peraltro scarsa- popolazione della zona.

 

Online è già partita una petizione di Facebook a cui finora hanno aderito circa 7300 persone (aderite anche voi!), e, se l’ordinanza verrà effettivamente emanata, sono previste iniziative più eclatanti e visibili. Con tutto quello che succede al mondo pare una cosa di poco conto (e probabilmente lo è, a parte per le persone che a causa di essa perderanno il lavoro), ma è esattamente il tipo di minuzia che ti consente di  arrivare vivo al fine settimana. Non so voi, ma io senza queste cose non vado lontano. Oppure vado lontano, e non torno più.

 

mercoledì, 04/03/2009

Charles Schultz reloaded

Snoopy Thought Chair (via – grazie a Loris)

 

martedì, 03/03/2009

Il governo dei primi della classe

di
Avvertenza: Conclusione ad Alto Tasso di Desolazione.
Non leggere subito dopo i pasti.
La lettura è consigliata a un pubblico adulto e non incline alla facile disperazione

A novembre, David Brooks, editorialista neoconservatore del NY Times, si mostrò positivamente colpito dalle scelte di Obama per il suo gabinetto: i nomi che circolavano al tempo, secondo Brooks, erano quelli di persone moderate, professionali, non-ideologiche, dalla mente aperta, dotate di creatività pragmatica. Ma, soprattutto, primi della classe nelle più prestigiose scuole d’America:

Barack Obama (Columbia, Harvard Law) presterà giuramento mentre sua moglie Michelle (Princeton, Harvard Law) assisterà fiera. Là vicino, i suoi consiglieri di politica estera, tra cui forse Hillary Clinton (Wellesley, Yale Law), Jim Steinberg (Harvard, Yale Law) e Susan Rice (Stanford, Oxford D. Phil.), saranno raggianti. Ci sarà anche la squadra di politica interna, tra cui Jason Furman (Harvard, Harvard Ph.D.), Austan Goolsbee (Yale, M.I.T. Ph.D.), Blair Levin (Yale, Yale Law), Peter Orszag (Princeton, London School of Economics Ph.D.) e, ovviamente, il capo dell’ufficio legale della Casa Bianca Greg Craig (Harvard, Yale Law).

Insomma, con tutte queste università prestigiose tra parentesi, Brooks ci dice che quella instaurata da Obama sarebbe stata una "valedictocracy", come la chiama lui: il governo dei primi della classe (il simpatico neologismo viene da valedictorian, il migliore della classe dei diplomandi che ha il compito di parlare per ultimo nelle cerimonie di consegna dei diplomi).

Sulle virtù della primidellaclassocrazia – in italiano non suona molto bene – non tutti, però, sono d’accordo. Non lo è, in particolare, Lewis Lapham, storico direttore di Harper’s, oggi titolare dell’acuto e raffinatissimo commento d’apertura, Notebook, che esce a mesi alterni.

Negli ultimi sessant’anni, – scrive Lapham nel Notebook di questo mese – i funzionari deputati ad architettare le scelte di politica interna ed estera dei governi appena arrivati a Washington sono giunti equipaggiati con simili qualifiche – scuole di prima classe, relazioni sociali allo stato dell’arte, apprendistato in un organo legislativo o in un think tank – e per sessant’anni sono riusciti a indebolire invece che a rafforzare la democrazia americana, concludendo i loro mandati come oggetto di ridicolo se non sotto la minaccia di un processo penale. Gli enfants prodiges (noti anche come "i migliori e i più brillanti") che seguirono il presidente John F. Kennedy alla Casa Bianca nel 1961 hanno bazzicato le stanze dei bottoni abbastanza a lungo da condurre il paese alla Guerra del Vietnam. Henry Kissinger, altro fenomeno di Harvard, ha impresso all’arte del governo americana il modus operandi di una cosca mafiosa. L’amministrazione Reagan ha importato il suo vangelo dalla Facoltà di Economia dell’Università di Chicago (la parola d’ordine era "privatizzazione", "libero mercato senza restrizioni" il nome cristiano di Zeus) e così facendo hanno messo in moto ciò che sarebbe poi stato visto come uno Schema di Ponzi a lunga scadenza. Mettete in conto i contributi della Ivy League all’Amministrazione Bush – il segretario della giustizia John Ashcroft (Yale), il segretario della difesa Donald Rumsfeld (Princeton), il capo della Sicurezza Nazionale Michael Chertoff (Harvard) – e posso già immaginare una tesi di dottorato assegnata dalla Kennedy School of Government intesa a determinare quale tra le principali istituzioni di istruzione superiore del paese, nel corso degli ultimi cinquant’anni, abbia arrecato il danno maggiore alla salute e alla felicità del popolo americano.

Per realizzare il cambiamento che Obama ha detto in lungo e in largo di voler realizzare, sostiene Lapham, non bisogna rivolgersi ai Circoli che Contano.

Alterazioni socioeconomiche di magnitudine sufficiente per essere riconosciute come tali [cioé come quelle che Obama dice di voler realizzare, ndTrino] tendono a essere imprese collettive, solitamente condotte dal potere di menti e dalla forza di circostanze che stanno al di fuori, e non dentro, i circoli che contano – i barbari alle porte di Roma nel quinto secolo, le personae non gratae in Vaticano durante la Riforma Protestante nel sedicesimo secolo, gli autori della Costituzione Americana alieni dalle verità esatte che stavano sedute su cuscini di velluto nella Londra del diciottesimo secolo. 

Secondo Lapham le università americane non incoraggiano più la libertà di menti che rischierebbero di dar fastidio all’establishment. L’entusiasmo dell’esploratore, the amateur spirit che ha sostenuto la democrazia americana, è morto. Non è sopravvissuto, dice Lapham, all’America che è sorta dalle ceneri di Dresda e Hiroshima.

Dopo qualche guaio col riallineamento degli obiettivi educativi durante l’eccitazione degli anni sessanta, le università hanno accettato la loro missione di stazioni di via nel pellegrinaggio verso un illuminato egoismo.

Lapham è pessimista, certo. E teme che le speranze accese dalla campagna di Barack Obama siano destinate a rimanere deluse. Da solo, scrive Lapham, Obama non può realizzare il cambiamento promesso. E’ un ottimo organizzatore, un capace imprenditore politico e un carismatico oratore. Ma sinora il più grande successo dell’era Obama – e cioé l’elezione di un nero alla Casa Bianca – è stato realizzato dalla comunità di cittadini americani, the American citizenry. Il resto non può essere fatto solo dal Presidente. E affidarsi ai primi della classe per i cambiamenti epocali è una scelta fallimentare.

Ben altri problemi, si direbbe, quelli di casa nostra.

Se negli USA le migliori energie creative si sono ritirate dallo spazio civico e si sono dedicate quasi esclusivamente al sollazzo di noi consumatori, rendendo sempre più sofisticato e intelligente l’intrattenimento pop di ogni tipo (dai videogames alle serie tv, dal Web ai gardget tecnologici), in Italia i primi della classe non ci sono. Non ci sono quelli che si dedicano alla vendita di prodotti intelligenti. Non ci sono quelli che si impegnano nello spazio politico per architettare il Cambiamento. Ma non ci sono neppure quelli, accomodati all’interno dell’establishment, che preferiscono assecondare la conservazione. Forse non c’è un valido argomento razionale per dimostrarlo, ma ci sarebbe un pizzico di soddisfazione  in più nel poter imputare il declino italiano a giovani menti brillanti, piuttosto che a vecchi faccendieri mediocri. Poter dibattere sui danni arrecati dalle scuole di prestigio, piuttosto che non avere scuole di prestigio. Poter dissentire sul fatto che valenti studenti ambiziosi abbiano fatto il bene del paese, piuttosto che scorrere liste di gente dal curriculum imbarazzante anche per un datore di lavoro con standard scarsissimi. Poter addirittura criticare la missione conservatrice delle università italiane, piuttosto che sapere che le università italiane non hanno alcuna missione, non hanno alcuna identità culturale né buona né cattiva,  né conservatrice né progressista.

E’ una speranza penosa, ma faccio fatica a non coltivarla: vorrei poter leggere una critica pessimista come quella di Lapham sui mali del governo dei primi della classe in Italia. Ma qui non c’è traccia di primi della classe e non c’è traccia di Lapham. E se in questo momento tu lettore sei d’accordo con una speranza così  desolante, non credere di poterti ritenere del tutto innocente se domattina continuerai a farti i cazzi tuoi, in un illuminato (o così ti piace pensare) egoismo.

martedì, 03/03/2009

Down the rabbit hole

In un periodo in cui, da Nannucci alla Virgin di Union Square, i negozi di dischi non fanno che chiudere, e in molti profetizzano che tra un po’ i dischi come li conosciamo non usciranno neanche più, c’è chi ha capito tutto o forse niente, e invece di seguire la massa fa di testa sua. E per celebrare l’imminente morte dei supporti audio sceglie di tornare alle origini, dando alle stampe dischi piccolissimi che coniugano una straordinaria cura per i dettagli con l’approccio povero del miglior do-it-yourself, a base di CDR e dell’amatissimo, quasi dimenticato, formato dell’audiocassetta.

 

Secret Furry Hole parte così, con un paio di dischi sbucati dal nulla e la nobiltà d’altri tempi di chi, non avendo nulla da perdere, rischi di ottenere risultati migliori di chi ha nomi più storici e blasonati.
Dietro ci sono due nomi noti di chi frequenta la rete musicale italiana: Tommaso Bellletti (già Mr. Umanuvem e valida penna di Vitaminic) e Jukka Reverberi (che è talmente iperattivo che, dopo questo e questo post, inkiostro pare essere diventato il suo organo ufficiale).

 

Dopo l’interessante antipasto della compilation Borghesia, le cose si fanno già serie con la seconda uscita dell’etichetta, che segna il debutto di His Clancyness, progetto solista di Jonathan Clancy, già voce e chitarra di Settlefish e A classic Education.

Hissometer Cassette è volutamente sfuggente e frammentario, una composizione di schegge di canzoni appena abbozzate che saranno mai, e che traggono buona parte del loro fascino proprio dalla durata esigua e dalla natura effimera. La sensazione però è che Hissometer Cassette sia ben di più di un semplice ripostiglio di canzoni abortite delle due band di Clancy, ma un progetto compiuto nella sua incompiutezza, che esplora la strada di un indie-songwriting che si muove senza i vincoli dei generi e i canoni della musica pop e rock, che punta a costruire momenti molto belli per poi stufarsene subito dopo, più per coscienza che per capriccio. 

La prima tiratura di 30 pezzi (tutti fatti a mano) è ovviamente andata sold-out all’istante, e mi si dice che anche la seconda (che ha l’interno di un colore diverso) non durerà molto. Si ordina qua per 5 euro, e si paga con Paypal. Dura poco, ma vale molto.

 

 

His Clancyness – Next year is ours (MP3)

His Clancyness – Dream Tune (MP3)