Di Ratzinger Hats non si può davvero dire niente. L’esistenza stessa di un sito del genere è più eloquente di mille parole.
(grazie grazie grazie a Dr. Shoum)
E poi a volte nelle canzoni ci sono certe piccole cose che ti mandano fuori di testa. Come una particolare progressione melodica, il sibilo delle dita che scivolano sulle corde di una chitarra acustica o un controcanto nel posto giusto e al momento giusto.
In Paradise Circus, l’ultimo singolo dei Massive Attack dal nuovo Heligoland (che esce in questi giorni), quello che mi ipnotizza è il pattern ritmico; un intreccio di drum-machine contrappuntato da un handclapping irrequieto e da una batteria solida con rullata finale che si porta via la battuta e ti costringe a volerne ancora.
Che la canzone sia una gran bella canzone in un bel disco (che suona un po’ fuori tempo massimo, è vero. embè?) c’entra poco. La mia attenzione va tutta lì, a quell’intreccio matematico di linee ritmiche che si inseguono e raggiungono l’equilibrio ultimo tra perfezione della forma e incompiutezza della progressione, che ti porta ad essere contemporaneamente soddisfatto e insoddisfatto, e a continuare a spingere Play.
Poi c’è anche il video, che nella versione non censurata (visibile qua) ripropone diverse scene dal film porno del 1973 The Devil in Miss Jones alternate alle lucidissime dichiarazioni della sua protagonista ormai settantenne Georgina Spelvin. Il diavolo è nei dettagli, tutto torna.
Massive Attack + Hope Sandoval – Paradise Circus (MP3)
Bonus:
Massive Attack + Hope Sandoval – Paradise Circus (Gui Boratto rmx) (MP3)
[che è un bel remix. Anche se senza il pattern ritmico originale è un po’ un’altra cosa]
Ho finalmente provato Chatroulette, l’allicinante video-chat casuale di cui in questi giorni in rete tutti parlano. E’ -effettivamente- un’esperienza disturbante, a tratti potente e a tratti alienante, capace di mettere in discussione una sicurezza di sè faticosamente conquistata (alla larga i timidi) e di fornire un’esilarante e ubriacante finestra sulle bizzarrie della natura umana.
Che sia un semplice fenomeno passeggero oppure una piattaforma rivoluzionaria, va provata.
E va letto il bell’articolo del NY Mag in proposito:
The internet has always been defined by (and drawn much of its energy from) the tension between chaos and control—and over the last ten years, web culture has skewed heavily toward control. Our most popular new online tools—Google, Facebook, Tumblr, Twitter, Digg—were designed to help us tame the web’s wildness, to tag its outer limits and set up user-friendly taxonomies. ChatRoulette is, in this sense, a blast from the Internet past. It’s the anti-Facebook, pure social-media shuffle. [#]
Quelli delle Straight Line Designs li avevo già linkati su queste pagine 5 (!) anni fa, lodando il loro mondo fatto di cassettiere antropomorfe e mobili fumettosi che sembrano usciti da un vecchio cartone Disney. Poi, come al solito, mi sono dimenticato di loro: la vita del blogger è lastricata in parti uguali di scoperte affascinanti e minchiate inutili e come è facile immaginare rimangono sempre più impresse le seconde rispetto alle prime.
Un paio di settimane fa mi ha scritto Fede per segnalarmi la bella libreria che vedete qui sopra (che a ben vedere è una cassettiera; ma non sottilizziamo), ed esplorando il loro sito ho riconosciuto uno stile che era familiare. Ma che diamine, sono così bravi che un link ogni 5 anni mi sembra il minimo.
L’unica cosa brutta del sapere che, dopo L’ultimo valzer di sette anni fa, 4/6 degli Scisma hanno di nuovo suonato insieme è stato il non poterci essere. Del resto la reunion estemporenea che ha avuto luogo la scorsa settimana al Vicolo BioBar di Salò (la leggendaria creperia che probabilmente dirà qualcosa a più d’uno di voi) ha l’aria di essere stata una cosa tutta per famiglia, primissimi fan e affini.
Fortuna che al giorno d’oggi ci sono le fotocamere digitali e il Tubo a permetterci di essere là. E a ricordarci quanto ci mancano.
Qui sotto vi metto la mia all-time favourite L’equilibrio, ma andate qua e guardatevi tutti i video (soprattutto Rosemary Plexiglas, Simmetrie e L’Universo).
Adrian Paci – Centro di permanenza temporanea.
[visibile alla mostra Storia Memoria Identità – fotografia contemporanea dell’Est Europa, a Modena fino a metà Marzo]
Translation Party me l’aveva segnalato Nuxx mesi fa, ma me n’ero scordato finchè non so come ci sono ricapitato per caso ieri. Il giochetto è di quelli semplici che piacerebbero a Bartezzaghi o all’Umbero Eco de Il secondo diario minimo: scrivi una frase in inglese, che viene tradotta in giapponese e poi ritradotta in inglese fino a trovare un equilibrio e perdere buona parte del suo senso originale.
Io come vedete qua sotto mi ci sono divertito coi titoli delle canzoni degli Smiths, altre buone idee nei commenti di questo post di Neatorama. Se avete un po’ di tempo libero, ora sapete come buttarlo via.
Come ormai sanno anche i sassi, ieri sera negli States sono andate in onda le prime due puntate dell’ultima stagione di Lost. Se siete tra coloro a cui questa notizia fa accelerare il battito cardiaco, probabilmente a quest’ora avrete già le puntate sul vostro desktop, e, se avete troppo tempo libero, le avrete probabilmente già guardate.
Il sottoscritto, come tanti, aspetta di godersele stasera e nel mentre, per fomentare l’attesa, si limita a linkare un po’ delle (tantissime) lost-cose che sono girate in rete nelle ultime settimane:
_Il riassunto di 5 stagioni di Lost in 8 minuti e 15:
_Le esilaranti previsioni di Best week ever sull’ultima stagione.
_Lost: Dharma Rapid Transit: la mappa dell’isola in versione mappa della metro (clicca per ingrandire):
_Cubovision batte tutti: tra sole 6 ore (un giorno dopo la messa in onda originale) la puntata è già visibile legalmente in Italia (sottotitolata, suppongo), grazie a Cubovision. Lodevole.
_LostBingo: tre tessere per giocare alla bizzarra tombola di Lost. Quanti di questi classici luoghi comuni dell’isola accadranno nella premiére?
Rara precisione e lucidità in How to suck at facebook di The oat meal (via).
(l’immagine è un po’ lenta da scaricare, ma arriva)
E’ un problema solo mio o l’ultimo video di Michel Gondry (per Open your heart di Mia Doi Todd), pur essendo un classico video alla Gondry, è un po’ deludente? Non sarà che anni di video virali e filmati user-generated su YouTube e Vimeo, spesso creati da gente con pochi soldi, tanto tempo e (a volte) una buona idea (esattamente come molti dei video del Gondry degli anni d’oro), hanno ormai definitivamente rovinato il terreno per giochini di questo genere?
In quello strambo e incoerente piccolo mondo che impropriamente chiamiamo musica indie, Banjo or freakout è ormai una piccola celebrità. Il suo grado nella catena alimentare continua lentamente a salire, e se esistesse una cosa insensata come una classifica internazionale dell’hype, Banjo si troverebbe al momento piuttosto in alto, e certamente sarebbe il nostro connazionale nella posizione più elevata della lista.
La sua storia è nota: Alessio Natalizia, già voce e chitarra dei torinesi Disco Drive, si prende una lunga pausa dalla band, si dedica a un progetto solista di pop riverberato, narcolettico e sognante e complice la sua residenza londinese e un blog pieno di cover personalissime comincia ad attirare le attenzioni dei tastemaker che contano. Seguono vari tour in ottima compagnia (a breve sarà in giro con i Soft Pack), un EP e un po’ di singoli e tra poco l’LP di esordio, in corso di registrazione in questi giorni a New York City con la produzione di Nicolas Vernhes (già al lavoro con Animal Collective, Deerhunter, Dirty Projectors e Fiery Furnaces) e -pare- il marchio Bella Union (Fleet Foxes, Midlake, Devics, chevvelodicoaffà).
Un paio di settimane fa Banjo è stato ospite da quel bell’omino di Huw Stephens su BBC Radio1 e ha registrato una session live nei leggendari studi di Maida Vale, proponendo i suoi pezzi migliori (tra cui la mia preferita Left it alone e la nuova Move out) e parlando della sua musica, della registrazione del disco e, ovviamente, dell’Italia. Dove -l’amara verità- facendo musica del genere non uscirai mai dai soliti piccoli circuiti, e certamente non arriverai mai a suonare negli stessi studi in cui hanno suonato Bowie o Hendrix.
Banjo or freakout – Left it alone (Maida Vale BBC1 session) (MP3)
Banjo or freakout – Move out (Maida Vale BBC1 session) (MP3)
Huw Stephens 22 jan 2010 – Puntata completa (MP3)
Incappare in questo spettacolare video che ritrae un grande professionista della nobile arte del metro a nastro mi ha fatto tornare in mente una immortale vignetta di XKCD:
Quando vado all’estero mi capita spesso di cercare dei voli sul meta motore di ricerca Kayak.com. E da oggi mi stanno ancora più simpatici: se provate a cercare nella versione americana del sito (in quella italiana non funziona) un volo da Sydney a Los Angeles sola andata e senza scali per il 22 Settembre 2010 guardate un po’ che volo viene fuori..
(via)
Glass tank is a glass for drinking a lot.
a device consists of a bulb shaped container with the glass below.
when the amount in the glass decreases, a constant amount is poured from the tank into the glass.
never overflowing from the glass because of air pressure and water pressure.
Della schizofrenia djistica e delle interazioni del dj pretenzioso con la Strappona
Il ruolo del dj si é significativamente evoluto nel corso del tempo. All´inizio degli anni ´70 era solo lo sfigato chino sui vinili, quello che avrebbe dovuto selezionare musica nell´indifferenza generale, confinato in un angolo buio della sala da ballo. Oggi i ¨superstar djs¨ riempiono agevolmente stadi in delirio, si imbarcano in lunghi tour mondiali, hanno fan sfegatati e groupies avvenenti. Il dj pretenzioso é l´anello di congiunzione fra queste due tipologie. Di solito ha le stesse pretese della superstar e le stesse possibilitá di successo dello sfigato. Il groviglio di piscosi che una situazione del genere é in grado di generare lo potete immaginare da soli. Durante le sue performance egli resterá per tutto il tempo ricurvo a scartabellare sulle valigette dei suoi preziosissimi dischi, come se dalle sue scelte dipendesse il destino del mondo, lanciando sfuggenti e dolorose occhiate all pista. Ineluttabilmente vuota. Éd é qui che inizia a consumarsi la sua tragedia umana. Ci si trova davanti a un dj che visto dal di fuori sembra imperturbabile, ferocemente concentrato sulla sua playlist, alla ricerca del fil rouge che lega due tracce, deciso e sicuro. Ma in realtá due contrapposte entitá si battono senza esclusione di colpi dentro di lui. Un vero dramma psicotico.
Da una parte c'é il dj artisticamente integerrimo, un autentico taliban del gusto musicale, fanatico esegeta di Pitchfork, che non ammette deroghe scherzose o cedimenti commerciali alle sue scalette sacre. Si tratta di un rigidone che prescinde dalla gente che balla e dal divertimento altrui. A volte anche dal suo. Egli resterebbe inflessibile davanti alle piú esplicite lusinghe sessuali di Strappone discinte, procaci e alticce che volessero ascoltare successi da revival, musica conosciuta, ballabile e cantabile. Giammai ! Lui, l'integralista musicale, al solo pensiero rabbrividisce, sdegna qualunque cosa sia nota oltre la cerchia dei suoi 3 amichetti di internet, combatte la sua guerra santa contro il mainstream a colpi di Wavves, XX, Fuck Buttons, e non vuole sentir nemmeno parlare di mettere la stracazzo di musica commerciale.
Ma la pista rimane un deserto e il proprietario dá segni di nervosismo.
Dall'altra parte, acquattato in un angolo scuro, tentatore come il diavolo e pronto a qualunque tipo di compromesso, sogghigna il temibilissimo dj sbracato. Un subumanoide deforme e bavoso alla disperata ricerca di affetto, consenso e affermazione. Costui se ne infischia delle fisime musicali del taliban. Vuole solo vedere gente che balla, che si diverte, che ride e lo ama, con la inconfessabile speranza che magari tutto finisca in una gigantesca ammucchiata. E se per arrivare a questo bisogna infilare di nascosto nella borsa dei cd del taliban canzoni come la Macarena, ben vengano i balli di gruppo, il peggio della discomusic, i Ricchi e Poveri, la Carrá, Renato Zero. Vale tutto purché ballino nel nome dell´Amore Universale. L´unico ostacolo fra lui e il successo é quel noioso tipo col turbante, il fottuto incorruttibile taliban e la sua inutile dignitá musicale. Il dj sbracato tenterá quindi per tutta la serata di annegare il taliban con ettolitri di birra, indebolendone cosí l´indefessa forza di volontá e prendendo progressivamente il controllo del mixer. Inizia dunque quello che all´esterno potrebbe sembrare solo un vorticoso consumo di beveraggi, che tanto per i giramanopole sono gratis (dal decalogo di un mio ex datore di lavoro, ¨prima regola annaffiare il dj¨). Questi drammatici spargimenti di alcol celano in realtá un duello all´ultimo sangue.
A seconda del litraggio ingollato le due entitá in lotta possono anche arrivare a formulare dei compromessi momentaneamente soddisfacenti per chi ascolta, con playlist che alternano brani spregevoli a pezzi decenti. Inizialmente vengono fuori cose come i Beatles, che ¨Tanto – farfuglia il taliban inebetito dalla birra ordinata dal tentatore – mettono sempre d'accordo tutti¨. E qui spesso torna in gioco prepotentemente la giá citata variabile Strappona che puó imprimere un´ impressionante accelerazione al corso degli eventi, dando il colpo di grazia alle resistenze superstiti del taliban ormai ubriaco. Dapprima costei si limiterá a ballare ammiccante, sottolineando con urletti acuti ogni passaggio da un disco all'altro. Quegli urletti sono la ragione di vita di entrambi i dj, sia del taliban che dello sbracato sputtanatore. Con l´aumentare dell'alcool poi ne servono sempre di piú. Con la differenza che il taliban é davvero soddisfatto solo quando seguono a delle oscure B-Sides, mentre il subdolo é totalmente disinteressato alla musica che li ha provocati e sta seguendo ammirato la scollatura ballonzolante della strappona. Poi – corrispondentemente all'inevitabile abbassamento qualitativo della musica – la Strappona inizierá sorridendo a fare gesti di ampia approvazione verso la consolle. In quel momento dovete immaginare che, nel ring dentro la testa del dj, il corruttore sta seduto sulla faccia del taliban esanime, mentre la folla assetata di sangue é in delirio e gli chiede lo spettacolare colpo mortale. Che arriva infine quando la Strappona – dopo il terzo cocktail e un'oretta di danze scatenate – si azzarda a fare una richiesta al dj. Quasi mai tale richiesta avrá a che fare con quello che si é ascoltato fino ad allora. L´unico caso accertato di richiesta coerente con la scaletta, da parte di una strappona, risale a una festa del 1987 tenutasi a Chicago (Illinois). A questo punto le cose possono mettersi davvero male se il dj – ormai completamente in balia dello sbracato arrapato, delle tette della Strappona e dell´alcool – si lascia trasformare in un patetico juke boxe. Infatti quando il feedback della variabile Strappona si materializza sottoforma di shottini offerti al dj per ringraziarlo della gran bella musica (sic), il livello precipita pericolosamente verso La Bamba, ovvero la linea di non ritorno. Ora la precedentemente scartata (perché pessima! Commerciale!) idea di mettere ¨Should I stay or should I go¨ viene agognata dal taliban come un irraggiungibile traguardo di rettitudine indie e originalitá musicale. Ma é troppo tardi. Nei casi piú vergognosi non é raro vedere dj che alle 6 di mattina impongono la versione lunga 10 minuti di Please Don't Let me Be Misunderstood e cosí se ne possono andare tranquillamente a ballare in pista fra le Strappone in trionfo, in un finale felliniano agghiacciante. Con il taliban semisvenuto che resta in lacrime a bere per dimenticare, sconfitto e solo. Se dopo questo abisso di tristezza dovesse essere il turno del famigerato Discosamba, molti locali e le maggiori organizzazioni umanitarie mondiali autorizzano l'abbattimento, anche cruento, del dj. Si dice che a quel punto si eviterebbe al mischiadischi l´intollerabile sofferenza della mattina successiva, quella che proverebbe ricordando le tremende scene finali della serata da poche ore conclusa. Quando con le mani ben piantate sulle chiappe prosperose di una strappona e sculettando senza ritegno, urlava ad occhi chiusi ¨Peppepepepepé¨, come se non ci fosse un domani.
Dopo più di un anno di astinenza e dopo le voci ricorrenti (sempre rivelatesi false) che ogni paio di mesi lo vedevano in procinto di tornare sugli schermi, ora è ufficiale: tra poco più di un mese ricomincia Boris.
La terza stagione dela migliore serie tv italiana (senza se e senza ma; la cosa non è in discussione) debutterà il primo Marzo alle 22.45 sul canale FX di Sky, per 14 episodi settimanali che riporteranno sugli schermi l’ineffabile regista René Ferretti, l’italianissimo protagonista Stanis LaRochelle, l’assistente alla regia Arianna e tutto il resto della truppa.
Più dettagli e un po’ di scene (non esattamente esaltanti, va detto) nel servizio di SKY TG24 qua sotto. E speriamo di sapere qualcosa presto anche del cinepanettone…
La migliore analisi di Lady Gaga l’ha fatta Fever Ray col suo "discorso" di accettazione di un premio svedese.
Spero davvero che questa chitarra digitale (la Misa Digital) non abbia MAI successo.