Perdonate se sono un po' latitante ultimamente, ma da queste parti c'è un sacco di carne al fuoco e si fa fatica a trovare tempo per il blog. New York mi lascia sempre un hangover emotivo che impiega settimane a scomparire (e una serie di deliri logistici che ci metto settimane a sbrogliare), e in mezzo ci sono stati alcuni eventi di una qualche importanza come la fine di Lost (non mi piaciuta) o la reunion dei Pavement (mi è piaciuta. molto), e oggi trasferta a Milano perchè uno degli autori di questo blog si sposa, con testimone un altro degli autori di questo blog e cerimonia celebrata da un altro ancora degli autori di questo blog (per la cronaca: nessuno dei tre sono io. e nessuno dei tre è un prete); vari altri dei nickname che vedete da queste parti saranno presenti tra gli astanti e due anche a mettere un po' di dischi durante i festeggiamenti (uno dei due sono io. e nessuno dei dischi è il Grease megamix, mamme e zie degli sposi avvisate). E poi è Estate, e appena si può si comincerà a fare rotta verso il mare in ogni momento disponibile. Peraltro, se vi è sfuggito, c'è in giro il radio-rip di The Suburbs, il nuovo singolo degli Arcade Fire. Chi ha voglia di stare qua ad aggiornare il blog?
Finalmente si torna a parlare di videogame. Grazie all'Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna che questo weekend (venerdì 28 e sabato 29 maggio), organizza Far Game una due giorni di riflessione e gioco dedicata al videogame. Ne abbiamo parlato adimpronte digitali su radiocitta'fujiko martedì scorso insieme ai due ideatori – organizzatori Matteo Lollini e Andrea Dresseno.
Qui in pdf il programma, e dentro vi avviso c'è un po' di tutto: convegno, workshop, cinema, gender, cibo. Con produttori, giocatori, studiosi e professionisti. Qualche nome: Enrico Ghezzi, Manetti Bros, Giovanna Cosenza, WuMing 1, Riccardo Luna, Anna Maria Testa … E molta parte di pratica con console di ogni sorta ed età, il cui indiscusso protagonista sarà naturalmente il signore degli idraulici qui sotto.
La libreria Imeüble è una specie di trompe l'oeil, un'illusione ottica. Sembra a 3D ma non lo è. O meglio, lo è, ma non come sembra. Insomma, il tipo di roba che piace ai nerd come me.
Disclaimer: A differenza del post precedente, questo è, per tutti quelli che sono rimasti indietro con Lost (e in certo senso anche per quelli che sono in pari con le puntate) un enorme SPOILER. Che vuol dire – specifico per quelli di voi che sono capitati qui con chiavi di ricerca casuali (es. stephen malkmus tette, i-vibe1, mad men steampunk, true blood zotici lousiana nudi) e non sono pratici dell'Internet – che si rivelano porzioni più o meno grandi della trama della sesta stagione di Lost.
Gentili lettori di inkiostro, buonasera. Come forse sapranno quelli di voi che non hanno passato gli ultimi anni in villeggiatura su Marte, stanotte alle sei (ora italiana) andrà in onda l'ultima puntata dell'ultima serie di Lost. L'ultima-ultima, poi basta, fine, kaputt.
Come è noto ai fan della serie, la sesta stagione è stata scritta da un team di scimmie urlatrici coordinate da Lindelhof e Cuse (perché, se ho ben capito il senso di questo forum, J.J. è morto a 27 anni). Non sto nemmeno ad elencare i numerosi indizi che spingono verso la teoria delle scimmie urlatrici, mi sembra che con i primi annacquamenti delle domande messe in moto dalla premiere sia diventato evidente a tutti. Mi limiterò ad osservare che tutte quelle cose che dal punto di vista narratologico erano ammirevoli in Lost (la capacità di spostare il motore dell'azione da un personaggio – o gruppi di personaggi – ad un altro, il gioco sulla struttura temporale della narrazione e della trama, l'efficacia dei cliffhanger e la capacità di orientare l'aspettativa dello spettatore verso una direzione ingannevole per poi dosare un mix di suspence e sorpresa) sono state affogate in una lunghissima serie di diversivi per diluire i pochi eventi in tanta fuffa, peraltro recitata con dialoghi abominevoli.
Non mi produrrò nemmeno in un riassunto, giacché senza dubbio voi conoscerete lost topoi e la devozione con cui assolve in maniera ottimale allo scopo. Del resto, se state leggendo qua, è quasi certo che abbiate già visto la penultima puntata – quella cioé in cui, grossomodo, a causa di un'isterica con una perfida pronuncia del latino il povero Remo (presente, no, l'Innominato) prende ripetutamente un fracco di mazzate e muore transustianzandosi nel fumo nero – ovvero, l'annunciato fallimento della mitopoiesi contemporanea2.
Mi limiterei invece a ricordare alcuni stilemi ricorrenti di quest'ultima stagione, iniziata, ricordiamolo, con la promessa da parte di Lindelhof e Cuse che ogni cosa importante sarebbe stata spiegata (anche se già a febbraio ritrattavano: non è che spiegheremo proprio tutto-tutto, c'è del mistero in ognuno di noi, il sublime, il senso del sacro, etc). Il che è, in un certo senso, vero.
Nella misura in cui ogni cosa E' stata spiegata con la prima cosa distante ed improbabile che venisse in mente agli sceneggiatori, o, se preferite, con una serie di mirabili prototipi di quella che chiamerei "spiegazione ricorsiva". Mi spiego con dei pratici esempi, non sfruttati dagli sceneggiatori ma perfettamente analoghi a quelli canonici:
– Come mai Richard non muore mai?
– Oh, beh, perché è un, mh, vampiro.
– Che cos'è in realtà l'Isola?
– Uhm, un'astronave parcheggiata lì dai, dai… rettiliani, sì.
– Come mai c'è un tempio con una statua con quattro dita?
– Ah-ah! Come mai piuttosto c'è QUELLA PIRAMIDE lì che nessuno aveva notato prima?
La SOTTILISSIMA sfumatura per cui la spiegazione, spesso data in un più o meno frettoloso dialogo che ridefinisce ampliandolo ad infinitum il concetto di spiegone, è normalmente tanto inverosimile quanto il mistero che la celava, viene ritenuta vieppiù ininfluente dagli appassionati della serie che da tempo ne maturano l'esegesi, ignorando dettagli secondari quali l'inevitabile approssimatezza storica, la faciloneria dei dialoghi3, la confusione inevitabile dopo sei stagione di piccoli dettagli a volte mirabilmente connessi ma giocoforza spesso casuali e, non ultima, la radicata paraculaggine degli sceneggiatori (vedasi il ritorno all'ipotesi del Purgatorio per mano di Richard – nata dal nulla e nel nulla lasciata ad ammuffire dopo due puntate). E se pensate che stia facendo della facile ironia, qui la pagina in cui "quel branco di nerd deliranti" (cit.) tenta di situare cronologicamente l'arrivo di Jacob sull'isola dalle peculiarità grammaticali delle frasi pronunciate in latino, dalla foggia delle vesti e dall'inclinazione della luna rispetto al suo parallasse4.
Il secondo stilema è senza dubbio il metodo che vorrei battezzare "riscrittura epimenedea", per cui rimando ad un futuro semiologo con tanto tempo libero l'onere di isolare le volte in cui il dialogo procede pressapoco così:
– Ma Richard aveva detto che…
– Pfui! Richard non sa nulla di questa cosa.
– Però Charles Widmore sembrava convinto che…
– Bah. Widmore mentiva.
– Cosa fai? Jacob si era raccomandato di…
– Ah! Non credere mai a quello che ti dice Jacob.
Difetti che evidentemente erano già in nuce nelle stagioni precedenti, ma erano vieppiù coperti, oltreché da un più robusto ticchettìo di meccanismi, dalla recitazione MOSTRUOSA di gente come Michael Emerson (o Benjamin Linus, se preferite): come è evidente guardandolo pronunciare frasi banali in modo inquietante (scoperta sul facebook di kekkoz) (il facebookz) (cielo). Purtroppo, la lotteria della declassazione quest'anno ha stabilito che lui dovesse brancolare senza meta e senza motivo al seguito di gente casuale, ed inevitabilmente il core degli spettatori della serie si è ristretto sui succitati Maestri dell'Interpretazione, mentre la gente normale oscillava tra il depresso e il perplesso (con punte di esasperazione).
Ma insomma, ci siamo. Tra poche ore finalmente tutto questo avrà una sua conclusione, senza nemmeno regalarci un leitmotiv accettabile in grado di scalzare da quell'angolino del nostro cervello il neurone che dice "Who killed Laura Palmer?" – che, per inciso, se non avete mai visto la serie, vi sconsiglio fortemente di googlare (oh, io ve l'ho detto, eh). Gli amanti della serie saranno soddisfatti (o, più probabilmente, insoddisfatti), quelli che non l'hanno mai seguita saranno liberati da una maledizione per un paio di settimane. Poi non si parlerà che dei mondiali e insomma, chiodo schiaccia chiodo.
Ad ogni modo, i lettori di Macchianera e gli amanti degli spoiler tutti hanno già potuto leggere sei paginette di sceneggiatura dell'ultima puntata. Io le ho lette, per esempio, e, nonostante le prove di autenticità e al di là del valore dello scoop in sé, non sono stato poi sconvolto più di tanto: si tratta di sei pagine non consecutive che riguardano apparentemente la prima metà della puntata e non dicono troppo sull'evoluzione della trama e nulla sulla sua conclusione.
Nondimeno, come tutti da inizio stagione avevo una teoria su come finisse la serie, teoria con cui ho tormentato di persona la più parte di quelli che mi conoscono. Parte di questa teoria era (sguardo sconfortato) "immagino che Jack sarà il nuovo Jacob".
Chiuderei quindi lanciando, tra eventuali volenterosi, sonnambuli, disperati, intellettuali, ubriaconi, il Toto-Lost. Io lo scrivo qui, voi avete i commenti a disposizione. Non serve a niente e tra poche ore sarà ancora più inutile, ma se ci avrete preso avrete una prova tangibile da ostentare gridando "l'avevo detto io! L'avevo detto!" per circa due settimane. Poi arriveranno i mondiali, e nemmeno potrete applicare la vostra teoria su Sun a Grosso, perché Lippi lo ha già rimandato a casa.
Comunque, personalmente direi che i punti salienti dell'ultima puntata saranno:
– l'Isola salta in aria, muoiono tutti. L'Innominato scopre che comunque non la può lasciare, e che per giunta toccherà a lui lavare i piatti per l'eternità.
– Desmond nell'universo parallelo porta tutti sull'Isola (possibile irruzione di Desmond con l'aria da pazzo sul palco mentre il figlio di Jack suona, dopo un lunghissimo carrello che inquadri tutto il cast presente in massa all'Auditorio. E sì, anche Paulo e Nikki).
– mentre quelli della timeline alternativa arrivano via mare, Jacob e l'Innominato, sulla spiagga a scrutare l'orizzonte, si guardano. Jacob lo chiama per nome (ipotesi di nome: Esaù, Yoshua, Abraham, Petrus, Caesar, Jose Mourinho) e l'Innominato, ora Nominato, gli dice: tanto è sempre la stessa storia balenga, vengono, si percuotono tra loro e non finisce mai. Jacob sorride mesto.
– chiusa della serie: Desmond è sul porto a parlare con Penny per darle addio e partire per l'Isola. Si avvicina Charles Widmore e gli dice che era il suo destino, che lui era speciale. Desmond lo guarda (la camera stringe in primo piano), e dice: See you in anotha' life, brotha'.
Il titolo del post è tratto dalla Top Ten di spoiler di Lost del David Letterman Show di qualche giorno fa:
Sebbene possa essere assolutamente perfetta, è probabile che la locura non ci sarà. Ma chi può dirlo.
P.S. per i commentatori del lunedì: non vale commentare dopo aver visto la puntata (mi appello al vostro senso dell'onestà, e soprattutto al fatto che wordpress registra il vostro ip e se mi anticipate il finale prima di lunedì sera – quando guarderò la puntata – vi recupero e vi picchio con una vanga). Cordiali saluti.
1 L'ho scritto e googlato sulla fiducia, era impossibile che non ci avessero pensato. 2 Sarei curioso di leggere qualcosa, se esiste, che analizzi i motivi per cui una cultura così a suo agio con la contaminazione realtà/fantasia, con l'epica moderna e quel tot di manicheismo religioso che non guasta mai è incapace di fondere le tre cose in maniera accettabile. Se qualcuno sa indirizzarmi verso un libro/saggio adeguato apprezzo. 3 Si intuisce che quei dialoghi non mi sono piaciuti tanto? 4 Non mi ci metto nemmeno a fare presente che ci sono insignificanti dettagli banali nella prassi produttiva di una serie tv (es. la costumista e i modelli a cui si ispira) che possono inficiare completamente il loro ragionamento.
3. Everybody was in the french resistance…NOW! – Union Hall
4. The Antlers – High Violet Annex
5. Massive Attack – Terminal Five
6. The National (+ guests) – Brooklyn Academy of Music
-I 4 momenti WTF-
1. Al concerto dei Massive Attack durante Karmacoma la tizia davanti a me estrae l'iPad e mette su il video.
2. In un caffè di Brooklyn parte in sottofondo Prisencolinesinanciusol di Celentano.
3. La faccia della commessa di Barnes & Noble quando mi sono presentato alla cassa con una copia di Esquire (quello con in copertina Christina Hendricks di Mad Men) e una di The Believer.
4. In un club molto cool di Park Slope nel piano terra ci sono due piste di bocce e ci giocano tutti.
-I 4 momenti WOW (che se andate dovreste provare anche voi)-
Se non fosse una battuta troppo brutta, verrebbe da dire che Mirò non è affatto egoista, e che i suoi bellissimi Giardini non se li tiene certo solo per sè. Dopo più di 10 anni di attività i Giardini di Mirò sono ormai un patrimonio di tutti: della scena italiana, di cui sono da tempo una delle punte di diamante, di tantissime band indipendenti, che a loro si ispirano (in termini di attitudine e coerenza, se non anche di sound) e di tutti gli ascoltatori, che non cessano di tributargli affetto e stima. E sono ricambiati dalla band, visto che è probabilmente con questo spirito che è nata l'idea del progetto Altri giardini. Come spiega il comunicato:
Qualche mese fa i Giardini di Mirò avevano invitato i loro fan sparsi nella rete a partecipare al progetto Altri Giardini, al disco, quindi, in uscita a breve, che conterrà cover del loro repertorio registrate da amici e musicisti.
Le risposte all'appello, da parte di gruppi ancora senza contratto, senza tour o dischi alle spalle, sono state tante.
Sei di queste sono entrate a far parte del progetto, insieme alle rivisitazioni ad opera di Death In Plains, Iori's Eyes, Albanopower, Arbdesastr, Gazebo Penguins, Kobenhavn Store, Wolther goes Stranger, Stefano Pilia, Banjo or Freakout, His Clancyness, Musica da Cucina (feat. Comaneci e Bob Corn).
A partire dal 19 maggio e per una settimana, i 17 pezzi del disco saranno tutti disponibili in streaming su alcuni siti musicali, in una sorta di network a catena.
Una scelta, questa, un'idea, nata con l'intento di costruire una comunità con il fine di condividere musica e intenti. [#]
Come avete intuito, Inkiostro è fiero di dare il suo piccolo contributo. Su queste pagine trovate The soft touch of Berlin guitarfalling (dal bellissimo The soft touch EP) rifatta da Death in plains (progetto solista di Enrico Boccioletti dei Damien*) e La favilla (ovviamente da Il Fuoco) reinterpretata dallo strumentista dal curriculum impressionante (ora, tra le altre cose, membro dei Massimo Volume) Stefano Pilia. Le altre canzoni sono (o saranno a breve) sparpagliate per la rete: le trovate su Stereogram, Polaroid, Vitaminic, Rolling Stone, Indie-Eye, Italian Embassy e Rockit.
[se poi i siti si linkassero anche tra loro sarebbe il massimo, ma in certi casi si sa che è chiedere troppo]
Il disco verrà poi stampato in copia fisica e venduto nelle date estive dell'Altro Tour. E sarà, ovviamente, scaricabile dal sito della band. A ciascuno il suo giardino, come si diceva. Buon ascolto.
Tutto comincia, forse, all'incrocio tra East Houston e Essex St., al 217. Tra i posti di New York in cui ti capita di sentire buona musica, in questi ultimi anni, è il più piccolo e il più dimesso. Più buio e un po' più sporco della Bowery. Forse più prezioso. Forse ti trovi a New York per vacanza. Non puoi certo ripartire senza esplorare il groviglio di bar e scantinati scrostati che c'è lì intorno. L'odore è più o meno uguale dappertutto. Forse non sei in vacanza, ma ti ci hanno mandato per lavoro. Forse fai un lavoro del cazzo, ma in quel momento non è la questione prevalente. Forse quella geografia notturna, buia, sporca al punto giusto, l'hai trovata disegnata su una qualche guida commerciale, ma non vuoi ammetterlo. Ti sei convinto che New York è, tra le città che hai visto, l'unica che esiste davvero. Il vapore che esce dai tombini, ad esempio. Basta quello a sparigliare i sillogismi prudenti, cauti, noiosi, di chi non capisce di cosa stai parlando. Il vapore che esce dai tombini è fisicamente inconfutabile. Forse a qualcuno l'hai pure indicato col dito, ineluttabilmente. Forse hai usato questa parola, ineluttabile, per spiegare la differenza che c'è tra una città qualsiasi, una citta veraqualsiasi, e una città reale, una città che esiste davvero. Che poi è solo questa, ne sei convinto. Forse hai detto ineluttabile o forse hai solo indicato il vapore; o il colore di un'ombra qualsiasi.
Forse hai ricominciato a fumare, il che è un fallimento per il bon ton contemporaneo e un errore contro la tua placida autopreservazione. Forse la band di supporto ha finito e tu sei risalito su per la scaletta di ferro e ti sei concesso una sigaretta e stai cercando di mettere a fuoco la situazione. Forse hai la schiena poggiata al muro e c'è stata una pioggerella che lucida le traiettorie dei taxi sulla Houston. Forse vicino a te c'è la stessa ragazza che stava vicino al palco, ma in disparte, e ha l'evanescenza incurante di chi potrebbe o, con la stessa esatta precisione statistica, potrebbe non essere lì. Forse le chiedi qualcosa; o le accenni le tue idee sulla realtà di New York. Forse le dici persino la verità, cioè che lei è puramente e semplicemente trascendente. Le parli dell'esattezza statistica. Forse lei ti conferma la tua intuizione: potrebbe trovarsi lì ma potrebbe anche non trovarsi lì e sarebbe ugualmente naturale e ugualmente necessario o ineluttabile.
Il gruppetto che suona stasera, ne parlano tutti. Tutti quelli che leggi tu, almeno. Ma sai che presto ne parleranno anche altri. Hai la consapevolezza di assecondare il movimento storico della musica in tempo reale. L'evoluzione storica. Lo spirito del tempo. Hai la consapevolezza di essere un testimone oculare e anche di più. Contribuisci, in verità, a creare quello stesso movimento di cui vuoi essere testimone. La tua coscienza si nutre di quel movimento, e lo amplifica. Ne parli, ne scrivi, ti focalizzi sul momento storico. In verità, se ci pensi bene, non ne sei testimone, non lo vivi per davvero. Nessuno sano di mente vive il presente pensandone l'essenza storica, il dinamismo, vedendone il precedente e indovinandone il successore. Nessuno sano di mente vive il presente incastrandolo in una serie matematica ipotetica, un modello teorico, che ne estrae il senso relativo. In realtà, se ci pensi bene, sei uno dei tanti agenti che moltiplicano la coscienza di quel movimento. Non ti dimeni solo per il senso del dimenarsi. Non gusti il pezzo solo per il senso del pezzo. Senti e gusti altre cose. Il contesto, ad esempio. Senti il senso del contesto. Quello scantinato scrostato, quella gente. Mentre lanci un'esclamazione al chitarrista, senti anche questo: lo scantinato scrostato, la gente. Sai che questo aggiunge senso al suo assolo. Poi ti concentri sulla serie matematica. Sai che questo disco è uno snodo. Sarà uno snodo. E' un'ipotesi teorica. Vedi i dischi che lo precedono. Vedi quel disco del 1983. Raddrizzi il modello ripulendoti le labbra dalla schiuma leggera della birra. Senti anche questo, nel contesto, la birra. La marca della birra. L'accento di chi ha ti ha passato la bottiglietta. La sua t-shirt bianca. L'immaginario contemporaneo è saturo, lo sai. L'immaginario è più potente dell'esperienza elementare. Anzi, non c'è più nessuna esperienza elementare. Il vapore dal tombino, quello, esiste solo in quanto riproduzione di quello che sai già da bambino. La realtà è fantasmatica. Non riesci ad avere nessuna esperienza. Te ne sei accorto questa sera. Sapevi che sarebbe successo, sapevi della complessità che si accumulava. Ma non pensavi che avresti raggiunto il limite. Adesso senti il vincolo di quella topografia finita. Esaurita.
Una puntata dedicata a New York. In diretta digitale il brillante inviato sul posto è il titolare di questo blog. Mentre è assente/distratto posso svelarvi senza pudore che non è mai stato alla Statua della Libertà né da Abercrombie and Fitch sulla 5th. Andrà a sentire The National e Massive Attack. Farà l'abituale capatina al Moma, al Guggenheim e al nuovo NY High Line's Park. Non comprerà tecnologia all'Apple Store. Anche se nega solitamente fa il brunch con Giovanna Botteri del tg3, Woody Allen e Sarah Jessica Parker (non necessariamente in quest'ordine).
Ma a parte i pettegolezzi questa settimana a Impronte digitali (sempre radiocitta'fujiko, ovvio), il pezzo forte è l'intervista a Lorenzo Grandi, redattore di www.nuok.it, sito di informazione creativa e turistica, guida e molto altro realizzato da italiani che vivono o gravitano attorno alla Grande Mela.
Presentazione. "Nuok nasce per esaltare creatività ed esperienza di chi conosce e vive già NY. Da un punto di vista italiano".
Guida 2.0. "Il 2.0 è uno strumento figlio del nomadismo Italia-Usa dei redattori. Nuok parla di cultura, arte, musica … e di una lista di temi e notizie in continuo aggiornamento grazie anche a segnalazioni e richieste che arrivano da lettori".
Non solo per turisti. "Il web permette di superare stile delle vecchie guide turistiche. Nuok è un raccoglitore di visioni della città, che partono dall'esperienza dei singoli redattori o di personaggi noti che per il sito vengono intervistati: Bisio, Pezzi, Iene".
Business Plan. "Progetto è in divenire, siamo partiti ad inizio anno con un'idea forte. La strategia di visibilità è basata soprattutto sui social media. Il nostro target è una generazione di italiani che cerca di capire se rimanere nel suo paese o trasferirsi".
I love NY/1. "Gara di 30 mangiatori di Hot Dog a Coney Island, il 4 luglio per l'Indipendence Day".
I love NY/2. "Williamsburg. A Brooklyn, è un po' il luogo degli hipster di NY, quindi nel bene e nel male sai che qualcosa e qualcuno di interessante lo inconterai sempre".
Il popolo italiano ci capisce qualcosa? Perché si ostina a dare fiducia a questo Governo dopo tutto quello che si è venuto a sapere? Dopo le escort, Mills, il lettone di Putin, le mille forzature costituzionali, le leggi ad personam? Perché sostiene candidati che urlano slogan razzisti? Perché vota chi promette cose come la sconfitta del cancro? O chi nomina o fa eleggere amici o dipendenti senza competenze o ex show-girls? Forse il popolo italiano è incivile? Forse condivide i vizi dei suoi rappresentanti? Lo fa per opportunismo? Guarda troppa televisione? E' razzista? Non legge i giornali e non s'informa? Non gliene frega nulla? E' obnubilato dal carisma di Berlusconi? E se è così, forse la democrazia non funziona?
A sinistra, si comincia a pensarla così. Le ripetute, lugubri, "analisi delle sconfitte" hanno perduto, negli anni, smalto e immaginazione. Il tarlo ha cominciato a rosicchiare i pensieri degli insospettabili: il popolo non ci capisce un cazzo. L'equazione è svelta, ma imbarazzante: la democrazia forse non è questo granché.
Nella galassia dell'antiberlusconismo pensante, si è venuta a creare una frattura cruciale, altro che correnti. Di qua ci sono i Pessimisti Democratici, con fortune in ascesa, che vedono l'apocalisse e sanno che il problema è alla radice: i cittadini non sanno scegliere bene i loro rappresentanti. Non c'è mica nulla di male a dirlo: perché mai tutti dovrebbero interessarsi di economia e politica e giustizia e poi avere gli strumenti adeguati per distinguere un cretino da un genio? La democrazia non è un dogma in bianco: bisogna vedere come la si attua. In sé e per sé può pure essere un guaio, soprattutto se il popolo s'infradicisce. Infatti, oltre a non saper scegliere per ignoranza o distrazione, spesso la gente non sa scegliere perchè ha perso di vista il Bene Comune. C'è stato un decadimento formidabile: etica, politica, società civile, cultura delle regole. E la nuova società incivile ha espresso i suoi bravi rappresentanti, incivili anch'essi.
E' una bella metafora, quella usata da Paolo Cognetti per intitolare il suo libro dedicato a New York City pubblicato nella sempre ottima Contromano di Laterza.New York è una finestra senza tende è un viaggio per New York (o meglio per la sua parte che si raccoglie dalle parti dell'East River, tanto a Manhattan come a Brooklyn) attraverso le esperienze del suo autore e le storie dei tantissimi scrittori che in qualche secolo hanno raccontato e vissuto la città. Da Melville ai poeti beat, da Salinger alla new wave Brooklyniana (Lethem, Moody & co): la letteratura aiuta a fuggire molti dei soliti luoghi comuni e a raccontare una città «la cui materia sono il granito e l'immaginazione».
Non ho letto altro di Cognetti (ha scritto due raccolte di racconti edite da Minimum Fax), ma ho apprezzato non poco questo viaggio letterario attraverso alcuni dei miei quartieri preferiti di New York, che riesce a dosare con la giusta misura l'inevitabile entusiasmo per la Grande Mela, i riferimenti letterari, un autobiografismo mai gratuito (in cui è facile rispecchiarsi) e un po' di dritte comode per il viaggiatore anche scafato.
In allegato al libro c'è poi il DVD de Il lato sbagliato del ponte, documentario diretto dallo stesso Cognetti insieme a Giorgio Carella che raccoglie interviste e reading di 4 scrittori (e che scrittori: Rick Moody, Jonathan Lethem, la sua ex moglie Shelley Jackson e Colson Whitehead) che mostrano e raccontano la loro Brooklyn, un posto che contemporaneamente soffre e si vanta per il fatto di NON essere Manhattan, che cela buona parte di sè alla vista e ha un'identità sfuggente ma molto peculiare. Consigliatissimo anche questo.
[la segnalazione, ovviamente, cade a fagiolo in occasione del mio viaggio a NYC. Ora che leggete queste parole io sono già partito, ci si risente tra qualche giorno]
Io nei prossimi giorni sarò un po' fuori mano, ma se domani sera siete in Emilia vi consiglio vivamente di fare un salto qui:
Oltre al bassista dei Joy Division e dei New Order saranno della partita i Julie's Haircut, i Magpie, gli MQuestionmark e Johnny La Rosa, tutti presenti anche all'interno di A different Story – Songs by Joy Division, compilation di tributo ai Joy Division con molti nomi della scena indipendendente reggiana curata da Daniele Carretti (Offlaga Disco Pax, Magpie, Lettera32). la compilation sarà in vendita da domani sera. Un paio di succosi assaggi:
Delle volte una brillante corrispondenza si può organizzare anche in famiglia, tra gli autori di uno stesso blog. E così per sapere in Grecia "come va? tutto a posto?" basta una telefonata via skype Bologna – Salonicco con Benty e le sue Tragedie Greche. Ovviamente a cura di impronte digitali.
Parleremo della crisi, di Austerity e Sacrifici. Di proteste e manifestazioni. Di studenti inkazzati e di privilegi da pubblico impiegato. Dei tagli dei salari e dell'aumento vertiginoso delle tasse. Di sindacati, partiti, di destra e sinistra. Di fratellanza italo ellenica, il detto "una faccia una razza" non è stato inventato da Salvatores & Abatantuono, come ingenuamente pensavo. Di Dodecanneso, di Mondiali di calcio e Otto Rehhagel.
Questo tizio quassù si chiama Fabrice Tourre. Ha 31 anni, è francese e lavora per uno dei più grossi colossi finanziari del mondo, Goldman Sachs. Fino a qualche giorno fa, Fabrice Tourre era un perfetto sconosciuto. Oggi tutti lo conoscono con il nomignolo che si è dato da solo, in una email spedita alla sua ragazza il 23 gennaio 2007 alle 11.34 PM. The Fabulous Fab.
Fabrice Tourre è nato in Francia nel 1979. Ha studiato matematica alla Ecole Centrale Paris, poi ha fatto un master a Stanford. Nel 2001 comincia a lavorare da Goldman Sachs. Nel 2007 ha 28 anni e guadagna, secondo il Wall Street Journal, 2 milioni di dollari. Fabrice Tourre si occupa di derivati, cioè di prodotti finanziari complessi (spesso, come in questa storia, parecchio complessi) che si chiamano così perchè il loro valore deriva dal valore di altri prodotti o da determinati eventi futuri incerti. In quell'anno lì, l'anno dei 2 milioni di dollari, Fabrice Tourre lavora ad Abacus, un prodotto assai complicato (una syntheticcollateralized debt obligation) che Goldman Sachs vende a certi investitori professionali e che dopo un annetto va a gambe all'aria. Chi aveva investito in Abacus perde 1 miliardo di dollari. Chi aveva scommesso contro Abacus (cioè il fondo di John Paulson) guadagna 1 miliardo di dollari. Funziona così. Alta finanza speculativa.
Un bel giorno d'aprile del 2010, la SEC, che è l'autorità che vigila sul mercato finanziario USA, avvia una causa miliardaria per frode contro Goldman Sachs e Fabrice Tourre. La citazione in giudizio dice proprio così: Goldman Sachs & Co. e Fabrice Tourre. Il nostro Fab. Che nel frattempo ha compiuto 31 anni, è andato a lavorare alla sede di Londra ed è diventato Executive Director. Una bella carriera. Pare sia in vacanza, adesso. Ma pochi giorni fa ha dovuto dare spiegazioni a una Commissione del Senato americano che sta indagando sugli eccessi di Wall Street e la crisi finanziaria. La foto quassù è stata scattata quel giorno.
Resti al suo posto, ministro. Lei è l’emblema vivente di quanto sa osare l’inosabile questa cricca che ci governa, fitta di favori, di scorciatoie, di furbizie private, di trucchi contabili, di soldi facili. Lei è prezioso ministro. E ancor più prezioso è quando piagnucola sull’attacco alla Sua famiglia. La famiglia, il grande valore della destra italiana. La famiglia, bene morale supremo a cui intestare appartamenti, patrimonio di affetti per cui chiedere compiacenze, raccomandazioni, piazzamenti di favore, assunzioni, prebende, candidature, contratti. Dietro le Vostre famiglie, signor ministro, ci sono le nostre famiglie, che trovano i posti migliori – che magari meriterebbero per merito – sempre occupati, perché le Vostre illustri casate sono arrivate prima, col lampeggiante e la corsia preferenziale. Mai che si trovi qualcuno di Voialtri, ministro, il cui figliuolo fa il manovale nel nord-est, o il precario stagionale, o la sciampista alla Magliana.
La vostra rete di potere – dico vostra perché in questi giorni Lei ne è l’emblema – è questo mix medievale di privilegi e sprezzo del popolo, parola con cui vergognosamente Vi baloccate. La figlia di Scajola, i figli di Berlusconi, il figlio di Bossi, il genero di Letta, il pargolo di Pinco, la moglie di Pallino, quell’altro che vuol fare l’attore, i cognati con appalto al seguito, le nuore prestanome: il vostro amore per la famiglia è questo, signor ministro. Tanto che assistiamo in questi giorni sui giornali della destra a un fitto rimproverarsi contratti (pubblici) per mogli e suocere, tutto all’ombra del più grande conflitto d’interessi che il mondo ricordi. Il pubblico ignaro scambia questo clima da basso impero per un effetto collaterale della Vostra politica, ma si sbaglia: esso è la vostra politica, pura e semplice. Resti al suo posto, ministro Scajola. [#]
L'ex ministro (due volte dimesso) evidentemente non legge Il Manifesto.
-Disclaimer di rito-
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