Una spettacolare fusione di prestigitazione vecchio stile e app developing. (grazie a Nico)
Una spettacolare fusione di prestigitazione vecchio stile e app developing. (grazie a Nico)
Ogni volta che Aidan Moffat, già indimenticata voce degli Arab Strap, si cimenta con una canzone d'amore, a noi fan della prima ora della band glasvegiana viene sempre in mente l'adorabile e morbosa scurrilità di Packs of three, il primo pezzo di Philophobia. Ed è così che anche la cover di un classicone fuori dal tempo come I got you babe di Sonny & Cher inizia ad assumere significati un po' diversi…
Read your bookcase, di Saporiti. E come al solito secondo me quando è piena non si legge più niente.
(grazie Ila)
Su Baeblemusic c'è il video dell'intero concerto dei Go! Team al Brooklyn Bowl un paio di mesi fa. Su disco è un po' che non dicono qualcosa di nuovo, ma dal vivo, come ricordo bene dal loro live al Covo vari anni fa, il loro frullato di pop, hip-hop, indie e colonne sonore blaxploitation è una delle esperienze più divertenti che ci siano in giro. Qua sotto un anteprima con Buy nothing day, e speriamo che basti a farci entrare nel mood da weekend.
Quello che il bannerino qua sopra non mostra è che il 21 Giugno alla Festa Artusiana sul palco con i Pellegrini di Artusi ci siamo noi!
Dopo l'intervista in una puntata di Impronte digitali ad alto contenuto calorico io il mio socio radiofonico Pirex siamo stati invitati da Irene e Luigi, titolari del blog che descrive la folle missione di realizzare (e mangiare) tutte le 790 ricette del famoso La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene di Pellegrino Artusi in 365 giorni, a fare una chiacchierata sul palco della festa che si svolge ogni anno a Forlimpopoli (FC) per celebrare l'opera del benemerito Artusi. Avremo la possibilità di chiedergli da dove è nata l'idea, di ascoltare i loro aneddoti (e ne hanno parecchi, fidatevi), di sapere cosa hanno scoperto e di avere un po' di dritte, culinarie e non. E intorno ci sarà la Festa Artusiana, con un programma ricchissimo che vi invito a non leggere se non siete nelle prossimità di un pasto.
Martedì 21, alle 21.00 alla Piazzetta Berta e Rita di Forlimpopoli (FC). Ci vediamo là?
Non scrivo spesso di musica ultimamente, ve ne sarete accorti (ok, non scrivo spesso tout-court, è vero. non so bene perchè): non ho quasi mai il tempo e la voglia di mettermi a scrivere cose lunghe e articolate, e rinuncio quasi subito anche alle segnalazioni veloci perchè là fuori ci sono ormai talmente tanti siti e blog che fanno la stessa cosa che finirei quasi sempre per arrivare dopo la puzza. Fanno eccezione i dischi dell'anno (ma non ne esce più di uno ogni tre-quattro mesi, ad accorgersene), le produzioni locali, e i dischi belli di cui nessuno parla.
Succede, ogni tanto. Tutto è davvero troppo veloce di questi tempi, i dischi si bruciano a una tale velocità che quando arriva la data d'uscita sono già vecchi, quindi imbattersi in qualcosa di relativamente oscuro, godibile e restìo ad abbandonare la pila dei dischi in ascolto sotto il peso delle continue nuove uscite è un piccolo miracolo che va celebrato. Ed è quello che merita Gold in the shadows di William Fitzimmons, che da queste parti non abbandona il lettore da mesi e si è dimostrata un'opera migliore di quelle di tanti nomi ben più hype e blasonati nel fornire la soundtrack perfetta a certe mattine nuvolose o a certe serate particolarmente mogie. Dalla sua pagina wikipedia vedo che è in giro da parecchio e che negli States ha anche una certa visibilità; io invece l'ho sentito nominare per la prima volta un paio di anni fa, grazie a un breve tour italiano (che ho perso) e alla bella cover di Heartless di Kanye West che non so chi aveva postato in rete. Gold in the shadows è un disco di sommesso e garbato cantautorato barbuto appena sporcato di folk, di quelli che non mirano a cambiarti la giornata e forse neanche l'umore, ma che al momento giusto riescono a essere semplicemente perfetti. In punta di piedi e senza compromessi, anche a costo di far parlare di sè.
MP3 William Fitzsimmons – The tide pulls from the moon
The Ostrich, «a pocket pillow for a nap at work».
La cosa bella di andare ad eventi come il Primavera Sound è il fatto che, con i suoi 7 palchi e le sue più di 200 band spalmate nel corso di 3 giornate, nessuno degli astanti vede lo stesso festival. C'è chi si lancia in un tour de force per riuscire a vedere il maggior numero di band possibile, chi ignora i palchi principali per dedicarsi a coprire i progetti che non si vedono mai in Italia, chi costruisce le sue giornate intorno a un paio di gruppi e passa il resto del tempo a ciondolare, e chi fa piani complicatissimi che poi manda per aria perchè ha voglia di una birra, ha fame o non ha voglia di fare la strada tra un palco e l'altro. Ci si stupisce di quanto poco ci voglia ad abituarsi a vedere più di 12 ore di concerti al giorno, e di quanto il corpo e lo spirito, a fronte dell'età che avanza e della voglia che in teoria dovrebbe essere in calo, riescano a trovarsi subito a loro agio sotto il sole o il vento, in piedi per ore ed ore, con litri di birra nel sangue e robaccia fritta in corpo e ad avere ancora la voglia di fare tutto in fretta per arrivare in tempo per il primo live della giornata o di ballare un ultimo pezzo anche se sono le 5 di mattina. E ovviamente, tanto è bello lì per lì quanto ora è difficile tornare alla realtà.
Il mio Primavera personale é stato probabilmente vinto dai Pulp, la cui reunion è stato lo show magistrale e intenso che tutti volevamo. Ma anche l'algida versione bianca di PJ Harvey che canta storie di amore e morte (soprattutto di morte), Sufjan Stevens e la sua folk music cosmica (mezz'ora in meno e il concerto sarebbe stato perfetto, ma anche così chapeau), e i P.I.L. sopra ogni ragionevole e irragionevole aspettativa (chi l'avrebbe mai detto di trovare un Johnny Rotten così in forma) sono stati tra gli highlight del mio festival. Tra i nomi grossi non si possono non menzionare anche i Flaming Lips (che sono sempre sole cuore amore però al prossimo tour dovrebbero cercare di inventarsi qualcosa di nuovo), i Fleet Foxes (perfetti negli ampi spazi, e al tramonto, poi) e i Belle & Sebastian, che sono sempre piezz'e'core ma che io avrei fatto suonare su un palco più intimo.
Tra le cose piccole si confemano provenire da un altro pianeta James Blake, e Merril Garbus degli spettacolari tUnE-yArDs (entrambi i progetti, pur diversissimi, dal vivo lasciano davvero a bocca aperta). Sopra le aspettative gli hypatissimi Cults (ma sotto il fumo c'è dell'arrosto), i valvonauti Yuck (super '90s e molto molto divertenti), i tesissimi Soft Moon e i Ducktails (assai più indie-rock che su disco). Divertenti gli Holy Ghost. e scenograficissimo DJ Shadow (che DJizza live da dentro una palla con delle proiezioni spettacolari) Una certezza che non ha più bisogno di parole Caribou, come anche i Battles. Il resto non mi ha colpito, o non l'ho visto, o non mi è piaciuto (vedi alla voce Grinderman -l'orrore, l'orrore- ma anche Animal Collective), oppure ero in fila per ordinare una San Miguel o dei Xurros.
Ora ci dovrebbe essere la parte in cui ringrazio i miei eccellenti compagni di viaggio, dico che è stato bello incontrare così tanti amici al festival e mi rammarico di non aver incontrato gli altri di voi che c'erano; ma non ne ho voglia, sennò mi intristisco. Preferisco pensare che siamo ancora tutti là, e che la primavera ce la porteremo dentro per un po'.
Torna per la seconda edizione del Festival Far Game, due giorni di riflessione e gioco dedicata al videogame. Dal 27 al 28 maggio a Bologna insieme all'Archivio Videoludico. Ieri ne abbiamo parlato su radiocitta'fujiko con i due ideatori e organizzatori Matteo Lollini e Andrea Dresseno.
MP3 – IMPRONTE DIGITALI Far Game 2011
Il programma completo lo trovate qui, ma tra gli eventi da non perdere segnaliamo: la presentazione di L.A. Noire, nuovo attesissimo gioco della Rockstar Games, l'omaggio a The legend of Zelda e il consueto "Eat & Play", evento gastronomico con piatti ispirati ai videogiochi, l'anno scorso abbiamo assaggiato SuperMario. Mentre tra gli ospiti Giovanna Cosenza (Università di Bologna), Riccardo Luna (Wired), Ivan Venturi (The Invisible Hand, gioco equo e solidale), Paolo Pedercini (Molleindustria)
Il promo della nuova trasmissione di Corrado Guzzanti, dal 9 Giugno su SkyUno.
(e che tutti chiaramente vedremo su YouTube)
Bella cover a split screen per voci, chitarra, doppio ukulele e pentole (…) del capolavoro dei New Order Bizarre Love Triangle. Pomplamoose, correte ai ripari che questi sono bravi.
(via)
I Broken Social Scene rifanno The World at large dei Modest Mouse. Versione delicata, ma davvero niente male.