mercoledì, 27/08/2003

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Passante solitario VS tramonto portoghese
L’immagine che accompagna la versione vacanziera di Inkiostro è ancora su nonostante io sia tornato da qualche giorno. Che dite, la lascio ancora un po’ o torno subito al famigliare passante solitario?

mercoledì, 27/08/2003

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Calling Jeff
Da quest’autunno, il mondo sarà un po’ più bello. La Sony pubblicherà infatti una versione rimasterizzata ed estesa del Live at Sin-è di Jeff Buckley (qui la tracklist), che comprende anche la sua versione, finora inedita, di Calling You (originariamente nella colonna sonora di Baghdad Cafè), ovvero una delle cose in assoluto più sublimi che mi sia mai capitato di ascoltare.

martedì, 26/08/2003

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Vite passate
Fuori piove, tu sei in macchina in un’anonima cittadina di mare, deserta, e stai andando a giocare a bowling con un paio di amici fidati e rispettive quasi-ragazze. Nell’autoradio una cassetta di Dirty dei Sonic Youth, dentro una sorta di vuoto cosmico. Ti senti in una qualsiasi periferia americana, all’inizio degli anni ’90, all’interno di un film come Suburbia. Non fossi troppo vecchio, penseresti alla reincarnazione.

martedì, 26/08/2003

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Gli A perfect circle ‘deboli e impotenti
James Maynard Keenan è una delle più belle voci in circolazione. Leader carismatico dei Tool, band di culto, titolare di uno dei miei dischi preferiti di sempre, Aenima, che porta un hard rock potente venato di metal oltre le frontiere dei generi, Keenan ha da qualche anno un progetto parallelo di rock più accessibile e canonico, gli A perfect circle.
Dopo tre anni e passa di silenzio, gli A perfect Circle stanno per tornare, in formazione quasi completamente rinnovata: la bassita Paz Lechantin, ora negli Zwan di Billy Corgan e il chitarrista Troy Van Leeuwen, impegnato con i Queens of the stone age sono stati sostituiti da Jeordie White (ex bassista di Marylin Manson col nome di Twiggy Ramirez) e James Iha, celebre chitarra degli Smashing Pumpkins. A metà Settembre uscirà il nuovo album Thirteenth Step, Mentre è già uscito il nuovo singolo, Weak and Powerless (scaricabile qui) , che come da titolo appare molto più debole e meno convincente dei vecchi singoli, la potente Judith (una violenta invettiva contro la religione cattolica, dedicata alla madre del cantante, tra l’altro morta da poco) e la ballatona Three Libras. Tra la potenza e l’atmosfera è stata scelta una via di mezzo, molto orecchiabile ma fastidiosamente ruffiana nei suoi suoni edulcorati. Sicuramente avrà la sua visibiltà sugli schermi di Mtv, ma, ecco, il grande rock è un po’ un’altra cosa.
[la copertina è bellissima però]



martedì, 26/08/2003

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Temere le coincidenze
Ieri a Bombay sono scoppiate 5 autobombe, decine di morti.
Ieri un paio di miei amici erano a Bombay.
Una delle bombe è scoppiata a 100 metri dal loro albergo.
Non se ne sono neanche accorti.
Perchè erano in giro.
Quindi stanno bene.
Few.







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martedì, 26/08/2003

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I dieci lavori demenziali dei miei sogni
6. Il cuoco dell’Alitalia
Confesso di non averlo mai capito: colui che prepara i pasti per i voli aerei -se cuoco lo si può chiamare- è un criminale o un artista? E’ un sadico che si diverte a torturare i palati dei passeggeri, facendo leva sulla tendenza a non rifiutare mai quello che è gratuito neanche se è disgustoso? Oppure è un geniale dadaista che crea postmoderne strutture polimeriche di cibo che trascendono ogni riferimento culturale e sfidano ogni legge della natura?
Qualche anno fa, su un volo Lufthansa, mi sono trovato a mangiare un corpo biancastro senza riuscire minimamente a capire se si trattasse di un vegetale, carne, pesce o una posata di plastica. Dieci giorni fa su un volo SwissAir ho mangiato un panino al curry, e alla mia domanda ‘Cosa vuol dire? Il curry è una spezia, sarebbe come mangiare un panino all’origano o al peperoncino, non ha senso. Cosa c’è DAVVERO dentro?’ l’hostess ha risposto con uno sguardo vacuo.
Per rimanere in vita di solito sopperisco alla carenza culinaria con massicce iniezioni di toblerone o vodka tonic, ma la curiosità di capire cosa spinge il cuoco a non servire piatti freddi sensati come insalata di pasta o di legumi, frittata, tonno o -semplicemente- panini rimane. La loro preparazione non è certo più complicata di quella di alcune entità che vengono di solito servite, e se non altro queste hanno un barlume di genuinità. A meno che quello che spinge questi artisti culinari non sia proprio la violazione sistematica di questo principio: il cibo sintetico ed innaturale fino alla sgradevolezza aumenta la percezione del volo come di un’esperienza straordinaria ed extraterrena, contribuendo a giustificare i gonfiatissimi prezzi dei biglietti. Mi sembra una spiegazione plausibile. Altre idee?
(suggerito da Ganz)





lunedì, 25/08/2003

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Death Cab for Ben Gibbard
Caro Mr. Ben Gibbard, perchè l’hai fatto? Fino a 6 mesi fa non ti avevo mai sentito nominare, eppure adesso stavi rapidamente diventando uno dei miei beniamini musicali. Perchè ora devi rovinare tutto e pubblicare con i tuoi Death Cab for Cutie un album mediocre come Transatlanticism?
La prima volta che ti ho incontrato è stata in una compilation online di tributo a Bjork: la tua versione acustica di Jòga si stagliava nitida in mezzo ad un mare di interpretazioni mediocri. Ma mi sarei scordato presto del tuo nome, se un blogger al tempo sconosciuto non mi avesse dato in un commento, la dritta giusta: Ben Gibbard è quello dei Death Cab for Cutie, ora anche voce di Postal Service (in anteprima: uno dei 10 migliori dischi del 2003). Informazione provvidenziale (e verissima): il pop indietronico dei Postal Service è stato il sottofondo principale della mia primavera, mentre The Photo Album dei Death Cab for Cutie è rapidamente diventato uno dei miei cd preferiti. Il nuovo cd, in uscita ad Ottobre, doveva in teoria essere l’album della maturità. Doveva.
Non dico che Transatlanticism sia un brutto album, tutt’altro: rimane sempre una spanna sopra l’80% della produzione pop-rock, indipendente o meno. Contiene almeno un paio di grandi canzoni, come la trascinante The Sound of Settling (una scheggia di spensieratezza ed orecchiabilità stile Weezer; potenzialmente un hit da classifica) e Title and registration (un outtake dei Postal Service?), mentre la drammatica We looked like giants è uno splendido pezzo sulla giovinezza e l’amore perduto, che parte serrato, cresce smanioso e sfuma nel ricordo. Se i pezzi fossero tutti così, il cd sarebbe un capolavoro; peccato che gran parte delle altre canzoni siano invece noiose e debolucce come Lightness, Transatlanticism e Passenger Seat, ballate lente ed eteree, in cui pigri arpeggi chitarristici si fondono con uno stile pianistico a dir poco didascalico. Non ci si può far nulla: alla terza canzone del genere gli sbadigli non si trattengono più, inevitabili come il dubbio su cosa abbia spinto il taxi della morte (Death Cab) di Ben Gibbard lontano dalla strada dell’ottimo indie-rock d’autore che gli era solita per fargli intraprendere, in modo fallimentare, la strada di una musica pretenziosamente più ricercata. Speriamo sia solo una sbandata temporanea.



lunedì, 25/08/2003

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PDS: Piadina democratica di Sinistra
Il Blog della Domenica
segnala il bizzarro intervento politico-alimentare La piada è certamente di sinistra, e vi spiego il perchè pubblicato sul sito dei DS di Rimini (il pezzo è qui, dovete scendere fino al 2 Agosto perchè mancano le ancore). E’ un completo delirio: divertitevi.

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sabato, 23/08/2003

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Frammenti di Portogallo
Qua e là, pensieri rimasti conficcati da qualche parte, appuntati su un foglio, curiosità, impressioni.
Revolution on the radio – La rivoluzione dei garofani, che ha rovesciato la dittatura post-Salazar e ha portato la democrazia in Portogallo, è cominciata in un modo bizzarro: con la trasmissione alla radio di una canzone (Grandola Villa Morena di Seca Alfonso), inneggiante alla lotta anti-fascista, dopo la quale la gente è scesa in piazza e tutto ha avuto inizio.
Pessoa è un luogo dell’anima
– A Lisbona Pessoa è ovunque. Passeggi nella Baixa e scopri che Rua Dos Douradores -dove è ambientato Il libro dell’Inquietudine– esiste sul serio, e che c’è addirittura la sua casa visitabile, ti imbatti nella sua tomba nel chiostro del Monasteiro dos Jeronimos e nella sua statua, che lo raffigura seduto ad un tavolino, davanti alla Brasileira do Chiado, il caffè più antico di Lisbona. Pessoa è ovunque, come il suo spirito.
Dove la terra finisce e il mare comincia – Se ci si pensa è intuitivo: il punto più occidentale d’Europa è in Portogallo. Eppure quasi tutti sono convinti si tratti di Finisterre, in Bretagna. Si sbagliano: il punto più a Ovest d’Europa è Cabo de Roca, poco sopra Lisbona. Ci sono stato, e ho fotografato il faro e il tramonto sull’oceano.
Spice World – Il peperoncino si chiama Piripiri, e mettono la cannella ovunque, anche nella sangria.
Vuole una busta? Provi nel negozio di cd – I Portoghesi amano la confusione semantica; tutto è sempre venduto nel luogo in cui meno te l’aspetti. Basti dire che abbiamo trovato un rullino in una profumeria e che non c’è niente da fare: i biglietti dell’autobus non vengono venduti nè dalle edicole nè dai tabaccai.
Il mio primo nichelino – La Baixa, nei dintorni del Rossio, è piena di banchetti di lustrascarpe. Ammetto di aver avuto, in un impeto di onnipotenza turistica da valuta forte, la tentazione di farmi pulire i miei luridi anfibi. Ma non vi preoccupate, mi hanno fatto subito tornare alla ragione.
Sintra – Non credevo potesse esistere un posto così. C’è questa cittadina incassata tra colli verdeggianti, da cui spuntano ville fatate dagli stili più strani. In cima ad un colle c’è una rovina moresca, in un altro un palazzo romantico che definire il tempio del kitch è poco, in un altro una casa che sembra cinese, mentre tra gli alberi spuntano torrette, minareti, bastioni. Solo i Portoghesi avrebbero potuto concepire un posto simile.
Meglio del Tagadà
– Quando dico che i portoghesi sono dei piloti folli, non scherzo. Sfrecciano ai 100 nelle viuzze tortuose dell’Alfama, guidano tram e autobus in modo assolutamente incurante per i poveri passeggeri, costretti a varie acrobazie per rimanere in piedi, e parcheggiano ovunque, infischiandosene se bloccano le rotaie dei tram e quindi tutto il traffico. Sarebbe una peculiarità simpatica, non fosse che un paio di volte ho visto la morte in faccia.
Porto il Porto al porto di Porto – Il Porto non è un vino, è un’istituzione. Di più, è quasi una scienza: le annate in cui le condizioni ambientali di temperatura e precipitazioni sono ideali vengono etichettate come annate Vintage, quelle in cui il porto è più buono (e più caro). Una bottiglia del 2000 costa 125€, una dell’81 sui 250€, per quelle delle annate vintage precedenti si continua a salire. Perchè, fidatevi, per quel sapore non c’è prezzo.
E pensare che volevo stare a casa a dormire – Il Monasteiro dos Jeronimos, nel quartiere di Belem, è uno dei palazzi architettonicamente più belli che io abbia mai visto. Il suo chiostro corrisponde esattamente all’immagine che ho di un palazzo degli Elfi. Magico.
Saudade, non saudaji – Avete mai sentito parlare in portoghese? Sì?? Sicuri che non fosse brasiliano? Il portoghese infatti ha un suono assolutamente inaspettato, duro e spigoloso, più simile al russo che allo spagnolo o ad altre lingue latine. Se ricordate il portoghese come una lingua dolce e musicale, quasi certamente avete invece sentito il brasiliano, ovvero «il portoghese con lo zucchero», come dicono loro.












sabato, 23/08/2003

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«Altro che Grandaddy…Grandmother!»
Ieri sera, festival della Homesleep, Ancona.
Cinque blogger chiacchierano amabilmente, mentre il diggei passa i Grandaddy.
In quel momento passa Jukka, chitarrista dei Giardini di Mirò, e si ferma a salutare l’indie-vip Loser.
Loser: Allora ciao! Che fai nei prossimi giorni?
Jukka: Torno a casa. I miei sono partiti e devo stare con mia nonna.
(…)
[Il titolo è un copyright di Loser, che ne ha gentilmente offerto i diritti al sottoscritto. Cosa non si fa per un link in più.. :) ]







venerdì, 22/08/2003

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Bloggamente parlando
Ci ho messo un po’ a rimettermi al passo, bloggamente parlando, ma ora più o meno ci sono. Certo che con il modem 56K che ho qui non è proprio facile, ma in attesa del ritorno a Bologna (conto i giorni) ci si arrangia. Anyway, negli ultimi 10 giorni sono state pubblicate in giro diverse cose interessanti.
L’ennesimo delirante articolo sui blog (questa volta comparso sul Corriere) ha suscitato come al solito vivaci critiche (tra le tante: ManteBlog e Storie), ma ormai è un copione talmente tipico che nessuno si stupisce più.
Iaia stila un’acuta lista sulle caratteristiche del viaggiatore occasionale in aeroporto. Vengo da varie ore di check-in, boarding, transfer, passport check e compagnia bella passate da solo tra Lisbona, Zurigo e Bologna, ed anch’io mi sono intrattenuto con simili osservazioni di etnografia spicciola.
Distilleria pubblica niente meno che il testo di Just Friends di Suzanne Vega, un delizioso blues dei primissimi tempi della cantautrice newyorkese mai inciso, di cui avremo una registrazione sì e no in 10.
Indispensabile come e più di sempre è il blog in diretta da Baghdad di Pino Scaccia, più utile di mille telegiornali per capire cosa sta succedendo nella capitale irakena in questi giorni.
Poi c’è l’articolo di Newsweek su come i nuovi media stanno cambiando il modo di pensare ed apprendere delle nuove generazioni, niente di troppo fondamentale ma un buon pezzo divulgativo per approcciarsi ad esempio a certe interessanti teorie di De Kerchove.
Si sprecano anche i racconti, più lunghi, più belli e più completi del mio, sull’evento indie-blog dell’Estate (recentemente si è aggiunto Shoegazer), mentre attendo anche reportage vari dall’Homesleep week-end che comincia stasera ad Ancona, e a cui non so ancora se riuscirò a partecipare.
C’erano anche altre cose interessanti, ma ora ho sonno.








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venerdì, 22/08/2003

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Hormones, interrupted
Ma cosa non sono le due protagoniste di Ragazze interrotte? Cosa deve avere passato quel poverino di Beck con quella pazza di Winona Ryder, che che quel faccino e quella maglietta a righe riuscirebbe a farti fare praticamente *qualunque* cosa? E perchè Angelina Jolie dopo l’Oscar è andata a impelagarsi con Lara Croft? Mero marketing? O studia già da icona degli anni ’00?

giovedì, 21/08/2003

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Risveglio
Lisbona è un sogno, il sogno di un pazzo. Un pazzo geniale, s’intende, ma pur sempre un pazzo. Solo in un sogno infatti si può concepire una città pigramente adagiata «dove la terra finisce e il mare comincia», tutta colli e declivi, con quartieri diversi, piccoli e vicinissimi, dal carattere deciso, che sfociano uno nell’altro come il Tago sfocia nell’oceano. E solo un pazzo può aver immaginato gli inusitati accostamenti architettonici di stili differenti ed apparentemente incompatibili, un carattere nazionale in bilico tra un ingombrante passato dominato dall’oceano ed il presente in Europa, e può far convivere nei portoghesi la caratteristica ed indefinibile malinconia della saudade con lo stile di guida più folle e fuori di testa cui si possa assistere nel mondo.
Per me ora il sogno è finito. Mi sono svegliato e sono ancora savio -pare-, ma ci metterò un po’ a riprendermi.


domenica, 10/08/2003

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Amanhã eu estou indo ao feriado
Dopo i pomeriggi pigri di inizio Agosto, dopo essermi arrostitp in questo caldo infernale, dopo i fasti indie-blog di Frequenze Disturbate, è giunto anche per me il momento di partire. Dal caldo e dal sole non si scappa, dall’afa dell’entroterra e dai liquami della riviera adriatica invece sì, in cerca dell’oceano, di lingue esotiche, di castelli moreschi e di saudade (quella vera, chè quella surrogata qui non manca).
Statemi bene, ci si rivede tra una decina di giorni.


domenica, 10/08/2003

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Blog Balotta™
Coniglio Cattivo ha dedicato una delle sue vignette a Frequenze Disturbate. Qualcuno l’ha capita? (io no)
[intanto cominciano ad arrivare i primi resoconti della kermesse: Storie, Sad and Beautiful, Gecco, Distilleria]


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sabato, 09/08/2003

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Frequenze Disturbate 2003: il posto giusto al momento giusto
Ieri sera si è conclusa nel migliore dei modi la due giorni di Frequenze Disturbate, il festival di musica indie rock (o giù di lì) più amato dai blogger italiani. Come al solito, in queste situazioni non si mai da dove cominciare a raccontare, e l’unica certezza è che non si risucirà a dire tutto quello che si vorrebbe nel modo che si vorrebbe, quindi -profezia che si autoavvera- non ci si prova neanche, e ci si accontenta di buttar giù qualche impressione sparsa.
Impossibile non menzionare i numerosi blogger convenuti. Oltre al sottoscritto sono stati della partita i due Polaroid, Storie, Loser, Gecco, il Blog della Domenica, Massaia, Coniglio Cattivo, Shoegazer, Sad and Beautiful e Distilleria (spero di non essermi scordato nessuno). Come sempre in questi casi chiacchiere e presentazioni al limite dell’assurdità (ciao, chi sei? Qual è la tua URL? Ma mi linki? Ah sì, avevo letto dei tuoi commenti) che si sprecano, imbarazzi vari e gergo bizzarro, con il sottoscritto a conversare amabilmente con Massaia e a tentare di capire se Coniglio Cattivo stesse prendendo l’ispirazione per una delle sue malefiche vignette (sulle due blogstar non dirò di più, se non che non sono affatto, come molti credono, la stessa persona), quando non era nel ruolo di amorevole padrone di casa per i due Polaroid o in quello di guida ed ufficio informazioni per il Blog della Domenica.
Come sempre, inoltre, Frequenze Disturbate mi (ci) ha regalato vari momenti di celebrità underground, come la partita a biliardino con Sara degli Scisma (onorevolmente paraggiata), la stretta di zampa con Seppia (cane di Max Stefàni, su cui il direttore de Il Mucchio ha scritto anche un libro che si dice sia terribile), i numerosi incontri casuali con membri sparsi di Giardini di Mirò, Yuppie Flu, La Crus, Amari, Baustelle, Slumber, per non menzionare ovviamente Beck che faceva foto al centro storico di Urbino e un paio dei Notwist che passeggiavano tranquillamente tra i vicoli.
Poi non si può non parlare della musica: dell’eclettismo (ecco, l’ho detto) di Beck, capace di passare dai trascinanti singoli di Odelay alle malinconiche ballate di Sea Change, da una cover dei White Stripes fino ad un geniale medley che mischiava Hot in here di Nelly, Crazy in love di Beyonce, Not gonna get us delle TaTu, Rock your body di Justin Timberlake e varie altre, sdoganando definitivamente il pop commerciale; della grandezza dei Notwist, il cui live show, potente ed emozionante, è l’ideale complemento della perfezione indietronica (o alternatronica?) dei dischi; dei Giardini di Mirò, molto migliorati dal vivo, “felici come bambini per poter fare tutto quel casino su un palco così grande”; del pop elegante degli I am Kloot; del set “burroso” dei Ms John Soda, forse più adatto in chiusura di serata che in apertura; del trionfo del bastard pop, presente entrambe le sere nei cambi di palco (assolutamente da procurarsi il mix dei Bran Van 3000 con One with the freaks dei Notwist).
Potrei continuare, ma è giunto il momento di passare la palla agli altri blogger presenti, quando torneranno in prossimità di un computer. Ne avranno da raccontare.





mercoledì, 06/08/2003

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Frequenze Disturbate 2003 & Inkiostro B&B presentano…
La magione Inkiostro ed Urbino tutta si stanno preparando ad accogliere i loro ospiti, che domani invaderanno pacificamente la città ducale in occasione di Frequenze Disturbate. Prevista una notevole presenza di blogger e di celebrità underground (bell’ossimoro) di ogni ordine e grado, ottima musica (inutile dirlo), raduni di perdenti e varie ed eventuali assolutamente imprevedibili.
Accorrete numerosi, e se venite contattatemi via mail.


mercoledì, 06/08/2003

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Così se perdi le chiavi è la volta che ti ammazzi
Ho bisogno di un nuovo portachiavi. Che questo faccia al caso mio?

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mercoledì, 06/08/2003

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De Andrè Extra
Un paio di giorni fa ne ha parlato persino DoReCiakGulp, l’imbarazzante rubrica di cultura e spettacolo condotta dal Mollicone nazionale all’interno del Tg1, e non capita tanto spesso che l’iniziativa di un periodico di nicchia si conquisti uno spazio all’interno del più visto telegiornale italiano. Questa volta, però, l’attenzione è ben meritata: allegato all’ultimo numero de Il Mucchio Extra, trimestrale d’approfondimento musicale de Il Mucchio, c’è un cd che per idea e contentuto non può non essere lodato ed apprezzato. Si tratta di Non più i cadaveri dei soldati, tributo da parte di molti gruppi italiani, giovani e meno giovani, a quello che è forse stato il più grande cantautore italiano: Fabrizio De Andrè.
Ora: i cantautori non sono esattamente il mio genere, e, pur apprezzandone qualche canzone, non sono mai riuscito ad ascoltare in modo continuativo i vari Guccini, De Gregori, Fossati, Dalla, Vecchioni e compagnia. L’unico che in qualche modo è riuscito a fare breccia è stato De Andrè, i cui testi liricamente e metricamente eccezionali hanno sgretolato il mio muro di disinteresse costringendomi ad inchinarmi davanti al suo straordinario talento. Nonostante ciò non mi capita spesso di ascoltare i suoi dischi -non so bene perchè, forse sono troppo impegnativi e richiedono troppa attenzione, o forse è per la costante impressione che l’universo sonoro sia sempre in secondo piano rispetto alla parola- e l’iniziativa del Mucchio Extra è un buon modo per dedicarsi alla sua sterminata produzione.
Non più i cadaveri dei soldati contiene 18 riletture, per quasi 80 minuti di musica. A farla da padrone gruppi di matrice più o meno apertamente folk, che reinterpretano molto fedelmente le canzoni di Faber, osando poco ma ottenendo buoni risultati (in particolare Un giudice rifatta dalla Bandabardò e Canzone per l’Estate, ad opera dei Mercanti di Liquore). Il cd si fa interessante quando le canzoni di De Andrè capitano nelle mani di musicisti abbastanza lontani dallo stile del cantautore genovese: è il caso degli Afterhours, che consegnano un’intensa versione darkeggiante de La canzone di Marinella, retta su linea di basso legnosa con inaspettate aperture di chitarre e pianoforte. E’ il caso anche di Marco Parente, alle prese con Ho visto Nina volare, che perde in ritmica ma guadagna in eterea (trasparente, verrebbe da dire) evocatività. Notevole anche il blues sporco de La ballata degli Impiccati, ad opera di Cesare Basile, e il quasi-post-rock di Nell’acqua della chiara fontana, che vede la collaborazione dei Gatto Ciliegia contro il Grande freddo con Tommaso Cerasuolo (ma dove ho già sentito questa voce? Inconfondibile, è il cantante dei Perturbazione).
Disco egregio, per un’iniziativa egregia. Chapeau.
[grazie all’A.nonimo per essersi scordato il cd da me]





martedì, 05/08/2003

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Shake that Pitch
Come ampiamente preannunciato, Pitchfork si è rifatto il look. Nessun cambiameto drammatico, per la verità, ma forse bisogna aspettare fine Agosto, con il risveglio del mercato discografico, per capire esattamente il nuovo corso imboccato dalla webzine di rock snob più amata nel mondo. Per ora mi ha colpito solo la nuova rubrica fissa We are the world, dedicata non a dischi interi ma a singole canzoni, che promette di dividersi equamente tra pop commerciale e pezzi indie. Ecco quindi Pitchfork lanciarsi nello sdoganamento di alcuni terrificanti singoloni Mtv-style, con nomi quali Destiny’s Child, Kylie Minogue, Eminem e Justin Timberlake incensati sulle stesse pagine che di solito parlano di Belle and Sebastian, Sigur Ros, Death Cab for Cutie e Interpol. Un po’ uno shock, ed una sfida ai musicofili più duri-e-puri, ma in fin dei conti una dimostrazione di onestà ed apertura mentale: del resto chi non ha amato alla follia Can’t get you out of my head? E chi riusciva a stare fermo durante Get Ur freak on?
[Tra l’altro, proprio un paio di giorni fa, la stessa cosa è stata fatta anche da Loser. Il nostro Andrea si sta un po’ allargando, ora detta la via anche a Pitchfork… :) ]


martedì, 05/08/2003

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La Sacra famiglia è questa; quella era solo psicotica
Come sapete se leggete queste pagine da un po’, il titolo del precedente romanzo di Douglas Coupland, All families are psychotic, è stato inspiegabilmente tradotto in italiano come Sacra famiglia. Non sono stato il solo a chiedermi il perchè di tale bizzarro adattamento: il titolo originale era assai più carino, con quel retrogusto da saggio di serie B, e assai più adatto alla storia narrata rispetto al banale Sacra famiglia. Tanto più dopo l’uscita di Hey Nostradamus! (di cui parlavo già ieri), che -quello sì- parla di una famiglia in qualche misura sacra.
Hey Nostradamus, è inutile girarci attorno, parla di religione. Forse non l’argomento più attraente del mondo, ma, in molti modi, nulla di nuovo per Coupland. Già La vita dopo Dio parla di spiritualità e significati superiori (sotto forma di minimali prose poetiche assolutamente incantevoli), Fidanzata in coma rappresenta un punto di rottura con il passato, in cui l’autore mostra di aver iniziato ‘credere’ in qualcosa. Ma -anche lì- si tratta più della ricerca di una spiritualità personale e di un senso alla propria vita piuttosto che di ‘religione’ in senso classico. Hey Nostradamus! invece prende la cosa di petto, e parlando di gruppi religiosi, di anima, di aldilà, di Bibbia e di dogmi cristiani, l’esamina sulla lunga distanza.
Se mi chiedessero di cosa parla Hey Nostradamus! (su, chiedetemelo) risponderei: religione e rapporti genitori-figli.
Non mi ero mai accorto di quanto quest’ultimo argomento stia a cuore a Coupland. A ben pensarci, è centrale in quasi tutti i suoi romanzi (su tutti Microservi e Sacra famiglia), molto più di quanto lo sia nei libri di molti altri autori contemporanei assai più nobili e di lustro. E non credo sia solo l’età e l’approssimarsi della maturità per Coupland ad aver reso questo argomento così importante: si tratta invece di una componente centrale nell’universo narrativo dell’autore canadese. Il mondo sempre più veloce e senza punti di riferimento che Coupland ha da sempre tentato di descrivere, in cui il benessere e le possibilità materiali di autorealizzarsi sono un dato acquisito, in cui ogni modello su cui basare la propria esistenza è già vecchio e in cui ogni generazione è costretta a mettersi continuamente in discussione, non può ignorare le figure dei genitori, spesso tragiche, ancor più spesso ironiche, ma talvolta eroiche nel rapporto coi figli, e con una realtà che li ha ormai lasciati indietro, fuori tempo massimo per cambiare significativamente la propria vita.
A questo punto, tutto torna. Il susseguirsi nei libri di genitori in crisi d’identità, costretti a reinventarsi un lavoro, una famiglia e qualcosa in cui credere, non è altro che la logica prosecuzione del discorso cominciato da Coupland con il suo primo romanzo, Generazione X. Quelli che prima erano visti come esempi di un mondo vecchio, con regole che hanno ormai smesso di funzionare, ora sono gli emblemi del mondo accelerato da sempre ritratto dall’autore canadese. Le cose cambiano, ma solo, come diceva qualcuno, per rimanere sempre le stesse.

lunedì, 04/08/2003

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God is nowhere / God is now here
La prima cosa che ho pensato non appena ho finito di leggere l’ultima pagina di Hey Nostradamus!, ultimo romanzo di Douglas Coupland da poco uscito negli USA, è stata: ce l’ha fatta anche stavolta, ‘sto bastardo.
Eppure, questa volta come non mai, sono stato dubbioso fino alla fine. La trama è insolitamente claudicante, il linguaggio meno brillante del solito, non ci sono nè l’intreccio ad incastri di Miss Wyoming, nè la densa poesia di La vita dopo Dio, nè la schietta quotidianità postmoderna di Microservi, e, fino alla fine, non sembra esserci nulla in grado di sostituirle. Un paio di giorni fa l’avrei descritto come un romanzo confuso, che non arriva al punto e che forse quel punto neanche ce l’ha (pointless, si direbbe in inglese), pieno di simpatiche ‘storie nella storia’ che sembrano volerti distrarre per non farti notare che l’impalcatura generale è assai scricchiolante. Poi, certo, si tratta di Coupland, ed il marchio di fabbrica, pur se un po’ appannato, non tradisce, e regala frasi intelligenti e situazioni paradossali quasi ad ogni pagina. Questo pensavo.
E invece niente: a due pagine dalla fine tutto si è fatto inspiegabilmente nitido, quasi luminoso, qualche pezzo è andato a posto (molti no, ve lo confesso), e Hey Nostradamus! è riuscito a colpire qualcosa dentro di me, facendomi addirittura commuovere. Non so come faccia, ma Coupland riesce sempre a scrivere dei finali straordinariamente commoventi, benchè la sua scrittura non possa essere definita tale e benchè il suo lirismo sia sempre nascosto sotto innumerevoli riferimenti minimi al mondo contemporaneo, metafore creative ed osservazioni sagaci.
Il romanzo segue una parabola speculare rispetto alla storia che racconta: l’inizio è di quelli promettenti -una strage scolastica in stile Columbine, con la narratrice, una ragazza molto religiosa segretamente incinta, a narrare la sua morte- ma man mano che il libro muta epoca e narratore la storia comincia a sfaldarsi, esattamente come la vita dei personaggi di cui racconta le vicende. A ben guardare, da quel punto in poi la trama non si ricompone più, ma comincia a vagare tra flashback illustrativi e personaggi per cui l’esistenza è ormai un tempo morto, disperatamente incapaci di risollevarsi dal vuoto che ne ha colpito le vite, e dall’impossibilità di trovarvi un senso. Il finale -le ultime dieci pagine, per la precisione- riesce nell’impossibile: dare un senso al libro. Non aspettatevi finali a sorpresa o rovesciamenti di prospettiva stile Il sesto senso, non è lo stile di Coupland, e tantomeno del Coupland di questo libro. L’unica cosa che potete sperare di capire è perchè la storia non può che essere vuota ed irrisolta, e perchè il messaggio di Hey Nostradamus! è proprio nel confronto tra la densa accoratezza delle ultime dieci pagine e la vacua mancanza di speranza che le precede.
Non vi biasimerei se, arrivati alla fine, per voi non fosse abbastanza. Ma per me, a due pagine dalla conclusione, in una frase che -a rileggerla ora- non ha nulla di speciale, lo è stato.

(continua)

lunedì, 04/08/2003

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Suona, stai su
Il suo ultimo cd, Closet Meraviglia, aveva convinto anche i più scettici: Cesare Basile, uno dei più brillanti ed intensi musicisti italiani, è capace di coniugare rock e musica d’autore come solo i grandi sanno fare. Dopo le collaborazioni blasonate dell’ultimo cd (Manuel Agnelli, Roy Paci, Massimo Volume, Hugo Race, John Bonnar dei Dead Cand Dance), stavolta Basile può tentare il colpaccio, complice il cambio di etichetta (da Viceversa alla onnipresente Mescal di Subsonica, Cristina Donà, Afterhous e compagnia) e l’illustre produzione di John Parish, musicista e produttore che ha lavorato con PJ Harvey, Eels, Sparklehorse e non solo. E’ in usicta un nuovo singolo (In coda, 26 Settembre) e un cd (Gran Calavera Elettrica, 10 Ottobre). Ci aspettiamo un bis in termini di qualità, e, gli auguriamo, un miglioramento in termini di vendite.

venerdì, 01/08/2003

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Inevitabile, visto il giorno
agosto
è il mese più freddo dell’anno
l’inverno si sposta sei mesi in avanti
e non è il polo sud qui non è il polo sud

agosto
la sveglia che rompe il silenzio
qualcuno è in vacanza
e lei suona per ore che freddo che fa

agosto
ti affacci su un cuore malato
le cinque di sera ed è già buio pesto
l’inverno d’agosto

il ghiaccio
si posa e ricopre le cose
l’attesa del caldo congela anche i morti
che freddo che fa

se non è vero che hai paura
non è vero che ti senti solo
non è vero che fa freddo
allora perchè tremi in questo agosto?

agosto
è scritto sul tuo calendario
forse hai dormito sei mesi
ma sei così stanco tanto stanco

agosto
è il mese più freddo dell’anno
nell’altro emisfero lo chiamano inverno
l’agosto

se non è vero che hai paura
non è vero che ti senti solo
non è vero che fa freddo
allora perchè tremi in questo agosto?







































venerdì, 01/08/2003

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«Non capite un cazzo, questa è avanguardia, pubblico di merda!»
Delio finalmente spiega i perchè e i percome del nome del suo blog e del suo template. Che è quello che tutti volevano chiedere ma nessuno osava (anzi, qualcuno sì).