E non so cosa sia più vintage
[Un mellotron fatto con 13 walkman. Un giorno lo faranno con gli iPod. Ma non sarà la stessa cosa.]
E non so cosa sia più vintage
[Un mellotron fatto con 13 walkman. Un giorno lo faranno con gli iPod. Ma non sarà la stessa cosa.]
Non sia mai che vi lasci senza
Io latito un po’, ma la musica no.
_Kaiser Chiefs – I heard it through the grapevine
Dall’ottima compilation di benefit Help: a day in the life una cover del classico di Marvin Gaye. Funziona, ma la versione delle Slits è inarrivabile.
_Maximo Park – Wasteland
Dallo stesso disco, forse la più bella canzone del quartetto inglese. Da una settimana saldamente in testa alla mia classifica dello squarciagola.
_Clap your hands say yeah – Live @ KCRW
Live radiofonico di 8 pezzi per l’indie-band band più chiacchierata dell’anno. Dal vivo tengono botta, pare.
_Cat power – The Greatest
Title-track del nuovo disco. La gatta ammalia sempre, anche quando -come qui- è nei panni per lei inusuali della balladeer classica.
_Sun Kil Moon – Dramamine
Cover dei Modest Mouse dal tributo dedicato alla band da Mark ‘Red House Painters’ Kozalek. Santo subito!
_Canadians – Find out your ’60s
Dalle ceneri degli Slumber indie-pop made in Veneto con una marcia in più. Folgoranti, centro secco al primo colpo.
_Belle & Sebastian – Another sunny day (live)
Inedito con ogni probabilità contenuto nel nuovo, imminente, disco. E’ presto per dirlo, ma niente male.
I bet you look good on the cover
La storia è sempre la stessa, quella della profezia dell’hype che si autoavvera: stampa e trend-setter inglesi dichiarano quale band avrà successo nei mesi a venire e poi, guarda caso, le cose vanno esattamente così. Basta leggere il pluri-linkato articolo del Guardian sui Taste-makers per rendersi conto che ‘sta volta sarà il turno degli Arctic Monkeys. Io non li avevo mai sentiti prima; mi sono documentato e ho scoperto che:
.non hanno ancora pubblicato niente
.il loro primo singolo esce tra una settimana
.una delle sue b-sides s’intitola Chun Li’s spinning bird kick
.hanno appena firmato per la Domino (l’etichetta dei Franz Ferdinand, per dire)
.suonano un genere molto vicino ai Libertines, oscillando tra una certa sgangheratezza pop tutta inglese e inserti blueseggianti che non ti aspetteresti
.come previsto, al prima scolto ho storto il naso e al terzo sono già qua che canticchio
.come previsto, non è roba che ti cambia la vita ma alla fine non è niente male
.in repertorio han già un paio di singoloni: I bet you look good on the dancefloor (anch’essa a sua volta una profezia che si autoavvererà, a ben vedere) e l’appiccicosa Mardi Bum
.il video della prima è qui (no, non merita granchè).
Si accettano scommesse: quanto manca alla copertina di NME? E al 3.1 di Pitchfork?
Cinque dubbi più o meno amletici (e più o meno musicali) /3
_Ma quanta tristezza fa il banalissimo perbenismo reazionario di Studentessa universitaria, ultimo singolo di quel Simone Cristicchi che con Vorrei cantare come Biagio sembrava quasi bravino?
_Quanto sarebbe stato perfetto Ben Gibbard con la sua frangetta e i suoi Death Cab for Cutie al ballo Incanto sotto il mare di Ritorno al futuro a suonare la sua versione di Earth Angel?
_Ho visto l’ultimo video di Ricky Martin; ha finalmente deciso di fare coming out?
_Per quale motivo Adem, che l’anno scorso ha pubblicato il più bel disco acustico degli ultimi anni, si è buttato nella missione impossibile di rifare Mojo Pin di Jeff Buckley prendendo, come previsto, una sonora batosta?
E col Gorgonzola come fa?
[Sì, questo bell’omino -un famoso batterista, pare- sta proprio suonando una batteria fatta di forme di formaggio]
Inkiostro quotidiano
Annunciaziò annunciaziò: il sottoscritto, non pago di dimorare già su queste pagine e di infestare l’etere con le acrobazie musicali varie ed eventuali di Airbag, da oggi terrà anche un appuntamento pseudo-quotidiano sulle solite frequenze dell’inossidabile Radio Città Fujiko. Gocce d’inkiostro sarà una sorta di post via radio, tutti i martedì, mercoledì e giovedì intorno alle 15 all’interno di Seconda Moka sui 103.100 FM a Bologna e dintorni, ascoltabile anche in streaming e in archivio. Un altro piccolo passo verso la conquista del mondo.
Inkiostro Music Video Aggregator /Settembre
_Cocorosie – Noah’s Ark (Tasto destro, Salva con nome) Non è un bel video neanche per sbaglio, le due maravillose sorelle Casady sfoggiano pettinature ancora più improbabili del solito e effetti visivi d’accatto intristiscono il pezzo forse più convenzionalmente pop del disco: che scopo può avere quindi girare un clip del genere (il primo in assoluto per le Coccherosa, se non erro)? Meglio ricordarle mentre cantano Good Friday in un cortile faentino, se permettete.
_Devendra Banhart – I feel just like a child (streaming) Osannato dalla critica di mezzo mondo, Devendra Banhart più va avanti e meno mi convince. In questo video -wow- balla mentre indossa solo un paio di mutande, che meraviglia! Molti lo troveranno un sacco autoconsapevole e giocoso, altri artisticamente neo-hippy e neo-neo-tribalista, ad altri ancora -al peggio- sembrerà un adorabile cazzone. La mia opinione non differisce molto da quest’ultima, purchè, ovviamente, si ometta la parola adorabile.
_Final Fantasy – This is the dream of Win and Regine (Tasto destro, Salva con nome) Versione ancor più singolosa del singolo del bell’esordio solista del violinista degli Arcade Fire, che a breve passerà anche da queste parti per una rischiosa data live. Chissà se si porterà dietro l’adorabile (lei sì) cameriera provvista di cuffie e mantello del video. Che sia giunto il momento dell’indie-fantasy?
_Pinback – Fortress (Tasto destro, Salva con nome) Non lo si ripeterà mai abbastanza: Summer in Abaddon dei Pinback è stato probabilmente il disco dell’anno scorso che da queste parti si è amato di più. Esce ora il notevolissimo video di Fortress, tristissima storia di animazione a bassa fedeltà su una bella storia d’amore che si trasforma (letteralmente) in una guerra (con annesse coreografie). Si parlava dell’indie-fantasy, no?
_Laura Veirs – Galaxies (Tasto destro, Salva con nome – è lentissimo, serve un po’ di calma) Come dicevo la settimana scorsa, su disco Laura Veirs è grandiosa. Questo video, però, è una delle cose più terrificanti in cui mi sia capitato di imbattermi da un po’. Se ci sono delle idee che qualcuno me le spieghi, l’immaginario è oscuro e sfilacciato e se la natura da sola non l’aiuta Laura ha fatto ben poco per darsi una sistemata. Rimandata al video per Secret someones?
_Death Cab for Cutie – Soul meets body (streaming, e se proprio lo volete è pure su rapidshare) Sottotitolo: Ben Gibbard vestito come mio nonno e i bizzarri funghi/uccelli a forma di note. Come spesso capita, una buona idea (le note volanti, non il guardaroba di Ben Gibbard) un po’ sprecata, anche se l’atmosfera dolceamara e un po’ sospesa ben si adatta all’insolita efficacia del primo singolo di Plans. Quindi alla fine va bene così, dai.
_Royksopp – 49 percent (streaming) Potrebbe quasi essere confuso con un video di Gondry, e chi conosce la meraviglie di cui è capace il regista francese sa quanto questo possa essere un complimento. Per esserlo gli manca un po’ di precisione in più e quei tocchi di classe che lo fanno stagliare a un livello decisamente altro. Detto ciò, la canzone non è niente di che, ma immagino che al giusto volume e con un proiettore abbastanza grosso, l’esperienza lisergica ci starebbe tutta.
_Animal Collective – Grass (Tasto destro, Salva con nome) Sprizza (ancora) avanguardia da tutti i pori, il collettivo animale, e con un video del genere dona al suo folle folk disgregato una terza dimensione al contempo perfettamente appropriata e insolitamenete sobria. In quanto avanguardia è sempre di difficile digeribilità, ma se il pubblico di merda non capisce, ovviamente è colpa sua.
[i vecchi Video Aggregator]
E Hendrix doveva usare persino i denti
David Merrill, ricercatore del MIT, ha progettato un sistema di controllo facciale per suonare una chitarra e (più che altro) controllarne gli effetti. Se un sistema del genere prende piede (neanche tra mille anni, ritengo), siamo destinati a vedere durante i concerti i musicisti che fanno le smorfie davanti a dei prioiettori?
[sarebbe divertente, in realtà. anni di pose maledette buttati al vento..]
Secret Someones
Sulla copertina del disco c’è una sua foto. E’ il primo piano un po’ impietoso di una ragazza spettinata, non proprio una gran bellezza (io la trovo adorabile, ma questa è un’altra storia), con un vestito a fiori che si intravede sotto la giacca e un’anonima strada cittadina nello sfondo. Sembra la ragazza timida che incontri in biblioteca, lo sguardo triste che incroci sul metrò, oppure la vicina di pianerottolo misteriosa che non ti rivolge mai la parola. Non lo diresti che Laura Veirs è nata in mezzo alla natura del Colorado, è solita passare una buona parte dell’anno campeggiando nei boschi nordamericani ed è laureata in geologia. E non diresti che ha pubblicato alcuni album bellissimi. Non diresti queste cose, ma solo se non hai ascoltato il suo ultimo disco, Year of Meteors.
Nella musica di Laura Veirs, la natura è una continua e imprevedibile metafora di ciò di cui canta, dalle storie agli stati d’animo come delle melodie che li accompagnano. Ovviamente niente di nuovo sotto il sole (appunto), ma, come spesso accade e ci piace che accada, è il come a fare la differenza, e a fare di Year of Meteors un disco di sorprendente bellezza e complessità invece della banale opera della solita indie-folkster. Ci sono il paesaggio catarticamente sulfureo di Fire snakes, le costellazioni pop di synth implosi del singolo Galaxies, il drumming liquido dei perenni viaggiatori che portano nel cuore i propri Secret Someones, lo skylark veneziano (quasi una foto, quasi un Canaletto) di Rialto (le potete ascoltare qui), il malcelato parallelismo speleologico di Speluking e un paio di belle immagini che parlano di lampade a olio e consapevolezze tardive che ti lasciano ammirato quando finalmente le capisci.
Nella musica di Laura Veirs convergono in modo non scontato il folk classico e l’osservazione partecipante di Suzanne Vega, il cantautorato artsy e imprevedibile di una Cat Power meno concentrata sul proprio ombelico, la curiosità musicale di Beth Orton e la fiera assertività di Mirah. Year of Meteors è il suo quinto disco, uscito da poco su Nonesuch (quella dei Wilco) in America e su Bella Union (quella dei Devics) in Europa; e se non sono referenze queste..
Se non la conoscete ancora rimediate; se, fortunati voi, già vi siete già imbattuti nei suoi vecchi dischi, sappiate che Year of Meteors è meno confessional rispetto al precedente Carbon Glacier (anche se quando lo è, come nella spettrale Magnetized o nella sua sgangherata versione telefonica ghost track, è da brividi), meno classico rispetto a Troubled by the fire e contemporaneamente più pop e meno immediato di tutto quanto l’autrice americana abbia prodotto in passato. Il livello, però, è sempre altissimo, forse di più. E a prima vista, forse, non lo diresti.
Monday gaming (Entropia edition)
Ai tempi del liceo avevo un gruppo, non so se ve l’avevo mai detto. Suonavamo una sorta di terrificante avant-folk ingenuo che al giorno d’oggi sarebbe forse persino di moda (più tecnicamente sprovveduti che precursori, ovviamente), ci siamo sciolti dopo un po’ di mesi senza aver mai fatto alcun concerto, e tutta la nostra produzione è raccolta in un paio di cassettine self-titled registrate in una soffitta con un radiolone provvisto di microfono incorporato (Devendra Banhart ci avrebbe fatto letteralmente una pippa, sì). Il nostro nome aveva a che fare con la fisica e la teoria del caos, cose di cui nessuno di noi aveva un’idea particolarmente precisa, in effetti, ma che -essendo noi come da copione degli adolescenti problematici- ci affascinavano assai. Ricordo che ci piaceva l’idea che nell’universo ci sia un’inesorabile tendenza al disordine e alla dissoluzione di qualsiasi struttura organizzata, e nonostante la nostra musica non rispecchiasse granchè questo concetto, l’avevamo scelto per rappresentarci. Più che altro perchè suonava bene, in realtà.
In ricordo della mia adolescenza di belle speranze, oggi ho passato un tempo esageratemente lungo a giocare a Chaos Theory, che anch’esso c’entra ben poco con la teoria del caos e che proprio per questo mi ricorda i tempi andati. E’ un gioco elementare, in cui si tratta di innescare la reazione a catena più efficace e distruggere il maggior numero possibile di sfere blu in un colpo. Il mio record personale è 45, risultato capitato a caso che non sono più riuscito a replicare. Un po’ come la musica che facevamo in quegli anni, in effetti.
Mongoloid he was a mongoloid Happier than you and me
Imperdibile: l’immortale Mongoloid dei Devo rifatta dal gruppo vocale tedesco Popchor. La premiata ditta Motherbaugh e Casale sarebbe sicuramente fiera di loro.
Cinque dubbi più o meno amletici
_Davvero a breve moriremo tutti (‘solo’ un 80%, in realtà)?
_Ma il tipo che doppia gli animali a Paperissima Sprint (quello del tormentone ‘Vicini Vicini’) come fa a guardarsi allo specchio la mattina? Cosa racconta ai suoi figli?
_Esiste al mondo un’altra radio (oltre a CittàFujiko, ovviamente) in cui per quindici sere il direttore sta ad uno stand della festa di Liberazione a cuocere arrosticini (anche mentre piove, con l’ombrello) e il DJ rock più noto della città serve ai tavoli?
_Ma quanto è bella Great Waves, frutto della collaborazione tra Cat Power e i Dirty Three che uscirà ad Ottobre nel nuovo disco del trio australiano?
_Ora che Scalfarotto pare avercela fatta, che percentuale prenderà alla primarie? Si accettano scommesse.
[per me non va sopra il 2%. Io però mi sa che lo voto.]
Mick Harvey said it best
Della variopinta marmaglia di musicisti che negli anni ha accompagnato Nick Cave, con il nome di Boys next door prima, di Birthday Party poi e di Bad Seeds alla fine e tuttora, il mio preferito è sempre stato Mick Harvey. Non una personalità superiore del calibro di Blixa Bargeld (già leader degli Einsturzende Neubauten), non l’istrionico e bravissimo violinista Warren Ellis (già nei Dirty Three), e neppure gli storici Barry Adamson, Hugo Race o Rowland S. Howard (che hanno poi abbandonato il cantautore australiano per intraprendere ottime carriere soliste); il mio preferito è sempre stato il tranquillo Mick Harvey, polistrumentista che non brilla per tecnica o personalità ma che, rimanendo per lo più nell’ombra, è l’unico ad accompagnare Cave fin dagli anni del liceo. Harvey è responsabile del suono che Cave ha avuto negli anni almeno quanto (se non di più di) Cave stesso, e c’è chi dice che senza di lui (che pure ha avuto anch’esso discreti problemi di droga), Nick Cave ci avrebbe lasciato le penne una quindicina di anni fa.
A differenza di quesi tutti gli altri Bad Seeds Mick Harvey non ha alcun progetto collaterale (era nei Crime and city solution, ma sembrano secoli fa), e si è sempre accontentato di dare piccoli apporti a dischi altrui, al più di produrli (Stories from the city, stories from the sea di PJ Harvey -no, non sono parenti-, il misconosciuto capolavoro Sex O’clock di Anita Lane) o al massimo di pubblicare qualche colonna sonora e un paio di (bei) dischi di cover di canzoni di Serge Gainsbourg. Dopo 25 anni di carriera, però, Harvey ha da poco pubblicato One man’s treasure il primo vero disco suo a tutti gli effetti, ancora in buona parte composto di cover (Lee Hazelwood, Tim Buckley, ovviamente Nick Cave) come da copione, ma con un’identità artistica originale e ben delineata. Si tratta di un disco di gran classe (anche se, va detto, non esattamente bellissimo), ‘classico’ nello stile e degli arrangiamenti, con molte buone canzoni e un paio di brani davvero belli.
Tra questi c’è Hank Williams said it best (che trovate qui), cover dell’artista country di Guy Clark, una specie di filastrocca di saggezza popolare che si incolla al cervello e non se ne va più. Sono indeciso se considerare il suo testo come un insieme di banalità o l’inno definitivo al relativismo; so solo che la canticchio da un mese senza poterci fare nulla. Di solito qualcosa vuol dire. Come Mick Harvey, questa volta, qualcosa vuol dire.
Doh Re Mi Fa Sol
Non che io sia riuscito a vederlo più di un paio di volte, vista l’ora, ma oggi come ogni autunno Futurama è stato interrotto per fare -di nuovo- spazio ai Simpson. Decidete voi se è una cosa da festeggiare o meno (per me no; Bender e soci mi fanno ormai ridere ben più di Homer e soci, che sono fondamentali ed epocali ma -non so come dire- un po’, ecco, vecchi). Intanto cuccatevi questo link che ho riesumato non so dove (ma l’avrò anche già postato?) con tutte (o quasi) le canzoni delle 16 serie del cartoon da scaricare. Sono più di 100, fate un po’ voi.
Che musica farebbe un cd se potesse suonare da solo?
Glitchtronica minimale, pare.
Dalle mie parti si dice che hai il raspino
«Rokr» è un verso che mi evoca concetti come tosse, catarro, raucedine, sciroppo. E invece. La musica nel cellulare sarebbe una rivoluzione?
[molto meglio il Nano, anche se a me evoca un’idea di fragilità difficile da scacciare. Come al solito ci si riempe la bocca con la parola rivoluzione, anche quando -come in questo caso- si continua a girare intorno alle solite vecchie (buone, certo) idee]
Dilemmi, per lo più musicali, del week-end
_Quanti pacchi è in grado di tirare una persona in 3 giorni?
_Stasera sul palco dell’Estragon Summer Festival ci sarà Greg Dulli? E sui 103.1 FM, Airbag ci sarà?
_Riuscirà il nostro eroe a imparare ad usare Adobe Première in 2 giorni?
_Gli Stars sono una di quelle band che su disco sono favolose e dal vivo niente di che?
_Mi verrà primo o poi la voglia di leggere il più brutto numero di Rumore a memoria d’uomo?
_Quanti altri gruppi oltre ai Bloc Party daranno ancora forfait all’Independent Days Festival prima di domenica? (via Il Boss)
_Dopo un’intera giornata di festival (alla fine sì, ci sarò), cosa sceglierò di fare domenica alle 10 e mezza? Andare a vedere i Subsonica? Tornare adolescente coi Bad Religion? O andarmene a casa a dormire?
_Ma, soprattutto: con che faccia troverò il coraggio e le energie per ricominciare una nuova settimana di mattanza lunedì?
Aaah, da quando Guia non scrive più
Tra i soggetti preferiti di questo blog, agli albori della sua storia, c’erano due argomenti che, negli anni, sono andati via via diradandosi: la pagina del sabato di Guia Soncini su Il Foglio e i tormentoni estivi. Sia l’una che gli altri, negli anni, hanno poi avuto un periodo un po’ sottotono, di alterne vicende ed alterna fortuna, e sono gradualmente quasi scomparsi da chiacchiere e cronache come anche dalla blogosfera. Ora Guia torna alla forma di una volta, e lo fa con un pezzo che proprio dalla cosa più simile a un tormentone estivo di questa stagione –Marmellata #25 di Cesare Cremonini- parte, per raccontare come al solito le deliranti vicende della Carrie Bradshaw nostrana. E lo so che la canzone ha un arrangiamento di una brutteza ai limiti del criminale e che la simpatia del suo autore è da sempre sotto il livello di guardia: eppure rimane una grande canzone. Io già lo pensavo da un po’; solo Guia, però, è in grado di spiegarlo così.
Inkiostro music video aggregator /Agosto
_ Sons & Daughters – Taste the last girl (Tasto destro, Salva con nome) Finalmente un video all’altezza del quartetto scozzese; niente di che in realtà (montaggio serrato, una giostra, la band che suona: cose così), ma il pezzo è tra i loro migliori di sempre, il video è ben fatto e chissà, magari potrebbe anche passare sulle tv musicali. E il giudizio non è influenzato (ok, lo è, ma solo un po’) dal fatto che il sottoscritto, dopo aver visto il set della band a Urbino, si sia irrimediabilmente innamorato della cantante Adele Bethel.
_Grand National – Drink to moving on (Tasto destro, Salva con nome) Da non confondere con i quasi omonimi The National, i Grand National sono stati tra le band più suonate ad Airbag la stagione scorsa. Suonano un indefinito mix di quasi ogni genere musicale (leggere un po’ di rencesioni in giro per la rete, e la quantità e diversità di riferimenti e definizioni usati; il nome che compare più spesso comunque è quello dei Blur), e lo fanno in modo dannatamente appiccicoso. Questo video, che racconta la tristissima storia degli uomini-Tetris, è un meraviglioso delirio che con me ovviamente sfonda una porta spalancata.
_Ok go – A million ways (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 1. Già lo sapete che il sottoscritto ha un clamoroso debole per i video con le coreografie; date un’occhiata al video e alla bravura della band e capirete quanto questo video possa mandarmi in estasi. Trattasi del primo singolo estratto dal nuovo disco -in uscita a giorni- della band power-pop di Chicago; musicalmente nulla di fondamentale, anche se avendo preso 2.6 su Pitchfork col disco vecchio mi stanno assai simpatici. (grazie a Giovanni)
_ Clor – Love & pain (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 2. All’orecchio non allenato i Clor possono sembrare non molto diversi dagli Ok Go, e all’orecchio allenato? Pure. E allora perchè Pitchfork assegna al loro debutto un sonoro 8.2 descrivendo la loro musica come «refreshingly buzzy thumping indie pop»? Ottima domanda. Quel che è certo è che, in effetti, i Clor sono più complessi di quanto sembra e fanno il loro lavoro in maniera egregia. Questo video è evidentemente fatto con due lire, e sfiora il grottesco in più di un punto. Eppure funziona.
_Franz Ferdinand – Do you want to (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 3. La parola d’ordine della band, stavolta, è sbracare. Niente più movimenti meccanici, riferimenti all’espressionismo tedesco e intellettualismo spinto anche nei video: stavolta il quartetto inglese si mette la giacca di pelle, va a fare casino a una festa e accenna persino dei passi di danza. Un passo falso o una lungimirante apertura a un pubblico nuovo?
_Depeche Mode – Precious (Draft version) (Link a Megaupload) Non capita spesso di poter dare un’occhiata al lavoro di un regista di videoclip prima che sia finito. In questo caso, però, qualcuno ha messo onlie il nuovo video dei Depeche Mode prima che fosse ultimato, e la carenza di fondali, le indicazioni scritte e le bozze di storyboard hanno un fascino che, probabilmente, il video completo non avrà. Anche perchè sia la canzone che il clip si fanno dimenticare abbastanza facilmente. (grazie a Fabio)
_The White Stripes – My Doorbell (Tasto destro, Salva con nome) In giro si nota che giusto in tempo per l’uscita del remake, Jack White si presenta in questo video ruffianello conciato come Willie Wonka e circondato di bambini. Verrebbe da dire che il nostro non abbia bisogno di mezzucci del genere, eppure la battuta d’arresto di Get behing me Satan rispetto ad Elefant -peraltro ampiamente pronosticata- è sotto gli occhi di tutti, e coi tempi che corrono tutto fa brodo. Il pezzo è il più orecchiabile del disco, e se non ci riesce questo a riportare l’attenzione dei media sul duo di Detroit, niente ci riuscirà.
_Dungen – Panda (Tasto destro, Salva con nome) La Psichedelia è morta, viva la psichedelia. Psichedelici la canzone e il video, e psichedelico il fatto che piaccia ai critici indiesnob che venerano questo misterioso collettivo di folk progressivo e psichedelico svedese come se fossero i Grateful Dead; infatti un po’ gli assomigliano. Un ritorno del progressive psichedelico? Che il Signore ci assista.
_LCD Soundsystem – Tribulations (Tasto destro, Salva con nome) Qualche tempo fa ero in una discoteca rock, e un tizio alle mie spalle ha detto, guardando in alto: «Guarda, la palla degli LCD Soundsystem!». E’ incredibile come in certi ambienti una cosa ‘vecchia’ e con un immaginario storico come la mirrorball sia ora come ora inesorabilmente associata a James Murhpy. Il quale, in questo video, gioca assai con la cosa, ed è impeccabile, ai confini della perfezione, come al solito.
_Sia – Breathe me (Tasto destro, Salva con nome) Un pezzo dell’anno scorso che, dopo essere stato usato nell’ultima puntata dell’ultima serie di Six Feet Under sta vivendo in giro per la rete una nuova giovinezza. Dalla ex cantante degli Zero7, un pezzo che qualche anno fa si sarebbe descritto come trip-hop, con un video classico in ormai canonico stop motion, realizzato attraverso l’utilizzo di più di 2500 polaroid.
_Xiu Xiu – Pox (Tasto destro, Salva con nome) Gli Xiu Xiu fanno le cosacce con le bambole, e inscenano un piccolo dramma domestico in versione lo-fi che si adatta alla perfezione al loro sound straziante. Che in questo caso, come capita di rado, riesce ad essere contemporanemente sia pop che avanguardia, finendo per assumere una potenza alla potenza che questo video amplifica ulteriormente.
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: Luglio, Giugno, 5, 4, 3, 2, 1]
Imbattersi in cose del genere ti rallegra la giornata
The top 10 most ridiculous Black Metal pics of all times e The other top 10 most ridiculous Black Metal pics of all times. Tonnellate e tonnellate di fondotinta bianco e matita nera, borchie a tronchi ,armi medievali manco fossimo nel museo di Gradara, teschi, acquile, invidiabili tutine di pelle buone giusto per un sexy shop, ossa, cuori e autoflagellazione, espressioni truci che non spaventano più neanche un bambino e -soprattutto- una drammatica carenza di autoironia. Morte al falso metallo.
Airbag (lato) passeggero
Mentre lo Sceriffo Costosa e il suo Degradare informati sbarca in edicola (lunga storia) e Bologna è popolata ancora solo da balle di fieno che rotolano e coguari che si cibano delle carogne degli incauti che osano avventurarsi nella città deserta, Airbag fa già le prove generali per la nuova stagione, che si preannuncia ricca di novità, champagne e cotillons. La metà già tornata in città (il socio AndreaNP è ancora disperso per la penisola) vi invita quindi a sintonizzarvi sulle usuali frequenze di Radio Città Fujiko (103.1 MHz in FM a Bologna o streaming nel resto del pianeta) alle usuali 21 per una puntata del non usuale Airbag (lato) passeggero, che vedrà come ospiti il prode Aurelio ‘Paso’ Pasini de Il Mucchio e la compagna di merende Ele. Niente scalette, Airbagrafie e pretese di alcun genere (come se di solito ne avessimo), stavolta solo chiacchiere a ruota e musica. Accorrete numerosi e intervenite in diretta negli usuali metodi. E ricordate che Radio Città Fujiko l’ascolta pure Dainel Johnston.
Super Size me (ma un po’ sempre la solita roba)
Ho comprato XL, il magazine mensile nato sulle ceneri di Musica in edicola da oggi insieme a La Repubblica (con un euro in più; ma dal prossimo mese saranno due).
Primo sguardo. Carta patinata, formato gigante, Johnny Depp in copertina: è Rolling Stone.
Secondo sguardo. Rubriche scritte da celebrità varie ed eventuali (Vasco Rossi, Lucarelli, il Trio Medusa e parecchi altri; vedendone alcune come al solito verrebbe da pensare «a ciascuno il suo mestiere»), foto enormi, tanta pubblicità che sembra di avere in mano Io Donna, articoli di moda (anzi, di Stile): è Rolling Stone.
Terzo sguardo. Però, wow, ci scrive De Luca (è Rolling Stone!), c’è pure la Siri che parla, te guarda, di Pete Doherty e Kate Moss (bastaaa!), c’è addirittura un fumetto di 4 pagine di Daniel Clowes; mica male. E sfogliandolo non si può non notare quanto sia accattivante e ben fatto; più di Rolling Stone, probabilmente. Epperò per quanto possa anche essere piacevole, alla fine, XL è un po’ sempre la solita roba, già vista e rivista. Suppongo fosse folle aspettarsi qualcosa di nuovo proprio dal magazine gggiovane del secondo (o primo?) gruppo editoriale italiano; eppure, se non posso permettersi di farlo loro, chi può permetterselo?
Se i soldi non fossero un fattore rilevante
Pitchfork sarà anche la webzine più antipatica del pianeta, ma quando il suo staff ci si mette è davvero tra i migliori a fotografare lo zeitgeist musicale, indipendente e non. L’articolo The Chumbawamba factor parte dall’intervista a Big Champagne -società specializzata nell’internet survey e, in particolare, nello stilare in modi più o meno fantasiosi la classifica delle canzoni più scaricate della rete- per dipingere un lucidissimo ritratto della situazione attuale e delle possibili evoluzioni del mercato discografico. Se si accettano le premesse di Big Champagne, studiando i flussi e le configurazioni seguite dal peer to peer e dal download legale è davvero possibile «assistere a quello che gli ascoltatori farebbero con la loro musica se i soldi non fossero un fattore rilevante». Bellissimo a dirsi, comodo a viversi (troppo?) ma più complicato di quanto sembra come fenomeno da valutare. Le conseguenze sono affascinanti e al contempo terrorizzanti: le library navigabili, gli audioscrobbler, i blog e i myspace creano geografie complesse di ascolto che tanto arricchiscono la personalità, le conoscenze e il gusto di chi entusiasticamente ne fa uso quanto sono rivelatrici di preziosissimi dettagli personali. In parole povere, per le ricerche di marketing sono una miniera d’oro di informazioni a costo zero. Inevitabile evoluzione della specie o Grande Fratello delle hit a tavolino anche nel mondo della musica indipendente? Per la risposta è ancora troppo presto. Chi è pronto da tempo a profetizzare la fine dell’industria discografica as we know it, però, potrebbe ahimè essere costretto a fare un passo indietro.
Inkiostro – Palinsesto estivo
Io e le canzoni
Io, le canzoni, le consumo.
Le spremo fino all’ultimo grammo, ne divoro anche i più microscopici lembi, le ingollo fino all’ultimo goccia. A volte ci affondo le mani, le faccio traboccare e metà finisce per terra, altre volte ne assaporo ogni particella come fosse la cosa più preziosa del mondo, e raschio il fondo con un cucchiaio per non perderne neanche un frammento. Io passo alzato con le canzoni tutta la notte, come per sapere come vanno a finire. Scrivo negli spazi vuoti, strappo le pagine e le regalo in giro, a volte pure a degli sconosciuti, quasi sempre a persone che non le apprezzeranno, quasi sempre a persone che non me le restituiranno. Con le canzoni, io ci tappezzo tutta la stanza, le proietto nel cielo, ci cammino su, spesso le cavalco, alcune volte ci volo persino sopra, e guardo dall’alto tutti quei puntini sotto di me, che vanno ancora a piedi. E tutto sembra perfetto da lontano, come canta Ben Gibbard. Io con le canzoni ci faccio l’amore, mi unisco a loro nell’intimo e poi me ne allontano spaventato; ci discuto, ci esco a fare una passeggiata e ci passo le serate a guardare il soffitto. A volte non ci capiamo, litighiamo, finisco per odiarle e per abbandonarle, e spesso ne vengo abbandonato a mia volta.
Di solito, non ci rimane più niente, quando ho finito. Di solito rimangono gusci vuoti, senza neanche una briciola da cercare, o una grammo di polpa su cui accanirsi. E lo scheletro nudo e vuoto fa quasi senso, sembra una di quelle case sventrate in cui vedi la struttura portante senza che dentro ci sia più vita. Ma non le butto via, le canzoni, sono troppo sentimentale. Le conservo come si conservano le scatole di scarpe, che tornano sempre utili, e ogni tanto le tiri fuori e le riempi di nuovo, oppure come i vecchi giornali, tutti in fila in una teca a ricordarti le cose che sono passate, oppure come i vestiti dismessi, da regalare, quando verrà il momento, a qualche cuginetto più piccolo. Oppure, più appropriatamente, come i denti persi da bambino o i capelli tagliati. A ricordarti di cosa sei fatto.
[link originale – 14 maggio 2004]
Che la nuova stagione abbia inizio
Se è vero che da queste parti niente finisce mai veramente, dev’essere vero anche che niente comincia mai veramente (anche se nessuno può provarlo, come nota Tom Barman). Eppure.
Eppure: dopo una breve pausa estiva, sabato scorso con l’inzuppatissima penultima tappa del Tora Tora al Mamamia di Senigallia ha avuto inizio la nuova stagione concertistica emiliano-adriatica. E dopo i set carichissimi di Paolo Benvegnù, Yuppie Flu, Perturbazione e il signor concerto degli Afterhours (il resto delle band me lo sono perso, ahimè), si preannuncia come una grande stagione. Anche perchè se Agosto è il mese più freddo dell’anno (e a giudicare da come sta andando, siamo lì), l’Autunno non può che essere meglio.
Sono appunto i Perturbazione, insieme ai Disco Drive e ai padroni di casa, gli ospiti di onore della serata organizzata dagli Offlaga Disco Pax alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia mercoledì 24/08; per tutte e tre le band sto cercando di battere il record di date viste in un anno, e segnare tre tacche con un colpo solo è un’occasione da non perdere. Un paio di giorni (il 26/08) dopo sarà Vicolo Bolognetti a sparare le ultime cartucce prima della chiusura, con l’atteso concerto dei Valentina Dorme. Prima della data successiva (il 2/09), quando al quadriportico suoneranno i modenesi Les Fauves reduci da Benicassim (la scorsa volta mi hanno fatto una bella impressione), sarà cominciata pure qua la Festa dell’Unità, che nel consueto spazio dell’Estragon Summer Festival proporrà gli Afterhours (il 2, appunto), e avrà già proposto tra gli altri Quintorigo (il 25), PGR (il 27), Assalti Frontali (il 29) e Marta sui tubi (il 30). Sempre alla Festa dell’Unità il 3 sarà la volta degli autori di uno dei dischi dell’anno, i canadesi Stars, che supporteranno i connazionali Hot Hot Heat, per una data assolutamente da non perdere. Il giorno seguente ci sarà l’Independent Days Festival, ma a meno di inattese regalìe o sconvolgimenti dell’ultimo minuto, non credo che ci sarò; ok che vedere tutti lo stesso giorno i Bloc party, Maximo park, Futureheads, Ordinary boys, Bravery ed Editors rischia di essere un’esperienza non da poco (e di svelare in modo ancor più impietoso chi ci è e chi ci fa), ma dover sganciare una trentina di euro, slalomare tra le probabilissime sovrapposizioni tra i due palchi ed essere costretti a beccarsi Skin, Meganoidi, Subsonica o Bad religion (ah! i miei 15 anni..) non è proprio il massimo. Poco distante peraltro in quei giorni ci sarà il Pop-Gradara; peccato perderselo.
Il resto del mese propone l’unica trasferta senza se e senza ma, per i Wilco il 6 Settembre al MazdaPalace di Milano; si farà in tempo a tornare per beccare il 7 Pedro the lion (+ Mersenne) alla solita Festa dell’Unità. A metà mese ci sarà il classico appuntamento con l’Anti-MtvDay, all’XM24; l’appuntamento quest’anno raddoppia, presentando una prima serata (il 16) dedicata ad elettronica e hip-hop e la seconda serata alla classica pletora di pesissime band hardcore (dai nomi -come al solito a me quasi tutti ignoti- mi sembra un po’ un’edizione sottotono; ma probabilmente sbaglio). A fine mese ennesima data degli Offlaga Disco Pax, il 30 all’Estragon; dev’essere la quinta in meno di un anno. La stessa serata al Link c’è Original Silence, ignoto e probabilmente inascoltabile progetto sperimentale dietro cui si nascondono Thurston Moore e Jim O’ Rourke dei Sonic Youth, Terrie dei monolitici The Ex, Massimo Pupillo degli Zu e un paio di jazzisti norvegesi.
E arriviamo ad Ottobre; la riapertura del Covo è prevista per l’inizio del mese, e per quella data si parla della presenza di una band scandinava che il sottoscritto ha già visto due volte negli ultimi due mesi ma che, diamine, vale sempre la pena di essere vista. L’8 ottobre ci saranno gli Spoon, e negli stessi giorni in Italia c’è in giro Stephen Malkmus, la cui vociferata data di Bologna non pare però essere confermata (sigh). Il resto del mese presenta almeno un evento irrinunciabile (gli Stereo Total il 15) e vari nomi interessanti: i Kaiser Chiefs il 12 (al Velvet di Rimini), i Teenage Fanclub il 20, Brendan Benson il 29. Si parla pure di date da queste parti di Smog, Animal collective, Art brut e -pare- del ritorno degli amatissimi Broken Social Scene.
Nello stesso periodo in zona ci saranno anche parecchi nomi da palazzetto: la costosissima unica data italiana dei White Stripes (il 21 /10), Bob Dylan (il 10/11) e i Coldplay (il 15/11). Per chiudere in bellezza l’evento sarà riavere in Italia dopo 5 o 6 anni e un paio di pacchi dall’ultima volta i dEUS, il 26/11 al Velvet di Rimini, per intornare insieme a loro Nothing really ends. Perchè, a quel punto, saremo di nuovo vicini alla fine della stagione; e ne avremo bisogno.