10. Built to spill – You in reverse (Warner)
Doug Martsch è un genio che non ama stare in prima fila. I suoi Built to Spill sono in giro da un quindici anni e su major da dieci, e nonostante siano tra le più valide e influenti band indie-rock di tutti i tempi non si sono mai neanche avvicinati alla fama di gruppi che -dichiaratamente- gli devono quasi tutto come Modest Mouse o Death Cab for Cutie. You in reverse è arrivato dopo cinque anni di silenzio, e a pochi mesi di distanza sembra non aver lasciato traccia. Sembra.
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Built to spill – Conventional wisdom (single version) (MP3)
Built to spill – Goin’ against your mind (MP3)
9. Mersenne – Stolen dresses (Urtovox)
Nell’armadio ho ancora la t-shirt bianca e nocciola che mettevo sempre al liceo. Anche se mi piace un sacco non la metto spesso; e non tanto perchè mi immalinconisca ricordare quegli anni noiosi, insopportabili ed esaltanti. E’ che mi ci sento a disagio, come se fosse rubata, come se appartenesse a una persona diversa, una persona che forse non sono mai stato ma che indubbiamente mi sarebbe piaciuto essere. L’esordio dei Mersenne è appunto questo: il ritratto di come mi sarebbe piaciuto essere, ma che non sono diventato.
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Mersenne – There’s a place (MP3)
Mersenne – Clerks (MP3)
8. Midlake – The trials of Van Occupanther (Bella Union)
Sostenuti da un paio di singoli fenomenali e beniamini di molti tra i blog più seguiti dal sottoscritto, i Midlake sono contemporaneamente tra le band più miracolate dall’hype da m-blog e tra le vittime più illustri dello scollamento tra attese e realtà. Ottimo esempio di musica senza tempo che rischia di fare presto il suo tempo, Van Occupanther otto mesi fa sarebbe stato in cima a questa lista, mentre ora non va oltre il paio di singoli fenomenali di cui sopra, ed è qui più per memoria (e forse anche monito) che altro. Quei due singoli, però.
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Midlake – Head Home (MP3)
Midlake – Roscoe (MP3)
7. The Pipettes – We are the pipettes (Memphis Industries)
Non le sopportavo, oh se non le sopportavo: il pop diabetico che fa sha-la-la normalmente non fa per me, e il manierismo a pois filologicamente cialtrone del trio di Brighton all’inizio mi faceva venire l’orticaria. Poi, dal nulla, ho cambiato idea. Per gli stessi motivi per cui sono insopportabili, le Pipettes sono una grande band, e per gli stessi motivi per cui è un’opera assolutamente trascurabile, We are the Pipettes è un grande disco. Cosa sarebbe stata la mia Estate senza di loro? E cosa sarebbe il pop senza dischi del genere?
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The Pipettes – ABC (MP3)
The Pipettes – Pull shapes (MP3)
6. MiceCars – I’m the creature (Homesleep)
L’abbiamo aspettato per anni, e sembrava che non dovesse arrivare mai. Prima ammirati per quanto i demo lasciavano intendere, poi curiosi per quello che avrebbero potuto fare in uno studio vero, quindi timorosi per la paura di venire delusi, a un certo punto persino scettici che la creatura, una volta arrivata, sarebbe stata all’altezza delle aspettative. E adesso eccoci qua: raro imbattersi in una tavolozza tanto varia e ispirata di indie-rock da manuale, soprattutto nello stivale. A volte vale la pena di attendere.
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MiceCars – Heretical (MP3)
MiceCars – Americans (MP3)
5. The Long Blondes – Someone to drive you home (Rough Trade)
Una band dalle molte facce, un sound dalle molte anime, un disco da cui c’è solo da imparare. New wave, pop, indie, rock in percentuali variabili ma difficilmente identificabili. Testi per nulla stupidi che si fanno però canticchiare come poche altre cose quest’anno. Uno stile distintivo tanto glamorous da lasciare secchi ma tanto british da non riuscire ad essere antipatico. Una front-woman parte Debbie Harry parte Gwen Stefani, parte casalinga disperata parte femme fatale, parte adorabile svampita parte consumata professionista. Stato dell’arte.
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The Long Blondes – Once and never again (MP3)
The Long Blondes – Separated by Motorways (MP3)
4. Cansei de ser sexy – s/t (Sub Pop)
Alzi la mano chi non li ha subito liquidati come carini e niente di più e si è affrettato a passare a qualcosa di più intellettualmente o artisticamente rilevante. Alzi la mano chi è riuscito a togliere il loro disco dal lettore nel corso della bella stagione. Alzi la mano chi ha sentito un disco più sincero e cazzone quest’anno, e chi riesce a stare fermo quando l’ascolta. Alzi la mano chi non vuole divertirsi.
Per tutti gli altri: alzate le mani, c’è da ballare.
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Cansei de ser sexy – Alala (MP3)
Cansei de ser sexy – Meeting Paris Hilton (MP3)
3. Hot Chip – The Warning (DFA)
Chi ha detto che le nuove leve di casa DFA sono stati gli LCD Soundsystem del 2006 dev’essere un po’ distratto. Manca il filosofare scavezzacollo di James Murphy e ogni pretesa generazionale, manca il punk-funk in favore di certo indie schoolyard electro-pop, manca la potenza in favore della finezza, e proprio per questo il quintetto inglese ha forse colpito addirittura più a fondo. Perchè si balla e si gioca, ma ogni tanto ci si ferma e si lascia il repeat sulla delizia per xylofono e pattern che dà il titolo al disco. Ogni tanto ci si perde, ed è quello il bello.
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Hot Chip – The Warning (MP3)
Hot Chip – No fit state (MP3)
2. +/- (Plus / Minus) – Let’s build a fire (Absolutely Kosher)
Geometrico e finemente intagliato, ma anche esplosivo, trascinante e dannatamente radiofonico. Obliquo e laterale ma anche piano e diretto. Emergente e proto-cool ma anche d’esperienza e col fascino di chi presumibilmente non sfonderà mai. Fatto di chiaroscuri ma anche luminoso come solo i grandi dischi sanno essere: in una parola, un grande disco pop. La mia folgorazione di fine 2006 non lascia il lettore da mesi. Allarme rosso, incendio in arrivo.
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+ / – (Plus / Minus) – Steal the blueprints (MP3)
+ / – (Plus / Minus) – One day you’ll be there (MP3)
1. The Knife – Silent shout (Rabid)
I The Knife vengono dalla Svezia ma sembrano venire da Marte. Hanno l’ipersensibilità glaciale ma buia che avrebbero i Mùm se dovessero fare la colonna sonora di un film horror. Hanno certi synth spaziali e palpitanti che fanno pensare a dei Kraftwerk innamorati. Hanno voci e suoni alieni come i Radiohead di Kid A che rimangono affascinati dagli occhi a mandorla di Bjork, o viceversa. Suonano un’elettronica cupa e atmosferica, ossimoricamente glaciale ma calda, complessa ed estremamente affascinante, tutt’altro che furba nel rifiutare di sana pianta qualunque tentazione vagamente attuale per seguire la strada perigliosa dell’involuzione e del ripiegamento su di sè. Disco dell’anno, e basta.
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The Knife – Silent shout (MP3)
The Knife – Like a pen (MP3)