suoni

lunedì, 27 07 2009

Pronta per il pavimento

Difficile immaginare un personaggio musicale più inutile e insulso di Lissy Trullie. Aspirante rocker senza nulla da dire ma con un notevole stacco di coscia, la frangettata e un po’ androgina scenester newyorkese insegue disperatamente un hype che non merita, come era impossibile non notare al South By Southwest di Austin lo scorso Marzo (qui breve parere e 4 foto).

 

Nella corsa alla ricerca dell’attenzione inevitabile il momento della cover, che tanta fortuna porta a chi partecipa al gioco con stile e cervello ma che può svelare nel modo più patetico e impietoso la scarsità di idee e l’assenza di personalità. Lissy Trullie ci prova con Ready for the floor degli Hot Chip, mega hit da ballo che viene trasformata in sofferto e un po’ finto pezzo rock con video curatissimo quasi esclusivamente composto di pose. Vedete voi se ci siamo oppure no. Io, come avete capito, un’idea piuttosto chiara me la sono fatta..

 

giovedì, 23 07 2009

Professione Vacanze

Bentornati al magico mondo della crisi’n’musica! Se avete passato un Natale di apprensione al suono di Cassa Disintegrata e avete tagliato il vostro monte ferie con Settimo Cielo, adesso siete pronti per qualcosa di serio. Quando devi fare cassa (e non parlo di legna), ogni taglio è buono. Progetti innovativi, sedi decentrate e tutta una serie di parole orribili come ‘nuovi paradigmi’ sono un buon lusso quando l’azienda va bene e magari c’è un qualche progettone capisci’a’mme a sostenerli. In momenti come questi, tutto torna al centro e se sei fortunato (e non sei proprio schiavizzato come i poveri ragazzi di MTV) vieni riassorbito negli headquarters a testimoniare dal vivo i contratti a tempo determinato non rinnovati, a passare le mattinate in cassa integrazione e a rincorrerere le voci incontrollate sull’autunno. Non c’è visibilità però e allora resta il qui e ora, nove giorni di lavoro in un mese e sabato le ferie che iniziano, lunghissime (tre di chiusura sede più una fortemente consigliata).

Uno degli ultimi bagni a mare prima di salutare la Puglia è stato a Cala Corvino. A Torino la gente fa la fila alla domenica per le piscine all’aperto o se ne va nelle valli a camminare per ore. Io non lo farò mai. Durante queste mattine libere ho avuto un umore che definire escapista è poco. Quando mi sono accorto che Professione Vacanze stava prendendo la piega di un Rohmer meets Acid House, tra una Xena crocifissa con Olimpia e tutti quegli anziani che ballano le canzoni di una volta e mangiano la pasta sulla tovaglia di carta, il remix vanziniano del singolo dei Gossip ha cercato di scuotermi. È stato solo un attimo però ed avevo già gli occhi sbarrati davanti al nuoto sincronizzato. Queste vacanze saranno lunghissime*.

Professione Vacanze [mirrors] – maxcar

Sunshine – John Talabot [Hivern Disc]
Keep Me In My Plane (DJ Koze remix) – Who Made Who [Gomma Records]
Come Home (Andrew Weatherall mix) – James [Fontana/Phonogram]
Reckoner (Rollmottle’s Pacifica remix) – Radiohead [Sentrall Records]
Shove – Sven Weisemann [Artless]
Barefoot Through Hell – Chelonis R. Jones [Systematic]
Heavy Cross (Fred Falke remix) – The Gossip [Columbia]
Beach Buggy – Tiger Stripes [Urbantorque Recordings]

maxcar presents Underwater Love (del nuoto sincronizzato)
Moth – Burial & Four Tet [Text Records] vs
Amo Alucinor – Jesse Somfay [Archipel] vs
Oh Reality – Richard Youngs [Sonic Oyster Records] vs
Porc #2 – Moderat [BPitch Control]

Sky And Sand – Paul & Fritz Kalkbrenner [BPitch Control]

[Contiene tracce dei Drops]

Professione Vacanze [mirrors] – maxcar

*Ovviamente avevamo preso dei biglietti per la Turchia con Myair.

giovedì, 23 07 2009

Una specie di piccolo nastrone per niente estivo

Li avrete già sentiti tutti. Di questi tempi dopo 3 giorni un MP3 già è vecchio, soprattutto se è passato per le pagine di Pitchfork, Stereogum e degli altri due o tre M-blog pigliatutto che masticano singoli, pezzi nuovi e rarità con una velocità che fino a qualche anno fa (o addirittura mese fa) era inimmaginabile. Il gioco delle anteprime investe il processo di una patina di ufficialità, quello di twitter, dei tumblr, degli account su facebook funziona da ripetitore istantaneo e mai pago, che ogni giorno cerca di accontentare la fame di novità insaziabile del piccolo consumatore musicale dell’era digitale che ormai è in ciascuno di noi.

 

Sembra solo a me o le cose continuano a farsi sempre più veloci? E’ solo un’impressione mia o lo scollamento tra questo mondo e i ritmi sani della reatà si allarga sempre di più? Stiamo venendo inesorabilmente sorpassati da una velocità che non ci è propria o ci stiamo solo stufando? Quanto ci metterà ad arrivare il punto di non ritorno, e cosa ci sarà dopo?

Io non ho neanche mezza risposta. Però ho degli MP3, di quelli buoni.

In generale, preferisco gli MP3. Li salvo sul desktop, cerco di spostarli solo quando non ci stanno più, me li copio sul lettore e mi costringo ad ascoltarli più volte. Questi sono quelli (tutti recenti, tutti già vecchi) che ascolto di più ultimamente.

 

 

 

Why? – This Blackest Purse (MP3)

Le ballad di Yoni Wolf e della sua band sono sempre devastanti (ricordate Gemini, sul suo esodio solista?); scelta forse audace per presentare il nuovo disco, ma azzeccatissima. Ora non ci resta che sperare che il disco sia tutto così.

 

Modest Mouse – The Whale Song (MP3)

Tre sette pollici con dentro alcuni dei migliori pezzi mai scritti da Isaac Brock e soci e un paio di rarità raccolti nell’imminente EP No one’s first and you’re next sono un goal a porta vuota. La canzone dell’orca non avrebbe sfigurato, per tema e qualità, nell’ultimo We were dead before the ship even sank. Anche senza Johnny Marr, una band in splendida forma.

 

The National – The Runaway (live on Q TV) (MP3)

La perfezione (video, testo). Se tutto il nuovo disco sarà così non ce n’è davvero per nessuno.

 

Atlas Sound feat. Panda Bear – Walkabout (MP3)

Non sono un fan delle produzioni di Bradford Cox sotto il nome Atlas Sound (lo preferisco decisamente in veste Deerhunter), e non riesco ad arrivare in fondo a un disco di Panda Bear (però l’ultimo Animal Collective mi piace parecchio), ma forse è solo perchè non mi ci sono mai messo con il dovuto impegno. Probabilmente potrei partire da questo gioiellino di pop wilsoniano, che mi piace assai.

 

Thom Yorke – All for the best (Miracle Legion cover) (MP3)

Non so molto di Mark Mulcahy e dei suoi Miracle Legion, ma a giudicare dalla line-up messa in piedi per il benefit in suo favore forse dovrei documentarmi. Non ho idea di come suoni l’originale, ma il pezzo intepretato da Mr. Radiohead pare uscito da The Eraser. Anzi, forse è pure meglio.

 

Kings of Convenience – The Boat Behind (radio rip) (MP3)

Ed ecco il secondo brano di Declaration of Dependance, il terzo disco in studio del duo norvegese (tracklist), già in scaletta nei live da qualche anno. Singolo per il mercato interno, funziona a meraviglia. L’attesa fino a Ottobre sarà lunga.

 

Wilco – One wing (MP3)

Wilco (The Album) non mi ha travolto, ma spero sia solo una questione di tempo (anche se ho paura di no). Nel mentre mi fisso col repeat su un paio di pezzi, tra cui questa sontuosa e classicissima One Wing. Al resto ci pensiamo dopo, in attesa delle date italiane di Novembre.

 

Phoenix – Playground love (live – Air Cover) (MP3)

Un minuto e quarantuno secondi di pura bellezza. Repeat compulsivo e obbligato.

 

mercoledì, 22 07 2009

DJ da salotto

Oppure DJ da ufficio, con Ron Winter’s Drum Set.

Alzate il volume, cominciate a spingere i tasti della vostra tastiera e, come suggerisce Best Week Ever, il licenziamento è assicurato!

 

martedì, 21 07 2009

Weezer a 8 bit

Non so da quanto tempo sia in giro, ma io l’ho scoperto ieri sera e, benchè sia il secondo post sui Weezer in una settimana, è impossibile trattenersi: Weezer – The 8-bit Album è il tributo di micromusic dedicato alla band si Rivers Cuomo e soci. Liberamente scaricabile dal sito della netlabel Pterodactyl Squad, è esattamente quello che sembra: una compilation di pezzi più belli dei Weezer interamente risuonati attraverso gameboy, commodore 64, tastierine Casio e altri aggeggi a 8 bit.

In parole povere, la nostra infanzia brufolosa che incrocia l’adolescenza meno inquieta e le due che se ne vanno insieme a braccetto e si commuovono per il ricordo dei lunghi pomeriggi passati a studiare ascoltando il Blue Album e giocando a Super Mario Land. Che meraviglia.

 

 

Nordloef – Buddy Holly (MP3)

Bit Shifter – The world has turned and left me here (MP3)

Videogame Orchestra – Island in the sun (Belmont’s revisal) (MP3)

 

 

 

Pterodactyl Squad – Weezer – The 8-bit album (ZIP – full album)

 

 

venerdì, 17 07 2009

Kings of the Cold

Erlend e Eirik sono tornati!

Ecco Mrs. Cold il nuovo singolo dei Kings of Convenience, in rotazione da oggi su tutte le radio, e che anticipa il nuovo disco in uscita a inizio Ottobre. Al momento non pare ci siano ancora copie in giro per il web, quindi questa è una super anteprima.

(come al solito un enorme grazie a Paola)

 

Kings of Convenience – Mrs. Cold (radio rip) (MP3) (ALT)

 

 

giovedì, 16 07 2009

Wave goodbye

di

Mi si chiede di spezzare questa breve catena di cover orribili con della buona musica, e puntualmente procedo.
Ieri sera i Nine Inch Nails passavano da Londra per il loro tour di presunto addio in compagnia dei leggendari Jane’s Addiction.
Lasciamo da parte Farrell e soci che meriterebbero un post a parte (è criminale che gente così stia tanto tempo lontana da un palco), e concentriamoci sul fatto che il Trent Reznor in quest’ultimo tour ha infilato fissa in scaletta la sua cover di Metal di Gary Numan, uno dei suoi chiari padri ispiratori.
Essendo che ieri appunto era in zona, ha pensato bene di far salire sul palco il signor Numan in persona.
Il quale finché c’era, oltre che a Metal (dopo una commovente introduzione) ci ha ovviamente regalato Cars:

Bon, situazione raddrizzata, riprendiamo con il corso normale della programmazione.

giovedì, 16 07 2009

Twitparade

(vignetta via)

 

Sono iscritto a Twitter quasi dagli inizi e lo uso regolarmente (ma moderatamente), eppure non avrei mai immaginato che il social network cinguettante sarebbe diventato il fenomeno che è diventato, arrivando a impensierire la corazzata Facebook e a prefigurare una rivoluzione nel web basata su brevità e real-time. Continuo a non essere sicuro che gli scenari siano così rosei e che questa sia davvero una rivoluzione («moda» sarebbe forse il termine più adatto) ma in effetti è interessante notare come sta cambiando mese dopo mese la percezione del servizio da fuori (da leggere in merito il post di Kottke In defense of twitter e i suoi link), e di come praticamente ogni giorno escano fuori nuovi servizi che mirano a sfruttarne appieno le potenzialità o a utilizzarne in modi impensati la banca dati.

 

Ieri è stata la volta delle Popular Songs on Twitter di Hype Machine, con cui l’aggregatore degli MP3 Blog mira ad allargarsi e a monitorare anche Twitter. Non sono sicuro mi convinca appieno il coefficiente usato per calcolare la classifica delle canzoni più popolari (il Twitter score, la cui formula è spiegata in dettaglio qua), ma la posizione è un dato che, in un mondo governato dalla coda lunga, non ha questa grande importanza. E se, come credo, il filtro dei link andrà a raffinarsi nel corso dei mesi e sarà in grado di raccogliere menzioni e link di diverso tenore e formato, si farà un altro passettino avanti per capire di cosa parla la grande conversazione digitale. E, soprattutto, cosa ascolta.

 

mercoledì, 15 07 2009

The Kidz don’t look just like Buddy Holly

Più brutta di entrambe le canzoni originali, nonchè dei grandi classici dei Weezer e forse pure delle ultime, discutibili, produzioni, la versione di Kidz (MGMT) incrociata con Poker Face (Lady Gaga) diffusa nei giorni scorsi in alta qualità dai Weezer (mesi ne fa girava un orrido video a qualità fetida) è un’indicazione precisa della nicchia di mercato in cui Rivers Cuomo e soci si sono andati a smarrire.
Troppo di successo per essere ancora i nerd di una volta, troppo vecchi per dettare le mode invece di inseguirle, troppo fuori dai giri per scegliere canzoni minimamente cool (queste sono già istituzione) e troppo goffi per sfornarne comunque una versione degna di nota, i Weezer con questa operazione fanno quasi tenerezza, e viene voglia di dargli una pacca fraterna sulla spalla per dirgli che è tutto a posto, gli vogliamo bene comunque. Ma che ormai abbiamo tutti una certa età, quindi basta cercare di fare i ragazzini e le rockstar, ok?

[via]

 

mercoledì, 08 07 2009

They DID remix

Il did remix contest è finalmente giunto al termine! E come promesso… ecco la compilation dei vincitori della competizione della competizione che abbiamo lanciato un mese fa! I partecipanti sono stati numerosi e, come speravamo, provenienti da tutta europa, già noti o meno, ma soprattutto con la voglia di dare una personale versione di Time for Shopping. La scelta è stata davvero difficile e sofferta.. che fatica selezionare i sette migliori!! E siamo ancora convinti che l’esclusione sia tutt’altro che una stroncatura… abbiamo pensato di cambiare regole, ma ci sembrava ingiusto anche se più facile per noi. Crimeax, Testarossa, Tempelhof, Frost dj sexx sono solo alcuni, ma rappresentano il panorama degli artisti che ha partecipato. L’idea che ci ha guidato: stile e groove! Speriamo che vi piaccia… basta con le chiacchiere: SCARICATE!!

 

Did – Time for shopping remix EP (ZIP – 7 MP3)

 

 

Come annunciano qua sopra i ragazzi di Foolica Records, il remix contest di Time for shopping dei Did è giunto al termine, e questo è uno de blog da cui potete tutti scaricarne e ascoltarne i frutti. Dopo un paio di ascolti il mio remix preferito è probabilmente quello dei calabresi Shirt VS T-shirt, ma devo dire che anche gli altri sono molto notevoli (e al di sopra delle aspettative). Ora non rimane che la prova del dancefloor…

 

Did – Time for shopping (Shirt VS T-shirt remix) (MP3)

 

 

martedì, 07 07 2009

Lampi e tuoni

Il nuovo singolo degli Arctic Monkeys. It’s a blast!

 

 

Arctic Monkeys – Crying lightning (MP3)

 

venerdì, 03 07 2009

Cassette e 7 pollici

Durante i primi anni dell’università non amavo molto l’indiepop. Ero in grado di ascoltare un po’ di tutto (dai Portishead ai Tool, dai Pixies a Nick Drake, dagli Smiths agli Enturzende Neubauten), ma voci gentili, xilofoni, hand-clapping e iper-sensibilimso mi dicevano poco.

Con gli anni mi sono ammorbidito (sarà l’età, sarà l’ubiquità che il genere ha raggiunto), ma anche oggi rimango un consumatore abbastanza moderato di questo tipo di suoni, poco incline all’entusiasmo infantile che tipicamente lo contraddistingue e tendenzialmente scettico verso le produzioni in serie delle etichette portabandiera del fenomeno.

 

Ed è forse proprio a causa di questo scetticismo che quando mi innamoro di una canzone indiepop, me ne innamoro davvero. Che è quello che è successo con Compilation Cassette, uno dei brani contenuti in Pram Town, l’ultimo disco pubblicato da Darren Hayman. Già noto come leader dei seminali Hefner (una band che, per i motivi suddetti, quando esisteva ho bucato completamente) in cui militava insieme all’amico fraterno ma litigiosissimo bandmate Antony Harding (meglio noto come Ant) Darren Hayman ha pubblicato mesi fa Pram Town, onesto e ambizioso opus indie-pop con canzoni che paiono piccole piccole ma che nascondono velleità da concept album. Del pezzo che mi ha folgorato c’è ben poco da dire (come per quasi tutti i grandi brani pop), se non che racconta di un colpo di fulmine da film e del mixtape fatto in casa che gli fà da colonna sonora. Riuscite ad immaginare un clichè più trito? Ma anche: quanto paghereste per ritrovarvi nella stessa situazione?

 

A dare man forte a Hayman su Compilation Cassette c’è il suo ex socio Ant, quasi un antipasto per il vinile 7 pollici appena pubblicato dalla nostrana Black*Kitten Records della Ele e del Paso, che ha come protagonisti su un lato Darren Hayman e sull’altro proprio il grande amico e rivale Antony Harding, per una doppietta che vede i nostri cantare l’uno sul pezzo dell’altro (piccola anteprima su Myspace, acquisto online oppure, se siete in zona, al Bologna cornershop).

La band sarà sciolta da anni e senza alcuna possibilità di riformarsi, ma il binomio Hayman/Harding funziona ancora a meraviglia. Ascoltare per credere.

 

 

Darren Hayman – Compilation Cassette (MP3)

 

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martedì, 30 06 2009

When I said I wanted to be your swine

Come annuncia lui stesso sul suo diario (nella entry con data 27 giugno), nel corso del tour sudamericano Jens Lekman si è preso l’influenza suina.

(via)

I picked home one last souvenir from South America, it’s called the H1N1 virus. Wrongfully known as the Swineflue.

I was crossing the Atlantic when things started getting really bad, the fever was hallucinogenic and shaking me like a leaf and I grabbed the sleeve of the Air France steward. "I’m not feeling well, I should see a doctor" I said and the reply came as a brilliant mix of death anxiety and french rudeness: "Uh, yes… Terminal D… go there maybe… when we land". After that the stewards and stewardesses took long detours. A ring of empty seats formed around me. Peoples eyes were kind but determined, they read "Poor you, I really wish you all the best but if you come near me or my kid I will have to stab you with this plastic fork". I got up and went to the bathroom where I fainted.

Now I’m in quarantine for ten days. I can see the summer through my window and it’s just perfect. Summer is always best through a window. [#]

Auguri Jens! Rimettiti presto!

 

Jens Lekman – I don’t wanna die alone (MP3)

 

martedì, 23 06 2009

House party

Non pensavo che su queste pagine avrei mai scritto ancora dei Bloc Party.
Esaltantissimi ai tempi dei primi singoli (la prima volta che ne ho scritto era per magnificare l’anthem Banquet) ed eccellenti con l’LP di esordio Silent Alarm, i 4 londinesi capitanati da Kele Okereke sono stati protagonista di una parabola discendente quasi da manuale, con un secondo disco nel complesso debole (ma retto da un paio di buoni singoli) e un terzo disco a dir poco mostruoso, intramezzato da singoli sparsi e da dischi di remix di qualità decisamente altalenante.

 

Quando ieri mi sono imbattuto -grazie a Stereogum– nel loro nuovo singolo (a meno di un anno dall’uscita dell’ultimo disco di inediti; la parsimonia continua a non essere tra le loro qualità più spiccate) non so neanche esattamente perchè ho spinto Play, tanto scarso era ormai il mio interesse per le loro produzioni. Non avrei mai immaginato che nelle successive 5 ore avrei spinto Play almeno altre 10 volte, sotto l’effetto di una incomprensibile e malsana compulsione che al termine di ogni ascolto mi costringeva ad ascoltare la canzone di nuovo. One more chance, infatti, è un pezzo malsano, che mostra i Bloc Party alle prese con l’ennesima mutazione, che li porta questa volta dalle party parti di quella che non esito a definire come house anni ’90.

 

Intendiamoci: non è che si siano trasformati nei Two Unlimited, eh. Però la cassa inesorabilmente in quattro quarti e il familiare pianoforte saltellante sono proprio quelli, e rimandano direttamente a certi detestabili hit single radiofonici che si ballavano nelle discoteche commerciali dei primi anni ’90 (con un effetto simile a quanto fanno con la jungle alcuni pezzi del trendyssimo -e tremendissimo- Zomby ®) e che noi, ai tempi, non potevamo che odiare con tutta la nostra forza.
Cosa sta succedendo, quindi? E’ la nostra adolescenza che viene a riscuotere il conto? O sono gli incubi di quegli anni che si materializzano? E allora perchè One more chance mi piace così tanto e, anche adesso, non posso fare a meno di spingere un’altra volta Play?

 

 Bloc Party – One more chance (MP3)

 

venerdì, 19 06 2009

Beck e la banana

Se fossi Beck e avessi un po’ di tempo libero, a parte struggermi (ancora?) perchè Winona mi ha lasciato e cercare di fare proseliti tra i miei amici VIP per Scientology, anch’io metterei in piedi un Record Club. Inviterei un po’ di gente a casa (dove sicuramente ho un fighissimo studio di registrazione) sceglierei un disco (facciamo The Velvet Underground and Nico, un classico immortale), lo strimpellerei un po’ facendo girare alla mia domestica ucraina un video in bianco e nero un po’ pixelato, e poi e farei una di quelle cose fighe che ti assicurano l’imperitura simpatia dei fan come mettere in rete un video della session alla settimana.

 

Guarda un po’ (colpo di scena!), Beck l’ha fatto veramente, e ha già postato il primo video. Gli amichetti di questo turno solo Nigel Godrich, Joey Waronker, Brian Lebarton, Bram Inscore, Yo, Giovanni Ribisi (in una commovente performance allo xilofono), Chris Holmes e Thorunn Magnusdottir, che si sono cimentati nello loro versione di Sunday Morning. L’idea è bella, ma speravo un po’ meglio. Stiamo a vedere anche i prossimi.

 

 

Beck’s Record Club – Sunday Morning (The Velvet Underground cover) (MP3)

 

Previously:

Beck – Pink Moon (Nick Drake cover) (MP3)

Il Beckzionario

 

martedì, 16 06 2009

Chicks on surf

E’ curioso come nessuno si fili più le Chicks on speed. Non mi ero accorto che fossero passati ben sei anni da 99 cents, l’ultimo disco vero e proprio del trio tedesco, che ai tempi aveva molto fatto parlare di sè per il suo gustoso pastiche di electro-clash politico e pop fashionista, postmoderno e semiserio. Testi intelligenti, ospiti illustri, un paio di buoni singoli, e un fenomeno art-pop assai interessante.

 

Dopo anni passati ad occuparsi di performance di arte contemporanea e del suo marchio di moda, il collettivo con base a Monaco è finalmente tornato anche alla musica, e ha pubblicato da un paio di settimane Cutting the edge, doppio CD uscito nel silenzio pressochè totale di stampa e siti web che una volta facevano a gara per parlare di loro e ora le snobbano bellamente.

 

Ed è un peccato, perchè, se anche il disco non è un capolavoro (ma non è neanche male, tutt’altro) e se il fenomeno Chicks on Speed ha forse già detto tutto quello che poteva dire, il disco contiene alcuni pezzi davvero niente male. C’è il proclama Art rules, il gioca-jouer erotico Vibrator e la carrellata sulle compagnie aeree low-cost in salsa bubblegum pop Buzz, ma soprattutto c’è Super surfer girl, che si è già conquistato saldamente un posto nella playlist della mia Estate. Spensierato inno balneare spudoratamente e dichiaratamente costruito col copiaincolla sui Beach Boys, Super surfer girl (video) è perfetta per l’autoradio sulla strada verso il mare, oppure per la pista della Spiaggia 72 dell’Hana-bi di Marina di Ravenna (dove l’ho provata sabato e dove metterò i dischi anche sabato prossimo).

 

Le Chicks on speed saranno a Bologna questo venerdì, per il Birthday Party dell’outlet online Yoox.com (che avrà luogo a Villa Impero, ma è a inviti, quindi facciamo finta non ci sia).
Noi invece ci vediamo sabato al mare. Sarò quello con la tavola da surf, ovviamente.

 

 

 Chicks on speed – Super surfer girl (MP3)

 

 

lunedì, 15 06 2009

Altro che crisi di mezza età.

di

"Sai se la metropolitana andrà ancora quando il concerto sarà finito? Devo andare in stazione a prendere il treno…" La domanda me la pone un giovane fan piemontese dei Limp Bizkit il quale, finito il set dei suoi beniamini, è rimasto solo e si è avvicinato a me in cerca di risposte, “forse perché ho l’aria di persona affidabile in mezzo a questo inferno”, penso. Anche io sono solo e al momento siedo impaziente sui gradini vicino a una delle entrate a monitorare il riempimento del parterre e a prendere un po’ d’aria prima dell’immersione. Dentro, ci sono almeno 15 gradi in più dei 30 che ci sono fuori, all’aperto. Non si vede altro che una distesa di torsi nudi, tatuaggi e bermuda a tre quarti. Io sono vestito come per un concerto dei Fleet Foxes a Hipsterlandia. Sono addiritttura elegante. Qua dentro insomma sono una fighetta.

Mi trovo al Palasharp (che per me sarà sempre "Palatrussardi", con quel suo retrogusto socialista) per Rock in Idro e, a differenza di tutte queste persone provate da una pesante abbuffata di birra e decibel sin dal primissimo pomeriggio, sono appena arrivato per assistere all’unico set che mi interessa, l’ultimo. Per essere qui ho pagato 50 euro. "…e poi ne varrà la pena? Non li ho mai visti e conosco solo tre canzoni…". Al mio nuovo e temporaneo amico propino un’accorata perorazione che spero gli faccia comprendere che perdere l’ultimo metrò è un rischio che vale la pena correre, eccome, per assistere allo spettacolo che sta per andare in scena.

Questa band ha finito per significare così tanto per me, per convogliare e sintetizzare così tanti significati appartenenti alla mia più piena e torbida adolescenza che a casa in attesa di venira qua ero emozionato come una ragazzina prima del ballo di fine anno. Non sapevo cosa mangiare. Non sapevo se mangiare. Come vestirmi. A che ora arrivare. Non mi capitava da molto, molto tempo e forse, a pensarci meglio, non poteva capitarmi che con loro. Ma è ora di avviarmi, sento che stanno per cominciare. Il ragazzo mi propone un cinque che ricambio e mi saluta con un “Ciaobbello” cui replico con un paterno “Buon concerto e rientro a casa”. E mettiti la maglina di lana ché prendi freddo, figliolo.

I Faith No More salgono sul palco e partono in quarta con un pezzo…lento, romantico e languido di Peaches & Herb, sconosciuto duo black, spiazzando l’audience e portandola all’epifania ilare quando si capisce dal testo del ritornello il motivo per cui stasera lo stanno suonando:

Reunited and it feels so good
Reunited ‘cause we understood
There’s one perfect fit And, sugar, this one is it We both are so excited
‘Cause we’re reunited, hey, hey

I FNM se non prendono per il culo, loro stessi e il pubblico e tutti, non sono contenti. Non poteva scamparla il loro reunion tour che questa sera tocca la quarta tappa a Milano, unica data italiana.

 

Durante questo primo pezzo sto in disparte, temo per la mia incolumità, sono vecchio per queste cazzate, non voglio essere stritolato da un pericoloso pogo di metallari. Ma quando parte The Real Thing, be’, capisco che non posso stare lì con la mia fotocamerina del cazzo a filmare o a guardare; e quando il pezzo come da copione esplode io, semplicemente, non capisco più nulla e mi butto a incudine tra la gente (il palazzetto è stracolmo) portandomi più vicino possibile al palco. Il mio viaggio a ritroso nel tempo è iniziato. Non faccio più un lavoro serio, non ho più l’età che ho, non ho più le responsabilità di oggi. Al contrario, ho 17 anni, suono la batteria e sperimento le droghe, ho American Psycho sul comodino della cameretta e penso che io e i miei amici siamo più fighi degli altri perché leggiamo e ascoltiamo quelle cose invece di leggere di Che Guevara e ho una rabbia dentro che non so neanch’io cosa sia e bisogna pur sublimarla in qualche modo e spesso ho voglia di spaccare tutto e qualcosa spacco pure perché devo farlo, devo confrontarmi con questo mostro che mi possiede e capire dove mi vuole portare e sono capace di amare e soffrire e odiare come mai più mi capiterà nella vita. We Care a Lot, cioè non ce ne fotte un cazzo di niente, nemmeno dei bambini che muoiono di fame e del Live Aid, capito? E questa trance l’hanno innescata Mike Patton, che ha una voce impressionante con la quale fa letteralmente ciò che vuole, e gli altri che suonano gli strumenti con una foga e una precisione inaudite o comunque inalterate dopo dieci anni di pausa e tanti capelli bianchi in più.

E allora il gigione mette a frutto i suoi anni vissuti nel Belpaese e tira fuori una Evidence in italiano che è una piccola chicca solo per noi. E per voi, qua sotto.

 

Poi due inserti altrui nei loro pezzi che lascio indovinare a voi, qua e qua. L’ammissione quindi, anche quella ironica e contraddetta dai fatti che sono sotto i nostri occhi (e nelle nostre orecchie), che loro sono "troppo vecchi per queste cazzate".
E poi il finale (dopo diversi brani tra cui due esplosive Land of Sunshine e Caffeine) con una tirata e perfetta We Care a Lot.

 

E io per tutto il tempo sono felice come un ebete e ho i brividi e le lacrime agli occhi e a sorpresa mi ricordo i testi a memoria, mentre i pezzi passano via uno dopo l’altro, troppo veloci, maledizione. Non c’è tempo per la noia, non c’è tempo per pensare a dove sei. C’è solo un lampo che mi passa per la testa: "al ragazzo piemontese starà piacendo?". Ma è un breve momento di lucidità nel mezzo di un momento senza stile, coolness e controllo, un momento in cui pensi di capire solo tu la portata di quanto sta accadendo e ti ci butti a copofitto. E mentre scrivo, anzi, prima, mentre penso di scrivere queste parole che ho appena scritto, penso che sono retoriche e banali e pompate, ma anche che non me ne frega nulla e va bene così, perché questa basicità adrenalinica e sconclusionata forse è l’essenza stessa del Rock and Roll.
Il ritorno a casa non me lo ricordo. In realtà sono ancora là, almeno per oggi.

 

venerdì, 12 06 2009

Bastard pop, l’evoluzione della specie?

E’ un po’ che non si sente parlare del non-genere illegale che qualche anno fa sembrava dover essere il futuro della musica. A ritirarlo fuori dal cappello è tale Faroff, DJ brasiliano che sul suo Myspace condivide molti mash-up eccellenti e, per quasi tutti, ha realizzato pure dei video, che ovviamente riprendono quelli dei pezzi messi in gioco. Ottimamente fatti, peraltro. Guardare qua sopra gli LCD Soundsystem che si incrociano coi Beatles e coi Kinks (titolo: The Brits are playing at my house) per credere.
E non c’è niente da fare: un buon mash-up mi pare quasi sempre meglio di diecimila remix d’autore.

 

lunedì, 08 06 2009

Biografilm in musica

Un paio di giorni fa, quasi per caso, ho guardato The filth and the fury, l’eccellente documentario di Julien Temple sui Sex Pistols (che vent’anni dopo completa lo storico The Great rock’n’roll swindle – La grande truffa del rock’nroll) di imminente pubblicazione in Italia per la gloriosa ISBN Edizioni in una bella versione libro + DVD.

 

Il destino vuole che proprio in questi giorni, in occasione del Biografilm Festival, Julien Temple sarà a Bologna per presenziare all’omaggio che il festival tributa a lui e alla sua carriera di documentarista. Stando al programma completo, da oggi a lunedì 15 verranno proiettate quasi tutte le sue opere, da Glastonbury (sul festival inglese) ad Absolute Beginners, (con David Bowie) da Joe Strummer – The future is unwritten (sul leader dei Clash) al nuovo The liberty of Norton Folgate (sui Madness), oltre che ovviamente i tre (c’è anche There’ll always be an England) documentari sui Sex Pistols. Un must per gli amanti della perfida Albione e della sua musica.

 

Ma anche gli amanti dela musica americana quest’anno avranno pane per i loro denti, visto che un’altra delle retrospettive si intitola Back to Woodstock, e prevede proiezioni, mostre ed eventi sul mega-festival più famoso della storia (tra cui l’anteprima di Taking Woodstock, il nuovo film del premio Oscar Ang Lee). Ho il sospetto che mi vedrete spesso da quelle parti.

 

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venerdì, 05 06 2009

Notte raminga e fuggitiva

Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d’Emilia a spolmonare quel che ho dentro, notte solitaria e vagabonda a pensierare in auto verso la prateria, lasciare che le storie riempiano la testa che così poi si riposa, come stare sulle piazze a spiare la gente che passeggia e fa salotto e guarda in aria, tante fantasie una sopra e sotto all’altra, però non s’affatica nulla. Correre allora, la macchina va dove vuole, svolta su e giù dalla via Emilia incontro alle colline e alle montagne oppure verso i fiumi e le bonifiche e i canneti. Poi tra Reggio e Parma lasciare andare il tiramento di testa e provare a indovinare il numero dei bar, compresi quelli all’interno delle discoteche e dei dancing all’aperto ora che è agosto e hanno alzato persino le verande per godersi meglio le zanzare e il puzzo della campagna grassa e concimata. Lungo la via Emilia ne incontro le indicazioni luminose e intermittenti, i parcheggi ampi e infine le strutture di cemento e neon violacei e spot arancioni e grandifari allo iodio che si alzano dritti e oscillano avanti e indietro così che i coni di luce si intrecciano alti nel cielo e pare allora di stare a Broadway o nel Sunset Boulevard in una notte di quelle buone con dive magnati produttori e grandi miti. Ne immagino ventuno ma prima di entrare in Parma sono già trentatré, la scommessa va a puttane, pazienza, in fondo non importa granché. [#]

Le straordinarie e immortali parole di Pier Vittorio Tondelli (da Viaggio, uno dei racconti milgiori di Altri libertini) sono state l’incipit del secret show di stasera alla Unhip Factory, dalle parti di Piazza Santo Stefano nel pieno centro di Bologna.  Sul palco Vasco Brondi (alias Le luci della Centrale elettrica) supportato dallo scrittore Enrico Brizzi col quale ha duettato in un paio di reading delle parole di Tondelli prima di lanciarsi in un insolito set acustico che non ha lasciato il pubblico indifferente. Qua sopra una foto rubata all’evento via cellulare, visto il rigoroso divieto di riprese audio-video.
Una serata che sarebbe piaciuta a Tondelli, probabilmente.

 

mercoledì, 03 06 2009

Anagrammi Melodrammi

Finalmente ecco l’eccellente video di Onomastica, uno dei pezzi migliori di Bachelite degli Offlaga Disco Pax. Nella nuova versione (con l’aggiunta degli archi del trio Ginko Narayana) già uscita nell’Onomastica EP.

 

giovedì, 28 05 2009

Time for shopping but the remix is free

Qualche mese fa su queste pagine parlavamo dei Did, presentando la promettente proposta in salsa punk-funk del quartetto torinese attraverso il remix della loro eccellente Time for shopping firmato dai reggiani Crimea X.

 

Ora, grazie anche alla nuova label Foolica Records, la band alza il tiro e mette in piedi un intero remix contest, consegnando il suo pezzo nelle mani del pubblico, che può prelevare dalla pagina apposita tutte le tracce e ri-miscelarle a proprio piacimento. Il contest parte oggi e dura un mese, al termine del quale la band sceglierà i 7 remix che insieme al brano originale andranno a comporre un EP che verrà messo in free download su vari siti. Tra cui quello che state leggendo (che non si è scappato la faceta opportunità di venire definito media partner di qualcosa), cosa che con tutta evidenza vi renderà in breve tempo ricchi e famosi.

 

Andate e remixatene.

 

 

Did – Time for shopping (MP3)

 

mercoledì, 27 05 2009

My lack of knowledge is vast, and my horizons are narrow

«And if every relationship is a two-way street
I have been screwing in the back whilst you drive»

[Jarvis Cocker – I never said I was deep]

Non so voi, ma io Jarvis l’avevo dato per perso.

 

Dopo la perfezione toccata negli anni del brit-pop (che hanno consegnato i suoi Pulp e la loro Disco 2000 alle leggenda), con l’appendice del sontuoso noir di This is hardcore, Jarvis Cocker stava cominciando a farmi un po’ pena. Letteralmente intrappolato nel personaggio del dandy inglese colto, brillante e un po’ stronzo, ma incapace di scrivere e pubblicare ancora materiale all’altezza del suo passato, Jarvis stava diventando più famoso per le sue frequentazioni (è diventato un grande amico di Nick Cave, pare) e le sue opinioni (come columnist del Guardian o conferenziere d’eccezione) che per la sua musica. Il nuovo disco Further Complications, a un primo ascolto, non mi sembrava in grado di cambiare le cose, complice anche un singolo abbastamza inutile.

Grazie a un giro di shuffle particolarmente ispirato (sia sempre benedetto lo shuffle) ho però cambiato idea.

 

I never said I was deep è tra le migliori ballad mai scritte dall’autore inglese, un classico pezzo di crooning con melodia e arrangiamento impeccabili e un testo ispiratissimo, crudele e ironico che gioca a smentire  tutti i luoghi comuni più nobili su un’artista intelletuale come Cocker, che si professa invece gretto, volgare e «profondamente superficiale». Come stile e atmosfera impossibile non pensare ai pezzi migliori del Nick Cave più grottescamente romantico, in modo simile a quanto accade con Leftovers, impietoso e quasi patetico corteggiamento di un «avanzo» ormai in là con l’età. Due stoccate di gran classe che si fanno ascoltare e riascoltare, e segnano un nuovo inizio per la carriera di Cocker.

 

Anche se alla fine fanculo, chissenefrega.

Questo post in realtà è un semplice sfoggio del mio giudizio e del mio fiuto musicale, al solo scopo di fare colpo sulle ragazze. Come tutti gli altri.

 

 

Jarvis Cocker – I never said I was deep (MP3)

Jarvis Cocker – Leftovers (MP3)

 

lunedì, 25 05 2009

Due settimane

Non ci vuole un genio a capire che nella scena musicale indipendente mondiale questo è decisamente il momento dei Grizzly Bear.

Autori di quello che è già uno dei dischi dell’anno (anche se tecnicamente Veckatimest non esce prima di domani), protagonisti dei set più osannati e impeccabili del South by Southwest di Austin e destinati a un futuro da grandi nel panorma dell’adult pop più colto (la stessa lega che l’anno scorso è stata dominata dai Fleet Foxes, per intenderci), i Grizzly Bear sono finalmente pronti a riscuotere quello che meritano.

 

Per quanto mi riguarda, a incoronarli tra gli eroi musicali del 2009 basterebbe il piccolo primato di cui sono titolari sul mio lettore MP3, dove la loro Two weeks per numero di ascolti batte quasi del doppio tutti i contender più accreditati (e quest’anno non ne mancano, per fortuna).

Come tutti i pezzi del quartetto di Brooklyn, Two weeks non avrebbe sfigurato nelle mani di un girl-group degli anni ’60 (riferimento non facile da vedere ma che, una volta scovato, appare la lente più chiara attraverso cui osservare la musica della band), a partire dai suoi cori quasi angelici per arrivare all’andamento indolente e al testo cripticamente frustrato. Un prodigio di chamber-pop sognante ma contemporaneamente inquieto, come sembrano indicare anche i due video che girano su YouTube; il primo, non ufficiale, schifosamente poetico e romatico (e bellissimo), mentre il secondo -ufficiale, appena diffuso- lento e inquietante oltre ogni dire.

Se non li avete mai approfonditi, un’ottima introduzione ad un mondo musicale complesso e molto affascinante. Se invece li conoscete già, sappiamo entrambi qual è il brano più ascoltato del momento sul vostro lettore MP3.

 

 

Grizzly Bear – Two weeks (MP3)

 

-Previously-

Grizzly Bear – He hit me and it felt like a kiss (Carole King cover) (MP3)

Grizzly Bear – Knife (MP3)

 

-Elsewhere-

Grizzly Bear – Live on WNYC (4 canzoni)

Grizzly Bear – Black Cab Sessions (live video)

 

venerdì, 22 05 2009

I’ve come to wish you an unhappy birthday

Oggi Stephen Patrick Morrissey compie 50 anni. Che possa avere un pessimo compleanno, e come al solito scriverci sopra un disco bellissimo.

 

Il sito dedicato alle celebrazioni: HappyBirthdayMorrissey.Com

The Times

The Guardian

BBC