Frequenze Disturbate 2003: il posto giusto al momento giusto
Ieri sera si è conclusa nel migliore dei modi la due giorni di Frequenze Disturbate, il festival di musica indie rock (o giù di lì) più amato dai blogger italiani. Come al solito, in queste situazioni non si mai da dove cominciare a raccontare, e l’unica certezza è che non si risucirà a dire tutto quello che si vorrebbe nel modo che si vorrebbe, quindi -profezia che si autoavvera- non ci si prova neanche, e ci si accontenta di buttar giù qualche impressione sparsa.
Impossibile non menzionare i numerosi blogger convenuti. Oltre al sottoscritto sono stati della partita i due Polaroid, Storie, Loser, Gecco, il Blog della Domenica, Massaia, Coniglio Cattivo, Shoegazer, Sad and Beautiful e Distilleria (spero di non essermi scordato nessuno). Come sempre in questi casi chiacchiere e presentazioni al limite dell’assurdità (ciao, chi sei? Qual è la tua URL? Ma mi linki? Ah sì, avevo letto dei tuoi commenti) che si sprecano, imbarazzi vari e gergo bizzarro, con il sottoscritto a conversare amabilmente con Massaia e a tentare di capire se Coniglio Cattivo stesse prendendo l’ispirazione per una delle sue malefiche vignette (sulle due blogstar non dirò di più, se non che non sono affatto, come molti credono, la stessa persona), quando non era nel ruolo di amorevole padrone di casa per i due Polaroid o in quello di guida ed ufficio informazioni per il Blog della Domenica.
Come sempre, inoltre, Frequenze Disturbate mi (ci) ha regalato vari momenti di celebrità underground, come la partita a biliardino con Sara degli Scisma (onorevolmente paraggiata), la stretta di zampa con Seppia (cane di Max Stefàni, su cui il direttore de Il Mucchio ha scritto anche un libro che si dice sia terribile), i numerosi incontri casuali con membri sparsi di Giardini di Mirò, Yuppie Flu, La Crus, Amari, Baustelle, Slumber, per non menzionare ovviamente Beck che faceva foto al centro storico di Urbino e un paio dei Notwist che passeggiavano tranquillamente tra i vicoli.
Poi non si può non parlare della musica: dell’eclettismo (ecco, l’ho detto) di Beck, capace di passare dai trascinanti singoli di Odelay alle malinconiche ballate di Sea Change, da una cover dei White Stripes fino ad un geniale medley che mischiava Hot in here di Nelly, Crazy in love di Beyonce, Not gonna get us delle TaTu, Rock your body di Justin Timberlake e varie altre, sdoganando definitivamente il pop commerciale; della grandezza dei Notwist, il cui live show, potente ed emozionante, è l’ideale complemento della perfezione indietronica (o alternatronica?) dei dischi; dei Giardini di Mirò, molto migliorati dal vivo, “felici come bambini per poter fare tutto quel casino su un palco così grande”; del pop elegante degli I am Kloot; del set “burroso” dei Ms John Soda, forse più adatto in chiusura di serata che in apertura; del trionfo del bastard pop, presente entrambe le sere nei cambi di palco (assolutamente da procurarsi il mix dei Bran Van 3000 con One with the freaks dei Notwist).
Potrei continuare, ma è giunto il momento di passare la palla agli altri blogger presenti, quando torneranno in prossimità di un computer. Ne avranno da raccontare.