Lo stronzo sono io
Sabato mattina troppo presto, stazione. Un tizio, che per convenienza chiameremo inkiostro, -zaino da trekking stracolmo (con pittoreschi lembi di giacca a vento che spuntano fuori), tracolla pronta ad esplodere, in una mano due giornali, nell’altra il caffè della macchinetta, in tasca (non si sa bene come) un discman- percorre il binario numero 6. Il soggetto fà mostra di un paio di clamorose occhiaie frutto di una settimana di alzatacce e concomitanti ore piccole, presenta la tipica espressione del genere Odio l’universo, e desidera solo qualche ora di viaggio in salutare solitudine per fare pace col mondo.
Ora, qual è la cosa che il nostro desidera meno al mondo in questo momento? Semplice: incontrare un conoscente nella cui compagnia sia costretto a fare il viaggio. Lo scenario si manifesta -assumendo tinte ancora più tragiche- sotto forma di ex compagno di scuola media che il nostro non vede da anni, e con cui non aveva nulla da dirsi a 12 anni, figuriamoci al doppio abbondante dell’età. Il simpatico ex compagno (che per comodità chiameremo Tiricordi quanto ero sfigato, mentre ora sono palestratissimo e parlo solo di calcio, figa e di quanto la mia vita sia cambiata e tutto ora mi vada benissimo; in breve Tiricordi) è ansioso di passare le quasi 4 ore di viaggio a fare amarcord dei tempi andati; il nostro vorrebbe, dormire, leggere e ascoltarsi Thalia Zedek, ed è comprensibilmente entusiasta all’idea. Tra l’altro, per colpa di un perverso treno a due piani spacciato come interregionale -in realtà più simile a un carro di buoi-, il nostro non può scappare ed è anzi costretto ad un’indesiderata prossimità, di cui Tiricordi approfitta per profondersi in pacche sulle spalle e allusive date di gomito accompagnate da appellativi quale vecchio mio e mitico.
Tiricordi fa l’appello completo della classe (il nostro si aspetta che da un momento all’altro estragga dal borsone il registro e un mazzo di compiti in classe a mò di prova), con descrizione, vita, morte, miracoli di tutti i componentii della 3ª A, compresi i professori e un inventario delle aule della scuola (l’aula di tecnica! l’aula di cineforum!). Il tutto punteggiato da aneddoti un sacco divertenti –ma eravamo davvero una classe di matti!-, come tiricordi la volta che Buda all’oratorio ha tirato le miccette a quella soprannominata Bertuccia, e tiricordi quella volta che Livio è entrato nello spogliatoio delle femmine e la Tatiana gli ha dato uno schiaffo, e tiricordi quando Mirko ha riempito dei preservativi d’acqua e ha tentato di fare un gavettone durante l’ora di ginnastica, e un sacco di altre storie divertentissime.
Nel tentativo di fermarlo, il nostro prova ad inventarsi aneddoti falsi per confonderlo e provocare un corto circuito mnemonico, chiede notizie di compagni di classe fasulli si inventa finte gravidanze e trasferimenti all’estero e notizie di cronaca nera che coinvolgono la prof di musica, ma nulla ha successo. Tiricordi è inarrestabile, e il nostro, ormai spossato (normalmente è un animo nostalgico della prima ora, ma ha inspiegabilmente dimenticato quasi tutto di quel periodo), alza bandiera bianca e si arrende a un profluvio di nomi, date, fugaci pomiciate sul pullmann della gita, cervelli di belle speranze finiti a fare gli elettricisti e ragazzette insignificanti ora di casa sugli schermi di Canale 5.
Arrivato alla fine del viaggio, il nostro, stravolto dallo sforzo necessario a sostenere una conversazione di così alto livello intellettuale, decide di togliersi una soddisfazione. Questa volta è lui a dire Tiricordi. Tiricordi quella volta che qualche stronzo aveva detto a tutti che ti piaceva l’Elisa, che ovviamente non ti si filava manco di striscio (del resto mentre noi giocavamo ancora coi Lego lei faceva già le sue prime esperienze sessuali), e tutti ti hanno preso per il culo per un buon numero di mesi, tanto che una volta ti sei pure messo a piangere durante l’ora di Scienze (episodio che -immagino- richiederà anni di analisi e massicce trasfusioni sul conto in banca di uno psicoterapeuta per essere superato)? Ecco: lo stronzo sono io.
Lo sguardo sgomento di Tiricordi, un attimo prima che il nostro si volti e se ne vada, non ha prezzo; ed è esattamente quello che ci voleva per riconciliare il nostro con il mondo.