midlife crisis

giovedì, 10 10 2013

Sette anni dopo

Sette anni fa portavo mio figlio, ai tempi unico, al suo primo concerto.


Scrissi la cosa sul mio blog, ai tempi vivo. Un sacco di lettori e fan degli Amari si complimentarono con me, chiedendomi addirittura se fossi interessata ad adottare qualcuno di loro.


Non ne adottai nessuno.


Gli Amari erano al loro quarto disco, se consideriamo Corporali. Quella sera suonavano al Covo. Mio figlio aveva sei anni. Andava in prima elementare e la maestra, qualche giorno dopo aver saputo del concerto, commentò: “Ah, sì, li
conosco. I Negroamari…”

 
L’altra sera ho portato mio figlio, ora diventato Figlio Numero Uno, al suo quinto concerto, sesto se consideriamo un set acustico degli Yuppie Flu ai giardini di Santa Cristina, lì in via Fondazza, eoni fa.

 
Sette anni fa, mio figlio lo portavo ai concerti che si voleva tenere sempre dietro un elmetto da vichingo, comperato in una bancarella di Piazza Navona tra i piccioni romani, quella volta che – ancora – me lo tirai dietro a Roma perché io facevo un inutile corso di minimumfax.

 
Oggi, mio figlio è lui che mi porta ai concerti e si tira dietro ettolitri di malmostosità preadolescenziale, quella roba che lo fa esprimere se va bene a monosillabi (quattro, di solito: “sì”, “no”, “boh”, “sgrunf”), e se va male in perifrasi sghembe trasudanti rabbia malcelata e ironia stronza (“Sei stato al Burger King con i tuoi compagni oggi? Hai mangiato un hamburger?” “No, guarda. Ho mangiato l’insalatina ai sette tipi di indivia cucinata da Cracco”).
Fuori c’è il diluvio, sta piovendo tutta la pioggia che non ha piovuto a settembre, un settembre bellissimo e tardoestivo, un settembre in cui io sono invecchiata e ho finito l’ultimo anno della mia terza decade, Figlio Numero Due non si è perso un giorno di parchetto e Numero Uno ha sciacquato via i suoi pomeriggi a fare skate col suo amico Andrej, armeno, parlando di donne e analisi del periodo.

 
È una domenica di ottobre, adesso, e decisamente piove. Se alla mattina ancora avevo qualche Slancio Di Gioventù, per cui il concerto era il miraggio della settimana, quello per cui valeva la pena tirar la corda e arrivare fin qui, adesso, che sono le sette di sera e per uscire di casa ho bisogno della canoa, mi è un tantino passata la voglia.

 
“Basta, non ci andiamo più” dico decisa, entrando in camera di Numero Uno.

Lui tira su gli occhi dall’iPod, mi guarda, non dice un cazzo, scuote solo la testa. Torna su Quizz Cross.

“Hai capito? Rilassati, polleggiati, non usciamo, troppa pioggia”

“Certo che sei proprio invecchiata” dice solo, mentre risponde a una domanda di scienze, e con tutta probabilità scazza, perché in scienze non va oltre il  tra il sei e il sette.

Bastardo stronzetto tredicenne, ora ti faccio vedere io.

“VESTITI! Siamo in ritardo” gli intimo. “E lavati le ascelle” che di solito funziona come dissuasore mobile incredibile e invece stavolta no, c’ha proprio voglia di uscire sotto l’amico nubifragio, arrivare a Ravenna e vedere un gruppo che i suoi compagni manco sanno chi è e quindi non potrà vantarsi proprio per un cazzo il giorno dopo a scuola.

“E comunque, non è che ti vergogni un po’ di uscire con tua madre, andare ai concerti, vedere gruppi che non sono David Guetta, cose così?”

Tira su la faccia ancora, scuote di nuovo la testa, poi va a lavarsi le ascelle.

 
Siamo in macchina, sotto chili di acqua, da qualche parte, tra la Romagna e il west. Ho già sbagliato strada tre volte, e in tutto questo tempo di abitacolo appannato Numero Uno mi ha regalato, nell’ordine, piccoli distillati di:
– Elementi di Bimbominkiaggine I e II (“Oh, l’altro giorno ho letto su facebook che uno ha fumato dodici canne in dodici minuti e dopo ha mangiato venti confezioni di canestrelli della coop e poi si è andato a fare anche un giro in centro e ha comprato un iPhone 7S. O forse 7C. Boh, non mi ricordo. Fico, però, eh?”)
– Storia del Cattivo Gusto Musicale dei primi Tredici Anni Di Vita (“Certo che maclemorefituringlosailcazzo spacca, eh?”)
– Stupidità Applicata parte I (“Ma tu la sai quella canzone che cantano tutti, quella che fa nanananaaaa”)
– Stupidità Applicata parte II (“Comunque siccome tutti la cantano, l’altro giorno l’ho cercata su youtube, cioè ho cercato “nananaaaaa”, ma sono venute fuori un migliaio di minchiate”)
– Sinossi di Furia Cavallo del West (“Ma dove cazzo stai andando? È già la quarta volta che passiamo da qua, forse è ora che ti ritirino la patente, mamma, e i concerti te li vedi su youtube”
– Teoria e Pratica di Spaccamento Di Coglioni (“Che ore sono? A che ora iniziano a suonare? E il gruppo spalla? Avrà già finito il gruppo spalla? Ho fame! Ho sete! Piove! Ma c’è inkiostro? No, perché se non c’è inkiostro io cosa faccio? Ma c’è qualcuno che conosci? Ma siamo, cioè fammi capire, siamo soli io e te, MAMMA?”
– Mutismo (“…”)

 
Siamo soli io e lui. Dalle parti di un paese che si chiama Serenase o qualcosa del genere. Abbiamo appena attraversato Osteria, perché i romagnoli, si sa, danno sti nomi del cazzo non solo ai figli ma pure ai paesi.

Al bar del corso di Serenase, gli prendo una piada. Dentro, Numero Uno si sistema su una sediolina di metallo di quelle da spiaggia, tra dodici extracomunitari e una coppietta di paese, a guardare la juve iniziata, su un megaschermo duemila pollici. Nonostante tutto, è nano. Anche sulla sediolina, mi fa questo effetto qui. Di figlio ancora piccolo, che non posso mai finire di accudire, perso in un bar di paese, a Serenase, a mangiar piada e guardare cinque minuti di juve. Beve in tre nanosecondi tutta la bottiglietta di acqua, si pulisce su una manica e dice: sono pronto.

 
Arriviamo al Bronson. Fradici, perché io ho parcheggiato la macchina in un campo di un signor contadino, in mezzo ai polli romagnoli. Incontriamo paolo, io gli dò del lei e gli chiedo “scusi dov’è il bronson” anche se ce l’ho davanti, il bronson, ma non lo riconosco, paolo, e quindi ci incontriamo così, a questi concerti improbabili, Numero Uno mi sgomita, mi chiede: chi è?, e d’ora in poi qualsiasi persona io saluti incontri e ci chiacchieri lui mi sgomita e mi urla: chi è?

Sono amici, cristo santo. Tua madre ce li potrà avere degli amici.

 
“Sediamoci qui” mi dice, indicando una sporgenza sotto alla postazione dei dj.

 
“Questo è parecchio triste” mi dice, riferendosi al tizio-solo-con-chitarra che sta cantando una cover di Please please please degli Smiths.

 
“Ma il volume rimarrà così o aumenta?”

 
“Mi vai a comprare una maglietta degli Shout Out Louds?”

 
“La ragazza-che-vende-magliette non è grassa. Sei tu che sei una femmina e anche un po’ anoressica perché bevi troppi caffè e quindi sei distorta. La ragazza è carina.”

 
“Ti ricordi che gli Amari, al mio primo concerto, mi hanno dedicato Conoscere gente?”

 
“Pensi di poter chiedere al cantante degli Shout Out Louds se mi dedica Impossible?”

 
Dopodiché si chiude in un silenzio assorto e guai a chi lo disturba.

 
Al concerto, io mi immaginavo chissà quali abbracci. Niente. Sta seduto. Fa una foto, una sola, con l’iPod. Tiene il ritmo con la testa, come se Very Loud fosse un remix di Guetta. Le conosce tutte, tranne quelle dell’ultimo disco. Che non ci piace troppo, né a me né a lui. Quindi facciamo gli snob-quelli-che-il-demo.

Io ballo, perché non mi frega un cazzo se lui è mio figlio e si vergogna. Ballo, perché sono anni che non ballo a un concerto e lui lo sa. Lui a un certo punto mi dice: i tizi dietro di te ti stanno guardando come se fossi pazza. Ma poi lascia perdere, perché io continuo a ballare.

 
Parte Parents Livingroom e io non la riconosco. “è perché è un sacco più chitarrosa e meno melodica rispetto al disco” mi spiega lui, il Piccolo Pichfork.

Mi sembra anche un po’ deluso dalla troppa chitarrosità. E da me, che non riconosco una canzone una. Cantiamo insieme Parents Livingroom, io gli chiedo per la quindicesima volta: hai caldo togliti la felpa, lui sbuffa e sembra dire lo saprò io se ho caldo, sono in grado di togliermi una cazzo di felpa quando cazzo pare a me, quindi ricomincio a ballare, goffa come solo una madre.

 
Poi arriva l’unico momento davvero luccicoso madre-figlio, di quelli che mi porterò dietro tutta la vita, sette anni dopo, e sette ancora , e altri sette. Arriva con le prime note di Impossible (ma la Sua Canzone preferita era Hard Rain e ovviamente col cazzo che gliel’hanno suonata. O forse sì e io non l’ho riconosciuta.).

Stavolta Impossible la riconosco io. E la riconosce lui. Dietro di noi ci sono le montagne, di quella volta a S.Vito che la sentivamo insieme, una recchia io e una lui, e intanto camminavamo piano, su per le Tre Cime, coi nostri scarponi, lui di pochi anni più piccolo, ma di millenni meno sgrunfante e ancora bambino. Un bambino che pareva uno stambecco, di fianco a me, su per i sentieri, e tutto quello che diceva sua madre era puro, e credeva ancora, dio se ci credeva, alla musica che io gli dicevo di ascoltare. Altroché Guetta.

 
Mi guarda, sulle prime tre note di pianola suonata dalla bionda.

Lo guardo, alle altre tre note di pianola.

Rimaniamo così, in questo sguardo un po’ consueto, un po’ nuovo che ci coglie nel bel mezzo di un concerto in mezzo al nulla ravennate. La canzone è meravigliosa, e lui mi sorride. Per la prima volta in tutta sera.

 
Dopo poi sono saluti con “i tuoi amici sudati”, fuga verso la macchina tra i polli, è tardi, cristo, e domani c’hai la verifica di scienze alla prima ora e non posso farti neanche entrare in ritardo.

 
“E così sarebbe il mio quinto…”

“Sesto, se contiamo gli yuppie flu acustici.”

“Ah già”

“ …”

“Conoscere gente sudata”

“Come dici?”

“No, niente”

“…”

“Ma secondo te come mi devo comportare con i miei compagni? Cioè, tutti sti concerti che ho visto, non è propriamente musica-che-si-ascolta”

“No, infatti. È musica che si mastica, come l’insalata di Cracco.”

“Magari Cremonini.”

“Magari Cremonini, sì”

“Ma da Cremonini ero il più giovane. Eravate tutte babbione infoiate.”

“Si chiamano ‘Cougar’, tesoro. Ricordati: cou-gar.”

 
“Comunque era bello.”

“Io mi sono innamorata del cantante”

“Tsé. Femmine…”

“Guarda che se da grande fai il cantante-di-gruppo-rock rimorchi un sacco”

“Chissene. Io voglio fare il camionista” dice guardando fuori dal finestrino dell’auto. C’è un tir che ci passa vicino vicino. E poi si addormenta così, in un attimo, nel suo cappuccio della felpa tirato su, perché stavolta ha freddo. E io, che sono sua madre, lo guardo far tutto da solo, farsi la tana calda con la felpa, tirar su col naso e addormentarsi così, come una cosa lieve, nel sedile passeggero, e non posso, mi rendo conto che stavolta non posso, scaldarlo in nessun modo.

 
[Due giorni dopo, sulla sua pagina facebook, c’è questa foto, la sua unica foto scattata, con la didascalia: “Concerto degli Shout Out Louds! Anche se non li conoscerà quasi nessuno…”]

 
 

lunedì, 15 07 2013

Tredici

Sei arrivato, con i tuoi tredici anni ormai buttati alle spalle. Varchi la porta univoca dell’aeroporto, ci dedichi un sorriso, a noi famiglia che tutta unita siamo venuti lì a riprenderti, fratellini compresi che non stanno fermi un attimo e appena ti vedono ti si buttano contro. Mi abbracci. Sono tua madre. D’altra parte oggi, tredici anni fa, se non era per me. Lo sai. Mi abbracci, mi dici Ciao, mi dici Mamma, ti chiama il nonno, gli dici Liberté égalité presumo che lui dall’altro capo ti dica il seguito, saluti il nonno, gli dici mangiamo la pizza insieme stasera nonno, butti il bagaglio pieno di gadget comperati al museo dei Beatles in macchina, sali con un’ascella che puzza e una no, apri il finestrino e dici: in Galles non usano l’aria condizionata, fai un sacco di solletico a tuo fratello, tuo fratello non capisce più niente perché ti vede dopo quindici giorni, ed è felice, naturalmente felice, come noi, siamo tutti felici di rivederti. E oggi finiscono i tuoi tredici anni.

Nell’ordine:

– entri in casa chiedendo con urgenza una pasta al pomodoro

– siccome sappiamo tutti che la pasta al pomodoro non è propriamente il cibo tradizionale gallese, nessuno di noi ti chiede spiegazioni

– divori la pasta al pomodoro come fosse il primo cibo che stai mangiando dopo l’apocalisse e tu fossi l’unico sopravvissuto

– racconti che hai fatto amicizia con Ragazzo Ciccione Turco (che non è Ragazzo Ciccione Italiano che dorme con te), il quale ti ha insegnato come si dice “puttaniere” in turco, sia mai che ti servisse quando andrai in vacanza studio a Istanbul

– dici che hai bisogno di dormire. Continui a ripetere in loop gli orari del ritorno, scalo ad Amsterdam, il jet lag che diosolosa dove sia tornato in linea con l’Italia, ma insomma sei pur sempre in giro dall’una di notte e non sei abituato

– vi rendete conto che vado verso i quattordici?, e con questo ti alzi da tavola, dalla pasta al pomodoro, vai a lavarti i denti e poi collassi meravigliosamente nel letto

– dormirai fino alle cinque del pomeriggio. Però ti sei lavato i denti.

 

Io sono la madre di questo tredicenne finito oggi. Io ispeziono la sua valigia, facendo piano piano sennò mi si sveglia, ma lui dorme, c’ha il sonno dei secoli da recuperare. Dorme anche il fratellino, di fianco a lui, per empatia, come solo i fratelli sanno.

Trovo nell’ordine:

– un docciaschiuma praticamente intonso

– ma lo shampoo, ehiii, lo shampo pantene è – incredibile – finito, il tubetto del tutto strizzato, quasi a farlo uscire a forza

– io sono la madre e penso che a)mio figlio è scemo e non sa leggere le etichette delle confezioni, per cui non distingue uno shampoo da un docciaschiuma e per quindici cazzo di giorni si è lavato le ascelle con lo shampoo; b) mio figlio è un paraculo e mi ha paraculato fino a ora dicendomi che sì, si era lavato ma col cazzo

– un paio di occhialini di John Lennon comperati al museo di Beatles per l’Uomo Maggiorenne Di Casa.

– un t shirt dei Beatles autoregalatasi, che è meravigliosa, giuro, meravigliosa, e quando si sveglierà mi dirà: no, mamma, le t shirt con le patacche quadratone di Abbey Road le ho lasciate agli altri; io ho preso questa. Non aveva patacche, solo la mela verde, le quattro facce stilizzate, e basta, niente patacche, e io saprò che per tredici anni ho fatto il mio sporco mestiere di madre, e l’ho fatto da dio

– cannucce e bicchieri con cannucce annesse di ogni tipo. E mi sto ancora chiedendo il perché.

 

Poi si sveglia. Prima di soffiare tredici candeline su una torta che ha chiesto lui, con tutta la famiglia allargata intorno, perché l’ha chiesto lui, la famiglia la torta il compleanno i fratellini le mogli acquisite gli Uomini Maggiorenni che sono i Secondi Padri, vi voglio tutti a festeggiare con me, Vito Corleone gli fa un pippone, giuro, insomma prima di soffiare l’happy birthday dei suoi tredici faticosissimi anni fa in tempo a raccontarmi di Ale.

Ale vive al Pilastro, ha i bermuda col teschio da tamarro ma tutte le domeniche va in chiesa. Mio figlio ha la simpatica idea di dire ad Ale, in una notte gallese senza orari, che è ateo e non battezzato. “Sono ateo e sbattezzato” dice proprio al povero Ale. A mo’ di vanto.

Ora, ai tempi miei, chi non era cresimato era una bestiolina, come diceva mia nonna. Figuriamoci il battesimo.

Respiro forte e provo a spiegargli che lui non è effettivamente ateo. Perché deve ancora studiare e crescere e capire che diamine sarà.

Io. Sono. Ateo. Quando muoio muoio. E basta.

“…”

“E non sono battezzato perché tu stessa, Madre, mi hai detto che mi avresti lasciato la possibilità di farlo da grande. Se mai avessi voluto farlo, intendo”

“…”

“Tipo anche adesso. Adesso, se volessi, potrei andare e dire voglio battezzarmi. Così, capito.”

 

Insomma, Ale che vive al Pilastro ed è un tamarro, sentendo che lui è ateo e non battezzato gli risponde: Ma allora sei un comunista.

Lui dice: Sì, e allora.

Poi ci pensa un poco, e gli dice: scusami eh, Ale, ma se uno è ateo non vuol dire che per forza è comunista. E comunque sì, io sono comunista perché mio nonno lo è, e mia nonna lo è, e mia madre lo vorrebbe essere. Però se uno ti viene a dire che è ateo non per forza deve essere comunista. Che cazzo c’entra, non son mica sinonimi.

Dice così.

Io, Madre, lo sgrido: non devi usare un linguaggio volgare o parolacce tipo ‘cazzo’ nelle tue argomentazioni oppositive.

“Ma mi ha fatto girare i coglioni, che cazzo di discorso è, uno può essere ateo e non comunista e un comunista non dev’essere per forza ateo”

“…”

“Cazzo, mamma, ti sembra un discorso da fare. Poi mi è pure sceso nella top ten delle amicizie, Ale, dico, perché una notte mi ha tenuto sveglio a dirmi che dovrebbero mettere le barriere nel mare alte così per non fare arrivare gli africani, e diceva anche che bisognerebbe ammazzare tutti quelli non italiani, insomma lui voleva un mondo fatto solo da italiani”

“…”

“Tu pensa che razzista”

 

“Senti, mamma, ma tu lo sai come si dice puttaniere in turco?”

“No, non lo so”

“E scoreggia in inglese?”

“Neanche. Tesoro.”

“Che ore sono?

“Le sei e mezza”

“Era già iniziato il cesareo?”

“Era già iniziato. E pure finito. Eri già uscito. Te ne stavi lì, con occhi da terrorista, neri come la fame, nella culletta dell’ospedale a guardare il mondo intorno a te”

“E lo zio Mario ti portò dei toast, vero?”

“Lo zio Mario mi portò dei toast, sì”

“Sto andando verso i quattrodici. Te ne rendi conto?”

“Me ne rendo conto, tesoro. Sì.”

“L’anno prossimo festeggiamo con dei toast. Ce li porta lo zio Mario.”

“Va bene, tesoro.”

“E forse per quell’epoca mi sarò pure battezzato.”

 

“Mamma, ma li mangiasti poi i toast dello zio Mario, quella volta?”

venerdì, 17 05 2013

Fuga dalla seconda media

“Mamma, come si scrive Cristal Meth”?

“Mamma, come si scrive Reykjavik?”

“Mamma, come si scrive Bastianich?”

“Ma tu lo sai cosa vuol dire inadeguatezza? No, non lo sai.”

“Tra poco le medie finiscono, quindi evito di innamorarmi.”

“Mamma, potresti andarci piano con Bed in Breakfast (Breaking Bad, n.d.R.), che poi mi diventi tossica di Cristal Meth?”

“Credo che in questo quadrimestre avrò un bel 10 in inglese.”

“Mamma, ho preso cinque in geografia. La Svezia. Non ti arrabbi vero?”

“Te l’ho detto. Ho deciso di innamorarmi al liceo. Almeno ho cinque anni davanti. Tra un po’ questi delle medie non li vedo più.”

“Liceo? A cosa mi serve il liceo? Tra un annetto pubblicherò il mio romanzo e vi mantengo tutti quanti”

“Cavolo, la A. (Gnocca Delle Medie, n.d.R.) ha saputo che scrivo un romanzo e mi minaccia ogni ricreazione. Se non le do un pezzo di merenda lo dice a tutta la classe.”

“No, ma, sentirsi inadeguati. I-na-de-gua-tez-za. Ecco.”

“Io non voglio dare un pezzo di merenda all’A. Cioè, lei solo perché è gnocca pretende tutto. E quando la interrogano, i maschi si sperticano per suggerirle. Non è giusto”

“La A. da grande vuol fare il liceo delle estetiste”

 “Io non ho bisogno di fare il liceo. Io farò lo scrittore”

“Mamma, ma i Phoenix sono così famosi come hai tentato di farmi credere in tutti questi anni?”

“Mamma, ma gli Shout out Louds li conosce qualcuno?”

“La Svezia, cavolo. Non mi veniva in mente niente, se non l’Ikea.”

“Comunque la prof. di inglese mi ha messo una nota perché ho detto “cazzo è chin?” durante Simon Says. Simon says… chin! e io non sapevo che cazzo era.”

“La A. la dovrebbero bocciare. Altroché.”

“Mamma, ma secondo te i miei compagni lo sanno chi sono i Phoenix?”

“Mamma, lo sai che Fede va a fare l’alberghiero, perché dopo vuole fare Masterchef?”

“Mamma, scusa, en passant, cosa vuol dire chin?”

“Mamma, ma se scrivo ‘inadeguatezza’ nel romanzo poi nessuno me lo compra più?”

“Mamma, tu sei in grado di rimediarmi qualunque pettinatura orrenda mi facciano quei mostri di parrucchieri dove mi porti.”

“Tra cinque anni (al compimento del diciottesimo anno, n.d.R.) non mi taglierò mai più i capelli.”

“Io li odio, quelli che usano il phon”

“Io li odio, quelli che suggeriscono all’A.”

“Io le odio, le femmine con lo smalto”

“Io lo odio, Beppegrillo”

“Mamma, scusa, puoi controllare su Facebook se la mia prof. di italiano è grillina?”

“Tra cinque anni, mi farò una doccia al mese.”

“Bastianich si è venduto!”

“Madonna che schifo sti capelli. Sembro Justin Bieber”

“Io lo odio Justin Bieber”

“Io li odio, quelli che contribuiscono al riscaldamento globale con i loro phon”

“Io la odio, l’epica”

“Tra cinque anni andrò a vivere nelle campagne londinesi, nella casa che mi comprerò con i proventi del mio romanzo. Potete venirci tutti, tanto sarà una casa enorme. Tutti tranne la prof. di italiano.”

“Cazzo è chin?, mi è scappato a inglese. Cazzo. Però tutti mi hanno dato il cinque, dopo.”

“Ma quant’è figo il tizio giovane di quella roba che guardi tu sulle Cristal Meth?”

“Mamma, mi compri una felpa come quello lì che spaccia Cristal Meth?”

“Mamma, mi porti da un barbiere che mi pettini come quello lì delle Cristal Meth?”

“Mamma, ma tu lo sai veramente cos’è chin in inglese?”

“Mamma, ma tu lo sai veramente quanta di quella merda ci mettono dentro alle Cristal Meth?”

“Ecco, potessi fermare il tempo. Questa è la lunghezza perfetta. Non crescete più, capelli. Siete perfetti.”

“Mamma, nessuno di quelli che conosco ha votato grillo, vero?”

“Mamma, ma tu lo sai chi è Justin Bieber o ascolti solo Shout Out Louds e roba svedese?”

“Mamma, tu non ti sei mai fatta di Cristal Meth, vero?”

venerdì, 01 06 2012

Sapevi tutto

Ogni tanto mi dimentico che Guido Catalano è un genio:

 

ricordo
che la tua pizza preferita era al prosciutto e funghi senza funghi
“perché non la prendi al prosciutto e basta?” ti chiedevo ogni volta
“perché non ti fai gli affari tuoi?” mi rispondevi
e sorridevi

 

ricordo
che ci conoscemmo a primavera
amavi sparare ai piccioni con quel tuo buffo fucile ad aria compressa
“dai prova!” mi dicevi
“no, mi fa impressione”

 

m’innamorai di te
anche perché
eri in grado d’inserire piccole frasi subliminali
in mezzo ad un discorso qualsiasi
tipo:
“quest’estate mi piacerebbe fare un corso di tiro con l’arco, una mia amica lo ha iniziato sei bello e dice che si diverte molto”
oppure:
“ieri ho portato la macchina dall’elettrauto mi fai un sesso della madonna, mi ha preso centocinquanta euro per due fili staccati”

 

o forse fu
il tuo amore incondizionato per il pongo
potevamo giocarci per ore
in silenzio
nudi
sul parquet di casa tua

 

“vorrei vivere con te in una casa di pongo” mi dicevi
“e fare bambini di pongo?” ti chiedevo
“sì” rispondevi  “e cucinarti squisite pietanze di pongo”

 

non alzavi mai la voce
sapevi odiare benissimo con gli occhi
pelle bianchissima
ci conoscemmo a primavera, lentiggini

 

“finché mi ami non scriverai mai di me” dicevi
“e invece sì” dicevo
“vedrai” dicevi
e sorridevi

 

e avevi sempre ragione
sapevi tutto [#]

mercoledì, 14 03 2012

Caducità (the present inside the past)

(Un mashup oggi, anche se risponde al pensiero inconscio di canticchiare i Boards Of Canada sul nuovo singolo degli Offlaga Disco Pax, è molto simile ai ripetuti racconti dei nonni, solo che i nipoti in questo caso non ci sono)

venerdì, 04 06 2010

Questo non è lavorare

Il buon Bandini mi perdonerà, ma non posso esimermi dal copiaincollare per intero il suo ultimo post sul sempre folgorante Blogghino – Zona deumanizzata:

Certe volte quando sono in ufficio e faccio la pausa, prendo un 12 al distributore di bevande calde e poi camminando in corridoio capita che le porte degli altri uffici sono aperti. Mi fermo sulla soglia a guardare gli altri che lavorano. Sono tutti alle loro scrivanie, che fanno crocchiare i tasti delle loro tastiere e hanno le facce bluastre per il riflesso dello schermo del computer. Certe volte smettono di far crocchiare i tasti, per qualche secondo, fissano lo schermo, danno un colpetto di mouse, e poi ricominciano a far crocchiare i tasti. Certe volte sorridono allo schermo, poi tornano seri. Insomma, una gran rottura di palle, starli a guardare. I lavori di una volta, erano belli da stare a guardare. Gli operai che stendono l'asfalto, i muratori che impastano il cemento, gli impagliatori di sedie, gli impagliatori di animali, gli impagliatori di umani, i netturbini quando con il braccio meccanico sollevano la campana del vetro e la svuotano nel rimorchio, i contadini sui trattori, gli imbianchini, gli attacchini che attaccano i manifesti pubblicitari della Cedrata Clebbino, i lavavetri, l'omino che fila lo zucchero filato, gli idraulici quando tagliano un tubo con la pinza tagliatubi, i meccanici che smontano la coppa dell'olio, gli elettricisti che sbucciano i cavi, i panettieri che infornano il pane, le maestre che fanno il dettato, le commesse dei negozi quando fanno i pacchettini, i falegnami, i giardinieri. Invece questi lavori qua moderni dopo due minuti a guardarli ti annoi, non succede niente, vorresti cambiare canale ma non si può, questo mica è lavorare, questo non lo so cos'è, è farsi venire la faccia blu, è crepare. [#]

venerdì, 14 05 2010

Innamorarsi di una rampa di scale

Da 25 stunning images of spiral staircases.

giovedì, 14 01 2010

Totally feeling like the cat

giovedì, 14 01 2010

Altroconsumo nerd

Questo simpatico omino qua sopra è Jason Chen di Gizmodo, e le cose che ha addosso sono 4 variazioni sul tema coperta con le maniche che negli ultimi mesi da Mediashopping in giù (anzi, in su) ha invaso mezzo mondo ed è diventata l’oggetto del desiderio di tutti i pigroni casalinghi e freddolosi del mondo. Chen ha confrontato i 4 modelli più diffusi, evidenziando per ciascuno pregi e difetti come si fa normalmente per prodotti di ben altro livello di serietà.
A uscire vincitrice pare essere la Slanket (mentre la Snuggie -il modello venduto da Mediashopping- viene demolita in quanto «appena superiore al tessuto simil-carta di un camice da medico»); chi me la regala?

 

venerdì, 08 01 2010

Inkiostro 2009/2010 – A floating nastrone

Da queste parti gli ultimi mesi sono stati un po’ strani. Accadimenti di segno opposto si sono susseguiti senza comporsi in uno scenario sensato, di quelli che se li guardi da un lato dovresti essere soddisfatto in modo imbarazzante mentre se la guardi dall’altro ti chiedi come fai ogni giorno a stare ancora in piedi.

Un paio di giorni fa, peraltro, questo blog smarrito ha compiuto 7 anni (fa paura, sì), e l’unico modo giusto per festeggiare la ricorrenza (o piangerla) è un nastrone. Che rispecchia fedelmente la completa mancanza di senso e direzione di questi mesi, cambia atmosfera repentinamente, insegue cose dell’anno passato di cui mi sono reso conto troppo tardi e promesse future che con buone probabilità non verranno mantenute.

 

Scaricatelo traccia per traccia, o in un unico ZIP in fondo. Dovrebbe essere in formato comodo pure per iPod e affini.

 

 

01. Real Estate – Beach Comber (MP3)

Un beach comber è una persona che vive rivendendo gli oggetti trovati sulla spiaggia. Letteralmente, però, vuol dire «colui che pettina la spiaggia». Che mi piace di più: è naif, poetico e un po’ sonnacchioso come tutto il disco dei Real Estate.

 

02. Via Audio – Hello (MP3)

Il pezzo che apre il nuovo disco dei Via Audio mi ricorda Goodnight Moon degli Shivaree, ed è un complimento. Elegante, flemmatico e un po’ fatale. Prodotto dal Jim Eno degli Spoon.

 

03. Notwist – Come in (MP3)

Come da copione, la B-side (dal singolo di Boneless) che è migliore di tutti i pezzi dell’ultimo disco messi insieme. Come in, but One step inside doesn’t mean you understand.

 

04. Massive Attack – Pray For Rain (feat. Tunde Adebimpe) (MP3)

I Massive escono indenni da due decenni di attività vissuti al ralenty, pubblicando un disco nuovo -bellissimo- che non ci fa rimpiangere l’attesa. La collaborazione con il lead singer dei TV on the radio (già anticipata nell’EP di qualche mese fa) è praticamente perfetta.

 

05. Toro Y Moi – Blessa (MP3)

Fenomeno annunciato per l’anno che si apre, l’alfiere del chillwave Chazwick Bundick sa il fatto suo. Atmosfere amniotiche che partono dagli Animal Collective per arrivare all’indietronica ambientale e al soul più riverberato. Il genere non mi esalta, lui invece mi piace un sacco.

 

06. His Clancyness – Mistify The Ocean (MP3)

Del progetto solista del buon Mr. Clancy (Settlefish, A classic education) abbiamo già parlato, e nel mentre il nostro si è fatto notare anche sui blog e sulle webzine che contano oltreoceano. Questo, che risale a pochi giorni fa, è di gran lunga il suo pezzo più bello. Stuck on repeat.

 

07. Local Natives – Wide Eyes (MP3)

Il Guardian scherzosamente li definisce «The Weekend Foxes, A Fleet of Arcade Vampires On Fire», per i loro intrecci vocali e l’attitudine a certa grandiosità nelle melodie che ricordano i suddetti 3 beniamini di PItchfork. Ma c’è qualcosa di male ad essere accomunati ad alcune delle indie-band più di successo degli ultimi anni? Io, come ciliegina sulla torta, ci sento anche certi tribalismi post-milleniali che mi ricordano gli Yeasayer…

 

08. Yeasayer – Madder Red (MP3)

…Yeasayer che col nuovo disco scelgono di farsi talora più accessibili, sposando le inquietudini sciamaniche e ipnotiche che ce li hanno fatti scoprire con un indie-rock classico e dalle basi solide che spesso non disdegna ritmiche da pista da ballo. In alcuni casi (come questo), l’equilibrio è perfetto.

 

09. Bear in heaven – You Do You (MP3)

Le coordinate geografiche (Brooklyn) e musicali non cambiano molto, anche se i BPM si rallentano e compaiono un arpeggiator e una spaesatezza quasi kraut, a colorare lo splendido disco di una di quelle band di cui non sai niente se non che ti piace, e va benissimo così.

 

10. Wild Beasts – All The King’s Men (MP3)

Voce à la Anthony, cavalcate di tom e timpani, chitarre liquide e una struttura quasi teatrale, per il realismo magico della band britannica che suona un genere indefinibile di cui in definitiva so dire solo una cosa: mi piace.

 

11. Sleigh bells – Ring ring (MP3)

Indie-pop meets r’n’b, con volume e distorsione di tutt’altro tenore rispetto alla violentissima e spettacolare Crown on the ground che già abbiamo celebrato. Ma risultati non meno eccitanti.

 

12. Christmas Island – Twenty Nine (MP3)

Jangling guitar, ritmo basilare, coretto surf e una melodia che si stampa nella testa. Non serve altro per fare un grande pezzo. L’isola di Natale, tra l’altro, esiste davvero.

 

13. The Swimmers – A Hundred Hearts (MP3)

Chi sono The Swimmers? Perchè non ho mai letto niente di loro? E perchè questo pezzo mi ha fulminato al primo ascolto, e da innocuo pop orecchiabile è diventato un piccolo tormentone del mio jukebox personale?

 

14. The Soft Pack – Down On Loving (MP3)

Tra i miei preferiti al SXSW dello scorso anno, gli ex Muslims arrivano finalmente al disco d’sordio, che come è ovvio non può che confermare le ottime premesse. Rock’n’roll blueseggiante veloce e scazzato senza pose o pretese. Is this it? Yes.

 

15. Surfer Blood – Floating Vibes (MP3)

Un’abbondante dose di Shins, la freschezza dei Vampire Weekend meno world, un riff stile Death Cab epoca Photo Album: pensate un po’ se non mi possono piacere. E se non possono piacere a voi.

 

16. The Drums – Let’s Go Surfing (MP3)

Indie-pop bass-driven con ottime intuizioni e un paio di piccoli anthem; ce n’è di che ben sperare. In Inghilterra sono già super-hype da mesi, e ora che sono anche sulla cover di NME non li ferma più nessuno.

 

17. Devendra Banhart – 16th & Valencia, Roxy Music (MP3)

Io Devendra Banhart lo odio. Agli esordi il suo freak-folk poteva incuriosire, alla lunga ha rotto le balle come le sue frequentazioni radical-chic e le fascinazioni latine da due soldi. Il disco nuovo, però, è su major. Ha un singolo banale e orecchiabile con un testo bruttissimo. L’hanno stroncato tutti. A me qualcosa ricorda addirittura Beck. Mi piace.

 

18. Midlake – Acts of man (MP3)

Al disco nuovo mancano degli instant classic come Roscoe o Head Home, ma il mood volutamente affranto, monotono e soffocante rafforza un’identità più forte di quanto credevamo. Occhio alle vene.

 

19. Madeleine Peyroux – Between The Bars (Elliott Smith cover) (MP3)

Può una nuova versione (super-classica,  jazzata, bellissima) di un pezzo che hai ascoltato milioni di volte incastrarsi sul tuo lettore senza speranze di fermarsi? Eccome se può.

 

20. Bon Iver – For Emma (live Feat. Eau Claire Memorial Jazz Band) (MP3)

Da solo o con un’orchestra jazz, l’esordio di Bon Iver rimane il disco più bello degli ultimi anni.
Per Emma, una vita fa.

 

 

FULL DOWNLOAD – Inkiostro 2009/2010 Floating nastrone (ZIP > Hotfile)

 

 

 

[la copertina viene da qui]

 

venerdì, 18 12 2009

E tutto quello che mi sento di dire oggi è

 

Spingete Play, è un ordine.

 

 

Walt Ribeiro’s OrchestraPoker face (instrumental orchestra version) (MP3)

 

 

giovedì, 10 12 2009

Po po po poker face po po poker face

Vocalmente non è niente di particolare, ma la coreografia VINCE.

 

lunedì, 23 11 2009

Un classico intramontabile

Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così tricchete tracchete il trauma è bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno. Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio. Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro. Lavori quarant’anni finché non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finché non sei bebè. Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni. E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo!

(attribuita a Woody Allenvia)

 

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giovedì, 23 07 2009

Professione Vacanze

Bentornati al magico mondo della crisi’n’musica! Se avete passato un Natale di apprensione al suono di Cassa Disintegrata e avete tagliato il vostro monte ferie con Settimo Cielo, adesso siete pronti per qualcosa di serio. Quando devi fare cassa (e non parlo di legna), ogni taglio è buono. Progetti innovativi, sedi decentrate e tutta una serie di parole orribili come ‘nuovi paradigmi’ sono un buon lusso quando l’azienda va bene e magari c’è un qualche progettone capisci’a’mme a sostenerli. In momenti come questi, tutto torna al centro e se sei fortunato (e non sei proprio schiavizzato come i poveri ragazzi di MTV) vieni riassorbito negli headquarters a testimoniare dal vivo i contratti a tempo determinato non rinnovati, a passare le mattinate in cassa integrazione e a rincorrerere le voci incontrollate sull’autunno. Non c’è visibilità però e allora resta il qui e ora, nove giorni di lavoro in un mese e sabato le ferie che iniziano, lunghissime (tre di chiusura sede più una fortemente consigliata).

Uno degli ultimi bagni a mare prima di salutare la Puglia è stato a Cala Corvino. A Torino la gente fa la fila alla domenica per le piscine all’aperto o se ne va nelle valli a camminare per ore. Io non lo farò mai. Durante queste mattine libere ho avuto un umore che definire escapista è poco. Quando mi sono accorto che Professione Vacanze stava prendendo la piega di un Rohmer meets Acid House, tra una Xena crocifissa con Olimpia e tutti quegli anziani che ballano le canzoni di una volta e mangiano la pasta sulla tovaglia di carta, il remix vanziniano del singolo dei Gossip ha cercato di scuotermi. È stato solo un attimo però ed avevo già gli occhi sbarrati davanti al nuoto sincronizzato. Queste vacanze saranno lunghissime*.

Professione Vacanze [mirrors] – maxcar

Sunshine – John Talabot [Hivern Disc]
Keep Me In My Plane (DJ Koze remix) – Who Made Who [Gomma Records]
Come Home (Andrew Weatherall mix) – James [Fontana/Phonogram]
Reckoner (Rollmottle’s Pacifica remix) – Radiohead [Sentrall Records]
Shove – Sven Weisemann [Artless]
Barefoot Through Hell – Chelonis R. Jones [Systematic]
Heavy Cross (Fred Falke remix) – The Gossip [Columbia]
Beach Buggy – Tiger Stripes [Urbantorque Recordings]

maxcar presents Underwater Love (del nuoto sincronizzato)
Moth – Burial & Four Tet [Text Records] vs
Amo Alucinor – Jesse Somfay [Archipel] vs
Oh Reality – Richard Youngs [Sonic Oyster Records] vs
Porc #2 – Moderat [BPitch Control]

Sky And Sand – Paul & Fritz Kalkbrenner [BPitch Control]

[Contiene tracce dei Drops]

Professione Vacanze [mirrors] – maxcar

*Ovviamente avevamo preso dei biglietti per la Turchia con Myair.

venerdì, 22 05 2009

I’ve come to wish you an unhappy birthday

Oggi Stephen Patrick Morrissey compie 50 anni. Che possa avere un pessimo compleanno, e come al solito scriverci sopra un disco bellissimo.

 

Il sito dedicato alle celebrazioni: HappyBirthdayMorrissey.Com

The Times

The Guardian

BBC

martedì, 12 05 2009

Eggers + American Beauty + Juno + The Office = ??

E sono solo alcuni degli ingredienti della sapida ricetta di Away we go, il nuovo film di Sam Mendez (American Beauty) scritto da Dave Eggers (L’opera struggente di un formidabile genio) e Vendela Vida (sua moglie, niente grassetto perchè chi se la caga) e interpretato da John Krasinski (The Office, versione americana), Maya Rudolph (Saturday Night Live), Alison Janney (The West Wing) e Maggie Gyllenhaal (The Dark Night, intollerabile), che nel giro di un mese arriverà nelle sale amercane e dalla trama sembra un incrocio tra Juno e Little Miss Sunshine. Paura, eh?

 

Ecco un contributo dalla regia:

 

La musica è di Alexi Murdoch, bravo clone di Nick Drake già sentito più o meno solo come sottofondo di puntate di serie TV (The O.C., Dr. House, Prison Break, Ugly Betty, Dawson’s creek, Grey’s anatomy). Complimenti per il curriculum.

 

Praticamente un incubo.

 

 

Alexi Murdoch – All my days (MP3)

 

lunedì, 11 05 2009

G-E-N-I-O

Social Bench #5 di Jeppe Hein

 

sabato, 02 05 2009

Mentire sempre

[ovviamente Diesel Sweeties]

 

mercoledì, 22 04 2009

69 Fumetti D’Amore

Dieci anni fa Stephin Merritt e i suoi Magnetic Fields tiravano fuori dal cilindro una trilogia musicale sull’amore in 69 canzoni di tutti i generi (pop, rock, country, synthpop, punk, jazz, world etcetera) chiamata appunto 69 Love Songs. A leggerla, se non l’avete mai sentita (vi affliggano criminali sensi di colpa per ciò), sembra qualcosa di megalomane ma tutte le premesse sono giustificate dalla riuscita e dalla grazia che percorre i tre volumi. C’è cresciuta gente e di sicuro non basta una vita per provare tutte le cose che capitano lì dentro. Dieci anni dopo, un gruppo di disegnatori, illustratori e scrittori londinesi ha dato vita ad un progetto chiamato How Fucking Romantic che ripercorrerà tutti e sessantanove i momenti, con i personaggi e i luoghi a noi tanto cari, da Abigail a Reno Dakota, dai conigli al Grand Canyon. Siamo insomma pronti per chiederci quando comincerà il revival degli anni Zero.

renodakota

The Magnetic Fields –  All My Little Worlds (MP3)

venerdì, 27 03 2009

Intervallo

Banksy Pictures With The Smiths – Asleep

[in onore del padrone di casa, che ieri è andato a vedere Morrissey a New York]

 

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venerdì, 30 01 2009

Settimo Cielo

…la musica di Gorni Kramer…

Ehi tu, caro lettore di Inkiostro, non vorrei che ti dimenticassi della CRISI. E non pensare che in quanto componenti di un’elite ristretta e invidiata, noi autori di Inkiostro siamo immuni al crollo del fatturato, alle fluttuazioni del mercato, a quella sana voglia di far pesare la CRISI più del necessario per smaltire i chili di troppo e tonificare la massa rimanente con aiuti di Stato in vista delle vacanze al mare. Io, per esempio, dalle mie parti festeggiavo il concetto di ferie obbligatorie il giorno di Natale con un mix techno e house nuova-vecchia scuola sulla lunga distanza. Oggi che per noi è stata concordata la settimana corta per i prossimi due mesi, volevo festeggiare qui nella mia seconda casa. Con la braga calata che mostra le mutande OVS Industry e con un mix di felicissima Cosmic Disco House nuova-vecchia scuola sulla lunga distanza. In fondo settimana corta vuol dire più tempo per i propri interessi extra-lavorativi, per i viaggi, per il sonno. Tanto come possiamo non tornare ad essere quelli che eravamo prima?

p.s.: i passaggi tra i pezzi si complicano più avanti che si va, un po’ come la CRISI

pps: in teoria anche questo fa parte in qualche modo della serie sui pilota dimenticati

ppps: come fare a meno di un mix con un pezzo techno con la voce e l’accento di Mara Redeghieri (“massi di rose e fiori”) e con una Björk Guðmundsdóttir vecchio stile house e senza le sopracciglie depilate?

Settimana Corta (means Long Weekend Mix)  – maxcar

Intro
Parage – Justus Köhncke [Kompakt]
Veronica’s Veil (Erol Alkan Extended Rework) – Fan Death [Phantasy Sound]
Of Moon, Birds and Monsters (Holy Ghost Remix) – MGMT [Columbia]
Walter Neff – Matias Aguayo [Kompakt]
I’m In Love With A German Film Star (Mark Reed’s Stuck In The 80s Mix) – Pet Shop Boys presents Sam Taylor Wood [Kompakt]
Breakfast In Heaven (Diskjokke Remix) – Lindstrøm [Feedelity]
Personal Angst – In Flagranti [Eskimo Records]
William’s Blood (Aeroplane Dub – Personal Angry Maxcar Short Edit) – Grace Jones [white label]
Opera Soap – Üstmamò [Virgin]
Goblin Think 1 – Margot [Margot Recods]
Minimal (Dj Koze Remix) – Matias Aguayo [Kompakt]
Leash Called Love (12 Inches Remix) – Sugarcubes [Elektra]
Superyou (Justus Köhncke Remix) – International Pony [Columbia]
Endorphinmachine – Erobique [Mirau]
Hello Tomorrow – Moody(man) [KDJ]

happy
Settimana Corta (means Long Weekend Mix)  – maxcar

venerdì, 09 01 2009

Del meglio del nostro meglio

imaidan

Aidan Moffat And The Best OfsLover’s Song

 
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martedì, 30 12 2008

It’s been a record year for rainfall

The Decemberists – Record year (MP3)

 

(vignetta via)

 

giovedì, 04 12 2008

Pronti al POWERAGE

di

Avevo 15 anni.
Andavo due/tre volte la settimana a sfogliare e risfogliare gli scaffali del principale negozio di dischi della mia città.
Guardavo Videomusic.
Non compravo riviste.
Avevo una rarissima cassetta da 120 minuti – di quelle dannose per lo stereo perché troppo dure.
Avevo un timer impostato sullo stereo, tutte le domeniche alla stessa ora.
In qualunque posto fossi in quel momento (ma spesso ero prontissimo a casa), alle ore 20 scattava a registrare.
Registrava "Rock Hits", il riassunto settimanale del meglio del rock contemporaneo, condotto da Nikki su Radio Deejay.
L’ho fatto per circa due/tre anni filati, prima che Kurt Cobain rovinasse tutto – ma anche un po’ durante.
Insomma, Nikki è responsabile diretto di una buona metà della mia collezione di dischi.
Cito alcuni tra i gruppi meno banali: Mr. Big, Tesla, Warrant, Saigon Kick, Slaughter, Damn Yankees, Thunder, Winger, Firehouse.
Perché quando avevo 15 anni, il mio equivalente di "indie" era conoscere gruppi hard rock che nessun altro metallaro del quartiere conosceva.
E Nikki era il mio dealer. Il mio John Peel.
Quando a fine anno faceva lo specialone top 20, io ce li avevo TUTTI.
Ma voi indie-snob vi ricorderete di lui principalmente perché Nikki fu la Patti Smith a cui Springsteen/Max Pezzali regalò la sua "Because The Night"/"L’ultimo bicchiere" (oddio… questa per ora la lascio, ma se me lo chiedete l’ho scritta da sbronzo).

Fast-forward.
5 dicembre 2005.
Verso le 11 sono alla sede di Scienze della Comunicazione in via Azzo Gardino a Bologna a discutere la mia tesi di laurea sul bastard pop.
Alle 18 sono a Milano, a partecipare a un improbabile torneo promozionale di calcetto a quattro squadre.
Partecipano infatti: una selezione Rockstar/Rocksound; una selezione bloggers/varie (tra cui il sottoscritto); una selezione Radio Deejay capitanata da Nikki; gli Arctic Monkeys in persona, il cui primo album uscirà di lì a pochissimo.
Sì insomma, come avete capito l’evento è nel pre-partita: il cerchio si chiude, finalmente incontro Nikki.
Alla presenza degli immancabili paparazzi gli stringo la mano, "mi dichiaro", e in mancanza d’altro gli faccio firmare "F.U.C.K." dei Van Halen, sapendo che comunque erano il suo gruppo preferito e che quello era l’album uscito quando iniziai ad ascoltarlo in radio.
È decisamente uno di quei giorni che godranno di ampio spazio nella mia futura autobiografia.

Ri-fast-forward.
Il caro Girolami Andrea, che era presente a quello storico incontro, sa che non esiste persona più preparata di me a presentare il seguente filmato.
Si tratta del nuovo episodio di Pronti al Peggio, pregevole video-iniziativa da lui ideata e realizzata in collaborazione con IRagazzidellaprateria e Vitaminic, con l’obiettivo di mostrare angoli inediti sulla scena musicale italiana.
Il protagonista di questo numero, alle prese con un indegno test "iPod Casino" sulla sua indiscutibile cultura musicale, è appunto Nikki.

Oh, che vi aspettavate?
Sa quelle che deve sapere.
E non sa quelle che non ha bisogno di sapere (e qualcuna la sa lo stesso).
E confondersi su un proprio pezzo… beh, quella è la classe dei Grandissimi.

P.S.: lo stereo funziona ancora.

giovedì, 27 11 2008

In cucina con Cat Power

Chan Marshall, meglio nota come Cat Power, cucina le patate dolci al forno, ospite in video su Oh-Audrey.com (una specie di Antonella Clerici del web). Se vi interessa, la ricetta è anche in versione testuale. (via)

[evitiamo gli ovvi commenti sull’inarrestabile imborghesimento della cara Chan. Ormai è cosa nota. E un po’ triste]

 

 

Lettura consigliata:

Kara Zuaro – I like food, food tastes good

Musica e cucina: l’abbinata è vincente. In questo libro più di 100 musicisti indipendenti segnalano e spiegano la loro ricetta, dai Kings of Convenience ai Death Cab for Cutie, dagli Okkervil River agli Interpol, dai Violent Femmes ai Descendents (da un cui verso prende titolo il libro). Comprato a NYC mesi fa, testato e approvato. Curioso, e pure utile.

 

Lettura sconsigliata:

Alex Kapranos – Rock Restaurant

Come ho scritto su Anobii: «Canti bene e magari sei anche un bravo cuoco, ma come scrittore lasciamo perdere». Il leader dei Franz Ferdinand -ex cuoco- racconta il cibo e i ristoranti dal mondo visti durante i suoi tour con la band. Poche idee, poco originali, e espresse in modo per nulla memorabile. Passate oltre.

 

 

Soundtrack dai bei tempi che furono:

Cat Power – Wonderwall (Oasis cover) (MP3)