(via 7yearwinter)
(via 7yearwinter)
[Premessa]
Quando cinque anni fa nella stessa settimana iniziavamo a bloggare, il cantante preferito di Inkiostro (o così almeno allora avevo capito) era Nick Cave. Di lì a poco sarebbe uscito Nocturama. Quando due anni fa sul mio blog accostavo nella stessa foto Tiziano Ferro, Raffaella Carrà, James Murphy e i Daft Punk mi sentivo solo, molto solo. Poi, in una puntata di Get Black che oserei definire storica, venne dedicato il giusto spazio a Tiziano Ferro e io mi sentii meno solo. La cosa che non tutti sanno è che la traccia audio incriminata era stata manomessa da Inkiostro e quel Nicola era un riferimento subliminale a Nick Cave. Io sono maxcar e anche io sto con Ink.
Se esistesse un manuale del bravo blogger (esisterà, probabilmente), uno dei primi comandamenti reciterebbe che non si comincia mai un post scusandosi perchè si sta trascurando il blog. Ma quando si lavora da tre weekend di fila (quattro, contando anche un paio di pomeriggi a Pasqua), due volte si sono toccate le 12 ore nette lavorate al giorno, e sabato sera, per recuperare due giorni di malattia (di cui uno passato comunque a letto col portatile, da una parte un file XML e i colleghi su Skype e dall’altra una tazza di tachifludec), sabato sera dicevo si sono fatte le due a rispondere alle mail di clienti rompiballe e a portarsi avanti perchè durante l’orario di lavoro normale di tempo non ce ne sarà, preoccuparsi del galateo del bravo blogger (e proprio del blog, in generale) non è esattamente la più importante delle priorità. Del resto uno certe cose se le deve guadagnare, e quando tra una decina di giorni salirò su un certo aereo e vi farò ciao con la manina, capirò che ne è valsa la pena.
Nel mentre chiudo tutte le finestre (ne lascio aperta una per i risultati delle elezioni, così per scaramanzia; ma le dò mandato di non aggiornarsi prima delle cinque, chè gli exit poll abbiamo imparato a ignorarli, con gli anni), tengo aggiornata un’agenda mai così piena, ascolto musica cupa e ripetitiva e stringo i denti. Se tra qualche giorno ritrovano il mio cadavere stecchito davanti alla tastiera, ricordatemi così.
[inkiostro fa surf]
Continuo a perdere pezzi di corpo e di pensiero, come cantava quello là.
Letteralmente, non riesco più a starci dentro. Per dire, al cinema sto perdendo di tutto, da Paul Thomas Anderson ai Coen che vincono l’Oscar, da Tim Burton alle prese con un musical a Woody Allen che delude i più ma come si fa a non essere curiosi, da Caos calmo che è bello o forse no ma c’è Moretti, allo Scafandro, la Farfalla, l’Ombrello e la Macchina da cucire, e poi continuo a rimandare birre e aperitivi con un paio di amici che ormai mi odiano, e tutti quei concerti a cui non andrò mai, nonchè l’ira di Dio di mail a cui devo rispondere (pazientate, please), tra cui le stagiste della radio a cui ho promesso i contatti (e le mail di presentazione ai contatti, certo), senza dimenticare la pila di libri sul comodino (il nuovo De Lillo, ancora mai aperto, allucinante), e la puntata di venerdì 29 di Get Black da preparare -sarà la cosa più dadaista e bissestile della storia della radio, probabilmente-, che poi subito dopo metterò i dischi al Covo a seguito del concerto degli ottimi Tiger Tiger e ho dei colpi in canna ancora da studiare, e ho ancora una caterva di dischi nuovi da ascoltare (un intero ordine da Play.com ancora imballato, una cartella da 2 giga sul desktop mai aperta), ma poi alla fine non ho deciso che lettore mp3 comprare e continuo a cambiare idea circa una volta al giorno, se poi non porto il passaporto a mia cugina la questura mi blocca il rinnovo e non riesco a espatriare, e tra poco mi scade la patente (tutto ciò, peraltro, fingendo di non avere una decine di ore al giorno occupate dal lavoro, e dalle cose logistiche tipo la spesa e le lavatrici, certo), e a casa ho il pc che dà i numeri e mi sa che dovrò reinstallare tutto (e quindi backuppare tutto), e immagino lo farò questo weekend (anche se sabato sera gli Art Brut al Bronson non me li perdo), insomma, adesso penso a come organizzarmi, tanto ho un sacco di tempo per pensarci, no?
Oggi va così:
A man walks into a bar
orders a beer and a bowl of peanuts
but the bar turns into a spaceship
and the bartender gives him a hair cut
i cant remember the end of that joke
you once told it to me when we smoked
on your fathers expensive cigars
all i remember is the part of a man walking into a bar
How many lovers does it take
to put a light bulb into a socket?
Why did Mona Lisa smile?
I have the answer written down in my pocket.
I just remember I laughed til i cried
because you told it with your funny voice
your southern dialect makes me rejoice
those special times we had
when love was just a silly gag
I know why Mona Lisa smiled
Da Vinci must have been a really funny guy
and laughter is the only way into my heart
I know why Mona Lisa smiled
Da Vinci must have been a really funny guy
and laughter is the only way into my heart
Summer night on a gravel road
you told me about your childhood friend Veronica
who was claimed to have swallowed a toad
and i picked up my harmonica
I know why Mona Lisa smiled
Da Vinci must have been a really funny guy
and laughter is the only way into my heart
I know why Mona Lisa smiled
Da Vinci must have been a really funny guy
and laughter is the only way into my heart
A man walks into a bar
orders a scotch and a bottle of coke
but the laughter is gone in his heart
you never told me the end of the joke.. [#]
Jens Lekman – A man walks into a bar (MP3)
[stasera Jens Lekman suona al Teatro Rasi di Ravenna. Venerdì invece è al Viper di Firenze]
[How glasses affect your image.]
Bonus track, un meraviglioso classico immortale:
Herbert Pagani – Cin Cin con gli occhiali (MP3)
Il mio Slimtimer dice che questa settimana totalizzerò un complessivo di circa 45 ore lavorate. Il che, contando le pause pranzo, i momenti di cazzeggio giustamente esclusi dalla conta, il percorso casa-lavoro-casa, i pasti, le (poche) ore di sonno e la spesa alla coop, hanno lasciato più o meno una decina di ore libere (su 120). Ore pressochè interamente spese nella lettura di Jonathan Lethem, nella visione di Battlestar Galactica, Gossip Girl e Pushing Daisies, nell’acquisto di un paio di pantaloni e nella vana ricerca di un paio di sneakers (punto sempre dolente, come qualcuno ricorderà). Appena il tempo per andare in radio stasera per una puntata presidenziale di Get Black (a chi, al contrario di me, ha tempo da perdere, consiglio il Presidential Pong), e neanche il tempo di riposarsi nel weekend (allocato per una trasferta parentale logistica) che comincerà una nuova settimana di lavoro. Almeno voi -vi prego- mi impedite di perdere tempo pure sul blog?
Xiu Xiu feat Michael Gira – Under pressure (Queen & David Bowie cover) (MP3)
_Back in black. Sono tornato. Anche se non me ne sono mai davvero andato. Come al solito, dai.
_Non so perchè, ho i brividi. Quasi me ne dimenticavo: tra 29 giorni negli States ricomincia Lost. Qui il trailer della quarta stagione. (Occhio, ovviamente contiene spoiler).
_T-shirts are the new pins. John & Paul & George & Ringo T-shirt: parodie, citazioni, plagi.
_Jump this river. Canzone più ascoltata del periodo:
To kill a petty bourgeoisie – Lovers & Liars (MP3)
_Rigenerante. Libri/fumetti letti/riletti: A. M. Homes – La figlia dell’altra (a tratti toccante, ma in definitiva insoddisfacente), Dennis DiClaudio – Io sono paranoico (puro divertissment, da sfogliare e poco più), AAVV – Cinema Now (evviva i coffee-table books, bellissimo oggetto), Alessandro Baronciani – Una storia a fumetti (eccellente), Marjane Satrapi – Persepolis (sempre meraviglioso), Matt Madden – Alla deriva (sempre devastante), Chester Brown – Non mi sei mai piaciuto (Clowes, mangia la mia polvere).
Ancora in lettura: David Weinberger – Everything is miscellanous (illuminante) e David Lethem – La fortezza della solitudine (spettacolare, lo sto divorando).
Ulteriori dettagli e qualche parere più esteso sul mio Anobii.
_Pieno backlash. La EMI denuncia che, per far uscire In Rainbows, i Radiohead gli avevano proposto un costosissimo accordo che prevedeva sborsassero 10 milioni di sterline più i diritti di tutti i vecchi dischi. Sul loro blog,Yorke e soci rispondono (ma sostanzialmente, se ho capito bene, non negano). Non è che ci diventano esosi come gli U2?
[frattanto, guarda o scarica l’audio e il video del loro concerto in webcast del 31 dicembre]
_Manca solo il doppiatore con la voce di Ridge. Da Cabal, avvincente sfida tra leoni e bufali (con contorno di coccodrilli) ripresa da dei turisti nella savana: La battaglia di Kruger. User-generated documentary?
_Prof. Byrne in cattedra. A suo tempo l’ho segnalata su Twitter, ma se vi è sfuggita, imperdibile lectio di David Byrne sulla situazione dell’industria discografica: David Byrne’s Survival Strategies for Emerging Artists – and Megastars.
_Nei porno, c’è pure chi guarda lo sfondo. Spettacolare gallery su flickr: Obscene interiors.
_Unanimous Opinions. E l’ottimo New Year’s Eve EP dei Giardini di Mirò (dal 31 dicembre in download a offerta libera dal loro sito) l’avete scaricato, no?
_Manca qualcosa? The Worst album covers of 2007 secondo Idolator.
_Capodanno bastardo. Da Stereogum c’è Mysplice 2.0, compilation di mash-up liberamente scaricabile. Un paio di pezzi (PJ Harvey + Ratatat, o M.I.A. + A-team Theme) sono eccellenti. Inoltre, per gradire, qui c’è la Best of 2007 mash-up compilation di Simon Iddol.
_Segni del declino della civiltà. Occhi a forma di gatta per tutti, con le lenti a contatto di Hello Kitty.
Belle and Sebastian – Are you coming over for Christmas? (Myspace > MP3)
[nuovo brano natalizio -primo inedio dopo The life pursuit– scaricabile solo oggi dal Myspace della band. Oppure -shht!- qui]
E’ così che comincia.
Torniamo tutti un’ultima volta a casa sua, prima che lasci la casa e si trasferisca. E’ uno di quegli eventi pianificati da mesi, perchè di questi tempi è impossibile far combaciare le agende di tutti senza un lungo preavviso. E’ come Capodanno, anzi, è meglio di Capodanno. Questa sera ci rivediamo, facciamo una cena come ai vecchi di tempi, quattro ore tra i fornelli, montagne di colesterolo, i bottiglioni di vino di Zampa, una playlist in shuffle che va da un angolo della stanza, e un po’ di vecchi amici che, anche se alcuni vivono ancora nella stessa città, da qualche anno non si vedono mai.
E’ così che comincia. Ed eccetto la parte con la morale, è come in un film.
Sabato sera. Prima della cena, intorno alle 7, mentre -ancora in pochi- cuciniamo, la Valeria ai fornelli e Vinz che fa la cheese cake, mi fermo un attimo, apro una birra, e contemplo la perfezione del momento mettendo su All my friends degli LCD Soundsystem.
All my friends è la mia canzone del 2007, un distillato di vita in sette minuti e quaranta che descrive lo zeitgeist del mio anno come nient’altro riesce a fare. E che, contemporaneamente, sottolinea senza possibilità di dubbio la grandezza di James Murphy, rocker, e DJ e produttore e filosofo, maestro di vita e figura torreggiante nel frammentato e spesso sconsolante panorma musicale contemporaneo. Col suo loop di pianoforte fuori tono che non esplode mai, la sezione ritmica ossessivamente serrata, le chitarre malinconiche e distratte e il cantato col cuore in mano, All my friends è una cavalcata perfetta nella forma quanto nei contenuti; e la cosa, considerando che il suo difficile argomento è il passare del tempo e il dover affrontare i rimpianti della vita adulta, era tutt’altro che scontata.
Mentre scontato -o meglio, perfetto- è il suo ruolo sabato sera, perchè All my friends parla esattamente di noi, parla di questo, parla di adesso. Parla di passare i primi anni della vita adulta a seguire un progetto, a costruirsi una carriera, una relazione solida, degli interessi indipendenti, un’autonomia e una qualche forma di autorevolezza nel proprio settore; e di rendersi conto, qualche tempo dopo, che tutto quello che desideri è di essere di nuovo con i tuoi amici, con lo stesso, identico, spirito che le responsabilità ti hanno fatto perdere. E’ possibile conciliare le due cose o siamo -sempre- condannati a scegliere, e in ogni momento a rimpiangere la nostra scelta?
Oppure una scelta reale non c’è e possiamo solo limitarci, prima di accorgerci che siamo morti, a fermarci ogni tanto a pensare «Where are my friends tonight»?
Se anche è così (ed è così, temo), e se anche ormai le occasioni sono sempre meno, se quasi tutti viviamo in città diverse, se gli acciacchi cominciano davvero a farsi sentire e se le responsabilità non ci lasciano tregua, una volta ogni tanto è bello poter dare una risposta a quella domanda: qui.
LCD Soundsystem – All my friends (MP3)
E nella vita viene il giorno in cui ti svegli, provi ad alzarti dal letto, e non ci riesci.
Da qualche parte nella tua schiena (zona trapezio sinistro, ti dicono) qualcosa ha fatto crack, e che sia una cotrattura o stiratura muscolare, un’infiammazione osteo-articolare oppure -non so- il primo sintomo di lupus o encefalopatia spongiforme (guardo troppo il Dr. House, lo so), il risultato è solo uno: senza cospicue dosi di antidolorifico soffri come un cane in qualunque posizione tu sia, e alcune altrimenti banali azioni quotidiane (come tirare su la tapparella, infilare la manica di una giacca o allacciarti le scarpe) sono fonte di dolori indicibili. Ora sono abbondantemente sedato (e la cosa ha alcuni piacevoli effetti collaterali, devo dire), e tale ho intenzione di rimanere almeno fino a stasera, in modo da non mancare la puntata di Get Black più sgarrupata della storia e il successivo, attesissimo, concerto dei Wombats al Covo.
Per i prossimi giorni, quindi, non spaventatevi se non avete mie notizie. Starò soffrendo in un angolo lamentandomi per il mio sconsiderato stile di vita, aspettando che il dolore passi. E se non passa, comprerò un bastone e mi improvviserò genio della medicina. In ogni caso, non potrà essere peggio di stamattina, no?
Notevolissimo: 100 reasons why you’re still single.
Una selezione:
#2: Credi all’effetto Axe.
#15: Sei tu quello che dà il via al trenino.
#10: Sei Courtney Love.
#32: Tieni un diario dei tuoi sogni.
#52: Hai più di zero pelouches sul letto.
#62: Hai scritto "Dungeon Master" sui tuoi biglietti da visita.
#69: Hai un soprannome che fa rima.
#60: Consideri i Maroon 5 "il tuo gruppo"
[e sempre tra le ottime liste di Radar Online: 50 things you should never say (#1: Questa è la mia canzone preferita dei Creed. #9: Scusa, è solo che questa suoneria mi ricorda la mia ex… #47: Sono sempre stato il tipo da deodorante facoltativo) e 100 Self-Help books you can do without (#14 101 cose che avresti potuto portare a termine se avessi viaggiato indietro nel tempo fino al momento in cui hai cominciato a leggere il titolo di questo libro #39 L’orgasmo maschile elusivo #41 La risoluzione dei conflitti: il metodo Pol Pot #66 Sei sicuro che vuoi il secondo? Instillare disordini alimentari nei tuoi figli)]
Mentre ieri sera alle 8 passate tornando dal lavoro senza ombrello durante il nubifragio più volento in cui ricordi di essermi mai imbattuto realizzavo che il federe mp3 player mi stava alla fine inesorabilmente abbandonando e dopo che avevo fatto tardi per tentare di risolvere il solito stronzissimo bug last minute che spunta sempre fuori prima di una presentazione (senza riuscirci, per la cronaca) dopo una settimana in cui era successo più o meno di tutto (ma niente di bello) uno si sveglia all’alba per andare alla suddetta presentazione, realizza che pure le scarpe si sono rotte, perde due autobus in fila e davanti alla porta dell’ufficio pesta una merda di cane. Ecco.
Fortuna che questa sera c’è Get Black (con, tra le altre cose, il Weekend turbolento PACK in regalo, i Don Turbolento al telefono, la sposa cadavere ospite, e un po’ di altre cose che non ho idea, ci penserò come al solito nei 5 minuti che precedono la diretta), domani i Micecars al Covo, dopodomani i Don Turbolento al Locomotiv, poi chissà, magari avrò anche il tempo di dormire, guardare le puntate di Californication arretrate, leggermi un libro e non so, qualcuno vuole un blog in gestione?
_Stasera a Get Black: il ritorno di OfflagaDiscoMax, con cui parleremo di uno dei musicisti degli anni ’80 che ha più influenzato la sua carriera artistica, a Quiz Black regaliamo Cash – I see a darkness, la bellissima graphic novel di Reinhard Kleist edita da Black Velvet, nell’imprescindibile rubrica della posta del cuore Cuori affranti rispondiamo finalmente alla prima lettera vera (potete indirizzare le vostre a cuoriaffranti @ getblack.it). E poi: Mamma non dire merda, Black Wave, il finto spot, la misteriosa assenza di Fabio, parecchie novità musicali da ascoltare e diverse birre da scolare. Stasera, sui 103.1 MHZ in FM a Bologna e dintorni, in streaming (e nei prossimi giorni -con calma- in podcast).
_Io sono la gomma, tu la colla: E’ uscito. Mi è arrivato. Stasera comincio a leggerlo. E’ The gum thief, il nuovo romanzo di Douglas Coupland. Dita incrociate, come sempre.
[e strategia promozionale fuori dal comune, come sempre]
_In mood cattedratico. E ancora a proposito di Coupland, tra un mesetto il sottoscritto sarà, in buona compagnia -blogghesca e couplandiana-, impegnato a presentare prima della proiezione Souvenir of Canada, il documentario in cui lo scrittore parla della sua terra; ovviamente nessuno dei due speaker è mai stato in Canada. (seguiranno dettagli precisi)
Qualche tempo dopo sarò impegnato a tenere una lezione dal titolo ‘Intrattenimento radiofonico e web 2.0’ davanti a persone che avranno pagato per ascoltare la stessa (non solo quella, fortunatamente).
E tra non molto il sottoscritto tornerà dietro una cattedra come fa ormai da diversi anni a questa parte come attività collaterale al suo vero lavoro (il giovane imprenditore, è noto), per parlare di web e affini. Mia mamma (ex prof. di Lettere alle Scuole Medie) è fiera di me.
_Da corvina a esangue, in poche mosse. Se mi chiedeste chi sono le persone chi invidio di più al mondo in questo istante non avrei dubbi: gli stronzi che hanno avuto la fortuna di assistere al concerto di PJ Harvey solo al Beacon Theatre di New York, due giorni fa. A giudicare dalle foto (qui, qui, qui e qui) e dalla scaletta dev’essere stata un’esperienza a dir poco mistica. Quando tornerai in Italia, Polly?
_In rain, bows. Questo blog non parla del nuovo dei Radiohead. Ma lo ascolta, e tanto.
_Come tagliarsi i capelli. C’è chi ha già notato qualche piccola modifica al template. Non è niente di preoccupante. Solo insonnia.
_Twi(s)terismi. esatto ora c’è anche il pannello di Twitter. Solo chi lo usa da un po’ può capirne l’utilità (per gli altri è una cazzata senza senso, e ovviamente hanno ragione); l’importante è che non è un feticcio, non ha un archivio, non ha una grafica. non è nulla che ci si possa dispiacere di abbandonare, quindi, come è comparso, un giorno sparirà.
_Primiera. Non ne parla quasi nessuno e la cosa, in effetti, non stupisce: domenica ci sono le primarie del PD, e non conosco quasi nessuno che vada a votare. Io sarò a parecchie centinaia di chilometri dal mio seggio, quindi anche volendo devo rinunciare. Altrimenti non so comunque se avrei votato; certamente non il vacuo generalismo di Water, probabilmente non Adinolfi, e di certo neppure Letta (mi è arrivato a casa un suo deliant con un cruciverba, il CruciLetta. Vi rendete conto?). Però l’ultimo -illuminante come al solito- post di Leonardo, quasi quasi mi farebbe fare un pensierino su Rosy Bindi, una che fino a un anno fa era impresentabile, e che invece ora sembra la più seria e moderna di tutti. Poi è pure mia amica su Twitter. Però non voto, no.
Il bello dei periodi di ripartenza come questo è che il tempo sembra avere un valore più alto del solito. La novità non è la sensazione che 24 ore in un giorno siano poche (quella è ormai costitutiva; non ricordo più l’ultima volta che ho pronunciato la frase «non ho niente da fare»), ma l’idea che -per una volta- la maggior parte di esse valgano davvero la pena di essere vissute. Tanto possono cambiamenti apparentemente di poca importanza come un nuovo ufficio, più grande, con un pavimento lucido, il boccione dell’acqua e scintillanti poltrone da lavoro color panna; il tipo di cose che, per il solo esistere, ti migliorano la qualità dela giornata anche se fai le stesse cose di sempre con le persone di sempre. Se, poi, lo intrecci col fermento del primo autunno, che risveglia la vita di una città disperatamente invernale come questa, e inanella più feste, aperitivi, presentazioni e serate in tre settimane che nel resto dell’anno, la cosa comincia a farsi interessante. E quando a questo unisci la prima puntata della nuova stagione di Get Black, stasera alle 21 (dettagli qui), con un sacco di novità, un quiz ogni puntata con premi bellissimi (stasera il My Awesome Mixtape Pack), rubriche deliranti, un sacco di ottimi pezzi nuovi e un sacco di birra da bere, il weeked non può che cominciare col piede giusto. E come se non bastasse stasera riapre anche il Covo, con il concerto dei nuovi beniamini retropòp Lucky Soul (che apre una stagione che presenta molti nomi interessanti, tra cui -e questa è una bella notizia- parecchi italiani), e a seguire il sottoscritto e Marina a mettere un po’ dischi in sala piccola; e ci sono talmente tanti ottimi pezzi nuovi da provare in pista che credo non metterò neanche gli Smiths.
Con premesse così promettenti, non so cosa ne sarà di questa stagione: quando si parte, o si riparte, a volte non si sa dove si sta andando. Ma se non sai dove stai andando, tutte le strade portano là.
AAVV – Previously on Get Black (MP3) !
Lucky Soul – Add your light to mine, baby (MP3)
Non ricordo la prima volta che l’ho letto. Doveva essere 5 o 6 anni fa, forse su un articolo di Wired; «Il blog è morto», diceva, spiegando come la moda di queste goffe piattaforme per pubblicare online i propri pensieri sarebbe presto finita. Dopo un po’ ne ho aperto uno, ed in Italia ce n’era appena qualche centinaio. Ora, solo qua, i blog sono circa mezzo milione.
Con gli anni, come è ovvio, le cose sono un po’ cambiate. Rispetto ad allora, oggi ciascuno ha un ventaglio di scelte molto più ampio per decidere che forma dare alla propria presenza online. Si può decidere di esserci anche solo con un volto, qualche parola e una rete di (presunte) amicizie virtuali, si può essere presenti con i propri gusti e consumi (musicali, letterari, cinematografici), si può comunicare unicamente in forma di immagini (ci sono degli account di Flickr così curati e aggiornati che valgono più di tante parole) o di video, oppure scegliere qualche piattaforma che consente di inviare aggiornamenti telegrafici sul modo in cui si passano le giornate e sui pensieri estemporanei che ti capitano. Se hai molto tempo libero, online puoi pure viverci in 3D.
Ci sono un sacco di modi di essere online, e praticamente tutti sono nati dopo il boom dei blog. Per eroderne la quota di utenti, imbrigliarla su piattaforme proprietarie (da rivendere poi a peso d’oro alla corporation di turno) e incantarla con la semplicità d’uso, il carattere distintivo e l’automatismo che un blog, nella sua versatilità, non può e non vuole avere.
Negli anni abbiamo osservato curiosi i collezionisti di account, spinti da un mix di completismo e paura di restare indietro, e ci siamo divertiti a guardare i tanti che passano da una forma all’altra, senza requie. Nascono blogger, si convertono a flickr, provano myspace ma poi no, hanno una breve parentesi come podcaster ma poi passano a twitter, ne capiscono la futilità e si buttano sul tumblr, e chissà cosa apre domani, loro sono pronti. Studiare questa frenetica ricerca della forma perfetta è divertente e istruttivo.
E’ divertente e istruttivo perchè dice tanto di noi, e del nostro modo di attribuire agli artefatti cognitivi che noi stessi creiamo dei significati che loro, di per sè, non avrebbero neanche per sbaglio. E’ interessante notare come sia più una ricerca di vincoli che di libertà, quella che ci guida, quasi che dovessimo farci dettare cosa fare principalmente dalle cose che non possiamo fare. Ci angoscia così tanto la responsabilità di avere un po’ di libertà?
Ultimamente va forte Tumblr, il dimesso mini-blog senza grafica, link e commenti. C’è chi ne apre uno come blocco di appunti semi-pubblico e sempre online, chi ne apprezza la possibilità di monologare senza il rischio di essere smentit da repliche o dal contesto, chi ci si inventa agenzia di stampa di virgolettati che non interessano a nessuno (producendosi nello stesso esercizio di distorsione della parole altrui tipico del pessimo giornalismo di cui non fa che lamentarsi), chi lo usa come minimale valvola di sfogo dalla propria identità online ormai diventata troppo ingombrante e chi, semplicemente, come archivio di quick link che non vada perso nel mare dei bit. E’ curioso notare come siano i vincoli e non le nuove potenzialità a delinearsi come una novità liberatoria.
Ogni anno spunta fuori la nuova piattaforma che ucciderà i blog. Dalla sua nascita li danno per spacciati, questi innocui siti gestiti da semplici CMS a ordinamento cronologico inverso, che ad alto livello diventano quasi dei giornali, a basso livello possono essere poco più che una serie di frasette svagate, che possono diventare affollati come forum, veloci come chat, descrivere il loro autore meglio di qualunque diario, svelarne e articolarne i gusti come neanche nei sogni del più fantasioso addetto marketing, eppure tecnologicamente rimangono più o meno gli stessi che erano quando sono nati.
La forma perfetta, per definizione, non esiste. Provate, però, a trovarne un’altra che le contenga (quasi) tutte, nello stesso modo disinvolto in cui ci riesce una cara vecchia piattaforma di blogging. La risposta, piuttosto, è un’altra: volete essere definiti da dei limiti, oppure da delle potenzialità?
Oggi mi sento così:
PJ Harvey – The Mountain (live @ NRK radio)
Ma anche un po’ così:
Tunng – Bullets
Chiedo scusa per la relativa latitanza degli ultimi giorni, ma il sottoscritto è stato impegnato nella messa in scena del film dal titolo ‘Come traslocare il tuo intero ufficio in tre giorni’, opera che racconta la titanica impresa dell’imballo trasferimento, disimballo, montaggio e installazione di tutto l’ufficio, comprensivo di computer, rete aziendale (ora diventata wireless), con contorno di doppio sopralluogo all’Ikea per acquisto di nuovi mobili, conseguente montaggio degli stessi (la parte più divertente di tutte, ovviamente), imbiancatura finale del vecchio ufficio (di domenica mattina, per gradire) e appendice oggi con arrivo e montaggio di suppellettili varie quali sedie, lavagne, mensole. A parte il brivido nello scoprire di essere ancora in possesso di alcuni muscoli di cui avevo dimenticato l’esistenza, un’esperienza che non voglio ripetere mai più.
The Jealous Girlfriends – The pink wig to my Salieri (MP3)
[Dan Perjovschi – What happened to us? (dettaglio),
Pastello di cera su muro, Venezia (Arsenale) – Biennale Arte]
Da un paio di giorni sono in ferie e -come volevasi dimostrare- ora che avrei tutto il tempo del mondo per aggiornare questo posto con qualche contenuto decente, non ne ho affatto voglia; si vede proprio che mi sento in vacanza. Per dire: stamattina mi sono svegliato ancora prima del solito, sono uscito a fare una passeggiata al parco, e sono rientrato a casa all’ora a cui di solito ne esco assonnato. Una cosa che normalmente non mi sognerei di fare neanche di notte.
Prima di scomparire offline per qualche giorno (non temete, prima di ferragosto torno, anche se sospetto che per un po’ il ritmo di aggiornamento sarà abbastanza rilassato), qualche segnalazione varia ed eventuale per chi ancora non è riuscito a fuggire dalle radiazioni degli schermi:
_Venerdì scorso i 4 cavalieri dell’Apocalisse di Get black (il sottoscritto, Fabio, Francesca e Offlaga Disco Max) si sono riuniti per il Season Finale della prima stagione dello show acromatico in onda tutti i venerdì sera su Radio Città Fujiko, con una puntata delirante dall’argomento perfettamente in tema con il periodo. Il venerdì precedente il tasso di delirio era stato ancora superiore, perchè c’era ospite Antonio e parlavamo (tra l’altro) degli 883 (dettagli e complimenti da Disorder – grazie!). Come al solito, il tutto è scaricabile nella pagina dei podcast. E, in radio, ci si rivede a fine mese in diretta dal gabbiotto della Festa nazionale dell’Unità.
_Come annunciato, il concerto degli Offlaga Disco Pax di sabato all’Hana-bi è stato preceduto dal set dei folgoranti Don Turbolento, che hanno confermato tutte le promesse contenute nel loro EP facendo ballare la folla con la loro electro suonata, un’ottima cover sintetica di I wanna be your dog e un paio di piccole hit come Spend the night on the floor e Take it up. Date retta a me, ne vedremo delle belle.
_Letture da ombrellone – fumetti: ho trovato Ferragosto di Luca Genovese più claustrofibico di quanto il titolo suggerirebbe, ma visto il periodo è una lettura consigliatissima, meglio se un torrido pomeriggio, in una città deserta. Se poi non l’avete ancora letta, l’Antologia Vol.2 degli amici di Selfcomics rimane un must.
_Letture da ombrellone – libri: finito il deludentissimo La pioggia prima che cada di Jonathan Coe, mi sono gettato nel noir Pessimi segnali di Enzo Fileno Carabba (per ora avvincente, anche se non esattamente il mio genere), e mi aspetta il pluri-consigliato Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron e Avverbi di Daniel Handler, comprato solo per la copertina di Daniel Clowes e perchè lui è il fisarmonicista dei Magnetic Fields. Vi saprò dire.
_Visioni da ombrellone: in saccoccia i pre-air dei piloti di Californication e Chuck, entrambi su consiglio di Colas. Anche qui, vi saprò dire.
_Ascolti da ombrellone: nessuno dei due è esattamente da ombrellone, ma nell’ultimo paio di giorni mi sono finalmente appassionato ad un paio di dischi a cui non avevo ancora dedicato il giusto spazio: The stage names degli Okkervil River (forse migliore anche di Black Sheep Boy?) e Spirit if di Kevin Drew, già boss dei Broken Social Scene; entrambi eccellenti.
Poi ci sono alcuni advance italici che anticipano un autunno che pare caldissimo (previste uscite di: Amari, Disco Drive, Trabant, My awesome mixtape, Settlefish, Amor Fou, Fake P, presto speriamo Vancouver e Don Turbolento e chissà cos’altro…), ma se ne riparlerà, eccome se se ne riparlerà…
_Vi lascio con il già pluri-linkato nuovo singolo di PJ Harvey, che anticipa il nuovo White Chalk, in uscita a fine Settembre. Una scelta spiazzante, che dà a una corta e ipnotica (narcotizzata, sarebbe meglio) ballata per piano il compito di promuovere un disco che pare essere tutto su questa linea: poca o niente chitarra, pezzi corti e non esattamente facili, molto intimismo e poco rock’n’roll. Con queste premesse sarebbe auspicabile un ritorno alle atmosfere del suo capolavoro To bring you my love, ma sospetto che saremo un po’ più dalle parti dell’assai meno compiuto Is this desire?. Parecchi dettagli su Uncut.
PJ Harvey – When under ether (MP3)