Una specie di sogno diventato realtà: i Lego Frank Lloyd Wright, per la nascente e già fighissima sezione Lego Architecture. Meraviglia.
Una specie di sogno diventato realtà: i Lego Frank Lloyd Wright, per la nascente e già fighissima sezione Lego Architecture. Meraviglia.
E il 18esimo mese resuscitò, grazie alla pazienza di 40 parrocchiani svedesi e 30.000 mattoncini Lego.
Lego Bookcase. Peccato per il colorino non proprio sobrio.
[grazie a ThisKid per la segnalazione]
Lego Minifig Motorcycle Helmet, di Sebastian Errazuriz (via)
Me l’hanno segnalato talmente tante persone che se non lo posto non la smettete: I LEGO N.Y. Piccole operte d’arte un po’ astratte che ritraggono una New York City minimale fatta di Lego.
[grazie a Emanuel, Matte, Lucy e .doc]
Il tipo di cosa che da queste parti ci piace un casino: 20 album covers recreated in Lego.
Inkiostro– un uomo che sta probabilmente limonando con Feist mentre io scrivo su un tovagliolino di carta al termine della festa di insediamento (il ministro sta attualmente ballando What is Love di Haddaway su un tavolo, tra Beppe Severgnini e Beppe Convertini)- Inkiostro, dicevo, mi ha gentilmente fatto notare di avermi donato un account quattordici anni fa, e di non averlo ancora usato. Conoscendo la potenza di quell’uomo, l’aver trovato Luca Barbarossa sul mio divano che suonava tutto il nuovo album non dev’essere stato un caso. Ordunque.
Mettiamola così: se avessi deciso di continuare a vivere a Salerno- cosa che non è stata possibile perchè al pronunciare la parola ‘stipendio‘ ricevevo in cambio lo stesso guardo di chi ha appena sentito pronunciare la frase ‘guarda che un alieno con gli stessi pois delle Pipettes ti sta rigando la macchina‘- ecco, se io avessi davvero deciso di rimanere lì, ora sarei alcolizzato perso. Essendomi trasferito a vivere altrove- in un luogo dove alla parola ‘stipendio‘ mi lanciano due banane e tre noccioline (queste ultime da prendere al volo)- ho un fegato ancora mediamente ammissibile. Per un ottantaquattrenne, intendo.
FENOMENOLOGIA DEL TERRONE DI RITORNO (A TRUE STORY)
Avere un fine settimana lungo a disposizione vuol dire avere più delle usuali trentasei ore traffico permettendo per tornare a casa. Trentasei ore traffico permettendo che normalmente possono riassumersi come: a) accendere ceri a Lari e Penati per essere anche stavolta sopravvissuto alla Roma-Napoli; b) entrare in casa, lanciare il borsone sul pavimento, fare un vago cenno di saluto all’antico genitore e lanciarsi nello struscio; c) dribblare con doppi passi e scarti brasileiri le orde di amici invecchiati male che spingono passeggini sul corso ed infine d) raggiungere chi di dovere al bar di riferimento, ed iniziare a bere.
Ci sono due orari ben precisi, mai dichiarati ma fermamente scolpiti nelle Sacre Tavole del Terrone di Ritorno (d’ora in poi, STDTDR): le undici e le diciotto. Prima, è un lungo susseguirsi di caffettini celebrativi del tuo ritorno nella città natia; dopo, un lungo susseguirsi di prosecchini barra martini celebrativi del tuo ritorno nella città natia. Intermezzati da qualche provvidenziale salto sotto al tavolo per evitare qualche altro amico invecchiato male che spinge passeggini.
Dalle STDTDR (volume primo, edizioni ISBN, postfazione di Massimo Coppola e Luca Barbareschi, euro 27): le due macrocategorie del Terrone di Ritorno.
1) il leghista. colui che, dopo quarantottore passate a rieti per uno stage, sfoggia un perfetto accento brianzolo. le sue frasi sono intercalate dal sintagma ‘voi che vivete ancora qui‘. la domanda introduttiva retorica ‘come va?‘ (quand’anche voi doveste rispondere ‘mah, normale. a parte che un lama mutante ha appena sterminato a colpi di sputo la mia intera famiglia‘) diviene semplice artificio teatrale per la successiva frase ‘io comunque guadagno (CIFRA) euro al mese. netti. e tu?‘. lì dove (CIFRA) è ovviamente un reddito che voi normalmente associereste solo a calciatori, veline e giornalisti che pubblicano cinque indignati libri al mese contro berlusconi.
2) il malinconico. gli viene l’occhio umido già al solo utilizzare il ‘voi’ al posto del ‘lei’ ordinando lo stracchino dal salumiere. le sue frasi sono intercalate dal sintagma ‘queste cose non mi succedono più, lissù‘- di nuovo accompagnate da occhio umido- normalmente mentre, reo di essersi fermato ad uno stop per non uccidere un’ottuagenaria, si ritrova accerchiato da una gang di tifosi nocerini che roteano mazze ferrate mentre un’allegra famigliola di quattro su una vespa senza casco gli ha appena divelto lo specchietto destro dell’auto. la notte, poi, lo si ritrova su una panchina del lungomare a sospirare alla luna ed al suo riflesso tenue, sbronzo, malinconico e solitario, mentre un giro di marocchini innervositi dalla sua presenza che non ricerca nè droga nè marchette, inizia ad escogitare la sua soppressione.
Eppure io ho sempre paragonato la mia cittadina di provincia alle sabbie mobili. Il che vale per Salerno (nel mio caso) o in quella che voi altri Terroni di Ritorno vorrete inserire al suo posto. Sonnolenta, rassicurante, soprattutto: comoda. Il risultato è la stessa differenza che passa tra quando hai un lavoro, devi fare mille cose in un giorno e finisce che ne fai millecinque, e quando non fai un cazzo da mane a sera, ne devi fare due e arrivi a fine giornata che ne hai fatte meno cinque. Sei lì, sonnolento, rassicurato ma soprattutto: comodo, e affondi. La provincia è così: il suo abbraccio è talmente forte che ogni singlo spostamento, ogni singola decisione diviene impossibile. E ne saprò qualcosa, avendo passato i miei ventanni (seconda fase della glaciazione del mesozoico, all’incirca), fermamente impegnato a lanciare freccette contro un muro bianco.
Che ne è stato di tutto quel dolore che abbiamo creduto di provare da giovani ma soprattutto di quella maglietta rossa che si avvitava così bene, insomma, mi ritrovo a pensare mentre Sandro Bondi e Bugo capeggiano il trenino brasileiro di una festa che si sta spegnendo. Nel frattempo, pare che Inkiostro abbia rapito il criceto di James Murphy e sia intenzionato a restituirlo solo dopo aver avuto remixata la sigla di Get Black e ricevuto l’assicurazione che i Rapture non faranno mai più dischi. E’ ora di tornare a casa. Speriamo che Luca Barbarossa se ne sia andato.
[Premessa]
Quando cinque anni fa nella stessa settimana iniziavamo a bloggare, il cantante preferito di Inkiostro (o così almeno allora avevo capito) era Nick Cave. Di lì a poco sarebbe uscito Nocturama. Quando due anni fa sul mio blog accostavo nella stessa foto Tiziano Ferro, Raffaella Carrà, James Murphy e i Daft Punk mi sentivo solo, molto solo. Poi, in una puntata di Get Black che oserei definire storica, venne dedicato il giusto spazio a Tiziano Ferro e io mi sentii meno solo. La cosa che non tutti sanno è che la traccia audio incriminata era stata manomessa da Inkiostro e quel Nicola era un riferimento subliminale a Nick Cave. Io sono maxcar e anche io sto con Ink.
[dopo i personaggi di Futurama in versione Lego, ecco l’intero set, purtroppo non ufficiale (magari!) ma costruito da un appassionato. Spettacolare. (via)]
Erano già linkate da uno dei siti che ho segnalato la settimana scorsa quando si parlava di Lego, ma le creazioni coi mattoncini di Ochre Jelly sono talmente belle che meritano un post tutto per loro:
Stephen Hawking
I personaggi di Futurama
Lo indicava anche il logo di Google qualche giorno fa: la settimana scorsa i Lego hanno compiuto 50 anni. Tra i tanti che hanno tributato ai meravigliosi mattoncini colorati l’onore che meritano c’è stato l’uber-blog tecnologico Gizmodo, che ha realizzato una imperdibile timeline con la loro storia, ha raccolto i best lego sets in history (tra cui il mitico parcheggio sopraelevato, il robottone spaziale blu, l’isola dei pirati e uno dei miei preferiti, l’albero di Robin Hood; peccato solo che ne manchino un sacco, almeno il castello giallo e il treno ce li potevano mettere..) e ha elencato alcuni impressionanti dati sul loro mondo:
• There are about 62 LEGO bricks for every one of the world’s 6 billion inhabitants.
• LEGO bricks are available in 53 different colors.
• 19 billion LEGO elements are produced every year.
• 2.16 million LEGO elements are molded every hour, or 36,000 per minute.
• More than 400 billion LEGO bricks have been produced since 1949.
• Two eight-stud LEGO bricks of the same color can be combined in 24 different ways.
• Three eight-stud bricks can be combined in 1,060 ways.
• There are more than 915 million combinations possible for six 2 x 4 LEGO bricks of the same color.
• The LEGO bricks sold in one year would circle the world 5 times.
• 40 billion LEGO bricks stacked on top of one another would connect the earth with the moon.
• A January 2008 Google search produces 57.6 million references to LEGO bricks.
• There are 55,600 LEGO videos on YouTube. [#]
Business Week invece ha ripubblicato il suo classico articolo The making of a Lego brick, mentre Boing Boing proprio ieri ha pubblicato uno dei suoi web zen dedicandolo a mattoncini e minifig (con alcuni link pregevoli: la chitarra -suonabile!-, New York, e l’impressionante portfolio di Eric Harshbarger); io, nel mio piccolo, ho sempre un’intera categoria del blog dedicata all’argomento.
Tanti auguri.
Una vera meraviglia: una catena di montaggio di lego che costruisce automobili di lego. Ora non resta che qualcuno crei una catena di montaggio di lego ancora più grande che costruisca questa catena di montaggio che costruisce automobili, e che…
[In tema con la notte di San Lorenzo: la Notte stellata di Van Gogh rifatta coi lego]
Lego e musica: quale connubio potrebbe essere più sublime?
L’espressività degli omini lego è quello che è, ma vi propongo un gioco: chi sono le band e gli artisti qui sotto? Si va dal mainstream all’indipendente, dal classico al nuovo, dal molto somigliante alla rappresentazione a casaccio…
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[Questo e molto altro nel fondamentale Top 10 strangest lego creations. Ci sono una Volvo a grandezza naturale, un Nintendo NES, una Polaroid, un case per l’iPod, un condizionatore (!), un clavicembalo, un flipper, un motore differenziale…]
Unità di archiviazione di ieri e di oggi /2
[l’hard disk esterno modulare a forma di mattoncino Lego è -ovviamente- una meraviglia. Altrettanto ovviamente, il sottoscritto ha comprato un banalissimo hard-disk esterno standard non più di un paio di mesi fa]
Mattoncino su mattoncino
Tempo fa, segnalavo che la Lego è in crisi. Come soluzione per evitare la chiusura dell’azienda che ha creato uno dei simboli chiave del ‘900, da parte mia suggerivo una ritargettizzazione del prodotto in direzione adulta per venire incontro allo sconfinato amore che molti di noi grandi, dopo averlo maturato nel corso dell’infanzia, provano ancora nei confronti dei meravigliosi mattoncini binari. Detto, fatto: News.com riporta ora che la compagnia danese degli amati mattoncini non solo ha lanciato il servizio Lego Factory, grazie a cui chiunque può progettare i propri modellini e farsi spedire i pezzi per costruirli, ma ha accolto di buon grado persino le pressioni delle comunità organizzate degli appassionati per rendere il servizio meno costoso e più flessibile. Un deciso cambio di rotta che sicuramente darà i suoi frutti.
A latere, nello stesso post, chiedevo: «Ma poi: voi dite i Lego o le Lego?». Dai commenti non è ovviamente emersa una risposta uniforme, ma quel che è certo è che un dilemma simile esiste anche nei paesi anglofoni. Tanto che l’azienda ha pubblicamente invitato tutti gli appassionati a riferirsi ai suoi prodotti con il termine Lego Bricks o Lego Toys e non con il più diffuso Legos. Un problema d’identità che fa un po’ tristezza, e che dimostra bene che da parte dell’azienda danese non sono tutti rosa e fiori. Alla fine, chiamateli come volete, ma i Lego sono tornati.
L’Orchestra colpisce ancora
Avete presente il bel video della Lego Star Wars Orchestra che ho linkato la settimana scorsa? Nei commenti LastManStanding mi avvisava che si trattava in realtà della sigla finale di un filmato ben più lungo realizzato con la stessa tecnologia; i segugi di Inkiostro si sono subito attivati, ed ecco a voi il filmato intero (Tasto destro, Salva con nome) in versione scaricabile. Il modo in cui le navi spaziali si distruggono e ricompongono vale da solo tutto il filmato.
Adoro quello che suona i timpani
Immotivatamente mi fa ridere come un bambino, e non sono neanche un fan delle trilogie di Guerre Stellari; la Lego Star Wars Orchestra è completamente inutile ma merita di essere vista.
Gondry ne andrebbe pazzo
[Oltre alla copertina di Nevermind dei Nirvana, un po’ di altre celebri cover di dischi rifatte coi Lego qui. grazie a Stranigiorni]