ipermerdaio

giovedì, 05 08 2010

Precursori

da Eddy a Inkiostro:

Tema: affinità e divergenze tra Michel Gondry e l'anonimo regista dell'opera in allegato. I miei coetanei si soffermano sull motivo musicale. Tu, che per motivi anagrafici potresti essere immune a reminiscenze proustiane, non vedi un continuum stilistico che porta dritto dritto (mutatis mutandis e con più ampia manleva di mezzi) appunto a un certo Gondry?

 

 

 

da Inkiostro a Eddy:

Beh, indubbiamente l'uso di effetti speciali analogici e di costumi volutamente poveri (invece che di effetti CGI che all'epoca esistevano già e che sicuramente erano nelle disponibilità di un regista così all'avanguardia) ricordano molto lo stile di Gondry, quindi non si può escludere che lo stesso si sia ispirato a questo video per costruirci sopra una buona fetta della sua poetica.
Dovremmo scoprire se per caso è andato forte in francia, ad esempio. Non ho dubbi che riuscirai a reperire questa informazione.

Ma il bambino che canta "Occhio all'occhio del ranocchio" è lo stesso di "Mi scappa la pipì papà"?

 

 

da Eddy a Inkiostro:

No, il bambino di Mi scappa la pipì è il figlio di un giornalista di Roma e ora lavora a SKY (conosciuto personalmente a Sanremo) mentre il bambino delle Mele Verdi si chiama Paolo Peroni (da non confondersi con il Pierpaolo Peroni produttore degli 883 e marito di Syria) ed è il figlio di Mitzi Amoroso, animatrice del progetto Le mele verdi.

 

 

da Inkiostro a Eddy: 

Genio. Ora lo pubblico.

mercoledì, 13 01 2010

If it’s not rough it isn’t fun

Su questo blog nominiamo Lady Gaga e Poker Face un giorno sì e uno no (non siamo snob schifosi). È con particolare piacere quindi che vi introduco al primo grande leak del decennio. Una monumentale discussione sul forum del Mucchio (aka FdC) intorno al fenomeno Lady Gaga (aka Stefani Joanne Angelina Germanotta) sta deragliando su binari sublimi e sul culto di Paul Van Dyk (aka Paul Van Dyk). Al suo interno un importante contributo come il Reboante Edit di Poker Face per mano di Pikkiomania (aka nihil82 aka Widex aka Caizzy) ha ispirato nelle menti veggenti di (appunto) Caizzy e Busy P. Sbirulino (aka Officina Gommy aka tOm) un progetto di cover senza regole registrate male.

PKFace Project

Gabberpunk, ambient satanico, l’inno dei mondiali, Bollywoodfunk, crauti cosmici e pop evoluto. La raccolta in uscita per Borla Records è già leaked (che sia colpa di the man machine aka traffic heart aka boblopette?) con tanto di bonus disc contenente l’esclusiva digital bonus track che ho registrato da esterno (aka ffwd aka batteriaricaricabile) indossando la cotenna ancora calda dello scuoiato Apparat. Per la vostra gioia in calce a questo post potrete sentire la gemma lush p(h)op di Cymbal Beurre. Dalle mie parti invece potete ascoltare il temibile dub pieno di dread di Bessemerr (aka betrayal aka ikke).

Cymbal BeurreMeet Pukkelface At The Festival, In Da Club, Floating In The Space. Mr. Pukkelface Everypapapaplace [MP3]

PKFace Project
AAVVPKFace Project [RAR]

giovedì, 10 12 2009

Po po po poker face po po poker face

Vocalmente non è niente di particolare, ma la coreografia VINCE.

 

venerdì, 09 10 2009

Politico a chi? Consulta for dummies

di

In questi giorni è tutto un gran fermento di analisi e arzigogoli sul rispetto delle istituzioni, delle sentenze, sul ruolo della Consulta e su altre amene questioni. Vorrei fare qualche considerazione grossolana sulla natura "politica" della Corte Costituzionale e su ciò che questo potrebbe voler dire:


1. La Corte Costituzionale, a differenza, ad esempio, della Corte di Cassazione, non è formata da giudici che, avanzando nella loro carriera, giungono infine a un traguardo così illustre. La corte ha formazione squisitamente politica, essendo costituita da 15 giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento e (solo) per un terzo dalle "supreme magistrature". Questa composizione non è ovviamente casuale: il ruolo della Consulta è di porre un limite alla discrezionalità del legislatore, un limite sostanziale al potere dei rappresentanti del popolo di legiferare. In questo senso, non si tratta di un giudice come gli altri. I giudici costituzionali sono un contrappeso al potere del Parlamento. Le leggi le fa il Parlamento, ma le leggi non possono disporre liberamente di certi questioni.

2. Il giudizio di costituzionalità delle leggi è una faccenda estremamente delicata. Chiunque abbia mai dovuto cimentarsi con un codice, una legge o un problema di diritto sa bene che le norme giuridiche non hanno molto in comune con le equazioni matematiche. Il linguaggio umano è uno strumento ambiguo e polivalente e anche il legislatore più capace lascia innumerevoli lacune, margini di dubbio, incertezze. Funziona così, non è un difetto di questa o quella legge (anche se ci sono norme migliori di altre, da questo punto di vista). E’ una cosa connaturata alla legge. E, spesso, è fatto pure apposta: il legislatore è vago (o flessibile) perchè gli risulta impossibile prevedere tutti i vari casi della vita a cui quella norma dovrà applicarsi. A fare questo secondo lavoro, via via che i casi della vita si presentano, ci sono i vari operatori del diritto e, in ultimo, i giudici. L’utopia positivista del giudice-macchina che applica la legge senza interpretarla è, appunto, un’utopia. Si può discutere (e ci sono scaffali e scaffali di biblioteche che lo fanno) su limiti e modalità di questa attività interpretativa. Ma non la si può eliminare. L’interpretazione è un’attività necessaria. Se questo succede per il più specifico dei codicilli tecnici, figuriamoci per una norma costituzionale. La Costituzione, per sua stessa natura, parla una lingua assai più aulica e generica: dispone un sacco di principi generali la cui applicazione è lasciata all’interprete. Prendiamo il famoso articolo 3, primo comma: Tutti i cittadini… sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza eccetera. La lettura spontaneista che invade oggi gran parte del paese è chiaramente infondata: l’art. 3 non vieta di certo al legislatore di prevedere trattamenti differenziati per diverse categorie di cittadini. Le leggi italiane (e di tutti i paesi) sono zeppe di trattamenti differenziati anche in materie delicatissime come il processo penale. E non è neppure vero che queste differenziazioni sono sempre fatte con legge costituzionale. Quello che dice l’articolo 3 (come è stato interpretato, di nuovo, da decenni di giurisprudenza costituzionale) è, in soldoni, che le differenziazioni fatte dal Parlamento debbano essere ragionevoli. Più principio generale di così è difficile trovarne.

3. Anche qui, ci sono scaffali e scaffali di libri sulla faccenda della ragionevolezza e su cosa significhi realmente. Fatto sta che se alla Corte Costituzionale viene chiesto di valutare la compatibilità di una certa norma con l’articolo 3 vuol dire – sempre grossolanamente – che le si sta chiedendo di esprimersi sulla ragionevolezza di un certo trattamento differenziato deciso dal Parlamento nei confronti di una categoria di persone o di situazioni. E’ ragionevole che il codice penale mandi in carcere fino a due anni chi turba una cerimonia cattolica e diminuisca invece la pena se la cerimonia turbata non è cattolica? Non è ragionevole, dice la Corte (sentenza 327 del 2002) e fine del trattamento differenziato tra cerimonie cattoliche e non. E’ ragionevole che il rapporto sessuale tra suocero e nuora debba essere punito come incesto, anche se suocero e nuora non sono parenti ma solamente affini? Sì, dice la Corte, è ragionevole (sentenza 518 del 2000) e l’incesto tra affini in linea retta rimane in piedi.

4. Non solo il trattamento differenziato è ammesso dalla Costituzione, ma talvolta è proprio l’articolo 3 (nell’interpretazione formatasi negli anni) a richiederlo. In altre parole, situazioni diverse non possono essere irragionevolmente accomunate con un medesimo trattamento. Col tempo, poi, la Corte ha ideato anche nuove forme di sentenze, definite dai costituzionalisti "sentenze manipolative", con cui non si dice semplicemente se una norma è conforme oppure no alla Costituzione, ma si dice cosa dovrebbe prevedere per superare il problema di costituzionalità. Tipico il caso in cui la Corte sentenzia che la tal norma è incostituzionale nella parte in cui non prevede la tal cosa. Queste si chiamano sentenze additive, in quanto, a conti fatti, aggiungono un pezzo di norma che il Parlamento non aveva deliberato.

5. La stragrande maggioranza delle sentenze della Consulta sono noiosissime e trattano argomenti ultratecnici e specifici. Basta pescare a caso tra le questioni recentemente sottoposte all’esame della Corte: norme sui riparti di competenze in materia di cancellazione dalle liste elettorali, tassa sulle merci imbarcate e sbarcate, modalità di erogazione dei finanziamenti relativi a certe funzioni attribuite alle Province eccetera eccetera. Sempre, però, anche per le questioni più tecniche, la Corte è chiamata a porre paletti e limiti al potere legislativo. A volte questi limiti sono più meno scritti nero su bianco, più spesso sono frutto di anni e anni di dottrina, interpretazioni, precedenti della stessa Corte, considerazioni sistematiche e parecchia altra roba complicata. Come tutte le sentenze (e come tutti i ragionamenti giuridici in generale) le sentenze della Corte Costituzionale possono suscitare obiezioni più o meno grosse. E negli anni, la Corte ha più volte esteso i confini dei suoi compiti, con estensione creativa della propria funzione.

6. La cosa è molto molto più complessa di così, ma mi sembra che possiamo trarre alcune conclusioni. Primo, la Costituzione ammette trattamenti differenziati e addirittura in certi casi li impone, purché siano ragionevoli. Secondo, i trattamenti differenziati possono riguardare anche principi e materie molto importanti, come la procedura penale (vedi il Tribunale dei Ministri), le immunità et similia (vedi il Presidente della Repubblica, i diplomatici, gli stessi giudici della Consulta), la famiglia eccetera. Terzo, i trattamenti differenziati non sono una deroga all’art. 3: qualsiasi trattamento differenziato deve essere ragionevole e questo è, in soldoni, quel che dice proprio l’art. 3. Quarto, i trattamenti differenziati non devono essere per forza introdotti con legge costituzionale (esempio: è una legge ordinaria che dice che i componenti del CSM non sono punibili penalmente per le opinioni espresse nello svolgimento della loro funzione). Quinto, il compito della Corte confina (e spesso si confonde) con un compito "politico", in senso alto: pone limiti di contenuto al potere legislativo del Parlamento eletto dal popolo. E’  vero che la discrezionalità della Corte è limitata e circoscritta, ma spesso è impossibile fissare il limite tra la valutazione tecnica e quella politica: dire il contrario è un po’ ipocrita.

7. La funzione della Corte Costituzionale è dunque politica, in senso lato e nobile. E non c’è vergogna a dirlo. Diciamo di più: data la vaghezza e la natura di molti principi, il giudizio costituzionale si presta molto a far trapelare le concezioni ideologiche e politiche di chi decide. Scoprire quindi che la Consulta decide in modo (latamente) politico è una non-notizia.

8. Il problema di questi giorni non è questo. Quali che saranno le motivazioni della sentenza sul Lodo Alfano, saranno discutibili e ha poco senso dire che "qualunque cosa decida è giusta per definizione: è praticamente la Costituzione stessa". Certo, è giusta per definizione come lo è, in un processo penale, una condanna definitiva della Cassazione. In altre parole, potrebbe benissimo contenere ragionamenti giuridici discutibili o addirittura incoerenti, ma la legge dice che a un certo punto qualcuno deve prendere una decisione finale. Punto. Per quel che ne so, in tempi di convivenza civile normale, una norma del codice di procedura penale che prevedesse la sospensione temporanea à la Alfano sarebbe probabilmente passata inosservata. O forse no. E’, appunto, discutibile.

9. Il problema è un altro. E’ che si accusa la Corte di essere faziosa in modo doloso e di agire deliberatamente a danno di un altro potere costituzionale. Anzi: si accusano poteri e organi e stampa e imprenditori di concertare a danno di un potere dello Stato.

10. I ragionamenti di diritto, anche quelli banali e imperfetti fatti qua, non c’entrano un bel niente. Il problema è che la civitas italiana si è sfasciata del tutto e dobbiamo solo sperare che non finisca in un coma irreversibile.

lunedì, 20 07 2009

Questa cosa vi metterà fame, ma anche voglia di correre

Olle Hemmendorff, Nike burger.

 

venerdì, 24 04 2009

E’ un bagno di sangue

In termini di arredamento, il bagno è spesso la stanza più noiosa delle casa. Perchè non movimentarla un po’ con gli accessori di Blood Bath? Tappetino con finte impronte di sangue e tenda della doccia con effetto shining. Ideali per gli ospiti sospettosi.
(via)

 

martedì, 03 03 2009

Il governo dei primi della classe

di
Avvertenza: Conclusione ad Alto Tasso di Desolazione.
Non leggere subito dopo i pasti.
La lettura è consigliata a un pubblico adulto e non incline alla facile disperazione

A novembre, David Brooks, editorialista neoconservatore del NY Times, si mostrò positivamente colpito dalle scelte di Obama per il suo gabinetto: i nomi che circolavano al tempo, secondo Brooks, erano quelli di persone moderate, professionali, non-ideologiche, dalla mente aperta, dotate di creatività pragmatica. Ma, soprattutto, primi della classe nelle più prestigiose scuole d’America:

Barack Obama (Columbia, Harvard Law) presterà giuramento mentre sua moglie Michelle (Princeton, Harvard Law) assisterà fiera. Là vicino, i suoi consiglieri di politica estera, tra cui forse Hillary Clinton (Wellesley, Yale Law), Jim Steinberg (Harvard, Yale Law) e Susan Rice (Stanford, Oxford D. Phil.), saranno raggianti. Ci sarà anche la squadra di politica interna, tra cui Jason Furman (Harvard, Harvard Ph.D.), Austan Goolsbee (Yale, M.I.T. Ph.D.), Blair Levin (Yale, Yale Law), Peter Orszag (Princeton, London School of Economics Ph.D.) e, ovviamente, il capo dell’ufficio legale della Casa Bianca Greg Craig (Harvard, Yale Law).

Insomma, con tutte queste università prestigiose tra parentesi, Brooks ci dice che quella instaurata da Obama sarebbe stata una "valedictocracy", come la chiama lui: il governo dei primi della classe (il simpatico neologismo viene da valedictorian, il migliore della classe dei diplomandi che ha il compito di parlare per ultimo nelle cerimonie di consegna dei diplomi).

Sulle virtù della primidellaclassocrazia – in italiano non suona molto bene – non tutti, però, sono d’accordo. Non lo è, in particolare, Lewis Lapham, storico direttore di Harper’s, oggi titolare dell’acuto e raffinatissimo commento d’apertura, Notebook, che esce a mesi alterni.

Negli ultimi sessant’anni, – scrive Lapham nel Notebook di questo mese – i funzionari deputati ad architettare le scelte di politica interna ed estera dei governi appena arrivati a Washington sono giunti equipaggiati con simili qualifiche – scuole di prima classe, relazioni sociali allo stato dell’arte, apprendistato in un organo legislativo o in un think tank – e per sessant’anni sono riusciti a indebolire invece che a rafforzare la democrazia americana, concludendo i loro mandati come oggetto di ridicolo se non sotto la minaccia di un processo penale. Gli enfants prodiges (noti anche come "i migliori e i più brillanti") che seguirono il presidente John F. Kennedy alla Casa Bianca nel 1961 hanno bazzicato le stanze dei bottoni abbastanza a lungo da condurre il paese alla Guerra del Vietnam. Henry Kissinger, altro fenomeno di Harvard, ha impresso all’arte del governo americana il modus operandi di una cosca mafiosa. L’amministrazione Reagan ha importato il suo vangelo dalla Facoltà di Economia dell’Università di Chicago (la parola d’ordine era "privatizzazione", "libero mercato senza restrizioni" il nome cristiano di Zeus) e così facendo hanno messo in moto ciò che sarebbe poi stato visto come uno Schema di Ponzi a lunga scadenza. Mettete in conto i contributi della Ivy League all’Amministrazione Bush – il segretario della giustizia John Ashcroft (Yale), il segretario della difesa Donald Rumsfeld (Princeton), il capo della Sicurezza Nazionale Michael Chertoff (Harvard) – e posso già immaginare una tesi di dottorato assegnata dalla Kennedy School of Government intesa a determinare quale tra le principali istituzioni di istruzione superiore del paese, nel corso degli ultimi cinquant’anni, abbia arrecato il danno maggiore alla salute e alla felicità del popolo americano.

Per realizzare il cambiamento che Obama ha detto in lungo e in largo di voler realizzare, sostiene Lapham, non bisogna rivolgersi ai Circoli che Contano.

Alterazioni socioeconomiche di magnitudine sufficiente per essere riconosciute come tali [cioé come quelle che Obama dice di voler realizzare, ndTrino] tendono a essere imprese collettive, solitamente condotte dal potere di menti e dalla forza di circostanze che stanno al di fuori, e non dentro, i circoli che contano – i barbari alle porte di Roma nel quinto secolo, le personae non gratae in Vaticano durante la Riforma Protestante nel sedicesimo secolo, gli autori della Costituzione Americana alieni dalle verità esatte che stavano sedute su cuscini di velluto nella Londra del diciottesimo secolo. 

Secondo Lapham le università americane non incoraggiano più la libertà di menti che rischierebbero di dar fastidio all’establishment. L’entusiasmo dell’esploratore, the amateur spirit che ha sostenuto la democrazia americana, è morto. Non è sopravvissuto, dice Lapham, all’America che è sorta dalle ceneri di Dresda e Hiroshima.

Dopo qualche guaio col riallineamento degli obiettivi educativi durante l’eccitazione degli anni sessanta, le università hanno accettato la loro missione di stazioni di via nel pellegrinaggio verso un illuminato egoismo.

Lapham è pessimista, certo. E teme che le speranze accese dalla campagna di Barack Obama siano destinate a rimanere deluse. Da solo, scrive Lapham, Obama non può realizzare il cambiamento promesso. E’ un ottimo organizzatore, un capace imprenditore politico e un carismatico oratore. Ma sinora il più grande successo dell’era Obama – e cioé l’elezione di un nero alla Casa Bianca – è stato realizzato dalla comunità di cittadini americani, the American citizenry. Il resto non può essere fatto solo dal Presidente. E affidarsi ai primi della classe per i cambiamenti epocali è una scelta fallimentare.

Ben altri problemi, si direbbe, quelli di casa nostra.

Se negli USA le migliori energie creative si sono ritirate dallo spazio civico e si sono dedicate quasi esclusivamente al sollazzo di noi consumatori, rendendo sempre più sofisticato e intelligente l’intrattenimento pop di ogni tipo (dai videogames alle serie tv, dal Web ai gardget tecnologici), in Italia i primi della classe non ci sono. Non ci sono quelli che si dedicano alla vendita di prodotti intelligenti. Non ci sono quelli che si impegnano nello spazio politico per architettare il Cambiamento. Ma non ci sono neppure quelli, accomodati all’interno dell’establishment, che preferiscono assecondare la conservazione. Forse non c’è un valido argomento razionale per dimostrarlo, ma ci sarebbe un pizzico di soddisfazione  in più nel poter imputare il declino italiano a giovani menti brillanti, piuttosto che a vecchi faccendieri mediocri. Poter dibattere sui danni arrecati dalle scuole di prestigio, piuttosto che non avere scuole di prestigio. Poter dissentire sul fatto che valenti studenti ambiziosi abbiano fatto il bene del paese, piuttosto che scorrere liste di gente dal curriculum imbarazzante anche per un datore di lavoro con standard scarsissimi. Poter addirittura criticare la missione conservatrice delle università italiane, piuttosto che sapere che le università italiane non hanno alcuna missione, non hanno alcuna identità culturale né buona né cattiva,  né conservatrice né progressista.

E’ una speranza penosa, ma faccio fatica a non coltivarla: vorrei poter leggere una critica pessimista come quella di Lapham sui mali del governo dei primi della classe in Italia. Ma qui non c’è traccia di primi della classe e non c’è traccia di Lapham. E se in questo momento tu lettore sei d’accordo con una speranza così  desolante, non credere di poterti ritenere del tutto innocente se domattina continuerai a farti i cazzi tuoi, in un illuminato (o così ti piace pensare) egoismo.

giovedì, 19 02 2009

Il giradischi che skippa

Troppo bello per essere vero, oppure semplice fuffa tecnologica?

Self-confessed retro lover is here to tell you about this remarkable find! Bringing a modern-day charm to the long-forgotten LP player is the Zero. 1. It’s a CD Player that can also play the vinyl records. What’s really unique is that a system has been incorporated where the device is able to “read” the gaps between the tracks, memorize them, and make it selectable, quite like how you would do with a CD. [#]
(via)

 

sabato, 17 01 2009

In your face, mediashopping

di

Klingon Keyboard. Si spiega da sé. Circa 44 sterline. Approfittate del cambio favorevole.

NoPoPo, "batteries that can be recharged using fluids such as beer, apple juice, cola, saliva and urine". 15 Dollari, la coppia.

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