Eddy Anselmi è un guru. Oltre ad essere probabilmente il miglior speaker radiofonico bolognese e una persona di rara simpatia, Eddy è senza ombra di dubbio il più grande esperto mondiale di quello straordinario evento di costume che è il Festival di Sanremo. Da ieri è in edicola (e la prossima settimana in libreria) Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone italiana, prima, mastodontica, opera enciclopedica dedicata alle 58 edizioni del festival, scritta da Eddy con la passione di un innamorato e dedizione di un pazzo. Ci fa l’onore di presentarlo qua, in prima persona, spiegandoci le ragioni di questa bizzarra (e davvero anticonformista) ossessione, raccontandoci (senza lesinare una doverosa previsione sull’edizione di quest’anno) una storia in cui molti di noi, in fondo, almeno un po’ si riconoscono.
Sanremo: unire i puntini
di Eddy Anselmi
Una passione che nasce nel marzo 1977.
Mentre le radio private si moltiplicano, gli autonomi sampietrinano, la celere carica, Cossiga al Viminale e i blindati in piazza, una sola settimana prima che la forza pubblica sfondi la porta di Radio Alice in Via del Pratello 41, io vedo per la prima volta il Festival di Sanremo.
Faccio la seconda elementare, di anni ne ho 7. Del Festival ho già sentito parlare. La locuzione non mi è nuova, ma non ho mai capito di cosa si tratti di preciso. A musica leggera non sono propriamente uno sprovveduto. Nell’estate 1976, avevo guadagnato il potere sul mangiacassette lasciato da papà a casa nel momento della separazione. La mamma aveva comprato una cassetta taroccata dove c’erano Fernando degli Abba, Dolce amore mio dei Santo California e Ramaya di Afric Simone. Il Festival del 1977 è bellissimo, rapido, a colori, una formula semplice semplice, tutta a eliminazione diretta: quarti, semifinali e finale a tre.
Vince Bella da morire: io non colgo le sfumature del caso, mi sfugge cosa voglia dire che "a sedici anni non si perde il cuore nemmeno se tu provi a fare l’amore". Santo cielo, un sacco di gente nelle canzoni "faceva l’amore" io non sapevo cosa volesse dire, sapevo solo che si cantava nelle canzoni. Io avevo perso la testa per una mia compagnuccia delle elementari con uno sguardo un po’ fricchettone da Uma Thurman, per dire, e il massimo della vita sarebbe stato invitarla a pranzo a casa e poi fare i compiti.
Sul serio, da lì a contestualizzare espressioni come "Sul tuo seno da rubare io non gioco più" ne mancava. Non me ne rendo mica conto, ma in quel momento ci deve essere stato una sorta di baco, nel mio hard disk. Vuoi per l’adrenalina della gara, vuoi per gli accordi in maggiore, vuoi per i forti sentimenti di cui tutto mi sembrava permeato: va a finire che tutto quello che erano canzoncine, e in particolar modo quello che erano canzoncine di Sanremo, zum, non se ne andavano mica via, rimanevano lì.
A forza di ricordarsele tutte, queste canzoncine, finì che sembrarono tanti puntini. Come il gioco della Settimana Enigmistica. E la figure che ne vennero fuori furono quelle di quelle irripetibili stagioni, con gli archi di Ruggero Cini che punteggiavano l’Emozione da poco di Anna Oxa, con la chitarra di Alberto Radius che suonava La canzone del sole, ma con le tastiere di Filippo Destrieri e la voce di Alice vinceva Sanremo. Figure complesse, come Lene Lovich, che canta tra i big nel 1982 ed è una delle poche volte che Sanremo precede una tendenza anziché seguirla con affanno. Pochi anni più tardi e Madonna e Cindy Lauper riproporranno con estremo successo il suo personaggio pre-newromantic. Ogni anno ci sono le canzoni di Sanremo, ogni anno diventano come madeleinettes intrise dell’unico sapore di quella particolare primavera, compresa quella Maledetta di Loretta Goggi.
Poi, era il Natale 1989 e i telegiornali parlavano della fuga di Nicolae Ceausescu e del colpo di stato in Romania, e io mi imbattei per caso in libri e riviste che raccontavano di com’era il mondo, la musica leggera, l’arte popolare, lo spirito del tempo prima di quel marzo 1977. E il Festival di Sanremo era una tappa annuale, una ricorrenza immancabile, con le sue foto che dal 1951 acquistavano il colore, con le sue canzoni che si vestivano di nuove sonorità, con i suoi protagonisti che acquisivano nuova personalità. Se i puntini da unire nel 1981 erano diversi da quelli del 1987, il gioco avrebbe funzionato anche per stagioni di cui non potevo conservare un ricordo nemmeno remoto? La risposta, sorprendentemente, fu sì.
E così scoprii un’Italia che esce dal conflitto senza una memoria veramente condivisa, rifugiandosi nei cori alpini e nel mito della I guerra mondiale, scoprii un paese profondo per cui tutto continuava immutato, con canzoni che potevano essere indifferentemente state scritte all’epoca dei telefoni bianchi. A fare la rivoluzione non fu il rock’n’roll. Furono i Platters, con quel ritmo "terzinato" su cui è costruita quella Nel blu, dipinto di blu che riporta le lancette della musica leggera italiana al passo con i suoi tempi il giorno stesso in cui il Senato approva la legge Merlin e gli americani mandano in orbita il loro primo satellite artificiale. Scoprii una generazione, quella dei bambini del dopoguerra, che arriva alla ribalta nel 1961, proprio a Sanremo, e da allora domina la scena italiana, musicale e non solo. Si chiamano Adriano Celentano, Milva, Giorgio Gaber, Edoardo Vianello, Tony Renis, Gino Paoli, Gianni Meccia, Umberto Bindi. Scoprii Mina, nemmeno maggiorenne: una forza della natura, in scena e fuori scena, come quando nel 1961 riceve nella sua stanza d’albergo l’inviata di cronaca rosa e costume dell’Europeo Oriana Fallaci e, a questa che le chiede cosa la giovane pensi delle donne saudite obbligate all’uso del velo, Mina risponde «Maometto, che nome carino: se un giorno avrò un figlio, voglio chiamarlo Maometto!».
E nel frattempo Sanremo continuava, intrecciandosi ai ricordi personali, diventandone pietra miliare, cerimonia, festa di precetto. Nel 1995 vengo invitato a raccontare la storie delle canzoni storie alla radio. Lungimirante e coraggioso, il direttore di Radio Città 103 Alfredo Pasquali dà il suo OK al numero zero di Fuori Target, rotocalco settimanale di musica leggera e di costume che per dodici anni ideo e conduco insieme a Mister Pink. Parlare di Pupo a Radio Città 103, tra gli Stormy Six e Enrico Capuano non fu indolore né accettato all’unanimità. Ma una volta in onda, la trasmissione divenne un piccolo classico. Da uno spin-off internet di Fuori Target nasce festivaldisanremo.com, il sito indipendente sul Festival di Sanremo, che -in un mondo che non conosce ancora la parola blog- viene fondato pochi anni più tardi, nell’autunno 1998 (ma che parte solo in occasione del Festival 2000).
Da lì parte l’idea di Festival di Sanremo Almanacco Illustrato della Canzone Italiana, che passa attraverso la rilettura di (quasi) tutti i quotidiani, rotocalchi, libri e riviste sul Festival degli ultimi quasi sessant’anni, l’ascolto (e la ricerca) di tutte le canzoni. Del baco dell’hard disk ve l’ho detto. Dopo questi ulteriori tre anni mi sembra di essere diventato un mostro. Mi sento come l’Henry Jekyll, o il Quebecchese Andre Delambre dell’Esperimento del Dr. K..
E anche se il refuso è sempre dietro l’angolo come un brigante da strada, è andata a finire che ho scritto 960 pagine che sono la storia del Festival di Sanremo, che l’ha pubblicato la Panini e che ne ha tirate alcune decine di migliaia di copie. Oltre al Festival, c’è una storia che parte dal piano Marshall e finisce con Barack Obama, ci sono le programmazioni cinematografiche da Amedeo Nazzari ai Fratelli Coen, c’è il concorso Eurovisione della Canzone da Lugano 1956 a Mosca 2009. E poi ci sono loro, le canzoni, gli interpreti, i parolieri e i musicisti. I concorrenti, insomma. Perché Sanremo è una gara. Il resto fa colore, se ne discute, se ne parla. Ma resta inessenziale.
A proposito (ma non ho ancora letto i versi dei motivi in concorso): quest’anno vince Marco Masini. secondi (oso) gli Afterhours, terzo (ahimè) Marco Carta. Altri due nomi? Francesco Renga e Nicky Nicolai, noblesse oblige. Premio della critica agli Afterhours o a Patty Pravo.
N.B. Musicalmente ho una vita privata che va oltre Sanremo, talvolta. L’ultimo disco che ho comprato è quello degli Animal Collective. Ho adorato gli Stone Roses e tutta la scena di Madchester, gli Stereolab, i Radiohead. Perché Sanremo sarà pur sempre Sanremo, ma non esageriamo.
Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana rappresenta il risultato di oltre 3 anni di lavoro di ricerca sulle 58 edizioni, sulle 1698 canzoni in concorso e sugli oltre 2.200 interpreti e autori che hanno concorso al Festival fino al 2008. Sarà in edicola dal 9 febbraio, e in libreria dal 18 febbraio 2009.
Eddy Anselmi – Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana. Panini, Modena 2009
960 pagg. colori / copertina cartonata / prezzo al pubblico € 19,90