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giovedì, 25/08/2005

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Super Size me (ma un po’ sempre la solita roba)
Ho comprato XL, il magazine
mensile nato sulle ceneri di Musica in edicola da oggi insieme a La Repubblica (con un euro in più; ma dal prossimo mese saranno due).
Primo sguardo. Carta patinata, formato gigante, Johnny Depp in copertina: è Rolling Stone.
Secondo sguardo. Rubriche scritte da celebrità varie ed eventuali (Vasco Rossi, Lucarelli, il Trio Medusa e parecchi altri; vedendone alcune come al solito verrebbe da pensare «a ciascuno il suo mestiere»), foto enormi, tanta pubblicità che sembra di avere in mano Io Donna, articoli di moda (anzi, di Stile): è Rolling Stone.
Terzo sguardo. Però, wow, ci scrive De Luca (è Rolling Stone!), c’è pure la Siri che parla, te guarda, di Pete Doherty e Kate Moss (bastaaa!), c’è addirittura un fumetto di 4 pagine di Daniel Clowes; mica male. E sfogliandolo non si può non notare quanto sia accattivante e ben fatto; più di Rolling Stone, probabilmente. Epperò per quanto possa anche essere piacevole, alla fine, XL è un po’ sempre la solita roba, già vista e rivista. Suppongo fosse folle aspettarsi qualcosa di nuovo proprio dal magazine gggiovane del secondo (o primo?) gruppo editoriale italiano; eppure, se non posso permettersi di farlo loro, chi può permetterselo? 

mercoledì, 24/08/2005

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Novantatrè caffè
Se li prendessi tutti insieme, sarebbe sufficiente a farmi tirare le cuoia. Sempre a voler dar retta a Death by caffeine, ovviamente. Non so perchè, ma non pensavo bastasse così poco.

mercoledì, 24/08/2005

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Se i soldi non fossero un fattore rilevante
Pitchfork sarà anche la webzine più antipatica del pianeta, ma quando il suo staff ci si mette è davvero tra i migliori a fotografare lo zeitgeist musicale, indipendente e non. L’articolo The Chumbawamba factor parte dall’intervista a Big Champagne -società specializzata nell’internet survey e, in particolare, nello stilare in modi più o meno fantasiosi la classifica delle canzoni più scaricate della rete- per dipingere un lucidissimo ritratto della situazione attuale e delle possibili evoluzioni del mercato discografico. Se si accettano le premesse di Big Champagne, studiando i flussi e le configurazioni seguite dal peer to peer e dal download legale è davvero possibile «assistere a quello che gli ascoltatori farebbero con la loro musica se i soldi non fossero un fattore rilevante». Bellissimo a dirsi, comodo a viversi (troppo?) ma più complicato di quanto sembra come fenomeno da valutare. Le conseguenze sono affascinanti e al contempo terrorizzanti: le library navigabili, gli audioscrobbler, i blog e i myspace creano geografie complesse di ascolto che tanto arricchiscono la personalità, le conoscenze e il gusto di chi entusiasticamente ne fa uso quanto sono rivelatrici di preziosissimi dettagli personali. In parole povere, per le ricerche di marketing sono una miniera d’oro di informazioni a costo zero. Inevitabile evoluzione della specie o Grande Fratello delle hit a tavolino anche nel mondo della musica indipendente?
Per la risposta è ancora troppo presto. Chi è pronto da tempo a profetizzare la fine dell’industria discografica as we know it, però, potrebbe ahimè essere costretto a fare un passo indietro.

martedì, 23/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
Io e le canzoni

Io, le canzoni, le consumo.
Le spremo fino all’ultimo grammo, ne divoro anche i più microscopici lembi, le ingollo fino all’ultimo goccia. A volte ci affondo le mani, le faccio traboccare e metà finisce per terra, altre volte ne assaporo ogni particella come fosse la cosa più preziosa del mondo, e raschio il fondo con un cucchiaio per non perderne neanche un frammento. Io passo alzato con le canzoni tutta la notte, come per sapere come vanno a finire. Scrivo negli spazi vuoti, strappo le pagine e le regalo in giro, a volte pure a degli sconosciuti, quasi sempre a persone che non le apprezzeranno, quasi sempre a persone che non me le restituiranno. Con le canzoni, io ci tappezzo tutta la stanza, le proietto nel cielo, ci cammino su, spesso le cavalco, alcune volte ci volo persino sopra, e guardo dall’alto tutti quei puntini sotto di me, che vanno ancora a piedi. E tutto sembra perfetto da lontano, come canta Ben Gibbard. Io con le canzoni ci faccio l’amore, mi unisco a loro nell’intimo e poi me ne allontano spaventato; ci discuto, ci esco a fare una passeggiata e ci passo le serate a guardare il soffitto. A volte non ci capiamo, litighiamo, finisco per odiarle e per abbandonarle, e spesso ne vengo abbandonato a mia volta.
Di solito, non ci rimane più niente, quando ho finito. Di solito rimangono gusci vuoti, senza neanche una briciola da cercare, o una grammo di polpa su cui accanirsi. E lo scheletro nudo e vuoto fa quasi senso, sembra una di quelle case sventrate in cui vedi la struttura portante senza che dentro ci sia più vita. Ma non le butto via, le canzoni, sono troppo sentimentale. Le conservo come si conservano le scatole di scarpe, che tornano sempre utili, e ogni tanto le tiri fuori e le riempi di nuovo, oppure come i vecchi giornali, tutti in fila in una teca a ricordarti le cose che sono passate, oppure come i vestiti dismessi, da regalare, quando verrà il momento, a qualche cuginetto più piccolo. Oppure, più appropriatamente, come i denti persi da bambino o i capelli tagliati. A ricordarti di cosa sei fatto.
[link originale – 14 maggio 2004]

lunedì, 22/08/2005

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Monday gaming (Maramouse edition)
Uno torna dalle ferie e dovrebbe rimettersi al lavoro con nuovo slancio e di buona lena. Cosa fare, però, se è lunedì, e se quasi per caso ci si imbatte in Avoider? Le istruzioni sono in giapponese come anche tutte le scritte, ma sono ben inutili quando è chiaro che l’unico scopo dell’infame giochino è tenere il puntatore del mouse lontano dalle grinfie del mostriciattolo che fa di tutto per impossessarsene. Sembra facile, e per un po’ lo è; peccato manchi un timer per verificare i tempi di resistenza. Vi basti sapere che sono andato avanti abbastanza da dimenticarmi la mole di lavoro che mi aspetta nei prossimi mesi. E che non è mica detto che quando il gatto non c’è il topo debba per forza ballare.

lunedì, 22/08/2005

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Che la nuova stagione abbia inizio
Se è vero che da queste parti niente finisce mai veramente, dev’essere vero anche che niente comincia mai veramente (anche se nessuno può provarlo, come nota Tom Barman). Eppure.
Eppure: dopo una breve pausa estiva, sabato scorso con l’inzuppatissima penultima tappa del Tora Tora al Mamamia di Senigallia ha avuto inizio la nuova stagione concertistica emiliano-adriatica. E dopo i set carichissimi di Paolo Benvegnù, Yuppie Flu, Perturbazione e il signor concerto degli Afterhours (il resto delle band me lo sono perso, ahimè), si preannuncia come una grande stagione. Anche perchè se Agosto è il mese più freddo dell’anno (e a giudicare da come sta andando, siamo lì), l’Autunno non può che essere meglio.
Sono appunto i Perturbazione, insieme ai Disco Drive e ai padroni di casa, gli ospiti di onore della serata organizzata dagli Offlaga Disco Pax alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia mercoledì 24/08; per tutte e tre le band sto cercando di battere il record di date viste in un anno, e segnare tre tacche con un colpo solo è un’occasione da non perdere. Un paio di giorni (il 26/08) dopo sarà Vicolo Bolognetti a sparare le ultime cartucce prima della chiusura, con l’atteso concerto dei Valentina Dorme. Prima della data successiva (il 2/09), quando al quadriportico  suoneranno i modenesi Les Fauves reduci da Benicassim (la scorsa volta mi hanno fatto una bella impressione), sarà cominciata pure qua la Festa dell’Unità, che nel consueto spazio dell’Estragon Summer Festival proporrà gli Afterhours (il 2, appunto), e avrà già proposto tra gli altri Quintorigo (il 25), PGR (il 27), Assalti Frontali (il 29) e Marta sui tubi (il 30). Sempre alla Festa dell’Unità il 3 sarà la volta degli autori di uno dei dischi dell’anno, i canadesi Stars, che supporteranno i connazionali Hot Hot Heat, per una data assolutamente da non perdere. Il giorno seguente ci sarà l’Independent Days Festival, ma a meno di inattese regalìe o sconvolgimenti dell’ultimo minuto, non credo che ci sarò; ok che vedere tutti lo stesso giorno i Bloc party, Maximo park, Futureheads, Ordinary boys, Bravery ed Editors rischia di essere un’esperienza non da poco (e di svelare in modo ancor più impietoso chi ci è e chi ci fa), ma dover sganciare una trentina di euro, slalomare tra le probabilissime sovrapposizioni tra i due palchi ed essere costretti a beccarsi Skin, Meganoidi, Subsonica o Bad religion (ah! i miei 15 anni..) non è proprio il massimo. Poco distante peraltro in quei giorni ci sarà il Pop-Gradara; peccato perderselo.
Il resto del mese propone l’unica trasferta senza se e senza ma, per i Wilco il 6 Settembre al MazdaPalace di Milano; si farà in tempo a tornare per beccare il 7 Pedro the lion (+ Mersenne) alla solita Festa dell’Unità. A metà mese ci sarà il classico appuntamento con l’Anti-MtvDay, all’XM24; l’appuntamento quest’anno raddoppia, presentando una prima serata (il 16) dedicata ad elettronica e hip-hop e la seconda serata alla classica pletora di pesissime band hardcore (dai nomi -come al solito a me quasi tutti ignoti- mi sembra un po’ un’edizione sottotono; ma probabilmente sbaglio). A fine mese ennesima data degli Offlaga Disco Pax, il 30 all’Estragon; dev’essere la quinta in meno di un anno. La stessa serata al Link c’è Original Silence, ignoto e probabilmente inascoltabile progetto sperimentale dietro cui si nascondono Thurston Moore e Jim O’ Rourke dei Sonic Youth, Terrie dei monolitici The Ex, Massimo Pupillo degli Zu  e un paio di jazzisti norvegesi.
E arriviamo ad Ottobre; la riapertura del Covo è prevista per l’inizio del mese, e per quella data si parla della presenza di una band scandinava che il sottoscritto ha già visto due volte negli ultimi due mesi ma che, diamine, vale sempre la pena di essere vista. L’8 ottobre ci saranno gli Spoon, e negli stessi giorni in Italia c’è in giro Stephen Malkmus, la cui vociferata data di Bologna non pare però essere confermata (sigh). Il resto del mese presenta almeno un evento irrinunciabile (gli Stereo Total il 15) e vari nomi interessanti: i Kaiser Chiefs il 12 (al Velvet di Rimini), i Teenage Fanclub il 20, Brendan Benson il 29. Si parla pure di date da queste parti di Smog, Animal collective, Art brut e -pare- del ritorno degli amatissimi Broken Social Scene.
Nello stesso periodo in zona ci saranno anche parecchi nomi da palazzetto: la costosissima unica data italiana dei White Stripes (il 21 /10), Bob Dylan (il 10/11) e i Coldplay (il 15/11). Per chiudere in bellezza l’evento sarà riavere in Italia dopo 5 o 6 anni e un paio di pacchi dall’ultima volta i dEUS, il 26/11 al Velvet di Rimini, per intornare insieme a loro Nothing really ends. Perchè, a quel punto, saremo di nuovo vicini alla fine della stagione; e ne avremo bisogno.

   
   

venerdì, 19/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
Blogging is unsexy?

Nerve.com fa una lista delle 50 cose meno sexy al mondo. Alcune sono davvero azzeccate: l’Instant Messaging, Il Signore degli Anelli (The movies are fine, but did you know that if you read the trilogy three times in a year you actually get your virginity back?), il Nu Metal, i cocktail con nomi sexy, il valium, i Coldplay, le candele, i chitarristi -in opposizione ai bassisti e ai batteristi- e Internet (All those people. All that porn. All that time. Nothing you can touch). E ancora: l’abbronzatura integrale (viva i segni del costume!), gli orsacchiotti, i piercing alla lingua, i rossetti aromatizzati e i cubicoli negli uffici (The ultimate in sexual frustration: a tiny little room too private to flirt with your neighbor and too public to pleasure yourself). E poi, ahimè, eccoli qua: i Livejournal e i blog. La motivazione è ineccepibile: How I’m feeling: bored. Song stuck in my head: "Raspberry Beret." Air of mystery that once surrounded me: gone.
[link originale – 25 settembre 2003]

giovedì, 18/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
Non ascoltarmi, sto mentendo

Ho un sacco di idee, ma spesso non interessano neanche a me; quindi le metto nel blog. Sono seriamente convinto che quando si è depressi e/o stressati dovrebbe essere preclusa la possibilità di postare. Tutto ciò vale anche per i (rari) giorni in cui si è euforici. Per non parlare, ovviamente, dei momenti in cui si è ubriachi o sotto l’effetto di qualsivoglia sostanza psicotropa: in quel tipo si situazioni ci dovrebbe essere un meccanismo che inibisce il caricamento della homepage di Splinder. O che ritarda di almeno 24 ore la pubblicazione del post, il che è in effetti quasi la stessa cosa, visto che una spietata cancellazione sarebbe a quel punto quasi certa. Credo che a un certo punto -presto, di solito- la persona e il blogger diventino due entità talmente separate che se si incontrassero una sera in un pub non solo non si starebbero simpatici, ma non saprebbero neanche di cosa parlare. Finirebbero per guardarsi le scarpe farfugliando frasi di circostanza, sperando che arrivi presto qualcuno a salvarli. Penso che non dovreste commentare questo post dicendo che ho ragione (vile) o che ho torto (facile); se proprio volete farlo (ma così rischiate di compiacermi, quindi forse non è il caso), provate ad inventarvi qualcosa di originale.
[20 ottobre 2004 – qui]

giovedì, 18/08/2005

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Pimp my case



Per quanto mi riguarda è un dato di fatto: i computer sono brutti. Il case di un normale PC è in media un monolite di qualche decina di centimetri tra il grigio e il bianco sporco, con un paio di lati arrotondati che vogliono sdrammatizzarne le forme ma finiscono per renderlo un oggetto ancora più brutto e serioso. Il fatto che finora pochissimi (tra questi, ovviamente, la Apple) abbiano pensato a dargli un aspetto più gradevole non finisce di stupirmi, soprattutto vedendo quanto i designer si sbizzarriscono per praticamente ogni altro genere di elettrodomestico o artefatto tecnologico (avrei due paroline da dire a chi ha progettato il telecomando del mio videoregistratore..). Ma perchè sto parlando dell’aspetto dei case dei computer sotto l’immagine di un’enciclopedia? Ci potete arrivare, dai…
[e l’ha fatta un italiano!]

mercoledì, 17/08/2005

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Si legga un Blog, qualche sera
Ovvero: un post che e’ un Blob. Visto che da queste parti si torna da 4 giorni di musica, cascinali persi nella campagna toscana, scogliere in cui si entra da dietro e penne alla castellinese, e visto che si ha ancora a disposizione una manciata di giorni da spendere sbadigliando nella casa natìa prima di tornare al lavoro e non si ha voglia di fare nient’altro che dormire, passeggiare e ubriacarsi, sul blog si prosegue a regime minimo, e si pescano post e notizie in giro per la blogopalla italica, che fortunatamente non è tutta in vacanza come qualcuno vuol farci credere.
A Ferragosto ad esempio Valido
è stato nella zona industriale di Venezia a vedere il concerto dei Motorhead, e ce lo racconta come solo lui sa fare, con l’occhio clinico che ci ha gia’ raccontato di metallari, darkettoni e indie-kidz. Date retta a me, meritano la lettura. Prima dei suoi fasti veneziani, invece, la crew di Seconda Visione ci regala il suo solito l’anno che verrà: impagabili pregiudizi cinematografici come se piovesse. Frattanto Trentesimo Anno potrebbe mostrarci le sue diapositive delle vacanze ma non lo fa, e ci segnala solo che è morto il gigante di Big Fish, Francesca ha percorso l’autobahn romagnola alla ricerca dello spirito di Tondelli che ricordandolo tutti vogliono dimenticare, Woland è alle prese con una sconfortante lotteria di paese, l’impareggiabile Lonoise linka la première di Do you want to, nuovo singolo dei Franz Ferdinand (e io confermo la mia forte perplessità), e Mondo Oltro rischia di diventare famoso in tutto il mondo grazie allo scoop sulla liason tra Costantino Vitagliano e l’attricetta americana di basso lignaggio Tara Reid (ma lui non era gay?). Il tormentone mediatico del momento, però, in questo periodo sono gli aerei che cadono (non so voi, ma io preferivo i doberman assassini); al ritorno dalla Russia Garnant ha avuto paura di volare, e come al solito lo racconta perfettamente senza raccontarlo. Marina ha parzialmente cambiato idea sul nuovo disco dei Death Cab for cutie ma non ammetterà mai che sono stato io a fargliela cambiare; quando la discussione sul valore di questa o quella band si accenderà troppo, però, magari è il caso di andare a leggersi la teoria reazionaria sulla deperibilità del rock di Indiepop blog (che cominciava qua) e di pensiarci su per benino Alla fine della rassegna, ovviamente, non vi dimenticate di leggere il solo, unico e originale Blob of the blogs. Poi magari andate a farvi due passi, chè oggi, fuori, si sta proprio bene.

mercoledì, 17/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
«Eh, che vuoi che sia…Mia mamma scopa con un morto da 30 anni e io lo chiamo ‘babbo’..»

Rivedere Clerks è sempre un’esperienza, soprattutto dieci anni dopo la sua uscita e svariati film di Kevin Smith -non tutti all’altezza- dopo. Ancor di più se tra un annetto ci vedremo tornare sugli schermi Dante, Randall e il Quick stop per il temutissimo seguito The Passion of the clerks. Valutazioni artistiche sul film a parte, la capacità del regista del New Jersey di creare un intertesto di riferimenti che non si esaurisce all’interno dello spazio di un solo film ha dell’ecccezionale, come gli appassionati possono notare in questa vecchia lista scovata chissà dove:

You’ve seen too many Kevin Smith movies when:
– You fear and respect the escalator
– The ending of Return of the Jedi doesn’t settle well with you anymore
– The theme to "Mighty Mouse" gets you sexually excited
– You almost laugh whenever someone asks what a Nubian is
– The phrase "f**k them up their stupid a**es" fills you with murderous rage
– You’re aware of the gay subtext of Archie comics
– You liked the idea of a Bluntman and Chronic movie
– You, if given the chance, would ask Stan Lee for advice on women
– You hang around in airports to watch mankind at its best
– You know and enforce the difference between an eatery in the food court and an autonomous unit for mid-mall snacking
– You understand and use the term "finger cuffs"
– You’ve said "snootchie bootchies"
– When a woman tells you she’s a lesbian, you don’t see how it changes your chances of sleeping with her
– You’ve been to a topless fortune teller
– You always check to make sure the person you’re about to have sex with in an unlit bathroom is, in fact, alive
– You claim to have a cousin named Walter
– You buy Alanis Morsette CDs with the hope that it will help you get into Heaven
– You know how much an average jizz-mopper makes an hour
– You’ve spit water on people just to make a point
– You doubt the validity of newspaper announcements
– You’ve rented weird porn to "expand your horizons"
– You’ve considered naming your cat "annoying customer"
– You consider the Universal Studios tour, when Jaws pops out of the water, to be the most romantic place to propose marriage
– You want Mr. Toad’s Wild Ride, just like everyone else
– When you hear the word "uncomfortable" you automatically think "back seat of a Volkswagon"
– You take a Magic Eye very seriously
– You’ve considered stink-palming someone OR you’ve asked someone if they want a chocolate-covered pretzel
– You, suprisingly, know about likeness rights
– You consider the word ‘tracer’ vulgar
– Whenever you see a painting of The Last Supper, you wonder where Rufus was sitting.
[link originale – 19 luglio 2004]

venerdì, 12/08/2005

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Se fai un post per punti bla bla bla
_Il tempo fa schifo, io sto per partire per 4 giorni, la prossima settimana in teoria sono in ferie e dovrei essere in 3 posti contemporaneamente che distano almeno 300 chilometri l’uno dall’altro. Chi trova l’incongruenza vince una bambolina.
_Niente di nuovo in Vista. O sì? Qua l’anteprima dell’aspetto che avranno icone del nuovo sistema operativo di casa Microsoft che impareremo ad odiare. Per motivi di affetto (?) personale mi colpisce molto il cambiamento del cestino.
_Vogliate gradire una decina di cover performate dai Belle & Sebastian. E se non sapete il tedesco, cliccate un po’ a caso come ha fatto il sottoscritto e vedete che il link diretto lo recuperate.
_Se durante la prossima settimana (lunedì pomeriggio, per dire) vi capita di imbattervi nella mia voce su Radio 2 Rai, niente panico; è un virus che ha avuto una certa diffusione da queste parti. A breve -forse- passa.
_QP, non gliela puoi fare. Tempo un paio di mesi che hai cambiato blog, e pure questo si è trasformato in un troiaio sibarita. Suggerisco di registrare subito il dominio.
_Quella dell’uomo morto mentre scopava con un cavallo la sapete già, immagino. Più che la faccenda in sè (che vabbè), è più interessante capire come sia possibile parlarne senza scadere subito sul volgare o sul sensazionalistico. Un po’ di cose qui e qui.
_La copertina di Cripple Crow, nuovo disco di Devendra Banhart, è una delle cose più brutte in cui mi sia capitato di imbattermi ultimamente. Un po’ come il disco, in effetti.
_Uno di quei link che fanno tutti tanto contenti: Encyclopedia of lesbian movie scenes. Assai completa, pare. Da queste parti si ricorda sempre con affetto (?) quella di Mulholland Drive.
_A Castellina, a Castellina! Da stasera per 4 giorni musica e altro tra i colli toscani. Tutte le info qui. Ci vediamo là, e dato che non credo avrò a portata alcun dispositivo connesso a internet, ci si risente non prima del 16.

giovedì, 11/08/2005

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And if these walls were made of paper

[L’Origami house è una casa interamente fatta di carta piegata. Gli incendi sono un po’ un problema; ma se non altro non teme i terremoti]

giovedì, 11/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
Perchè un plimmer è un plimmer è un plimmer
Recentemente ho avuto a che fare sia con un corriere espresso che con una operatrice di un call center; l’incrocio tra le incomprensioni che ho avuto col primo e i racconti esilaranti che mi ha fatto la seconda mi hanno fatto ridere il triplo della volta scorsa quando ho riscoperto il link ai 100 modi per far impazzire il call center di un corriere espresso.
[link originale – 20 settembre 2004]

mercoledì, 10/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
Ricordi e rosmarino

Se siete stati almeno una volta a Granada, in Andalusìa, non avete potuto non notarle; durante il giorno, agli angoli delle strade del centro, le donne zingare avvicinano i turisti parlandogli senza vergogna o cortesia, tentando di convincerli ad accettare i rametti di rosmarino portafortuna che offrono in cambio di qualche spicciolo. Ve lo ricordate, il rosmarino? Sì, vero? Bene, è esattamente quello che Suzanne Vega vuole da voi. Di per sè, ovviamente, non si tratta di niente di eccezionale. Il rosmarino, però, è un simbolo, e come tutti i simboli permette di ricordare cose ben più importanti, come i momenti in cui li abbiamo ricevuti, e ciò che hanno significato per noi. E’ proprio per questo che Suzanne Vega ha scelto questa parola, Rosemary, per dare il titolo alla sua canzone più bella, che proprio di Granada -e del ricordo– parla.
Rosemary è una perla nascosta: non si trova su nessuno degli album della cantautrice newyorkese, ma esclusivamente come inedito suoi suoi due Best (Tried and True e Retrospective), e nonostante la sua grande bellezza (o forse proprio per questo), è praticamente sconosciuta al grande pubblico.

Do you remember when you walked with me,
down the street into the square?
How the women selling rosemary
pressed the branches to your chest,
promised luck and all the rest,
put their fingers in your hair?

E’ una canzone che vuol fare ricordare, e vuol farsi ricordare, che parla del viaggio in una delle città più affascinanti del mondo, dell’incontro fulminante che vi è avvenuto, e della magia delle cose che non possono essere. Parla di un accident of fate, della coincidenza che ha fatto incontrare Suzanne con una persona di cui noi non sappiamo (e non sapremo) niente di più, dei giorni passati insieme, e delle passeggiate primaverili attraverso i bellissimi giardini della città.
Quando sono stato a Granada, quasi tre anni fa, il primo posto che ho visitato non è il grandioso complesso di palazzi e giardini dell’Alhambra, nè il pittoresco quartiere moresco dell’Albaìcin, e neppure la monumentale zona cristiana, ma la sconosciuta e deserta Carmen de los martires, niente di più che una villa ottocentesca diroccata con un piccolo parco intorno. Non potevo esimermi, ovviamente, dal seguire i passi di Suzanne Vega, e dal farmi incantare dalla placida e quotidiana bellezza di un parco, arso dal sole, le cui glorie sono ormai passate, e le cui assenze sono più importanti delle presenze:

In the Carmen of the Martyrs,
with the statues in the courtyard
whose heads and hands were taken,
in the burden of the sun;
I had come to meet you
with a question in my footsteps.
I was going up the hillside
and the journey just begun.

La «domanda nei suoi passi» (anche voi ne avete conosciute di persone i cui passi erano delle domande?), l’attenzione per le parti delle statue rubate dal popolo nel corso dei secoli (per il loro presunto potere beneaugurante), lo sguardo non comune che si sofferma sui dettagli minimi invece che sui soggetto sotto i riflettori (ricordate l’arcifamosa Tom’s diner, con la sua descrizione di una tavola calda in un giorno qualunque?) sono tutte espressioni esatte della cifra stilistica di Suzanne Vega.
In Italy in Spring -probabilmente la sua migliore poesia (non contando i suoi testi, ovviamente)- l’autrice newyorkese spiega la sua poetica, illustrando chi sono le persone a nome di cui tenta di parlare:

«Who do tou speak for?»
he said to me.

«The man in the corner
with the wish to be free.
The girl with no voice,
and no choice against the hardened language»

L’attenzione al linguaggio, lo sfrozo nel modellarlo per fargli assumere la forma più vicina possibile al pensiero, è un tema tipico in Suzanne Vega. Ad esempio in Language (da Solitude Standing, 1987), la folksinger si rammarica per l’impossibilità delle parole, «solide», di cogliere le sfumature, «liquide», del pensiero, che in un attimo se ne vanno senza tornare mai più.
Ma sono i versi finali di Italy in spring, altissimi, a condensare in modo perfetto la particolarità e l’unicità della sua voce. Continuando a rispondere alla domanda «A nome di chi parli?», Suzanne Vega risponde:

«The person in the cell
with the window so high
that you fall to your knees
if you want to see the sky»

La potenza e la semplicità dell’immagine della persona in prigione, che a causa dell’altezza della finestra è costretta ad inginocchiarsi per vedere il cielo, e la rima che incornicia queste parole, sono l’esempio migliore dell’alchimia sottile su cui si regge l’efficacia lirica delle composizioni dell’autrice newyorkese. E ciò permette di capire appieno la strofa successiva di Rosemary, in cui una serie di rime e allitterazioni sono il modo migliore per alludere ai sogni che si affacciano alla nostra realtà senza potervi accedere:

My sister says she never dreams at night
there are days when I know why;
those possibilities within her sight,
with no way of coming true.
‘Cause some things just don’t get through
into this world, although they try.

L’interpretazione dell’assenza di sogni come rifiuto delle realtà alternative -a volte desiderabili, quasi sempre impossibili- che essi profilano non è casuale. Il legame con il tema principale della canzone -il ricordo- è chiaro: il viaggio a Granada è stato memorabile, e sarà ricordato soprattutto per le cose che non sono successe, per quelle che sono state sognate, desiderate, sfiorate (We skirt around the danger zone and don’t talk about it later, canta l’autrice in Marlene on the wall) ma non si sono compiute, assenti come le parti delle statue della Carmen de los martires.
E così arriva inaspettato il finale della canzone, dopo neanche 3 minuti, brusco e improvviso come un risveglio inatteso, ma dolce esattamente come la cosa che un attimo prima si stava sognando.
Ed è una semplice richiesta: Ricordami.

All I know of you is in my memory
And all I ask is you remember me

Ascolta Rosemary.

[Trovate Rosemary nel primo best di Suzannne Vega, Tried and True (A&M, 1998), mentre Italy in spring è nel libro Solitude Standing – Racconti, poesie, canzoni inedite (Minimum fax, 2000), di cui è comunque consigliatissima l’edizione originale (The passionate eye – The collected writings of Suzanne Vega, HarperCollins, 1999), molto più bella graficamente e ricca nei contenuti]
[link originale – 11 marzo 2004]

martedì, 09/08/2005

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Inkiostro – Palinsesto estivo
La vita dopo Douglas Coupland

Sull’ultimo numero di Pulp -di cui parlavo qualche tempo fa– c’è anche una bella monografia di 4 pagine su Douglas Coupland. Uno dei miei scrittori preferiti, se foste stati distratti gli ultimi 6 mesi.
L’articolo, scritto da Claudia Bonadonna, ripercorre tutta la sua produzione, a cominciare da Generazione X, il suo esordio, datato 1992.
Coupland è motlo bravo nel dipingere questo tableau vivant dell’apatia di una generazione di "profughi della Storia". Una generazione che ha fatto della confusione e della pigrizia il proprio credo, che ha introiettato la rabbia dei padri trasfrmando la rivoluzione in un cinico ideale interiore, che sguiscia veloce attraverso concetti e catalogazioni, e che resiste passivamente.
Il libro seguente è Shampoo Planet (1994, tradotto furbescamente da noi col titolo di Generazione Shampoo), definito un modo molto ben strutturato per raschiare il fondo del barile e gettare in faccia agli insaziabili reporter di trend giovanili gli avanzi scaduti del sistema. Un libro effettivamente minore, di cui però si nota il nucleo: La magnifica utopia della guerra civile dei padri (durante i mitologici anni ’60) trasformata in distopia dai figli, nel mondo esploso e cinico del presente. (…) Ma la reazione non è violenta. Al contrario è un lasciarsi ribollire con freddezza e spavalderia, è un ridersi addosso con spleen superiore, è un raccontarsi con leggerezza graffiante e pop.
L’unico passo falso dell’articolo è probabilmente il modo in cui viene trattato La vita dopo Dio (1996), forse il libro di Coupland che a tutt’oggi preferisco. Un libro di un’intensità e illuminazione tale che definirlo una riposante parentesi verso un ordine maggiore delle cose sembra davvero un crimine. Prima o poi mi metterò giù, e scriverò un post per spiegarvi il valore di quel libro.
Microservi (1996), altro capolavoro del nostro, è uno di quei libri di cui un blogger che si rispetti non può fare a meno: è infatti scritto in forma di diario minimo -più o meno come un blog- e parla di un gruppo di amici e colleghi che lavorano alla Microsoft. E’ un libro di una ricchezza impressionante, pieno di osservazioni semplici e geniali sul mondo e sulla vita, e la sua intelligenza continua a stupirmi. Rispetto ai libri precedenti, Microservi ha il sapore di una gioiosa metafora di apertura alla vita, di un ottimismo giocattoloso e vagamente sentimentale che prende teneramente in giro certe inclinazioni narcolettiche. Dan e i suoi compagni sono nerd, è vero, eterni bambini aggrovigliati in un reticolo di chip e byte, spasmi d’amore e problemi d’interfaccia con il mondo reale, eppure escono e vivono. Rischio di essere retorico, ma è un libro che mi ha davvero insegnato qualcosa.
Una raccolta di saggi, articoli e racconti sparsi, eppure decisamente organica: Memoria Polaroid (1997) è il ritratto dello spaesamento per un’epoca che ha consumato in fretta i suoi miti e perso ogni senso storico d’appartenenza. Per un mondo che vive sui ricordi effimeri delle istantanee e delle cartoline, che ripiega sulla memoria a breve termine, come la RAM di un computer.
Gli ultimi 3 libri di Coupland vengono liquidati, forse inevitabilmente, abbastanza in fretta. A parte il più ambizioso Fidanzata in coma (1998) –che fiorisce, a cominciare dal titolo, di citazioni tratte dal repertorio degli Smiths, mentre il resto della storia trascolora in un bizzarro (diciamo pure, per l’ennesima volta, postmoderno) e calibrato cocktail di fantascienza, favola, tragedia e commediaMiss Wyoming (2001) e il recente La Sacra Famiglia (2003) sono piccoli capolavori di plateale divertissment e di commistione spiazzante di generi, che regalano piacevoli ore di lettura ed una narrazione sagace ed acuta ma meno originale che in passato.
Un gran bell’articolo, per un autore che tra qualche decennio comparirà senza dubbio sui libri di letteratura. Consigliatissimi a tutti; sia Coupland ed i suoi libri che questa notevole monografia.
[9 giugno 2003 – qui]

   
   

martedì, 09/08/2005

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Inkiostro – palinsesto estivo
Come e peggio dei canali estivi, per un po’ questo blog contamina il suo palinsesto con qualche replica d’annata. Vecchi sketch dell’infanzia o giovinezza di questo blog, mischiati a nuovi post estivi irrinunciabili come gli scarti di magazzino che danno in prima serata o come il quiz condotto da Pupo. Di tutto un po’, e se del caso aggiornato; chissà che non vi fosse sfuggito.

martedì, 09/08/2005

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Monday gaming (Tuesday edition)
Sono sempre qui, non temete. Si lavora praticamente tutto Agosto, con un weekend qua e uno là e qualche giorno off di tanto in tanto per ricordarsi che è Agosto. Come se non bastasse questa città deserta in cui pure i lavavetri sono in vacanza e i rari passanti, quando si incrociano per strada, sono quasi tentati di salutarsi.
Cappello introduttivo a parte, se avete di meglio da fare NON cliccate sul link che vi porta a Metaphysik: è un errore di cui potreste pentirvi per varie ore, quelle che sono necessarie per finirlo. Perchè un gioco del genere, il cui livello di difficoltà è esattamente a metà tra banale e impossibile, non può essere lasciato a metà. Buon divertimento.

[grazie a Stranigiorni]

mercoledì, 03/08/2005

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Le Frequenze sono sempre Disturbate
_A meno di una settimana dall’inizio, finalmente il cast del festival più amato da grandi e piccini pare definitivo e tutti gli asterischi, gli E altri da definire e gli In arrivo sono scomparsi. Sul palco principale nessuna novità di rilievo (è giusto scomparso Micah P. Hinson, ma pazienza), mentre il nuovo Velvet Stage riserva alcune ottime sorprese, come gli amatissimi Sprinzi (con nuovo album all’attivo), l’ineffabile Artemoltobuffa, il sempreverde Bob Corn e i rinati Midwest (il cui nuovo disco, a differenza del precedente, mi piace assai). Il fantomatico palco con ospiti a sopresa pare scomparso dal programma, anche se da queste parti erano già giunte notizie di un nome poco noto dietro cui si nascondono personaggi di un certo calibro. Vedremo.
_Lancio la colletta: un grafico per Frequenze Disturbate. Devono aver speso tutti i soldi nell’organizzazione (ah ah!), perchè quest’anno i manifesti, i volantini e il sito sono terrificanti: sfondo stile tappezzeria del ‘700 direttamente riciclato da 2 anni fa, idem per il logo, testi in Times New Roman e sito di una sola pagina formattato peggio di come saprebbero fare certi diciassettenni di mia conoscenza. Un euro per uno, e magari le magliette escono fuori decenti.
_50 euro per un festival del genere sono troppe? Non sta a me dirlo (secondo me, in ogni caso, sì), ma certamente sono troppi i 7 euro di diritti di prevendita. Fatevi un favore: comprate l’abbonamento o i biglietti direttamente alla cassa, tanto il tutto esaurito è oltremodo fuori questione. E occhio ai parcheggi circostanti, diventati tutti a pagamento un annetto fa, e per cui è stato persino creato un (costosissimo, ovviamente) abbonamento ad hoc in occasione del festival. Ho già visto i vigili urbani fregarsi le mani, quindi fate voi…
[e -come sa bene qualcuno- sabato mattina c’è direttamente la rimozione causa mercato..]
_Se arrivate in città (vabbè, paese) già giovedì, scrivetemi 2 righe all’indirizzo in alto a sinistra; può essere che quella sera si faccia qualcosa.
_Passo e chiudo. Ci si vede questo weekend.

mercoledì, 03/08/2005

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Sempre di mezzi di trasporto si tratta
Non riesco ad immaginare niente di più assurdo di un paio di rarissime scarpe del brand sportivo più famoso del pianeta con sopra il logo dell’abominevole compagnia ferroviaria italiana. Eppure non solo esistono (si chiamano Nike Futura) ma -pare- non c’entrano nulla con Trenitalia. Un designer pigro? Un costosissimo svecchiamento d’immagine via sponsorizzazione non ancora pubblicizzato? O una causa legale milionaria pronta a partire?

martedì, 02/08/2005

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L’arte (?) si annida dove non te l’aspetti

[Arte o no, l’idea di I like drawing mi piace assai]

martedì, 02/08/2005

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Into the eye of the storm no sign of rain
L’Estate è l’ultima sera di Luglio. I Calexico suonano lontani, noi siamo in fila orizzontale davanti allo stand, accenniamo timidi movimenti a tempo e siamo stanchi ma con gli sguardi contenti. Una versione assolutamente incredibile di Quattro -una di quelle canzoni che preferisci citare sbagliando-, poi El picador, Alone again or che ormai è quasi troppo familiare e Guero Canelo che si stampa in testa e se ne va solo alle 4, arrivati a casa. Siamo tutti lì davanti, pochi e lontani dal palco, stanchi e forti di un distacco dalla folla che ci proietta direttamente in prima fila. Parliamo poco, ci scambiamo sguardi d’intesa, di serenità e di soddisfazione, quando non sono prese in giro con la crew dei Tasti neri o sorrisi con la ragazza del merchandising divertita da come, dimentico di tutto e tutti, io stessi ballando da solo The crystal frontier nel mezzo del nulla. Non c’era -e non c’è- quasi niente da dire. E questa, probabilmente, è la cosa più bella di tutte.
[bonus video: Calexico with Mariachi – Quattro (Live at Barbican)]

lunedì, 01/08/2005

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Monday gaming (Odio i touchpad edition)
Io il touchpad lo odio. Non riesco ad immaginare niente di più scomodo per comandare un puntatore di quella maledetta mattonellina sensibile al tatto che ha la precisione di un motopicco per un chirurgo platico e che è sempre pronta a far partire le applicazioni esattamente quando non devono. Il mouse, meglio se ottico, rimane invincibile, e gli preferisco finanche la terrificante trackball o l’inossidabile joystick (quello sì che era comodo…quanto ricordi di serate passate a giocare a Montezuma sul Commodore 64..); se poi devo fare della grafica non ne parliamo: le probabilità che io mandi a cagare il computer e preferisca darmi al giardinaggio salgono a dismisura. Ma siccome, mio malgrado, ultimamente mi capita di averci a che fare sempre più spesso, sto provando a superare il problema. Un buon metodo è giocare all’IBM Wimbledon Tennis: con un mouse vinco sempre, con il touchpad mai. E quasi sempre a due punti dalla vittoria. La domanda ora è: supererò prima io il problema o oltre a odiare i touchpad finirò per odiare anche il tennis?

venerdì, 29/07/2005

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A minuti parte il tour bus
Previta probabile latitanza dal blog per i prossimi 3 o 4 giorni. Il sottoscritto è in tour: ora ad Urbino, stasera e domani all’Ancona Indie Weekend, domenica al Soundlabs. Se vedete un nerd in versione high school americana in compagnia di due bimbe gotike allo stand di una certa rivista, feel free to say hi.
Se invece siete in padania, considerate l’idea di andare qua.
Per tutti gli altri, perdete pure i sensi divertendovi con questa.

giovedì, 28/07/2005

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A summer wasting (il caldo fa sudare flussi di coscienza)
La mia citazione preferita relativa all’Estate e A summer wasting dei Belle & Sebastian, anche se le mie Estati alla fine non le considero quasi mai sprecate, ed anzi questa in particolare è fatta di una tale quantità di pieni a fronte di un’esigua fisiologia di vuoti che è l’innata tendenza a pensare che da qualche parte ci sia sempre qualcosa di meglio e il languore  per la mancanza di languore a causare il solito ingenuo autocompiacimento. Eppure Bologna, bagnata sudante di un caldo criminale, riserva serate in osterie clamorose, piazze vocianti e sodalizi inattesi e irregolari. E persino quando al lavoro si finisce in ciabatte, si
sta tutto il giorno alle prese con le pompe (no, non quelle pompe) e si creano insolite solidarietà telefoniche tra non-vacanzieri con clienti e colleghi sparsi in giro per l’Italia, mentre di là adesso c’è un colonia di formiche arrivata oggi -evidentemente anche loro vogliono fare un po’ di vacanza- c’è dietro una consapevolezza dell’entità seria di tanto valore, che non è chiaro in quale modo la situazione potrebbe davvero andare significativamente meglio. C’è pure in giro un altro bel pezzo nuovo del disco dei Death Cab (Marching bands of Manhattan, qui per servirvi), una serie di romanzi invitanti sul comodino, una valigia piena che non si capisce bene se va svuotata o riempita ancora e un paio di mail importanti che attendono risposta. Da queste parti, di questi tempi, non c’è bisogno di mete rutilanti, progetti che non saranno rispettati o eventi che andranno ricordati. Ci si accontenta di poco, quest’anno, e si gode di quello che gli altri non consumano. Si gode degli sprechi dell’Estate degli altri: ecco cosa vuol dire A summer wasting.