Mica solo il sorriso è un’enigma
Questa Monna Lisa qua sotto ha qualcosa di strano…ma di cosa è fatta?
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«I più gruppi indie?» «Illuminami con un po’ di clichè»
Non sia mai che io lasci le richieste esposte in modo bizzarro inascoltate: oggi, signore e signori, un po’ di segnalazioni. Indiepop, per la precisione, chè anche se la stagione che arriva non c’entra granchè, da queste parti ultimamente si ascolta soprattutto roba del genere.
_E’ il violinista in uno dei dischi più osannati dell’anno scorso (l’esordio degli Arcade fire), ha suonato con quasi tutto il gotha della scena canadese e ora pubblica sotto il terrificante nome Final Fantasy un disco di pop cameristico inusuale e molto bello: è Owen Pallett, e o è un genio o un pazzo. Può stuccare, certo, ma se non stucca incanta. (Ascolta Please Please Please)
_C’è un solo modo per essere certi che un disco pop funzioni davvero: ascoltarlo la mattina andando al lavoro in ritardo su un autobus affollato mentre il cielo si rannuvola. Mio malgrado mi è capitato, e ho accertato che Nice and nicely done della Spinto band è proprio l’ottimo disco che mi era sembrato ai primi ascolti. Non cambierà la vita a me nè a nessun altro, ma certe giornate oh se le cambia.. (Ascolta Did I tell you)
_Degli Amazing pilots mi sono innamorato alla follia un paio di giorni prima di vederli dal vivo di supporto a Pedro the lion. Giovani, irlandesi, fratelli, bravi. Per nulla originali, soprattutto quando un loro pezzo ricorda un po’ troppo il gingle della vecchia pubblicità dei biscotti Plasmon; eppure, non so bene perchè, sono incantevoli. Un paio di altri giorni dopo il concerto la follia mi è passata, ma me n’è rimasto un ottimo ricordo. Fossero tutti così, gli innamoramenti.. (Ascolta The price of winter)
_E’ idealmente da qualche parte tra i Death Cab for Cutie e i Coldplay, si chiama Monta, è tedesco e, per quanto ciò possa risultare assurdo, funziona. Nel suo disco When circles begin c’è una canzone che sono in grado di ascoltare anche 10 volte di fila; non so spiegarmelo, ma mi ipnotizza. (Scarica da Rapishare I’m sorry e ascoltala in loop)
_Un gruppo che si chiama Math and Physics Club, ‘il club di matematica e fisica’ non può che conquistarmi già dal nome. Ancora di più se finora ha pubblicato solo una manciata di EP su Matinèe e se suona del gentilissimo indiepop adolescenziale che sta da qualche parte tra Ant, Belle & Sebastian e i Lucksmiths più in punta di piedi. Attendiamo il primo full-lenght, intanto procuratevi Weekends away, Movie Ending Romance e Graduation Day. (Ascolta Movie ending Romance)
E in più, in regalo, altri 4 mp3-link:
_Gli Arcade fire che funereizzano Maps degli Yeah Yeah Yeahs. Il mio parere è anche no, ma in giro piace.
_Illin-noise, remix album che rifà l’intero Illinoise di Sufjan Stevens (torrent). Divertente, anche se ovviamente niente di più.
_Dei Faunts non so quasi nulla se non che a Ottobre esce il loro esordio, che di loro ho ascoltato solo una canzone (Memories of places we’ve never been) e che ho già l’acquolina in bocca.
_Il bizzarro industrial indie-pop degli Half Cousin è stato uno degli ascolti più piacevoli del mio Agosto. Vogliate gradire Country Cassette, una canzone che si fa benvolere già dal titolo.
I semafori italiani non si adattano
I semafori pedonali americani, invece, si prestano assai a diventare vittime dei Thundercut (un articolo su di loro qui), coppia di artisti newyorkesi che usano ‘remixare’ le segnaletiche luminose applicandogli sopra una sorta di adesivi che le trasformano in qualcosa di diverso (ma non le coprono). Il cartello qui sotto è dalle parti del CBGB, per dire.
Mongoloid he was a mongoloid Happier than you and me
Imperdibile: l’immortale Mongoloid dei Devo rifatta dal gruppo vocale tedesco Popchor. La premiata ditta Motherbaugh e Casale sarebbe sicuramente fiera di loro.
Cinque dubbi più o meno amletici
_Davvero a breve moriremo tutti (‘solo’ un 80%, in realtà)?
_Ma il tipo che doppia gli animali a Paperissima Sprint (quello del tormentone ‘Vicini Vicini’) come fa a guardarsi allo specchio la mattina? Cosa racconta ai suoi figli?
_Esiste al mondo un’altra radio (oltre a CittàFujiko, ovviamente) in cui per quindici sere il direttore sta ad uno stand della festa di Liberazione a cuocere arrosticini (anche mentre piove, con l’ombrello) e il DJ rock più noto della città serve ai tavoli?
_Ma quanto è bella Great Waves, frutto della collaborazione tra Cat Power e i Dirty Three che uscirà ad Ottobre nel nuovo disco del trio australiano?
_Ora che Scalfarotto pare avercela fatta, che percentuale prenderà alla primarie? Si accettano scommesse.
[per me non va sopra il 2%. Io però mi sa che lo voto.]
Mick Harvey said it best
Della variopinta marmaglia di musicisti che negli anni ha accompagnato Nick Cave, con il nome di Boys next door prima, di Birthday Party poi e di Bad Seeds alla fine e tuttora, il mio preferito è sempre stato Mick Harvey. Non una personalità superiore del calibro di Blixa Bargeld (già leader degli Einsturzende Neubauten), non l’istrionico e bravissimo violinista Warren Ellis (già nei Dirty Three), e neppure gli storici Barry Adamson, Hugo Race o Rowland S. Howard (che hanno poi abbandonato il cantautore australiano per intraprendere ottime carriere soliste); il mio preferito è sempre stato il tranquillo Mick Harvey, polistrumentista che non brilla per tecnica o personalità ma che, rimanendo per lo più nell’ombra, è l’unico ad accompagnare Cave fin dagli anni del liceo. Harvey è responsabile del suono che Cave ha avuto negli anni almeno quanto (se non di più di) Cave stesso, e c’è chi dice che senza di lui (che pure ha avuto anch’esso discreti problemi di droga), Nick Cave ci avrebbe lasciato le penne una quindicina di anni fa.
A differenza di quesi tutti gli altri Bad Seeds Mick Harvey non ha alcun progetto collaterale (era nei Crime and city solution, ma sembrano secoli fa), e si è sempre accontentato di dare piccoli apporti a dischi altrui, al più di produrli (Stories from the city, stories from the sea di PJ Harvey -no, non sono parenti-, il misconosciuto capolavoro Sex O’clock di Anita Lane) o al massimo di pubblicare qualche colonna sonora e un paio di (bei) dischi di cover di canzoni di Serge Gainsbourg. Dopo 25 anni di carriera, però, Harvey ha da poco pubblicato One man’s treasure il primo vero disco suo a tutti gli effetti, ancora in buona parte composto di cover (Lee Hazelwood, Tim Buckley, ovviamente Nick Cave) come da copione, ma con un’identità artistica originale e ben delineata. Si tratta di un disco di gran classe (anche se, va detto, non esattamente bellissimo), ‘classico’ nello stile e degli arrangiamenti, con molte buone canzoni e un paio di brani davvero belli.
Tra questi c’è Hank Williams said it best (che trovate qui), cover dell’artista country di Guy Clark, una specie di filastrocca di saggezza popolare che si incolla al cervello e non se ne va più. Sono indeciso se considerare il suo testo come un insieme di banalità o l’inno definitivo al relativismo; so solo che la canticchio da un mese senza poterci fare nulla. Di solito qualcosa vuol dire. Come Mick Harvey, questa volta, qualcosa vuol dire.
Doh Re Mi Fa Sol
Non che io sia riuscito a vederlo più di un paio di volte, vista l’ora, ma oggi come ogni autunno Futurama è stato interrotto per fare -di nuovo- spazio ai Simpson. Decidete voi se è una cosa da festeggiare o meno (per me no; Bender e soci mi fanno ormai ridere ben più di Homer e soci, che sono fondamentali ed epocali ma -non so come dire- un po’, ecco, vecchi). Intanto cuccatevi questo link che ho riesumato non so dove (ma l’avrò anche già postato?) con tutte (o quasi) le canzoni delle 16 serie del cartoon da scaricare. Sono più di 100, fate un po’ voi.
Monday Gaming (Flying spaghetti weekend edition)
Avendo passato tutto il weekend a montare quello che sarebbe facile scambiare per un videoclip (lunga storia) e a grattare via da un muro cinque strati di infame carta da parati e uno di colla, questa volta non ho avuto molto tempo per il gioco del lunedì. Il mio faticoso fine settimana deve però aver commosso qualcuno lassù, e la soluzione si è materializzata quasi da sola sotto forma di Flying Spaghetti Monster – The Game. Un gioco di una stupidità rara, sia chiara. In linea di ciò di cui parla.
Gloria Gloria Gloria al Flying Spaghetti Monster
Il sottoscritto se ne dichiarava seguace già in tempi non sospetti, poi le cose hanno seguito il loro corso e, dopo essere comparso su praticamente tutti i media mainstream anglosassoni e non, il Flying Spaghetti Monster è sbarcato persino su Repubblica. Di qui ad essere riconosciuta come confessione religiosa a tutti gli effetti, il passo è breve.
[No, non vi state sbagliando, è proprio una cazzata e niente più. Neanche tanto divertente, peraltro. E per questo è irresistibile.]
Katrina and the waves*
Ovviamente non troverete su queste pagine alcuna riflessione di geopolitica sociale nè commenti commossi (o maligni) sugli accadimenti di una settimana fa a New Orleans; non è il luogo adatto, e non credo di essere in grado di dire nulla di vagamente originale o interessante in merito. Troverete invece, come al solito, una manciata di buoni link, e un’impressione laterale. Quella, cioè, che una catastrofe naturale di queste dimensioni accaduta al paese più ricco e tecnologizzato del mondo sia un’occasione più unica che rara (speriamo lo rimanga, almeno) di vedere davvero all’opera le tecnologie pervasive che normalmente usiamo per sollazzarci o -al meglio- per rendere più comoda la nostra vita quotidiana e che all’uopo possono rivelare un potenziale inatteso anche nell’affrontare le calamità. Sui blog americani (in particolare il celeberrimo Boing Boing) è tutto un fiorire di segnalazioni di ogni genere, c’è Internet Archive che lavora per raccogliere materiale informativo di qualunque tipo da aggiungere alla sua biblioteca digitale, l’avveniristico Scipionus che sfrutta Google Maps per fornire una mappa interattiva in tempo reale della situazione in Louisiana usata persino dai soccorritori (un articolo di Wired in merito qui), siti come Katrinahousing in cui migliaia di persone fanno la fila per offrire la loro ospitalità alla massa di sfollati, e tantissimi Wiki sorti spontaneamente e utilissimi per capire davvero cosa sta succedendo da quelle parti (ad esempio il completissimo wiki generale e PeopleFinderVolunteer, che aiutano a riunire i nuclei familiari dispersi). Certo, poi ci sono ovviamente anche gli sciacalli (più o meno celati) e ancora un sacco di problemi di libertà di espressione e di cronaca, ma del resto sono cose inevitabili. Quel che è certo è che, ancora più di quanto è successo l’11 settembre, Internet si è rivelato una risorsa inattesa a volte persino in grado di fare la differenza. Ora come ora potrà anche sembrare poco (perchè, rispetto alle migliaia di morti e alla condizione inumana in cui versa ancora gran parte della regione, *è* poco), ma in futuro non ci giurerei.
[* che ve li ricordiate o meno, sono il gruppo anni’80 che cantava Walking on sunshine. Mai nome di band fu meno adatto al momento; e pensare che su Mtv Italia un buontempone qualche giorno fa ha pure passato il video. E giusto 3 minuti prima di questo post il sempre fondamentale Mondo Oltro ha rivelato che Katrina (senza i Waves) ha deciso di tornare a fare musica proprio in concomitanza con l’uragano omonimo. E’ in uscita il suo nuovo album solista intitolato, con grande tempismo, "Turn The Tide".. Rabbrividiamo.]
Che musica farebbe un cd se potesse suonare da solo?
Glitchtronica minimale, pare.
Dalle mie parti si dice che hai il raspino
«Rokr» è un verso che mi evoca concetti come tosse, catarro, raucedine, sciroppo. E invece. La musica nel cellulare sarebbe una rivoluzione?
[molto meglio il Nano, anche se a me evoca un’idea di fragilità difficile da scacciare. Come al solito ci si riempe la bocca con la parola rivoluzione, anche quando -come in questo caso- si continua a girare intorno alle solite vecchie (buone, certo) idee]
Lost Lust
Oltre ad andare a un sacco di concerti (stasera trasferta a Milano per i Wilco), a leggere meno del solito, a lavorare a ritmi alterni, a dormire poco, a soffrire di crisi di autostima letteraria e divorare gigantesche insalate, da queste parti ultimamente si sta perdendo la testa per Lost, ‘nuova’ serie televisiva della BBC andata in onda l’anno scorso in USA e su Sky, e pronta ad approdare su RaiDue l’11 Ottobre. Dopo aver visto una manciata di puntate e il bellissimo trailer girato sulle note di Numb dei Portishead e firmato da David LaChapelle (via Woland), credo che non ce la farò a resistere e mi farò iniettare in vena subito tutta la prima serie per placare la curiosità. Chi l’ha già visto sa di cosa sto parlando, e può capirmi.
Monday Gaming (Flip Flop Fly edition)
Come gioco del lunedì, Flip Out è in qualche modo ideale: si gioca anche a cervello spento, una partita non dura più di qualche decina di minuti, e il livello di additività è talmente alto che inevitabilmente alla prima partita ne segue una seconda per vedere se si riesce a fare meglio. La pazienza, però, dura poco, e ciò è bene. La mia mi ha consentito di arrivare, non so bene come, intorno al trentesimo livello, poi ho preferito cercarmi qualcosa di meglio da fare. Non so se l’ho trovato, però.
[Non c’entra nulla ma l’ho saputo da poco: questo pomeriggio potrete sentire per l’ennesima volta la mia voce su Radio Due Rai. Magia magia.]
INdecePENDEnt days and nights
[Bologna, Parco Nord – 3 e 4 Settembre]
Un po’ di appunti più o meno random sugli highlights del festival del weekend appena concluso.
Stars. Essendo costituzionalmente votato a un realismo pessimista, prevedevo il peggio per la resa live degli autori di uno dei dischi pop dell’anno. Ma per fortuna mi sbagliavo clamorosamente: la band sa stare sul palco in modo meravigliosamente sfasato ed entusiasta, la scaletta è stata perfetta (non è stata ignorata neanche la vecchia e bellissima Elevator Love Song) e la resa ottima. Commovente in più punti, divertente in molti altri, una speranza trascinata dall’istrionico Torquil Campbell e dall’adorabile Amy Milan che si conferma certezza.
[Su Delay-Decay-Attack ci sono altre belle parole e belle foto]
Hot Hot Heat. Tamarri oltre ogni aspettativa, ma pure bravi oltre ogni aspettativa. A fronte di un repertorio con pochi picchi (ma che picchi) e parecchie valli, la band canadese ha fatto un set carichissimo impossibile da non ballare. I suoi membri sono improbabili quanto i loro assoli (uno per strumento!), i loro stivali a punta e il look (e le pose) da Brian May mancato del cantante Steve Bay, un uomo in grado di suonare la tastiera da sopra, sotto o di lato, in spaccata o in salto, il tutto cantando nel suo radiomicrofono tra una capatina giù dal palco e un’arrampicata sull’impalcatura luci. Francamente improponibili, ma francamente una bomba.
Editors. Suonare sul palco grande alle 2 non aiuterebbe nessuno, suonare new wave darkeggiante sotto un sole cocente neanche, e suonare da epigoni di una band di epigoni neppure. Eppure il quartetto inglese ha fatto il suo sporco lavoro, con un set onestissimo che ha bucato la cappa di indifferenza del pubblico, soprattutto con i bei singoli Blood e Munich. Niente per cui strapparsi i capelli, ma i ragazzi ci sanno fare. Ho il sospetto che sentiremo ancora parlare di loro.
Maximo Park. Con un frontman che sembra Mr. Bean in preda a convulsioni e tre pezzi del calibro di Apply some pressure, The coast is always changing e Going missing si può fare quasi qualunque cosa. E la band di Newcastle l’ha fatto, mandando in delirio una insospettabilmente consistente parte del pubblico dell’arena che pareva conoscere tutti i testi a memoria, con notevole sopresa del sottoscritto e degli scribacchini musicali circostanti. Rimane l’impressione di un’ottima performance e la voglia di vederli in un concerto di durata intera in un club (succederà il 16 novembre all’Estragon). Peccato che il concerto successivo ne abbia, a posteriori, un po’ diminuito l’efficacia.
The Futureheads. Altra giovane band inglese, e anche se i generi -pur non troppo distanti- sono diversi, il confronto con i Maximo Park è inevitabile. Sarà che i Futureheads sono stati avvantaggiati dal suonare in un palco più piccolo e al chiuso, sarà che virando spesso su certo nervoso punk e post-punk la dimensione live è esattamente la loro, sarà che sono venuti dopo e non prima; in ogni caso il quartetto inglese mi ha convinto molto di più dei Maximo Park. Tecnica impressionante, melodie vocali elaboratissime eppure perfette, chitarre potenti e la sicurezza sul palco di chi sa che farà strada: un set impressionante. E quando dal cappello tirano fuori un singolone come Decent days and nights siamo dalle parti del capolavoro.
The Bravery. Nella diatriba tra chi ci è e chi ci fa, i Bravery erano quelli più a rischio. Finalmente abbiamo la risposta: i Bravery ci fanno, ma ci fanno dannatamente bene. Il loro look sarà anche irritantemente perfetto e il loro senso dello show decisamente marcato, ma ce ne fossero di band con questa resa live e con pezzi come Human Mistake e Unconditional; alla fine ogni pregiudizio va a farsi benedire e ci si ritrova a ballare senza neanche accorgersene. E si finisce per apprezzare ancora di più la loro spudorata equazione a somma zero che mischia i Duran Duran meno beceri, il nuovo rock inglese franzferdinandeggiante e un tocco di chitarra à la Guns. Non si esce vivi dagli anni ’80, ma ci si esce ballando.
Bad Religion. Sono troppo vecchio per un concerto dei Bad Religion? Probabilmente sì; ma non si è mai troppo vecchi per esorcizzare la propria prima adolescenza al suono di alcuni degli inni che ne hanno fatto da colonna sonora. Non ho retto tutto il concerto (anch’io ho dei limiti, che diamine), ma su 21st Century digital boy e Come join us stava per scapparci il magone. Finale esorcizzante, degna conclusione del weekend.
Dilemmi, per lo più musicali, del week-end
_Quanti pacchi è in grado di tirare una persona in 3 giorni?
_Stasera sul palco dell’Estragon Summer Festival ci sarà Greg Dulli? E sui 103.1 FM, Airbag ci sarà?
_Riuscirà il nostro eroe a imparare ad usare Adobe Première in 2 giorni?
_Gli Stars sono una di quelle band che su disco sono favolose e dal vivo niente di che?
_Mi verrà primo o poi la voglia di leggere il più brutto numero di Rumore a memoria d’uomo?
_Quanti altri gruppi oltre ai Bloc Party daranno ancora forfait all’Independent Days Festival prima di domenica? (via Il Boss)
_Dopo un’intera giornata di festival (alla fine sì, ci sarò), cosa sceglierò di fare domenica alle 10 e mezza? Andare a vedere i Subsonica? Tornare adolescente coi Bad Religion? O andarmene a casa a dormire?
_Ma, soprattutto: con che faccia troverò il coraggio e le energie per ricominciare una nuova settimana di mattanza lunedì?
It ends with a fall date*
Non so bene quale sia qui la notizia.
Potrebbe essere che gli Okkervil River sono un gran gruppo. Ma questa non è una notizia, questa è ormai una certezza: dopo il bell’esordio di un paio di anni fa (in cui spiccava la lacerante It ends with a fall) e una manciata di EP, qualche mese fa la band texana è tornata con Black sheep boy, assoluto capolavoro di cantautorato folk oscuro e rumoroso. Ascoltatevi il potente singolo For real, la sontuosa suite autunnale So come back, I am waiting oppure Black, unico pezzo davvero pop del disco.
La notizia invece potrebbe essere che il leader della band, Will Robinson Sheff, è stato il primo musicista a intervenire in un m-blog. Sheff ha postato qualche giorno fa su Said the gramophone, m-blog per lo più dedito a segnalare e approfondire musicisti per lo più ‘vecchi’ e fuori moda, parlando (e linkando canzoni) dello sfortunato cantautore dei ’60 e ’70 Tim Hardin. Proprio da una sua canzone prende infatti titolo Black Sheep Boy, e sentire un personaggio del suo calibro descrivere con tanta competenza la musica di un personaggio che lo ha così tanto impressionato è una cosa senza prezzo. Il fatto che succeda su un m-blog aggiunge al tutto una commovente sfumatura postmoderna.
Più banalmente, invece, la notizia potrebbe essere un’altra: ieri gli Okkervil River hanno annunciato per inizio Ottobre un tour di 4 date in Italia. Saranno al Covo il 6, e potete scommettere che mi troverete sotto il palco. E’ Autunno, e va celebrato.
[* calembour calembour!]
Favachè?
Probabilmente non l’avrete notato (e se per navigare usate Internet Explorer probabilmente potreste non notarlo mai), ma da un paio di giorni anche inkiostro ha la sua favicon. Cose che ti cambiano la vita.
Aaah, da quando Guia non scrive più
Tra i soggetti preferiti di questo blog, agli albori della sua storia, c’erano due argomenti che, negli anni, sono andati via via diradandosi: la pagina del sabato di Guia Soncini su Il Foglio e i tormentoni estivi. Sia l’una che gli altri, negli anni, hanno poi avuto un periodo un po’ sottotono, di alterne vicende ed alterna fortuna, e sono gradualmente quasi scomparsi da chiacchiere e cronache come anche dalla blogosfera. Ora Guia torna alla forma di una volta, e lo fa con un pezzo che proprio dalla cosa più simile a un tormentone estivo di questa stagione –Marmellata #25 di Cesare Cremonini- parte, per raccontare come al solito le deliranti vicende della Carrie Bradshaw nostrana. E lo so che la canzone ha un arrangiamento di una brutteza ai limiti del criminale e che la simpatia del suo autore è da sempre sotto il livello di guardia: eppure rimane una grande canzone. Io già lo pensavo da un po’; solo Guia, però, è in grado di spiegarlo così.
Inkiostro music video aggregator /Agosto
_ Sons & Daughters – Taste the last girl (Tasto destro, Salva con nome) Finalmente un video all’altezza del quartetto scozzese; niente di che in realtà (montaggio serrato, una giostra, la band che suona: cose così), ma il pezzo è tra i loro migliori di sempre, il video è ben fatto e chissà, magari potrebbe anche passare sulle tv musicali. E il giudizio non è influenzato (ok, lo è, ma solo un po’) dal fatto che il sottoscritto, dopo aver visto il set della band a Urbino, si sia irrimediabilmente innamorato della cantante Adele Bethel.
_Grand National – Drink to moving on (Tasto destro, Salva con nome) Da non confondere con i quasi omonimi The National, i Grand National sono stati tra le band più suonate ad Airbag la stagione scorsa. Suonano un indefinito mix di quasi ogni genere musicale (leggere un po’ di rencesioni in giro per la rete, e la quantità e diversità di riferimenti e definizioni usati; il nome che compare più spesso comunque è quello dei Blur), e lo fanno in modo dannatamente appiccicoso. Questo video, che racconta la tristissima storia degli uomini-Tetris, è un meraviglioso delirio che con me ovviamente sfonda una porta spalancata.
_Ok go – A million ways (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 1. Già lo sapete che il sottoscritto ha un clamoroso debole per i video con le coreografie; date un’occhiata al video e alla bravura della band e capirete quanto questo video possa mandarmi in estasi. Trattasi del primo singolo estratto dal nuovo disco -in uscita a giorni- della band power-pop di Chicago; musicalmente nulla di fondamentale, anche se avendo preso 2.6 su Pitchfork col disco vecchio mi stanno assai simpatici. (grazie a Giovanni)
_ Clor – Love & pain (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 2. All’orecchio non allenato i Clor possono sembrare non molto diversi dagli Ok Go, e all’orecchio allenato? Pure. E allora perchè Pitchfork assegna al loro debutto un sonoro 8.2 descrivendo la loro musica come «refreshingly buzzy thumping indie pop»? Ottima domanda. Quel che è certo è che, in effetti, i Clor sono più complessi di quanto sembra e fanno il loro lavoro in maniera egregia. Questo video è evidentemente fatto con due lire, e sfiora il grottesco in più di un punto. Eppure funziona.
_Franz Ferdinand – Do you want to (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 3. La parola d’ordine della band, stavolta, è sbracare. Niente più movimenti meccanici, riferimenti all’espressionismo tedesco e intellettualismo spinto anche nei video: stavolta il quartetto inglese si mette la giacca di pelle, va a fare casino a una festa e accenna persino dei passi di danza. Un passo falso o una lungimirante apertura a un pubblico nuovo?
_Depeche Mode – Precious (Draft version) (Link a Megaupload) Non capita spesso di poter dare un’occhiata al lavoro di un regista di videoclip prima che sia finito. In questo caso, però, qualcuno ha messo onlie il nuovo video dei Depeche Mode prima che fosse ultimato, e la carenza di fondali, le indicazioni scritte e le bozze di storyboard hanno un fascino che, probabilmente, il video completo non avrà. Anche perchè sia la canzone che il clip si fanno dimenticare abbastanza facilmente. (grazie a Fabio)
_The White Stripes – My Doorbell (Tasto destro, Salva con nome) In giro si nota che giusto in tempo per l’uscita del remake, Jack White si presenta in questo video ruffianello conciato come Willie Wonka e circondato di bambini. Verrebbe da dire che il nostro non abbia bisogno di mezzucci del genere, eppure la battuta d’arresto di Get behing me Satan rispetto ad Elefant -peraltro ampiamente pronosticata- è sotto gli occhi di tutti, e coi tempi che corrono tutto fa brodo. Il pezzo è il più orecchiabile del disco, e se non ci riesce questo a riportare l’attenzione dei media sul duo di Detroit, niente ci riuscirà.
_Dungen – Panda (Tasto destro, Salva con nome) La Psichedelia è morta, viva la psichedelia. Psichedelici la canzone e il video, e psichedelico il fatto che piaccia ai critici indiesnob che venerano questo misterioso collettivo di folk progressivo e psichedelico svedese come se fossero i Grateful Dead; infatti un po’ gli assomigliano. Un ritorno del progressive psichedelico? Che il Signore ci assista.
_LCD Soundsystem – Tribulations (Tasto destro, Salva con nome) Qualche tempo fa ero in una discoteca rock, e un tizio alle mie spalle ha detto, guardando in alto: «Guarda, la palla degli LCD Soundsystem!». E’ incredibile come in certi ambienti una cosa ‘vecchia’ e con un immaginario storico come la mirrorball sia ora come ora inesorabilmente associata a James Murhpy. Il quale, in questo video, gioca assai con la cosa, ed è impeccabile, ai confini della perfezione, come al solito.
_Sia – Breathe me (Tasto destro, Salva con nome) Un pezzo dell’anno scorso che, dopo essere stato usato nell’ultima puntata dell’ultima serie di Six Feet Under sta vivendo in giro per la rete una nuova giovinezza. Dalla ex cantante degli Zero7, un pezzo che qualche anno fa si sarebbe descritto come trip-hop, con un video classico in ormai canonico stop motion, realizzato attraverso l’utilizzo di più di 2500 polaroid.
_Xiu Xiu – Pox (Tasto destro, Salva con nome) Gli Xiu Xiu fanno le cosacce con le bambole, e inscenano un piccolo dramma domestico in versione lo-fi che si adatta alla perfezione al loro sound straziante. Che in questo caso, come capita di rado, riesce ad essere contemporanemente sia pop che avanguardia, finendo per assumere una potenza alla potenza che questo video amplifica ulteriormente.
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: Luglio, Giugno, 5, 4, 3, 2, 1]
Quando si dice un’immagine d’impatto
[E’ la pubblicità dei preservativi Tulipan, tratta dalla bellissima rassegna fatta da Coloribus. Non c’è che dire, si tratta di una tipologia di prodotto così particolare che quando vi sono alle prese i pubblicitari possono scatenarsi e raggiungere risultati notevoli (le mie preferite della rassegna: 1, 2, 3, 4, 5). Non per nulla è proprio uno spot della Tulipan ad aver vinto il Leone di Bronzo al Festival della Pubblicità di Cannes; potete vederlo qui]
Monday Gaming (Che noia, ancora una stanza edition)
Qualche tempo fa discettavo inutilmente di come i giochi nati dall’ormai celebre Stanza Rossa, che chiedono di trovare il modo di uscire dalla stanza in cui ci si trova misteriosamente rinchiusi, siano nel tempo diventata un filone che aspira a diventare un vero e proprio genere. A conferma di ciò, una percentuale straordinariamente alta dei giochi in cui mi imbatto in rete sono effettivamente avventure su questo genere; evidentemente non ci siamo ancora stufati di cliccare in ogni centimetro dello schermo e di provare infinite combinazioni di oggetti nella speranza che servano a trovare una via di uscita dal loculo infame. Il link di questa settimana, ovviamente, si inserisce perfettamente nel genere, come si può notare già dal nome: Just another escape è esattamente quello che promette di essere. Molto difficile, peraltro, con un sacco di oggetti ben nascosti, combinazioni un po’ oscure e un finale citazionista assolutamente fuori luogo. Perchè anche se si tratta dell’ennesimo gioco su questa falsariga non si può mica lasciarlo a metà..
Imbattersi in cose del genere ti rallegra la giornata
The top 10 most ridiculous Black Metal pics of all times e The other top 10 most ridiculous Black Metal pics of all times. Tonnellate e tonnellate di fondotinta bianco e matita nera, borchie a tronchi ,armi medievali manco fossimo nel museo di Gradara, teschi, acquile, invidiabili tutine di pelle buone giusto per un sexy shop, ossa, cuori e autoflagellazione, espressioni truci che non spaventano più neanche un bambino e -soprattutto- una drammatica carenza di autoironia. Morte al falso metallo.
Airbag (lato) passeggero
Mentre lo Sceriffo Costosa e il suo Degradare informati sbarca in edicola (lunga storia) e Bologna è popolata ancora solo da balle di fieno che rotolano e coguari che si cibano delle carogne degli incauti che osano avventurarsi nella città deserta, Airbag fa già le prove generali per la nuova stagione, che si preannuncia ricca di novità, champagne e cotillons. La metà già tornata in città (il socio AndreaNP è ancora disperso per la penisola) vi invita quindi a sintonizzarvi sulle usuali frequenze di Radio Città Fujiko (103.1 MHz in FM a Bologna o streaming nel resto del pianeta) alle usuali 21 per una puntata del non usuale Airbag (lato) passeggero, che vedrà come ospiti il prode Aurelio ‘Paso’ Pasini de Il Mucchio e la compagna di merende Ele. Niente scalette, Airbagrafie e pretese di alcun genere (come se di solito ne avessimo), stavolta solo chiacchiere a ruota e musica. Accorrete numerosi e intervenite in diretta negli usuali metodi. E ricordate che Radio Città Fujiko l’ascolta pure Dainel Johnston.