Lettera a Babbo Natale [³] (seconda parte)
Dunque, caro Babbo Natale, come dicevo un paio di giorni fa, ti sto scrivendo (di nuovo) questa letterina (anzi, lettera; in tutto questo tempo ‘letterina’ ha cambiato significato e ora vuol dire un’altra cosa) per chiederti cosa voglio per regalo, come facevo da bambino.
Gli anni scorsi ti avevo chiesto un sacco di cose; ho esagerato, lo so. In realtà si trattava semplicemente di un misto tra eccesso di zelo e fondamenti di statistica (su 20 richieste almeno una la esaudirà, no?), ma non posso pretendere che tu lo capisca. In ogni caso, alla fine, alcune richieste le hai davvero esaudite, altre le hai formalmente soddisfatte per poi incasinarne sadicamente i dettagli, altre ancora le hai hai bellamente ignorate come se non te le avessi mai fatte, quindi alla fine facciamo che siamo pari e che va bene così.
L’anno scorso partivo con un po’ di cinica sincerità, e ti chiedevo soprattutto tempo, gratificazione e denaro. Col tempo ho risolto gli ultimi due punti: la gratificazione va e viene ma per adesso va bene così, e il denaro, vabbè, col denaro ho lasciato perdere io. Però il tempo, quello davvero, me ne servirebbe un sacco. Anzi, dei sacchi. Sacchi e sacchi di tempo. Accetto persino contrappesi di carbone, ma voglio l’equivalente in tempo. Per uno come te che per 11 mesi all’anno non fa nulla è conveniente, dai.
Se il tuo potere di intervento non arriva a tanto (e sospetto di no), vorrei che i Lucksmiths venissero a suonare al Covo, e che magari dopo ci fosse Losing my badge, e che Tali White venisse a ballare The music next door in mezzo a noi. Vorrei che nella mia città natale Frequenze Disturbate tornasse ai fasti di un tempo, che ci venisse a suonare qualche gruppo canadese di quelli che piacciono a me e che la sera dopo il concerto venissero tutti nel giardino della casa dei miei a fare qualche pezzo mentre noi guardiamo le stelle cadenti. Ah, vorrei anche che il nuovo romanzo di Coupland uscisse presto (Giugno, pare) e che fosse bellissimo. In realtà ho seri dubbi in merito ad entrambe le cose, ho imparato a non sottovalutare la smodatezza delle mie aspettative e la conseguente inevitabile delusione, ma uno -per forza-ci spera.
Ma immagino che tu non possa far niente neanche per queste cose, e che tu voglia richieste più complete. Ok: voglio un Tivo, un nuovo scooter, una lavatrice (piccola e con carica dall’alto, grazie), una sedia ergonomica al lavoro, un rasoio elettrico, un sintonizzatore radio e tv per il PC e una di quelle belle librerie strambe che linko sempre da queste parti. Poi vorrei le tre stagioni di Scrubs in DVD, il libro di PostSecret, un po’ di quegli EP di Jens Lekman assolutamente impossibili da trovare, i biglietti per i concerti di Death Cab for Cutie e Clap your hands say yeah a Milano così ho una buona scusa per andarci davvero, un pigiama, delle scarpe nere e una borsa nuova chè tutte e tre le mie, dalla più sgarrupata a quella professional, sono ridotte piuttosto male. Tante cose, lo so, ma il buon segno è che per tirare fuori queste idee mi sono dovuto arrovellare non poco. Che sia l’inizio di una nobile separazione dai beni materiali per ascendere verso un paradiso Zen? Oppure è che sono semplicemente troppo esaurito anche solo per esprimere dei desideri? Mah.
Se non riesci a portarmi nessuno di questi regali, caro Babbo Natale, mi accontento di una cosa, sempre la stessa: vorrei che rinnovassi il miracolo che hai compiuto l’anno scorso, ovvero che mio zio non regalasse a mio padre un libro di Bruno Vespa, come in ciascuno degli undici anni precedenti. Lo ha sostituito con una bottiglia di vino rosso di quello buono. L’abbiamo stappato al pranzo del 25, con in sottofondo la colonna sonora di Via col vento. E, per un momento, quasi quasi credevo alla magia di Natale.