Se penso al 25 Aprile, la prima cosa che mi viene in mente è il maestro anziano e zoppo che, quando ero in quarta elementare, una mattina di Aprile portò la mia classe a vedere la Linea Gotica. Usciti festanti dalle mura di scuola come in tutte le gite, invece che in mezzo alla solita noiosa trafila di monumenti ci ritrovammo in cima a un crinale perso nella campagna da qualche parte lungo la valle del Foglia. Tutti ci aspettavamo di vedere un muro, delle trincee, qualcuno sussurrava ci potessero essere anche i resti di qualche carroarmato e magari anche qualche aereo; invece solo colline verdi e un po’ selvagge a vista d’occhio, paesini di quattro case, strade dalle geometrie fantasiose e campi di erba medica. Abituato com’ero ai racconti della Guerra con la G maiuscola di mio nonno, partigiano deportato in un campo di prigionia in Germania e rimasto disperso là per qualcosa come due anni prima di riuscire, dopo un sacco di avventure, a tornare rocambolescamente in patria, il placido paesaggio rurale della Linea Gotica mi sembrava un po’ deludente. E un po’ sorprendente.
Invece delle storie di viaggi lunghissimi, paesi ignoti e eserciti in marcia, il maestro zoppo ci raccontava di una guerra assai più privata, combattuta per un inverno intero a qualche decina di chilometri dalle nostre case. Ci raccontava di cose molto vicine a noi, con i nomi dei paesi e delle frazioni dove magari andavamo a mangiare la domenica e i cognomi di questo o quell’eroe partigiano e di questo o quell’altro infame collaborazionista che suonavano un po’ troppo simili a quelli dei nostri compagni di banco. Ci raccontava dei ragazzini che fingevano di giocare e invece facevano le staffette tra i gruppi di partigiani nascosti sui monti, delle perquisizioni la notte, del terrore che l’uomo nascosto in cantina venisse trovato, dei contadini che davano da mangiare ai partigiani rischiando la morte seguendo principi al contempo così nobili e così privati (ancora), che anche se sono passati solo 60 anni ci sembrano impossibili anche da solo da immaginare.
A causa di quei racconti sugli anni dell’occupazione nazi-fascista e, dopo, sulla liberazione, anche oggi non posso fare a meno di considerare il 25 Aprile una questione privata, fatta di nomi propri, paesini, ed eroi piccoli piccoli che quasi non sembrano tali; non fosse che adesso, se siamo (più o meno) liberi, lo dobbiamo in buona parte proprio a loro. Un’idea che parecchi anni dopo avrei ritrovato, spiegata del migliore dei modi possibili, leggendo Fenoglio, e raccontata meravigliosamente da Leonardo nel suo splendido Cantico del 25 Aprile (in tre parti: qui, qui e qui); linkarlo ogni 25 Aprile ormai è quasi tradizione. La stessa questione privata tanto cara ai CSI di quasi 10 anni fa (sono passati GIA’ 10 anni?) che cantavano in una chiesa, proprio in onore a Fenoglio, La terra, la guerra, una questione privata. Appunto.
CSI – Guardali negli occhi (live) (MP3)
CSI – Linea gotica (live) (MP3)