Lo si potrebbe descrivere come la vittoria del piccolo blogger Davide e dei suoi commentatori infuriati contro il cattivo colosso discografico Golia. Lo si potrebbe descrivere come la lezione data dall’agile medium del futuro alla polverosa istituzione del passato. Lo si potrebbe descrivere come un bel miracolo di Natale figlio degli eventi che con ogni probabilità non si ripeterà. Lo si potrebbe definire come l’inizio di una rivoluzione mediatica che vede, per una volta, le major fare un passo indietro nei confronti delle miopi politiche di autoconservazione che fino ad ora hanno strenuamente (e vanamente) adottato e indirizzarsi a un’apertura da cui hanno solo da guadagnare. Lo si potrebbe usare per magnificare l’influenza del web 2.0 contro l’industria 1.0 delle megaproduzioni, della promozione tradizionale e ingessata, e del copyright. Lo si potrebbe descrivere in un sacco di modi più o meno suggestivi, ma probabilmente di tutta questa storia se n’è parlato anche troppo. La verità è che il cambio di atteggiamento della EMI rispetto al mezzo disastro di cui si parlava ieri è puro e semplice business: la EMI ha fatto il suo lavoro, e dopo un inizio goffo e un po’ imbarazzante ha imparato dai suoi errori ed ottiene ora i suoi risultati.
Come è successo? Non c’è molto da raccontare. Ieri, mentre voi vi scatenavate nei commenti, il sottoscritto finiva per scambiarsi diverse cordiali mail con la famosa project manager di cui sopra, la quale, benchè tutt’altro che felice per le feroci critiche e prese per il culo che le venivano rivolte su queste pagine, decideva di non tirarsi indietro dal confronto e di fare del suo meglio per capire dove aveva sbagliato e come rimediare. Ottenendo alla fine quel dialogo onesto e personale che avrebbe dovuto instaurare fin dall’inizio, e un pugno di MP3 (quasi mezzo disco, in realtà) da far pubblicare ai blog presumibilmente fino a fine anno. Con il risultato di farci un bel regalo, fare una bella figura, e -soprattutto- di darci un’idea di come sarà il disco che voleva promuovere. Chiamatemi ingenuo, ma mi sembra una di quelle storie in cui, alla fine, non perde nessuno.
L’attenzione, adesso, va alla musica. E nel dettaglio a The Good, the Bad and the Queen, l’esordio discografico del combo senza nome che vede insieme nomi del livello di Damon Albarn (Blur, Gorillaz), Paul Simonon (Clash), Tony Allen (Fela Kuti, Africa 70) e Simon Tong (Verve). Una proposta dal sound poliforme che riesce ad essere contemporaneamente multiculturale eppure very british, la chiara somma delle sue parti eppure qualcosa di imprevedibile e inatteso. Certo, l’impronta dell’Albarn più balladeer e atmosferico è ben chiara, e sicuramente supera, almeno a un primo ascolto, l’apporto degli altri; anche se un sound di basso con una personalità del genere è ben raro da trovare. Gli manca, probabilmente, l’affondo vero e proprio, canzoni che non si facciano dimenticare, un appeal distintivo e autenticamente melodico. Potrebbe essere uno di quei dischi che crescono con il tempo, oppure un interessante esperimento non completamente compiuto. Per ora esploriamo queste canzoni godiendoci gli MP3, e aspettiamo il disco.
Il tutto brindando con una major, per una volta. Augurandoci che non sia l’ultima.
The Good, the Bad and the Queen – History song (MP3)
The Good, the Bad and the Queen – 80’s life (MP3)
The Good, the Bad and the Queen – Herculean (MP3)
The Good, the Bad and the Queen – Three Changes (MP3)
The Good, the Bad and the Queen – Kingdom of doom (MP3)