Iv video di un tizio che sta in equilibrio su una sedia appoggiata su due bicchieri che stanno su un’altra sedia che sta sopra quattro bicchieri, il tutto in cima a un precipizio. Doveva avere del tempo libero.
Iv video di un tizio che sta in equilibrio su una sedia appoggiata su due bicchieri che stanno su un’altra sedia che sta sopra quattro bicchieri, il tutto in cima a un precipizio. Doveva avere del tempo libero.
Ci sono pochi generi musicali più lontani dall’indie della musica latino-americana; quindi cosa c’è di più indie del mettere su un’orchestra che si dedica a rifare celebri pezzi indie in chiave salsa? Questa pare essere la missione della WIlliamsburg Salsa Orchestra capitanata dal percussionista Gianni Mano, che fa un buon lavoro nel ricontestualizzare degli indie-anthem in uno dei sound che personalmente trovo tra i più detestabili, riuscendo a mettere in piedi versioni, se non belle, quantomeno divertenti. Giudicate voi:
Williamsburg Salsa Orchestra – My girls (Animal Collective)
Williamsburg Salsa Orchestra – Wolf like me (TV on the radio)
Williamsburg Salsa Orchestra – Alala (Cansei de ser sexy)
Williamsburg Salsa Orchestra – Hey Lloyd, I’m ready to be heartbroken (Camera Obscura)
Di Ratzinger Hats non si può davvero dire niente. L’esistenza stessa di un sito del genere è più eloquente di mille parole.
(grazie grazie grazie a Dr. Shoum)
E poi a volte nelle canzoni ci sono certe piccole cose che ti mandano fuori di testa. Come una particolare progressione melodica, il sibilo delle dita che scivolano sulle corde di una chitarra acustica o un controcanto nel posto giusto e al momento giusto.
In Paradise Circus, l’ultimo singolo dei Massive Attack dal nuovo Heligoland (che esce in questi giorni), quello che mi ipnotizza è il pattern ritmico; un intreccio di drum-machine contrappuntato da un handclapping irrequieto e da una batteria solida con rullata finale che si porta via la battuta e ti costringe a volerne ancora.
Che la canzone sia una gran bella canzone in un bel disco (che suona un po’ fuori tempo massimo, è vero. embè?) c’entra poco. La mia attenzione va tutta lì, a quell’intreccio matematico di linee ritmiche che si inseguono e raggiungono l’equilibrio ultimo tra perfezione della forma e incompiutezza della progressione, che ti porta ad essere contemporaneamente soddisfatto e insoddisfatto, e a continuare a spingere Play.
Poi c’è anche il video, che nella versione non censurata (visibile qua) ripropone diverse scene dal film porno del 1973 The Devil in Miss Jones alternate alle lucidissime dichiarazioni della sua protagonista ormai settantenne Georgina Spelvin. Il diavolo è nei dettagli, tutto torna.
Massive Attack + Hope Sandoval – Paradise Circus (MP3)
Bonus:
Massive Attack + Hope Sandoval – Paradise Circus (Gui Boratto rmx) (MP3)
[che è un bel remix. Anche se senza il pattern ritmico originale è un po’ un’altra cosa]
Ho finalmente provato Chatroulette, l’allicinante video-chat casuale di cui in questi giorni in rete tutti parlano. E’ -effettivamente- un’esperienza disturbante, a tratti potente e a tratti alienante, capace di mettere in discussione una sicurezza di sè faticosamente conquistata (alla larga i timidi) e di fornire un’esilarante e ubriacante finestra sulle bizzarrie della natura umana.
Che sia un semplice fenomeno passeggero oppure una piattaforma rivoluzionaria, va provata.
E va letto il bell’articolo del NY Mag in proposito:
The internet has always been defined by (and drawn much of its energy from) the tension between chaos and control—and over the last ten years, web culture has skewed heavily toward control. Our most popular new online tools—Google, Facebook, Tumblr, Twitter, Digg—were designed to help us tame the web’s wildness, to tag its outer limits and set up user-friendly taxonomies. ChatRoulette is, in this sense, a blast from the Internet past. It’s the anti-Facebook, pure social-media shuffle. [#]
Quelli delle Straight Line Designs li avevo già linkati su queste pagine 5 (!) anni fa, lodando il loro mondo fatto di cassettiere antropomorfe e mobili fumettosi che sembrano usciti da un vecchio cartone Disney. Poi, come al solito, mi sono dimenticato di loro: la vita del blogger è lastricata in parti uguali di scoperte affascinanti e minchiate inutili e come è facile immaginare rimangono sempre più impresse le seconde rispetto alle prime.
Un paio di settimane fa mi ha scritto Fede per segnalarmi la bella libreria che vedete qui sopra (che a ben vedere è una cassettiera; ma non sottilizziamo), ed esplorando il loro sito ho riconosciuto uno stile che era familiare. Ma che diamine, sono così bravi che un link ogni 5 anni mi sembra il minimo.
L’unica cosa brutta del sapere che, dopo L’ultimo valzer di sette anni fa, 4/6 degli Scisma hanno di nuovo suonato insieme è stato il non poterci essere. Del resto la reunion estemporenea che ha avuto luogo la scorsa settimana al Vicolo BioBar di Salò (la leggendaria creperia che probabilmente dirà qualcosa a più d’uno di voi) ha l’aria di essere stata una cosa tutta per famiglia, primissimi fan e affini.
Fortuna che al giorno d’oggi ci sono le fotocamere digitali e il Tubo a permetterci di essere là. E a ricordarci quanto ci mancano.
Qui sotto vi metto la mia all-time favourite L’equilibrio, ma andate qua e guardatevi tutti i video (soprattutto Rosemary Plexiglas, Simmetrie e L’Universo).
Adrian Paci – Centro di permanenza temporanea.
[visibile alla mostra Storia Memoria Identità – fotografia contemporanea dell’Est Europa, a Modena fino a metà Marzo]
Translation Party me l’aveva segnalato Nuxx mesi fa, ma me n’ero scordato finchè non so come ci sono ricapitato per caso ieri. Il giochetto è di quelli semplici che piacerebbero a Bartezzaghi o all’Umbero Eco de Il secondo diario minimo: scrivi una frase in inglese, che viene tradotta in giapponese e poi ritradotta in inglese fino a trovare un equilibrio e perdere buona parte del suo senso originale.
Io come vedete qua sotto mi ci sono divertito coi titoli delle canzoni degli Smiths, altre buone idee nei commenti di questo post di Neatorama. Se avete un po’ di tempo libero, ora sapete come buttarlo via.
Come ormai sanno anche i sassi, ieri sera negli States sono andate in onda le prime due puntate dell’ultima stagione di Lost. Se siete tra coloro a cui questa notizia fa accelerare il battito cardiaco, probabilmente a quest’ora avrete già le puntate sul vostro desktop, e, se avete troppo tempo libero, le avrete probabilmente già guardate.
Il sottoscritto, come tanti, aspetta di godersele stasera e nel mentre, per fomentare l’attesa, si limita a linkare un po’ delle (tantissime) lost-cose che sono girate in rete nelle ultime settimane:
_Il riassunto di 5 stagioni di Lost in 8 minuti e 15:
_Le esilaranti previsioni di Best week ever sull’ultima stagione.
_Lost: Dharma Rapid Transit: la mappa dell’isola in versione mappa della metro (clicca per ingrandire):
_Cubovision batte tutti: tra sole 6 ore (un giorno dopo la messa in onda originale) la puntata è già visibile legalmente in Italia (sottotitolata, suppongo), grazie a Cubovision. Lodevole.
_LostBingo: tre tessere per giocare alla bizzarra tombola di Lost. Quanti di questi classici luoghi comuni dell’isola accadranno nella premiére?
E’ un problema solo mio o l’ultimo video di Michel Gondry (per Open your heart di Mia Doi Todd), pur essendo un classico video alla Gondry, è un po’ deludente? Non sarà che anni di video virali e filmati user-generated su YouTube e Vimeo, spesso creati da gente con pochi soldi, tanto tempo e (a volte) una buona idea (esattamente come molti dei video del Gondry degli anni d’oro), hanno ormai definitivamente rovinato il terreno per giochini di questo genere?
In quello strambo e incoerente piccolo mondo che impropriamente chiamiamo musica indie, Banjo or freakout è ormai una piccola celebrità. Il suo grado nella catena alimentare continua lentamente a salire, e se esistesse una cosa insensata come una classifica internazionale dell’hype, Banjo si troverebbe al momento piuttosto in alto, e certamente sarebbe il nostro connazionale nella posizione più elevata della lista.
La sua storia è nota: Alessio Natalizia, già voce e chitarra dei torinesi Disco Drive, si prende una lunga pausa dalla band, si dedica a un progetto solista di pop riverberato, narcolettico e sognante e complice la sua residenza londinese e un blog pieno di cover personalissime comincia ad attirare le attenzioni dei tastemaker che contano. Seguono vari tour in ottima compagnia (a breve sarà in giro con i Soft Pack), un EP e un po’ di singoli e tra poco l’LP di esordio, in corso di registrazione in questi giorni a New York City con la produzione di Nicolas Vernhes (già al lavoro con Animal Collective, Deerhunter, Dirty Projectors e Fiery Furnaces) e -pare- il marchio Bella Union (Fleet Foxes, Midlake, Devics, chevvelodicoaffà).
Un paio di settimane fa Banjo è stato ospite da quel bell’omino di Huw Stephens su BBC Radio1 e ha registrato una session live nei leggendari studi di Maida Vale, proponendo i suoi pezzi migliori (tra cui la mia preferita Left it alone e la nuova Move out) e parlando della sua musica, della registrazione del disco e, ovviamente, dell’Italia. Dove -l’amara verità- facendo musica del genere non uscirai mai dai soliti piccoli circuiti, e certamente non arriverai mai a suonare negli stessi studi in cui hanno suonato Bowie o Hendrix.
Banjo or freakout – Left it alone (Maida Vale BBC1 session) (MP3)
Banjo or freakout – Move out (Maida Vale BBC1 session) (MP3)
Huw Stephens 22 jan 2010 – Puntata completa (MP3)
Incappare in questo spettacolare video che ritrae un grande professionista della nobile arte del metro a nastro mi ha fatto tornare in mente una immortale vignetta di XKCD:
Quando vado all’estero mi capita spesso di cercare dei voli sul meta motore di ricerca Kayak.com. E da oggi mi stanno ancora più simpatici: se provate a cercare nella versione americana del sito (in quella italiana non funziona) un volo da Sydney a Los Angeles sola andata e senza scali per il 22 Settembre 2010 guardate un po’ che volo viene fuori..
(via)
Glass tank is a glass for drinking a lot.
a device consists of a bulb shaped container with the glass below.
when the amount in the glass decreases, a constant amount is poured from the tank into the glass.
never overflowing from the glass because of air pressure and water pressure.
Dopo più di un anno di astinenza e dopo le voci ricorrenti (sempre rivelatesi false) che ogni paio di mesi lo vedevano in procinto di tornare sugli schermi, ora è ufficiale: tra poco più di un mese ricomincia Boris.
La terza stagione dela migliore serie tv italiana (senza se e senza ma; la cosa non è in discussione) debutterà il primo Marzo alle 22.45 sul canale FX di Sky, per 14 episodi settimanali che riporteranno sugli schermi l’ineffabile regista René Ferretti, l’italianissimo protagonista Stanis LaRochelle, l’assistente alla regia Arianna e tutto il resto della truppa.
Più dettagli e un po’ di scene (non esattamente esaltanti, va detto) nel servizio di SKY TG24 qua sotto. E speriamo di sapere qualcosa presto anche del cinepanettone…
Max era una persona speciale, di quelle che, anche se sei fortunato, ne incontri poche in una vita.
Con una capacità e una determinazione inimmaginabili è stato l’anima e il cuore del Covo per quasi 15 anni, portandolo a raggiungere una fama internazionale che rasenta il culto, con una programmazione di concerti che compete con quella dei club delle città più grandi del mondo e un dancefloor dallo stile unico. Max è partito da niente, e animato solo dalla sua passione è arrivato a fare uno dei più bei mestieri del mondo in uno dei più bei posti del mondo.
Che è tale in buona parte grazie a lui.
Max non era una persona facile. Lo sguardo sardonico, il sarcasmo acuto di chi la sa lunga, una quantità di responsabilità impossibili da indovinare da fuori e il desiderio di rimanere sempre a margine delle luci lo rendevano sfuggente e difficile da conoscere. Era una persona che ti dovevi conquistare.
Qualche anno fa un paio di volte andai a cena a casa sua. Mangiammo una pizza, bevemmo vino, chiacchierammo fitto e guardammo 24 hour party people, uno dei suoi film preferiti, che racconta la storia di Tony Wilson e del meraviglioso disastro della scena musicale di Manchester di fine anni ’80 (quella dei New Order, della Factory Records, degli Stone Roses, dell’Hacienda, degli Happy Mondays). Quella storia, spiegò, rappresentava in pieno la sua visione delle cose: l’attitudine do it yourself sempre in bilico tra genialità e pura incoscienza che riesce a costruire qualcosa di immortale, fragile e irripetibile. Era un modello chiaro e dichiarato, perseguito con tenacia per anni e a poco a poco raggiunto e, forse, superato.
Negli anni Max è riuscito a fare cose enormi, guidando un locale che è sulla cresta dell’onda da più di 20 anni, attraversando opposte mode musicali, crisi economiche, ricambi generazionali e dissennate politiche comunali, regalandoci centinaia di concerti indimenticabili e alcune delle migliori serate della nostra vita. Ma soprattutto, è riuscito a mettere in piedi pezzo dopo pezzo una squadra solida e capace che porterà avanti la sua visione delle cose e che tra un paio di mesi accompagnerà il club a festeggiare i 30 anni di vita. Una longevità che pochissimi club del genere possono vantare nel mondo. Forse nessuno, a questi livelli.
Da ora in poi, ogni volta che andremo al Covo non riusciremo a guardare l’angolo dietro al bar dove Max era solito stare, taciturno ma sempre presente, anche se sappiamo che lui sarà per sempre lì. E ogni volta che mi capiterà di mettere i dischi al Gate 1, la sua sala, la sua assenza renderà l’umile mestiere del DJ contemporaneamente più difficile e più imperativo di quanto sia mai stato.
Nei mesi e negli anni a venire continueremo a ballare, cantare, vedere concerti, ubriacarci e ascoltare la migliore musica che ci sia in circolazione come abbiamo sempre fatto e non possiamo fare a meno di fare, e come la musica che amiamo ci richiede. Da ora in poi lo faremo anche per lui.