I minatori cileni in una pratica confezione Playmobil, immaginata dai soliti geniacci di The joy of tech. With hugging action!
I minatori cileni in una pratica confezione Playmobil, immaginata dai soliti geniacci di The joy of tech. With hugging action!
Mad Men è una delle sere tv più belle, curate e blasonate della sua generazione, questo è scontato. Ma in effetti fin dalla prima puntata ha un neo che può essere un dettaglio ma che ho sempre trovato inspiegabile in un prodotto di qualità così alta: la sigla. Tanto le immagini (una bizzarra animazione che mostra un uomo nero che cade da un grattacielo -la profezia di un finale della serie con Don che si butta da una finestra dall'agenzia? Troppo scontato, spero) quanto la musica (tratta da uno strumentale del produttore di hip-hop elettronico RJD2) mi sono sempre sembrati curiosamente sciatti e poco in linea con le altrimenti perfette atmosfere della serie, che ha un'identità così distintiva che avrebbe facilmente consentito di mettere in piedi piccoli capolavori come la sigla di Dexter o quella di True Blood.
Da qualche giorno però gira in rete una splendida reinterpretazione ad opera di un gruppo di musicisti capitanati da Allison Williams (figlia di Brian Williams), che ha preso la sigla, l'ha suonata live con strumenti veri in un setting da fumoso caffè e l'ha incrociata con il grande classico Nature Boy, a suo tempo portato al successo da Nat King Cole. Con una chanteuse in abito da sera, violini, xilofono e batteria veri e un testo che non stonerebbe se parlasse davvero di Don Draper, questo video ha davvero tutto per candidarsi ad essere la sigla per la stagione finale della serie (prevista per l'anno prossimo). Chi è con me?
Se volete farmi un regalo, la Hasbro ha creato una versione di Monopoli dedicata a The Wire (che è, per chi fosse così stolto da non conoscerla, più o meno la più bella serie tv di tutti i tempi). It's all about the corners, motherfucker. (via)
[Clicca sull'immagine per ingrandire. Potrebbe metterci un po']
E' questo simpatico energumeno texano che spunta la sua siepe con un tosaerba attaccato su un bastone:
[vedo che il tizio ha un intero canale YouTube con 43 video, in cui sostiene di aver inventato WIndows Vista o propone soluzioni per l'oil spill del golfo del Messico. Quelli magari guardateveli voi]
Stasera il sottoscritto sarà in consolle al Covo (al Gate 2, dopo il concerto dei Mystery Jets); il flyer mi definisce «blog-master», ma non dategli retta. Non son mica così sfigato da star dietro a una cosa uncool come i blog, io.
Era un po' che non si sentiva parlare di Uffie, starlette electro franco-americana già alla corte dei Justice (cantava in Tthhee Ppaarrttyy sul loro disco d'esordio †). La nostra è appena tornata con un nuovo singolo (di pop gommoso abbastanza innocuo) che sfoggia però un video niente male direttamente ispirato a (per non dire plagiato da) le migliori opere di Michel Gondry (come Come into my world di Kylie Minogue o Let forever be dei Chemical Brothers). Fa sempre un po' paura vedere che le vette toccate dai grandi maestri del videoclip (la trimurti Gondry – Jonze – Cunnigham) restano a parecchi anni di distanza ancora irraggiungibili.
Voi pensate che il titolo di questo post sia ironico, e invece no: esiste davvero un saggio con questo titolo, ed è un saggio serissimo, molto ben scritto e dannatamente interessante. E' un po' lunghetto, ma vi posso assicurare che vale la lettura, soprattutto se non siete tra coloro che pensano già che gli 883 siano stati il più importante fenomeno musicale italiano degli anni '90. Un assaggio preso quasi a caso (ma fidatevi, è tutto così, e anche meglio):
A noi sembra che l’innovazione vera contenuta nei testi del gruppo non attenga al lessico, ma allo sguardo sul mondo. Attraverso il ricorso a parole di uso comune gli 883 hanno sviluppato e talvolta introdotto nell’ambito del pop delle porzioni di realtà anonima e quotidiana che pochi altri prodotti culturali di consumo avevano saputo mettere a fuoco con altrettanto nitore. Le parole di Pezzali, spesso di uso comune, sanno fissare ambienti, situazioni e oggetti legati a realtà note ma fondamentalmente indicibili tanto per la poesia ‘alta’ quanto per la letteratura triviale. L’incipit di Sei un mito, secondo singolo estratto da Nord Sud Ovest Est, è da questo punto di vista davvero esemplare:
Volendo, ci si potrebbe soffermare anche qui sull’occorrenza di sintagmi ed espressioni gergali – a cominciare dall’eponima Sei un mito, più che mera formula vera e propria categoria dello spirito per le giovani generazioni (17) ; ma colpisce soprattutto la presenza affascinante e davvero inedita di quell’arbre magique – per quel che ci consta, un hapax legomenon nel corpus della canzone italiana – deodorante a forma di piccolo abete, ben noto agli automobilisti italiani, il cui violento, artificiale profumo si somma a quello crediamo altrettanto intenso del «deodorante appena preso che fa molto chic» (che dato il contesto sarà lecito identificare con uno spray a buon mercato, per niente chic dunque): la rima magique: chic, virtuosistica, potentemente ironica, allaccia genialmente in un solo giro sintattico e ritmico lo stilema per eccellenza dell’eleganza aristocratica a due esemplari correlativi del gusto piccolo borghese: l’arbre magique e il deodorante economico. Si noti che le innovazioni linguistiche e l’ironia metrica, qui e altrove, non sono fini a se stesse; servono invece a predisporre l’irruzione di realtà che colpisce come un pugno, il referto millimetricamente esatto di uno scenario emotivo convincente e pieno di verità – non importa fino a che punto portato a coscienza dal paroliere. Consapevolmente o no, l’energia linguistica degli 883 lavora al servizio di una regia superiore, capace di nominare e spesso di illuminare liricamente settori di realtà solitamente elusi dalla cosiddetta canzone d’autore, in genere tentata dall’imitazione passiva (e fallimentare) della cultura ‘alta’ (18), e per questo ancora fedele a una visione del mondo iperletteraria e iperselettiva; né il discorso cambia per quelle canzonette più triviali – compresa molta produzione di area sanremese – che per essere prodotti dichiaratamente ‘bassi’ e di consumo non per questo sanno votarsi a un plurilinguismo sostanziale e davvero generoso (anzi, spesso si distinguono a maggior ragione per conservatorismo linguistico, stereotipia, ricerca aprioristica di effetti di lirismo). Il plurilinguismo degli 883 informa invece un io lirico che non palesa debito alcuno nei confronti della poesia ‘alta’ (anche perché con tutta probabilità la ignora del tutto), ma che di fatto esprime un’antropologia e una visione del mondo sottili e attendibili, ricche oltretutto di sfumature inconsce e di ritorno del represso. [#]
Bonus: Max Pezzali – L'ultimo bicchiere (demo)
(via)
Mi chiedo cosa penserebbe il me stesso diciassettenne che tanti anni fa chiuso nella sua cameretta consumava i dischi di Nick Cave venerandolo come un messia di fronte a queste notizie, che messe tutte insieme fanno quasi paura:
La risposta, probabilmente, è che il me stesso diciassettenne continuerebbe a pensare che la vita fa schifo, e metterebbe su di nuovo qualche B-side dei tempi d'oro.
Doveroso, ma molto bello e assolutamente ipnotico (anche se, dicono, letale): come si fa l'inchiostro?
[grazie a Pier Mauro]
Era già stata caricata online un paio di giorni fa ma poi era stata rimossa. Adesso, non so per quanto, c'è di nuovo: ecco Litio, una strepitosa anteprima del nuovo disco dei Massimo Volume (Cattive abitudini), in uscita il 15 Ottobre per La tempesta Dischi.
Sono tornati, e per fortuna sono ancora quelli di una volta.
[Scattata da qualche parte a Stoccolma da questo tizio su Flickr. Grazie ad Alina]
Uno dei conduttori di talk show più famosi d'America (Jimmy Fallon), una delle pop star globali pù di successo della sua generazione (Justin Timberlake) e uno dei combo più poderosi del suo genere (The Roots) in uno strepitoso medley di classiconi hip-hop che mostra in modo lapalissiano quello che la televisione italiana non sarà mai. A noi al massimo capita Fazio che duetta con Baglioni. Per dire.
The Ultimate combo, di David Soames. Poster in vendita qui
I Wilco hanno vietato l'uso di fotocamere e videofonini durante i loro concerti. Natalie Merchant recentemente ha ricordato stizzita al pubblico che lo show era sul palco e non nei loro schermi. I Black Crowes ne hanno fatto una crociata, e sono sempre di più le band che si sono stufate di suonare davanti a un pubblico immobile sovrastato da muro di macchine compatte e telefonini. I videofonini stanno uccidendo l'atmosfera dei concerti? Lo racconta il Wall Street Journal, e se lo chiede Luca Cabal Castelli su La Stampa:
Gli effetti sono numerosi. C'è la seccatura, quando sei immerso in platea, di dover fare uno slalom tra i telefonini per riuscire a vedere il palco. C'è la mutazione nell'atteggiamento e nella partecipazione del pubblico, che quando è concentrato a tenere in equilibrio un iPhone probabilmente non ha più molto tempo per cantare o ballare. C'è un'affascinante memoria visiva che si dispiega su YouTube, sui forum, su Facebook, portando le immagini dei concerti a chi non ha potuto esserci, costruendo nuovi racconti collettivi (l'intero live dei Radiohead registrato a Praga lo scorso anno), aiutando i tuoi ricordi a non sfumare troppo rapidamente.
Quando il tizio davanti a me mi copre la visuale con la sua fotocamera, impedendomi di vedere il palco durante la mia canzone preferita, magari mi arrabbio. E mi chiedo come sia possibile che non si lasci trascinare dalla musica: vergogna, stacca quell'affare e goditi il concerto! Però poi quando trovo su YouTube un brano fantastico di un live che ho particolarmente amato, ripreso praticamente dal posto in cui ero io, con tanto di pioggia e traballamenti, mi si riaccende istantaneamente un'emozione e non posso che ringraziare l'autore e riguardarmi il video in loop. [#]
Ovviamente basterebbe un minimo di buon senso e moderazione per salvare capra e cavoli e consentire foto e video senza rovinare il concerto a nessuno. Ma siccome ai concerti queste qualità paiono ben rare, ed è assai comune trovarsi davanti lo spilungone immobile che filma tutto il concerto con uno smartphone o la fulminata che passa un'ora a cercare di scattare almeno una foto non mossa da 100 metri con una compatta da 150 euro, io li vieterei sempre e comunque. Lascerei solo i professionisti o presunti tali con le reflex nelle prime file. Per tutti gli altri, botte. Sono troppo cattivo?
La spettacolare matita con scritta ispirata al celeberrimo motto scritto sulla chitarra di Woodie Guthrie (e da allora imitato dalle band di mezzo mondo). Si compra qui.
Il Trolololo è stato forse il meme più di successo dell'ultimo anno internettiano. Se almeno una volta avete cliccato sul link sapete il perché; e sapete anche che il bello è che non c'è nient'altro da sapere.
Continuate a non saperne nulla, e cliccate sul video qua sotto. L'unica cosa che si capisce è la data (che risale a poco più di una settimana fa); il presentatore ventriloquo, il crescendo orchestrale, i tizi travestiti in modo bizzarro fanno il resto. Long live Trolololo.
[grazie a Checco]
Quante sono le decisioni fondamentali che danno forma alla tua vita? E di quante ti rendi veramente conto? Quando hai deciso che facoltà frequentare e quando che lavoro fare? Quando di lasciare la tua ex con cui litigavi un po' troppo, e quando di provarci o meno con quella ragazza che ti piace e che un giorno potrebbe essere la madre dei tuoi figli? Quando di ubriacarti quella sera, così che la mattina dopo non avevi voglia di alzarti e hai mancato un incontro che forse ti avrebbe cambiato la vita? E hai davvero deciso di vivere nella città in cui vivi oppure devi cercare più indietro, nella volta in cui hai preso in mano un libro, o guardato un film, o alzato la cornetta e ha iniziato a insinuarsi il pensiero che questo potesse essere il posto per te?
Le riusciresti ad elencare, le dieci decisioni che hanno dato forma alla tua vita?
Vi consiglio di evitare di pensarci, o di farlo solo se avete molto tempo libero e pochi rimpianti. Io mi ci sono trovato qualche sera fa, partendo dai versi iniziali di I'll try anything once, la versione demo (che però è più una versione alternativa, visto che ha anche un testo diverso) di You only live once degli Strokes che sta nel trailer e nella scena centrale di Somewhere di Sofia Coppola. Una canzone mesmerizzante, il cui languore dolceamaro si adatta in modo criminale ai bilanci che non tornano e alla crescente consapevolezza che quello che credevi un piano in realtà è forse solo una serie di coincidenze fortuite ma non necessariamente fortunate; il frutto di decisioni non troppo meditate che ti avrebbero fulminato se avessi potuto capire davvero quali conseguenze avrebbero avuto. Col rischio di scoprire che le decisioni sbagliate, ammesso che si possano mai davvero definire tali, le avresti prese tutte comunque, così come adesso, pur con la saggezza che in teoria accumuli anno dopo anno, continui a prenderle con l'incoscienza di chi finge che non abbiano un numero impredicibile di implicazioni. Forse nessuna, o forse, in una catena impossibilmente aggrovigliata di eventi, quella che ti cambierà la vita.
MP3 The Strokes – I'll try anything once (You only live once demo)
Se guardate solo una cosa online oggi, fate in modo che sia la spettacolare gallery Animals in the news di The Big Picture. Una meraviglia.
Ultimamente di reunion di band più o meno storiche ne abbiamo viste un sacco, e tra panzoni svogliati che tornano sul palco solo per raccogliere un po' di grana su quanto seminato in gioventù e rocker nati che anche dopo molti anni di pausa non hanno perso la stoffa e la voglia di divertirsi, abbiamo imparato abbastanza bene a distinguere tra le reunion finte e pretestuose da quelle vere e sensate. E alla seconda categoria paiono appartenere due ritorni discografici piccoli ma pieni di significato che hanno luogo proprio in questi giorni.
Una settimana fa sono tornati con un nuovo disco i Superchunk, indie-band americana di culto tra le cui fila militano i fondatori della Merge (che è tipo una delle etichette indie più fighe della storia, che pubblica, tra gli altri, Arcade Fire e Spoon). Onestissimo e gioiosamente schitarrante, il loro Majesty Shredding odora di anni '90, power-pop e band che suonano nei garage dei sobborghi; una ventata di aria fresca e al contempo sapientemente familiare, senza le spesso inutili sovrastrutture delle band à la page e le pretese dei giovani che ancora hanno qualcosa da dimostrare. Non vi cambia la vita di un millimetro, ma si ascolta a volume alto.
Trionfale ritorno anche per i Vaselines, sgangherato duo scozzese dalla vita breve alla fine degli anni '80 reso immortale dalle cover registrate dai Nirvana (Molly's Lips e Jesus doesn't want me for a sunbeam) e presente sul dizionario come illustrazione per la voce «seminale». La formula tutta jangling guitar e indie-pop cantilenato non è cambiata, e la straordinaria e largamente non riconosciuta influenza avuta dalla band nel corso degli anni non rende meno godibile il loro Sex with an X.
E curiosamente i video nuovi delle due band sono una metafora, ciascuno a modo suo, proprio della relativa reunion: la grottesca banda di hipster che ne aveva preso il posto a tradimento viene scacciata dai Superchunk, mentre Eugene Kelly e Frances McKee in vesti ecclesiastiche tornano insieme e intraprendono un viaggio come dei bastardissimi Bonnie e Clyde. Se volevate sapere come si fa una reunion, eccovi due esempi con i controfiocchi.