E non poco
Fossi in voi andrei a leggermi gli ultimi 3 post di Leonardo, e lo farei subito, cominciando da quello datato 25 Aprile (li linkerei ma i permalink fanno le bizze). Quest’uomo ha del talento, e non poco.
E non poco
Fossi in voi andrei a leggermi gli ultimi 3 post di Leonardo, e lo farei subito, cominciando da quello datato 25 Aprile (li linkerei ma i permalink fanno le bizze). Quest’uomo ha del talento, e non poco.
E’ il colmo
Il colmo per un vegetariano? Morire per il morbo della mucca pazza.
Ed è ancora più il colmo se è davvero successo.
E’ una canzone d’amore.
E’ una gran bella canzone d’amore.
E’ una di quelle vere, è stata scritta per conquistare una ragazza, e ha un lui e una lei reali. Lui è Nick Cave. Lei è la ragazza del West Country. Una ragazza della campagna, diremo noi, e in particolare della campagna del Dorset, nei dintorni di Stonehenge. Perchè lei non è una ragazza qualunque, lei è PJ Harvey. Una delle più brillanti cantanti contemporanee, una personalità intricata e un groviglio di nevrosi, un corpo magrissimo, forse non bella ma ben più che affascinante.
Per Nick Cave, però, è semplicemente la ragazza del West Country, che ha un sorriso malizioso e la faccia a forma di cuore. Con pochi versi Nick ce la dipinge, ci parla delle sue labbra, dei suoi occhi, del suo corpo da Dea, che ha quattordici stazioni da percorrere, come la via crucis. E’ completamente trasfigurata; dev’essere strano leggersi nelle parole di una canzone, ancor di più quando a scriverla è un autore del suo calibro, all’apice della sua carriera. Apprendiamo del suo figlio non nato, che grida ‘Mamma’ tra le macerie del suo corpo -un aborto, probabilmente- e, più prosaicamente, delle sue unghie, tutte rosa e morse. Sembra quasi di vederla, con la faccia a forma di cuore, mentre si mangia le unghie e tenta di comporre una canzone, che ispira i versi e l’amore del cantautore australiano.
In The secret life of the love song, saggio prima recitato in un reading e pubblicato in cd e ora disponibile in Tutte le canzoni 1978-2001 (Mondadori), lo stesso Nick ci parla di West Country Girl. Questa canzone metteva in evidenza i miei particolari criteri di bellezza, la mia particolare verità (con tutta la sua probabile schematicità, crudeltà e povertà) riguardo la bellezza. Era una lista di cose che amavo, e, in realtà, un pietoso esercizio di adulazione, pensato per avere quella ragazza. Funzionò e non funzionò. Funzionò, perchè i due ebbero una intensissima storia d’amore. Che però, alla lunga, non funzionò, e finì con il ritorno di lei nella sua campagna del West Country, come ci racconta Cave nella successiva Black Hair. E la canzone cambiò, dalla dolce ballata che era in versione demo divenne nella versione definitiva un country sostenuto e un po’ maledetto, per poi trasformarsi live in una velenosa declamazione scandita da un pianoforte brutalmente strapazzato e da un violino distorto, come sa chi ha visto i concerti del cantautore australiano senza Bad Seeds, qualche anno fa a Mantova o l’anno scorso ad Ancona. Continua Cave: West Country Girl è nata nell’innocenza e sotto i raggi del sole, come una semplice poesia a proposito di una ragazza. Ma ha fatto quello che tutte le canzoni d’amore devono fare per poter sopravvivere, ha chiesto il diritto di avere una propria identità, una propria vita, una propria verità. L’ho vista crescere e cambiare col passare del tempo. Ora si presenta come una fiaba ricca di ammonimenti, come una lista di ingredienti per una pozione da strega, la si può leggere come il rapporto di un medico legale, o come il messaggio di un logoro cartello pubblicitario in cui un uomo dallo sguardo selvaggio dichiara “La fine del mondo è alle porte”. E’ una voce flebile nel buio che gracchia “State attenti…state attenti…state attenti”.
Ma la canzone non è finita. Mancano forse i versi più importanti, quelli dove cercare la ragione dell’amore di Nick per la ragazza del West Country. E dove cercare, probabilmente, anche le radici per la loro separazione. L’elenco continua, ed arriva alla voce, la stessa voce che incanta migliaia di fan nel mondo, la voce che ha cantato la gioventù di Dry, i deliri di Rid of me e la passione di To bring you my love. Il suo accento aperto, che ho sentito, e che è stato travasato nel mio cuore umano -quasi come se lei non lo fosse, umana, con una voce di intensità tale da essere travasata– e mi ha ripempito d’amore fino all’orlo e mi ha ucciso, e ricostruito ancora una volta, con qualcosa a cui puntare. La sua voce l’ha riempito d’amore fino ad ucciderlo, per poi resuscitarlo come persona nuova con something to look forward to, degli obiettivi, delle speranze, qualcosa cui aspirare; un futuro. Non è questo il risultato più alto che l’amore possa conseguire? E non è questo anche il motivo per cui un amore finisce?
Non sta a me, la risposta. Ma Nick Cave, lui lo sa.
[Nick Cave and the Bad Seeds – West Country Girl. Da The Boatman’s Call (1997)]
Live report: La Crus e Cristina Donà
Ieri e l’altro ieri doppietta di concerti. E mercoledì, coi Giardini di Mirò, facciamo 3.
Venerdì, La Crus live@Io Street Club (Rimini)
Non auguro a nessuno di trovarsi a vedere dal vivo, per l’ennesima volta, una delle band che si ha più amato in passato, e rendersi conto che il tempo passa, e le cose cambiano. Non è stato un brutto concerto, tutt’altro: le canzoni ci sono, la band ha una sua presenza, i brani più veloci guadagnano dell’impatto live; Un bel concerto, insomma, come lo descrive Storie. Eppure…eppure c’è qualcosa che non va. La voce qua e là viene a mancare, la batteria è spesso fuori luogo, i pezzi elettronici starebbero meglio in un dj set, l’atmosfera è svagata. Si tratta di sfumature, che sommate tra loro, e paragonate all’intensità del passato, rivelano un quadro piuttosto triste. Ci provano, resistono, ma è l’inizio della fine.
Ieri, Cristina Donà live@Estragon
Ma perchè nessun produttore riesce a rendere giustizia su disco alla straordinaria potenza e versatilità della voce della cantautrice milanese? In Dove sei tu è suadente, poi gorgheggia in Stelle buone, si fa tromba (sic) alla fine di Mangialuomo, parodia in The truman show, stridulo uccello in Nido, e molto di più. Perchè nessuno riesce a farla uscire con la qualità che merita, e a tirar fuori il capolavoro che tutti aspettano, e che ogni volta viene rimandato?. E perchè la chitarra graffiante di Lorenzo Corti sul disco è più fiacca, e le percussioni ipercinetiche di Christian Calcagnile meno travolgenti che dal vivo? Che sia troppo per un cd?
Se non l’avete mai vista dal vivo, non perdetevela. E se l’avete già vista…beh, sapete di non poterne fare più a meno.
Isn’t it nice when things just work?
Il nuovo spot della Honda è imperdibile. Un piccolo gioiello di genialità, con un’idea semplice alla base, ma con una realizzazione che, immagino, dev’essere stata infernale. Dategli un’occhiata (è un filmato, quindi è un po’ pesante…ma vale, fidatevi).
(grazie all’A.nonimo)
Quando si dice l’affinità
Ho provato il gioco delle affinità elettive che 3G Granieri ha messo in piedi. Splendido, sarei davvero curioso di sare un’occhiata all’algoritmo che c’è dietro, per vedere quanto e come conta avere la stessa idea su Baricco, sulla tv o sui libri. Anche se probabilmente non ci capirei granchè.. :-|
Il risultato: sono affine, tra gli altri, a vari blog già presenti nella mia playlist quotidiana: Brodo Primordiale, Quarky, Clutcher, ManteBlog e 4 Banalitaten. Chiamatelo pure gioco, però funziona.
[Ah, collegato c’è anche CercamiBlog, altra automagia per individuare i percorsi di lettura quotidiana. Non lo si chiamava Guru a caso…]
Perle
Aiutando i miei a spostare dei mobili a causa degli ennesimi lavori in casa -mobili che, a mia memoria, hanno girato mezza casa e non trovano pace in nessuna stanza- sono incappato in una serie di 33 giri che risalgono all’evidentemente sventurata gioventù dei miei genitori. Dove qualche mio amico ha genitori che possedevano copie originali di Sergent Pepper, Velvet Undergound & Nico, De Andrè o del primo Battiato, io ho trovato Albano e Romina, Gianni Morandi, Rita Pavone, qualche Sanremo -tra cui un’edizione, quella del 65, che mi ha colpito per la completa e inquietante assenza di nomi a me noti- e lo splenidio Pippo Baudo racconta, vinile spoken word in cui il Pippo nazionale racconta fiabe immortali quali Il lupo vegetariano, L’assedio di Fort Balsamo, Il cane che miagola e L’agente QQ7. Non credo avrò il coraggio di ascoltarlo.
In arrivo il cellulare che non si scarica mai
O almeno così pare. E sfumerà anche l’ultima scusa per spegnere il telefono al momento giusto…
Sai quante denunce ci sarebbero da fare, allora…
Alcuni fan hanno denunciato i Creed per aver fatto un brutto concerto, e chiedono un lauto rimborso. Se le denunce vengono accolte, ho in mente vari artisti pronti per la bancarotta…
Listening room (5)
La Crus – Ogni cosa che vedo: Dimenticate L’urlo, il singolo danzereccio che tenta -abbastanza pateticamente- la strada radiofonica (l’ho già descritto e smontato qui), e tenete in mente i ‘vecchi’ La Crus, quelli di Dentro me: ecco, ci siete vicini. Singolo a parte, infatti, Ogni cosa che vedo è un disco in puro stile La Crus, 100% ballate eteree, lirismo metropolitano e trip-hop nostrano. Meno chitarre acustiche e più elettronica à la Dining Rooms (side-project del deus ex machina Cesare Malfatti), ma per il resto il riferimento più vicino è il capolavoro della band, Dentro me, che a metà anni ’90 ha fatto urlare al miracolo per la bellezza di canzoni ed arrangiamenti.
A volte si tenta la soluzione più uptempo (La giacca nuova o Prima che la notte), e si esplorano nuove sonorità (l’elettro-bossa Come una nube, o l’impasto sonoro dell’iniziale Voglio avere di più), così il suono della band si arricchisce senza perdere la sua particolare cifra stilistica. E con la bristoliana La nevrosi o il meraviglioso duetto con Cristina Donà (che compare in 3 canzoni), Ad occhi chiusi -tra le canzoni più belle mai scritte dal gruppo milanese- siamo alle vette dell’album. Se riuscite a superare la mancanza di idee del primo singolo e la povera grafica di copertina e booklet (passi falsi imperdonabili per una band in cerca della visibilità che merita), ed arrivate al cuore del disco, le canzoni, non potrete rimanere delusi. 8.5/10
Venus – Vertigone: Ce l’hanno fatto sudare questo secondo cd in studio, i belgi Venus. Abbandonata l’italiana Sonica che ha pubblicato il primo cd, Welcome to the modern dance hall, e reduce da una pausa di qualche anno, la band di Marc Huygens ci regala un’altra opera bella ed originale, che miscela pop intelligente, rock acustico ed arrangiamenti raffinati eppure essenziali ed incisivi, di gusto spiccatamente mitteleuropeo.
Il suono della band si è arricchito, l’apporto degli archi non è più così pervasivo mentre guadagnano spazio organo, rhodes e tastiere. A suonarli lo stesso Huygens o due ospiti d’eccezione: Pall Jenkins dei Black Heart Procession -i due si sono conosciuti alla ormai leggendaria edizione di 3 anni fa del festival Frequenze Disturbate-, la cui influenza si fa sentire in tutto il disco, e Michela Manfroi, ex degli indimenticati Scisma (di cui parlavo qui). Nascono così vere perle come la cameristica After the storm, splendido incipit che prende per la mano l’ascoltatore, mentre Beautiful Day, la più orecchiabile, ricorda il primo cd, e Wanda Wultz è una miscela di pathos ed inquietudine che si risolve in un trascinante refrain. Meravigliosamente classico ed obliquo, il cd non accenna ad annoiare, ed anzi guadagna ad ogni ascolto. Speriamo che con Vertigone i Venus abbiano il successo che meritano. 8/10
[Listening room: (1), (2), (3), (4)]
Il libro più veloce del mondo
Scritto, stampato e venduto in 12 ore: l’hanno fatto ieri a Colonia (in tedesco).
Ma immagino che, veloce com’è stato scritto, sarà dimenticato.
Povere t.A.T.u.
Il duo ex-lesbo di lolite russe lancia un appello alle “più belle e giovani ragazze“ a posare nude come modelle in una foto con loro, per la copertina del loro nuovo cd, e la National Society for the Prevention of Cruelty to the Children si arrabbia. Perchè, che hanno fatto di male? :-)
Di questo condivido anch le virgole
Paolo De Andreis su Digital Millennium Copyright Act, discografia e libertà.
E intanto, tra qualche giorno, entra in vigore il decreto che aumenta il prezzo dei cd vergini….
Il Patrono di Internet che poi non è santo
Come dice anche il Corriere offline di oggi, è finito il referendum per proporre un nome per il ruolo di Santo Patrono di Internet. In testa è tale Beato Giacomo Alberione, che, come evidente, non è ancora santo. Lo trovo molto appropriato.
[Qui tutte le spiegazioni]
The cocoon surrounds me /embraces all
So che sono già abbastanza fortunato a non avere un lavoro a cui dover tornare dopo la pausa pasquale, e che lo sono doppiamente per non avere nemmeno esami imminenti, quindi non dovrei lamentarmi (è la cosa in cui sono più bravo, lamentarmi). Ma, sia chiaro, questa non è una lamentela, è una constatazione: questo ritorno tra i colli del Montefeltro, in visita a casa dei miei, è un momento di stasi più faticoso che rigenerante.
A parte i doverosi e piacevolissimi momenti conviviali, le rassicuranti chiacchiere parentali e le passeggiate in giardino, è come essere in un bozzolo. Leggo, guardo film, ascolto musica, bloggo; sono qui da 4 giorni e mi sembra un mese. Sto rileggendo -per la terza volta- The Hours di Michael Cunningham, un piacevole perdersi in parole ben intarsiate che migliorano ad ogni lettura, dopo aver finito ieri notte Denti Bianchi di Zadie Smith (bello, ma credevo meglio). Fatico su voluminosi tomi di HCI alla ricerca di una buona idea per la tesi (sono molto apprezzati i suggerimenti, grazie), ma non vado molto lontano. In compenso il sottofondo musicale è di quelli buoni: Ogni cosa che vedo dei La Crus non mi ha deluso (prossimamente il mio parere), Dove sei tu di Cristina Donà è discontinuo ma nasconde delle perle, l’ultimo dei White Stripes è un ascolto piacevole e i Postal Service stanno gradualmente entrando nel mio DNA. La sensazione di essere altrove è rafforzata dai film che mi ritrovo a vedere: solo ieri i favolistici Chocolat e La città incantata, l’ultimo film di animazione del maestro Miyazaki, una fantasmagoria di esseri e situazioni assurde che ha più di un debito con Alice nel paese delle meraviglie. Magari stasera mi guardo qualche mattonazzo neorealista per riequilibrare.
Poche le cose previste per i prossimi giorni: una reunion con la mia vecchia band per una serata che spero delirante, un paio di concerti che spero degni e il ritorno a Bologna, che spero romperà il bozzolo. Non lo so mica se ne uscirò bruco o farfalla, però.
La citazione
Ho un solo rimpianto nella mia vita: non essere un altro. (Woody Allen)
Geniale.
L’angolo della musica intellettuale
Una volta ogni tanto fate fare anche a me il FFWD della situazione: ho scoperto un paio di gruppi niente male. In uno straordinario club a pochi passi dal centro di Bruxelles, l’Ancienne Belgique, ho assistito a due concerti di musica strumentale che mi hanno colpito.
Un batterista che sembra un metronomo vivente, un bassista che si sente esattamente quando deve, un tastierista che è come se non ci fosse: questi sono i Radian, singolare trio austriaco che combina musica suonata e musica elettronica come pochi sanno fare. Il post-rock è ben dietro le spalle, la musica dei Radian è un tappeto sonoro tenue e sincopato, che gode dei vuoti quanto dei pieni; il riferimento più ovvio sono i Tortoise, nel cui studio è stato realizzato l’ultimo cd della band, ma qui siamo ben oltre. Straordinari live, anche se probabilmente poco significativi su disco, essendo il loro merito maggiore la commistione di elettronica e musica suonata.
Gli Hangedup sono un duo canadese di violino e batteria. Dimenticate le suggestioni cameristiche dei Rachel’s o le romantiche derive dei Dirty Three, qui siamo più dalle parti del punk; violino e batteria si rincorrono in cavalcate furibonde ed esaltanti, scambiandosi costantemente il ruolo di solista e creando un muro di suono davvero imponente. Compagni di etichetta e gruppo spalla degli incensatissimi Godspeed you black emperor, gli Hangedup raggiungono un’intensità prepotente e ineludibile, cineticamente complementare a quella creata dai loro più illustri concittadini. Peccato che alla lunga le melodie del gruppo siano un po’ monotone, e che soffrano di una certa mancanza di idee, in particolare nei momenti lenti. Ma si faranno (e si faranno bene), ne siamo sicuri.
Allora era vero
E’ ufficiale, Nick Cave è tra i nomi sicuri che saranno al concerto del 1 Maggio in Piazza S. Giovanni a Roma. Tra gli altri Carmen Consoli, Daniele Silvestri, Marlene Kuntz, Cammariere, Planet Funk.
Mio Dio.
Devo andarci, se non altro per vedere come sarà…
Audi-Oh!
Quando si dice che la buona musica fa godere…forse si intende chi l’ascolta con questa cosa.
E’ una follia. Devo averla.
(segnalata da Carlo)
Invisibile
Ieri, in treno, ho incontrato per caso una conoscente di poco conto. Nonostante avessi ben 3 giornli da leggere, la suddetta ha tentato per tutto il viaggio di distogliermi dalle mie letture per tediarmi con i dettagli tecnici sulle colture di batteri usate negli OGM (giuro). A un certo punto, per nessun motivo particolare, mi è venuta in mente una canzone dell’ultimo cd di Cristina Donà, Invisibile, e la mia bocca si è aperta in un sorriso. Ecco, quando una canzone riesce a riempirti così anche in un momento di noia e disinteresse, allora vuol dire proprio che è una grande canzone.
Oggi no, non succede più
Ai miei tempi, che non era poi molto tempo fa, nessuno si preoccupava della mostruosa violenza tramessa dalla tv. In Tom e Jerry i protagonisti venivano squartati una volta sì e l’altra pure, nell’Uomo Tigre scorrevano fiumi di sangue e Twin Peaks del maestro Lynch trasmetteva in prima serata omicidi e perversioni di provincia con una crudezza ed un’innocenza che ci inquietava. Oggi no, non succede più, ci sono un sacco di codici di autoregolamentazione. E non li vìolano mai, no davvero…
Domani i blog potrebbero morire?
Un editoriale di Giuda.it su Punto Informatico. So che non sono molto preciso, ma c’è qualcosa -anzi, più che qualcosa- che non mi convince. Attendo l’inevitabile dibattito, ora ho troppo sonno per argomentare.
The district sleeps alone tonight
Il blogger notturno questa sera dorme solo, perchè così vuole la contingenza. Qualcuno gli richiede post del genere, e lui è tutto contento, rientrando da notte brava, di poter esorcizzare tutti gli spettri passati e presenti con una bella bloggata notturna. Well, I was the one worth leaving, cantano i Postal service, in una canzone che stasera è la mia.
Un compleanno, una festa. Come mille altre, non fosse per la bella atmosfera, per l’ottimo cibo, e per la simpatica visita della polizia che, a mezzanotte appena passata, ha regalato ai presenti una bella multa da 50 euro per schiamazzi notturni. E dire che, molte altre volte, la casa aveva rischiato di crollare dal rumore, e le casse bombavano gli Smashing Pumpkns come neanche a metà degli anni ’90. E invece stasera i Nine Inch Nails erano pure a basso volume, e c’era poca gente -poca ma buona, come si dice- eppure i simpatici vicini -che domani, sospetto, non troveranno le gomme dei propri mezzi di locomozione integre- hanno infierito con l’elasticità di dei gerarchi fuori epoca. Tra qualche mese saremo anche noi costretti nelle gabbie del mondo del lavoro, delle 8 ore al giorno, dell’oggi non posso permettermi di dormire un’ora in più. E allora lasciatecela dormire finchè si può, no?
Ascoltare un blog
Sto ascoltando la trasmissione di Polaroid su Radio Città 103. Singolare sensazione, quella di ascoltare un blog. Ed esaltante, quando la trasmissione inizia con le parole di uno dei tuoi scrittori preferiti, Douglas Coupland, lanciando subito dopo un pezzo live di uno dei tuoi gruppi preferiti, i Notwist, dal concerto di New York alla Knitting Factory di due settimane fa, messo online da Ugo. Piccolo il mondo.