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venerdì, 09/07/2004

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Dai, ok
Non ne parlo, ma metto online qualche foto, giusto per dare un senso allo sbattimento di esseri portato dietro la fotocamera. La qualità è quella che è, e non mi chiaro perchè sul mio computer appaiano così scure mentre sul Mac della Fattoria erano perfette, ma, boh, magari a qualcuno interessa. Un paio di foto degli sbarbi The Rapture (1 e 2), e tre degli ipersensibili Belle & Sebastian (1, 2 e 3). Enjoy.

giovedì, 08/07/2004

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Il blogger alternativo*
Si riconosce perchè va a uno dei concerti più fighi dell’anno, e non ne parla.
[* un termine volutamente metà anni ’90]


giovedì, 08/07/2004

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Da urlo
Spider man 2, in uscita in questi giorni negli States, ricostruito interamente coi Lego in un filmato strepitoso. Un piccolo capolavoro di nerditudine (soprattutto a pensare al tempo che ci avranno messo a costruire oggetti e scenari e a fare tutti quegli stop motion) declinato alla Hollywoodiana.
[ci mette un po’ a caricarsi, ma vale la pena]


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mercoledì, 07/07/2004

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Mi sembra in tono
Eurobad ’74
, una galleria di immagini dedicata agli interni più kitsch degli anni ’70. Una vera meraviglia.


mercoledì, 07/07/2004

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C’è qualcosa che non va in me: sono un cucù
Ieri notte ti ho sognata, era un sogno strano. Indossavi delle scarpe strambe e stavi per metterti a ballare; sono sicuro che ti vergogneresti, se solo te ne ricordassi. Peccato che è come una di quelle cose che si fanno da bambini: è inequivocabile che tu le abbia fatte, ma eri troppo piccola per ricordartene. Quindi le hai fatte, ma non ti sembra di averle fatte. Un’ipotesi interessante, e una buona scusa; dovresti prenderla in considerazione la prossima volta.
Il problema, se vogliamo, è continuare a interpretare tutto come se fosse un segno, e ad agire di conseguenza. Probabilmente il modo più insensato di agire, quindi, paradossalmente, una soluzione facile e indolore per tutti i problemi della vita. Non li risolve affatto, ovviamente, ma vuoi mettere la soddifazione di avere una vita punteggiata di filosofia stabilita da chissà quale ordine superiore?
Alla fine, il problema vero -se problema è- è essere come un cucù (oppure un cuculo, se preferiamo parlare in italiano): deporre le uova nei nidi altrui perchè la pigrizia e l’incapacità impedisce di covarle a dovere nel proprio; il cuculo non riesce ad evitare di seguire il solito, inevitabile, percorso, ma non riesce mai a farlo nel modo giusto, e fino alla fine. E come quando Stuart canta della dipartita di Isobel in mezzo a quei fiati che se non c’era Trevor si sarebbe sognato, così canticchiare I’m a cuckoo pensando alle cose che non si riesce a portare a termine -neanche al termine che di per sè non ci sarebbe e che si è deciso più o meno arbitrariamente di porre- può diventare la soluzione di tutti i problemi. Tu turati pure il naso, e fai le smorfie come se inghiottissi una medicina nauseabonda; mi troverai di là a cantare, e a pensare che a una canzone indiepop non vorrei mai chiedere niente di più.
[Belle & Sebastian, I’m a cuckoo, da Dear Catastrophe Waitress (2003)]




lunedì, 05/07/2004

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I 5 dischi del semestre
[Non ho voglia di premettere la solita pippa sul fatto che le classifiche sono stupide e superficiali e bla bla bla, come si fa di solito; quindi se siete di quelli allergici al gioco delle top ten e alla connessa leggerezza da pipparoli hornbyani fatevi un giro ed evitate commenti inutili]
Visto che da queste parti a fine anno ci si diverte a stilare la top ten di quelli che ci sono più piaciuti tra i dischi usciti nel corso dell’anno (qui quella dell’anno scorso -che ovviamente già cambierei…ma fa parte del gioco), questa volta ci portiamo avanti, ed essendo da pochi giorni scollinati sulla china del primo semestre dal 2004, ci fermiamo e facciamo il bilancio intermedio dei 5 dischi del semestre secondo il tenutario del presente blog.
In rigoroso ordine alfabetico:
Adem – Homesongs. Ci ha messo un po’ a convincermi, dovendosi far strada in mezzo al mio scetticismo da cheppalle-un-altro-disco-voce-e-chitarra: ma a forza di canzoni sussurrate come carezze eppure violente come spallate è entrato di prepotenza tra i miei dischi dell’anno, rovinandomi anche più di una giornata. Da prendere a piccole dosi.
Blonde Redhead – Misery is a butterfly. Non perchè da anni sono tra i migliori, non per la costante evoluzione senza passi falsi, non per l’hype che li circonda nè perchè 2/3 hanno origine italiana: solo e semplicemente perchè è bellissimo. E’ tautologico, lo so, ma davanti alla bellezza non c’è nient’altro da dire.
Modest Mouse – Good news for people who love bad news. Ha almeno 4 canzoni che già da sole basterebbero a qualificarlo come un disco enorme, e in America se ne sta accorgendo pure Mtv; ma qui si parla del disco giusto al momento giusto, che con la sua aura da the good times are killing me è stato la colonna sonora di un sacco di cose. Quei ricordi rimarranno attaccati come dei post-it, e il fatto di non poterli strappare via sarà contemporaneamente inebriante e insopportabile. Ed è esattamente ciò che dovrebbere accadere a tutti i buoni dischi.
Morrissey – You are the quarry. Lo so tutto a memoria, o giù di lì. E in questi tempi di fast music e overdose di dischi è una cosa più unica che rara. Il resto è un successo su tutta la linea: testi, musica, atmosfera, interpretazione e personalità. Il Moz rimane una certezza, e il fatto che non ci sperassimo più rende tutto ancora più bello.
Piano Magic – The troubled sleep of piano magic. L’ho capito dalle prime note di Saint Marie che un disco così fuori dal tempo, che se ne frega più o meno di tutto e di tutti, mi avrebbe conquistato. Colpisce al cuore più che al cervello, e non se ne va più.
[Poco rock con la ‘r’ maiuscola, poca elettronica vera e propria, pochi dischi seminali e fondamentali per il futuro, poco zeitgeist sulle tendenze dell’anno, niente di italiano (davvero sconfortante) e di 3 su 5 dischi non ho mai neanche parlato sul blog. Non ne sono soddisfatto. Ma credo fosse inevitabile.]









lunedì, 05/07/2004

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Passatempo del giorno
Incasinare la faccia di Bill Gates con AlexWarp. Prossimo passo: installarsi il programma sul computer e mettere le mani sulla mia faccia. Difficile che peggiori..

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lunedì, 05/07/2004

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You got me jumping like a Cat on the wall
Già il live che ho scovato online qualche giorno fa ha fatto prepotentemente tornare PJ Harvey in heavy rotation sul mio stereo; le canzoni dell’ultimo cd dal vivo acquistano quella intensità che la scarna produzione del disco ha voluto negargli, e questa nuova veste mi fa ricordare chiaramente perchè amavo tanto l’artista del Dorset. Se poi ci si mette anche Lucio a segnalare questa lunga e assolutamente imperdibile video-intervista in streaming realizzata da Les Inrockuptibles insieme all’inossidabile Maria Mochnacz (che è anche making of dei video, del servizio fotografico e, soprattutto, del bellissimo booklet di Uh Huh Her), il passo per cominciare a mettersi a ballare a piedi nudi in cucina cantando Cat on the wall è davvero breve.

venerdì, 02/07/2004

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L’ho trovata
E’ The end of the world dei Cure. Ma che avevate capito?

venerdì, 02/07/2004

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Inkiostro music news aggregator (live edition)
+ Che l’edizione di quest’anno del festival di Lollapalooza sia stata cancellata nonostante il cast stellare (Morrissey, PJ Harvey, Pixies, Michael Franti, Modest Mouse, Sonic Youth, Wilco, Flaming Lips) è cosa nota da un po’. Un bell’articolo di PopMatters specula sui motivi del fallimento commerciale del più famoso festival itinerante al mondo. Istruttivo.
+ I dubbi che sia davvero scritto da un diciassettenne sono tanti (troppi?), ma l’idea del Guardian di far raccontare i concerti di alcuni dinosauri del rock tornati di recente sulle scene (McCartney, gli Who, Brian Wilson, i Kraftwerk) a un adolescente di oggi allevato a pane, Muse e Mtv non è davvero niente male.
+ Se fossi dotato di teletrasporto, non mi perderei per nulla al mondo il concerto di Amari ed En Roco organizzato da Beatroce a Macerata per l’8 Luglio. Se siete da quelle parti non osate mancare.

+ Sul loro sito, i Telefon Tel Aviv segnalano la loro prossima data a Bologna (che dopo il clamoroso concerto-pacco del Link di 2 mesi fa mi perderò molto volentieri) come parte di una fantomatica Festa di Radio Città del Capo, descritta come una serie di concerti con PJ Harvey, Tortoise, Ms John Soda, Black Rebel Motorcycle Club, Belle & Sebastian, Rapture, Morrissey, ecc. O Città del Capo è potente come la Massoneria, oppure qualcuno ha fatto un po’ confusione e mischiato almeno 4 festival diversi..
+ E’ uscito il programma di Territorio Musicale, che come sempre ha un paio di nomi ottimi. Gli Altro li rivedo assai volentieri (scaricatevi Pitagora e capirete), Morose mi interessa assai, dei Ronin si dicono meraviglie e per il resto, come al solito, sono assai curioso. Del Gamma Gamma Day si sa nulla?
+ Amo la rete: sono passati solo due giorni, e il concerto che PJ Harvey ha tenuto allo Zenith di Parigi il 30 Giugno è già online, scaricabile da qui. Show completo, qualità ottima, e performance grandiosa. Scaricatevelo finchè c’è.






venerdì, 02/07/2004

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Ho sempre sognato di diventare una dot com
Gli altri splinderiani dovrebbero già saperlo: da ieri tutti i blog ospitati dalla più grande piattaforma italiana passano dal vecchio indirizzo http://nomeblog.splinder.it a un indirizzo .com . Fino alla fine di Settembre tutte le richieste di accedere ai vecchi indirizzi saranno automaticamente redirette ai nuovi, poi -suppongo- comparirà una delle splendide schermate di cortesia di Splinder che tanto amiamo, per dirci di aggiornare i bookmark. La morale, quindi, è: anche se è una rottura di balle, meglio farlo ora.

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mercoledì, 30/06/2004

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«Al palato è inerme, opaco, importante e archeologico»
Grazie a Pinktronica mi sono imbattuto nel sito di Polygen, versatile generatore di stringhe di testo secondo grammatiche preprogrammate. Il giochino è sempre lo stesso, vecchio quanto il cucco, ma per quanto mi riguarda è assolutamente irresistibile: è quasi un’ora che perdo tempo a generare i Titoli di film italiani di serie B (Porto Rotondo Porto Rotondo, Pupe e cavoli, Tutti contro Franco e Ciccio e i Filistei), Trame di puntate di Beautiful, Nomi per prodotti della De Longhi (il VitAmore De Longhi, il MammaPizza De Longhi, lo SpargiStrutto De Longhi), Oroscopi personalizzati (con un paio di dettagli inquietantemente appropriati) e Testi per la rubrica sui vini di Gusto del TG5. Ma le grammatiche sono talmente tante che sono garantite ore ed ore di allegra demenza random. In più di un caso, tra l’altro, finiscono per uscire risultati realmente esistenti: non riesco a capire se questo sia il bello o la cosa tragica, però…

mercoledì, 30/06/2004

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«I’ll make you laugh by acting like the guy who sings»
Erlend che travia una classe di danza classica, mentre Eirik/Frodo suona sornione il piano: questo e altro nel brillante video di I’d rather dance with you dei Kings of Convenience, visibile in streaming da qui.

mercoledì, 30/06/2004

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«Ho votato Ikea»
Nel suo ultimo post, LaBranca -faro splendente che illumina le nostre menti- si è superato. Essendo senza permalink, lo copioincollo qui: 
26.06.04 ELECTION DAY
Cos’ho votato? Perché tutti mi domandano cos’ho votato? Ho votato Ikea.
Perché io detesto il concetto di “famiglia”. Sono certo che la “famiglia” sia il covo di ogni sopruso e di ogni frustrazione.
E quando vedo Marco “Faccia-Di-Polenta” Follini che remixa stantii luoghi comuni veterodemocristiani e dice “la famiglia va tutelata! Va difesa! Noi possiamo farlo, proteggendola da chi la vuole sgretolare. E’ il cuore della società”, mi vengono alla mente i tanti cuori-della-società che vedo negli ipermercati al sabato pomeriggio. Lui mio coetaneo in marsupio e bermuda. Lei sovrappeso con i fuseaux. Figlia femmina con maglietta ombelicale e carico cellulitico precoce. Figlio maschio con maglietta di gruppo metal e minaccioso monosopracciglio. Tutti carichi di merci scadenti. Tutti tranquilli, perché c’è Follini che li protegge.
Se questi sono i cuori-della-società, sono felice di vivere nel piloro della società, in un angolo di isolazionismo ed egoismo puri.
Perché nessun politico, nemmeno a sinistra, parla mai della necessità per i giovani di uscire dalle famiglie per affrontare in maniera indipendente l’esistenza? Gli unici manifesti che invitano a farlo sono quelli dell’Ikea.
Ecco perché ho votato Ikea.








martedì, 29/06/2004

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Fenomenologia del Loser
[un post un po’ pretenzioso, che parla di questo]
A metà anni ’90, essere dei Loser aveva delle connotazioni molto precise. Camicioni di flanella e t-shirt sdrucite, pessimismo venato di cinismo e ironia, chitarre strapazzate, suoni in bassa fedeltà, rivalutazione delle minoranze e delle subculture, con Beck, Coupland e Linklater a fare da portabandiera per la prima generazione nata senza nulla in cui credere. Negli anni successivi, quella del perdente -declinata nelle varianti slacker, nerd, geek e compagnia- è diventata una vera a propria estetica, celebrata da più parti e, in qualche misura, istituzionalizzata; inevitabile, ma non per questo meno calzante.
Time (and place) warp: dalle nostre parti, in musica, essere Loser qualche anno fa voleva dire mettere su dal nulla una webradio, ascoltare e promuovere piccole band italiane di rock indipendente con visibilità più che scarsa, finendo per crearsi un nome e un marchio ed approdare sui media tradizionali. Voleva dire farsi interprete dei tempi che cambiano, della fruizione della musica che si evolve, delle relazioni sociali che mutano luoghi e modi di aggregazione, e del concetto di Loser che assume connotazioni diverse. E Voleva dire creare e mettere a disposizione compilation di mp3 scaricabili gratuitamente (le tre Loser, my religion) quando nessuno lo faceva: contenti i musicisti che potevano farsi conoscere, contenti gli ascoltatori con un bel disco gratis da godersi.
Nel 2004 essere Loser ha un significato ancora diverso. Dopo lo sdoganamento del pop e del trash, dopo l’intellettualizzazione e la contemporanea democratizzazione dell’elettronica, con l’onnipotenza musicale data dai computer e dagli audio-tools e il calderone del peer to peer come blob totale a cui attingere senza restrizioni di sorta, il Loser non è più quello di una volta. Il remix e l’uso dei campionamenti sono talmente una prassi, e la commistione di generi talmente normale che solo l’ibridazione totale del bastard pop, che crea canzoni composte dalle parti di altri brani diversi, mischiando alto e basso, sacro e profano, e fregandosene della legge e delle convenzioni, riesce ad essere veramente rappresentativa dello stimolante smarrimento giocoso che esalta l’appassionato di musica.
L’ultima compilation Loser: Re-Login parte da qui, proponendo 8 brani che altro non sono se non i mash-up e i remix bastardpoppizzati dei brani delle vecchie 3 compilation di Loser; una scelta piuttosto coraggiosa, che da una parte si rivela sfortunata, mentre dall’altra vincente. Sul piano del risultato musicale, infatti, l’esito è piuttosto incerto. Come è già stato notato, il gioco del bastard pop rivela presto i suoi limiti quando i riferimenti intertestuali sono troppo oscuri, e non fanno parte dell’enciclopedia del pop rock come avviene di solito. Certo, quando il pezzo bootleggato è clamoroso come The sample and the loser dei Perturbazione (da LMR#3) i risultati raggiunti sono notevoli (ed è infatti il brano che compare più volte, ritoccato sia da Pinktronix che dai Girdini di Mirò). Le altre canzoni, invece, lasciano assai poca traccia.
Nonostante ciò -anzi, in parte proprio per questo-, Loser: Re-Login è anche un progetto vincente. Sul piano della rappresentatività e della filosofia sottesa ad un’operazione simile, il successo è totale: Loser rimane ancora una volta al passo coi tempi, realizzando l’unica compilation possibile con i mezzi che aveva, mostrandone così i limiti ma non rinunciando alla sfida. Anzi: nell’esplorare (all’interno della legalità, è bene ricordarlo) i confini di questo non-genere, Loser: Re-Login mostra nella maniera più chiara possibile quanto, quando viene a mancare la componente più spudoratamente pop, il tutto si riduca a qualcosa di non molto diverso dalla pratica del remix creativo. E’ messo in evidenza quindi l’esatta frontiera tra il classico bastard pop (clandestino, illegale, underground per sua natura) e una compilation del genere, che -per quanto digitale- ha tutti i crismi dell’ufficialità e della legalità, e regole cui suo malgrado deve sottostare. Come risultato non è poco, per quello che una volta era un semplice perdente.






lunedì, 28/06/2004

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Cancelled social scene
Fortuna che avevo già deciso di non andarci..

lunedì, 28/06/2004

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Translate this!
Secondo un’indagine svolta tra i traduttori in tutto il mondo, le 10 parole non inglesi più intraducibili. Ovviamente non poteva non esserci anche Saudade, il che, visto che è tutto il giorno che ascolto Antonio Jobim, appare quantomeno appropriato (le altre parole sono abbastanza allucinanti, e ame completamente sconosciute). Non so, comunque, quali basi scientifiche abbia una ricerca del genere: basta dire che, nella lista delle 10 parole inglesi più intraducibili, ce n’è una esattamente equivalente in italiano (plenipotetiary, in italiano plenipoteziario; guarda un po’, viene dal latino), e una tedesca (kitsch). Ma ci sono anche serendipity e spam, e quelle vi sfido a tradurle senza calchi o perifrasi..

lunedì, 28/06/2004

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«Even the sod of God had to die, my darling»
Grazie a Lonox e Heela, alcune belle foto e due brevi filmati (tra cui uno sulla rarissima esecuzione di Taut, uno dei suoi pezzi più belli e misconosciuti) della seconda data italiana di PJ Harvey, la scorsa settimana a Roma (raccontata splendidamente da Zazie).

lunedì, 28/06/2004

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Lessico familiare
Il Blog della Domenica
-lo ammette lui stesso- negli ultimi tempi si è un po’ perso. Complice lo stress da tesi, da geniale fustigatore del malcostume della critica musicale italiana quale era, Max è entrato nel tunnel di una complessa e articolatissima polemica politica, e persone come me non riescono più a stargli dietro. Una volta ogni tanto, però, tra una polemica e l’altra, tira fuori post semplici e brillanti come questo, e noi ci ricordiamo perchè una volta ci piaceva tanto.

sabato, 26/06/2004

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Il pomeriggio dello smanettone 2
Solo per far sapere al mondo che, dopo i problemi di cui vi avevo detto, sono riuscito a far funzionare FreePops su Eudora, e che quindi controllo la posta via POP come prima dell’infame restrizione webmail-only di Tin.it. Crepi l’avarizia, ho ritirato fuori pure il mio vecchio indirizzo su Libero, messo in naftalina quando il primo provider italiano fece lo stesso. Son soddisfazioni.

venerdì, 25/06/2004

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Made in Bologna – Ogni radio una fucina….di cazzate
Dopo il felice esperimento di un mese e mezzo fa -che ha visto trionfare un finale tarallucci-e-vino quando tutti si aspettavano di veder scorrere il sangue-, la puntata di Airbag di stasera ospita di nuovo l’ineffabile MarinaP e i suoi pregevoli dischi. Dalle 20.30 alle 22.00, un’ora e mezza di cazzate, pippe mentali, affermazioni adorabilmente spocchiose e, ovviamente, ottima musica. Ascoltateci (sui 103.1 FM a Bologna e dintorni, in streaming in diretta oppure dall’archivio mp3 a bassa fedeltà per tutta la settimana), contattateci (anche per mandarci affanculo, chè ci fa sempre piacere) oppure andate pure fuori a prendere il fresco. Non saprete mai cosa vi siete persi, però.

venerdì, 25/06/2004

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Un’altra fucina, proprio ciò di cui il mondo aveva bisogno
Ieri sera, a mia insaputa, sono finito all’inaugurazione dello Spazio Pacinotti, ennesima iniziativa estiva dell’intrattenimento bolognese. Oltre all’illustre presentazione -ad opera di Giovanni Lindo Ferretti medesimo- del nuovo disco dei PGR (che, dalle canzoni che ho potuto sentire, è un deciso ritorno verso il suono CSI, tra pop e rock; mi è sembrato davvero notevole, infinitamente meglio del primo deludente disco targato PGR), il programma prevede il solito menù, già visto a Vicolo Bolognetti, al Barrio di Villa Angeletti, a Villa Serena e in vari altri spazi estivi cresciuti come funghi nella città delle 3T: concerti, mostre, DJ set, aperitivi, spettacoli, performance, reading e quant’altro. Immagino di dover essere contento di vivere in una città così viva e piena di eventi artistici (tanto che ogni sera è così difficile scegliere dove andare che spesso e volentieri, nell’ambascia, si finisce per stare a casa), e sono sicuro che chi abita in posti culturalmente poco attivi -e ce ne sono tanti in giro- si senta un po’ invidioso e frustrato. La verità, però, è che mi sono rotto le balle.
Avrete visto anche voi il bannerino Made in Bologna – Ogni casa una fucina: non è affatto lontano dalla verità; a Bologna tutti sono artisti. Suonano. Fanno foto. Scrivono racconti. Recitano. Girano corti. Dipingono. Creano installazioni. Scrivono fumetti. Si inventano performance. E’ quasi impossibile conoscere qualcuno che non si cimenti in qualche arte, di solito con risultati che vanno dall’imbarazzante al dignitosamente amatoriale; e il livello delle manifestazioni estive -con poche eccezioni- rispecchia pienamente la scarsità di questi artisti per inerzia sociale. Per carità, quelli bravi ci sono: ma fanno assai fatica a venir fuori e ad ottenere l’attenzione che meritano in mezzo a questa babele di artistoidi damsini e comunicatori (e sputo il piatto in cui mangio, sia chiaro) che intasano la città di inutili espressioni del loro ego senza avere nulla di vagamente interessante da dire. Siamo arrivati al punto che *non* essere degli artisti è la particolarità, non avere delle foto esistenzialiste e sfocate da esporre, una sceneggiatura da scrivere o una performance da musicare significa essere originale e fuori dagli schemi. E, non so a voi, ma a me non sembra normale.
Detto ciò, non cambia niente. Io continuo a fare una trasmissione in radio, tenere un blog (e se considerate queste delle espressioni artistiche non ci stiamo proprio capendo) e a considerare la mia casa più un rifugio antiatomico che una fucina. A ciascuno il suo.



venerdì, 25/06/2004

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Se non riesco a trovarmi un lavoro in tempo breve
Posso sempre dedicarmi alla truffe telematiche su eBay. Qui un articolo istruttivo (anche per evitarle, ovviamente).

giovedì, 24/06/2004

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Il pomeriggio dello smanettone
Son qui da un paio d’ore che tento di far funzionare FreePops sul mio computer con vani risultati. Dopo il passaggio di Tin.it a un servizio di posta solo web-based, senza più accesso al server POP per chi non si collega con loro, si è reso necessario l’uso del simpatico programmino che converte i due protocolli; l’inopinata combinazione di Eudora e Windows 2000, però, sta rendendo il tutto decisamente complicato e infruttoso, a fronte di istruzioni che la fanno un po’ troppo semplice. I suggerimenti sono benvenuti. Anzi, esplicitamente richiesti.

mercoledì, 23/06/2004

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Come un tumulto in una strada vuota
La natura di Riot on an empty street, nuovo disco dei Kings of Convenience appena uscito per Source/Virgin, sta tutta nella sua copertina e nel suo titolo.
Nella copertina, Eirik ed Erlend giocano a scacchi, seduti per terra sopra un tappeto bianco, di fianco ad Ina, ragazza di Eirik, che legge un libro; mentre Eirik -che del duo è sempre stato in qualche modo il leader (è lui il lead singer della maggior parte delle canzoni)- guarda piuttosto serio in camera, Erlend è distratto e vagamente imbarazzato dallo sguardo provocante che la ragazza del suo socio gli sta lanciando. Sta forse succedendo qualcosa? Forse.
Il titolo, Riot on an empty street (Tumulto in una strada vuota), è un classico esempio di immagine ossimorica, che però riesce a non essere antipatica come avviene di solito, ma anzi, spinge l’ascoltatore ad interrogarsi sul suo senso. In proposito, in questa bella intervista del Guardian, Erlend spiega: Guarda la coppia seduta a quel tavolo. Sembra che tutto vada bene. Forse stanno dicendo «Sai, mio fratello vuole aprire un altro negozio», oppure lei gli sta dicendo «Non ce la faccio più». Me ne vado tra tre giorni e non tornerò. E forse lui ha pianificato tutta la sua vita intorno a lei, e ora ha il cuore in mille pezzi. Ma non si vede.
Riot on an empty street
, quindi, è azione sotterranea. E’ superficie appena increspata da sconvolgimenti imponenti eppure invisibili, è tensione di fondo che da fuori non si nota, è inquietudine nascosta dietro una bella foto o un titolo enigmatico. Ed è esattamente l’estetica di questo disco.
Dietro l’impeccabilità della forma, il tumulto è grande; ma non è facile da vedere. C’è una prevalenza di educatissime bossanove (quale altro genere musicale riesce ad essere così disperatamente ma compostamente malinconico?), lo spleen drakiano è quasi scomparso, a favore di un paio di ballate 100% Simon e Garfunkel (Homesick e Surprise ice -quasi natalizie), le evoluzioni del suono portano al pop perfetto (anche nello spirito) di I’d rather dance with you, all’inserimento inedito di una chitarra elettrica (ma non rumorosa, giammai) di Love is no big truth, agli interventi gorgheggianti e vagamente jazzistici di Leslie Feist.
Eppure…eppure il contrabbasso cadenzato di Stay out of trouble sembra fatto apposta per aggrapparcisi al momento del più disperato degli addii, l’arpeggio sognante e balneare di Cayman Islands è il cuscino su cui sdraiarsi in un languoroso pomeriggio d’Estate, la progressione melodica delle strofe di Sorry or Please riflette tutto lo smarrimento di chi non comprende se quei lunghi abbracci significano «Mi dispiace» o «Per favore», e l’intreccio di voci alla fine di Know How è la superificie su cui si riflette la nuda semplicità di una situazione you and me alone. Il tumulto interiore di ogni canzone è forte, mentre la forma musicale è impeccabilmente sussurrata e (un po’ meno che in passato) acustica, apparentemente vuota e poco interessante come una strada vuota. Che però nasconde un tumulto, per chi lo sa vedere.