Every Day the Same Dream è un piccolo e splendido gioco (se così si può chiamare) realizzato da Paolo Pedercini dell’italianissima Molleindustria per l’Experimental Gameplay Project. Non vi porterà via più di dieci minuti ma per quei dieci minuti vi farà guardare alle vostre giornate con occhi diversi.
Capire lo scopo del gioco (un po’ come nella vita reale) è il punto vero e proprio dell’esperienza, quindi non ve lo spiego. Ma per non lasciarvi a secco di guida, riporto la presentazione del creatore:
"Every day the same dream è una variazione esistenziale sul tema dell’alienazione e del rifiuto del lavoro. L’idea era di caricare la natura ciclica della maggior parte dei videogiochi con un qualche significato (il "gioca ancora" non è un game over). E si, c’è una fine, il gioco si può finire."
RiP!: A Remix Manifesto è un (bellissimo) documentario su come i concetti di diritto di autore e copyright siano cambiati radicalmente negli ultimi anni. Diretto dal canadese Brett Gaylor, fondatore del progetto Open Source Cinema, il documentario è stato girato e assemblato nell’arco di sei anni e segue da vicino la vita e le vicende di Gregg Gillis, noto ai più come l’artista del remix e del mashup Girl Talk. A fare da contorno una serie di personaggi che hanno studiato, modellato e decostruito il diritto d’autore sulla rete: c’è Lawrence Lessig, professore americano luminare del diritto digitale e fondatore dei Creative Commons, Cary Doctorow, giornalista e editore del blog Boing-Boing, e il musicista Gilberto Gil, ex-ministro della cultura brasiliano e pioniere del copyfree nel suo paese.
RiP! è, da una parte, un viaggio illuminante in una serie di dinamiche che fanno ormai parte della cultura pop e che per quanto ci possano sembrare familiari non smettono mai di essere eccitanti e rivoluzionarie. Ma è anche una vera e propria dichiarazione di guerra a chi è intenzionato a opporsi all’avanzata della cultura copyleft e copyfree. E riascoltare un album come Feed The Animals dopo aver visto questo film, diventa un’esperienza diversa, non solo musicale, ma quasi politica.
In pieno stile copyleft, il documentario non solo è disponibile gratuitamente sulla rete (qui) ma lo stesso Gaylor invita chi volesse a contribuire con nuovo materiale o a creare dei propri remix video che saranno integrati nella versione extended del documentario. Il primo documentario open-source della storia? Difficile a dirsi, vedremo il risultato. Vi lascio il trailer così vi fate un’idea.
Il numero di maggio di Wired USA ha un guest-editor d’eccezione. J.J. Abrams, per chi non lo sapesse, è il creatore di veri e propri monoliti televisivi come Lost e Alias e quest’anno si è assunto la scomoda responsabilità di far risorgere uno dei franchise più triti e esauriti dell’universo cinematografico: Star Trek. In occasione dell’uscita dell’undicesimo capitolo della saga, Chris Anderson (direttore di Wired) ha dato le chiavi della rivista in mano ad Abrams per un mese, lasciandogli carta bianca su contenuti e collaboratori.
Questo Mistery Issue è una delle cose più interessanti che mi sono capitate ultimamente fra le mani. Come al suo solito, Abrams gioca con quelli che sarebbero i confini del mezzo con cui lavora (in questo caso il magazine) e li allarga, li dilata, li modifica. Nelle sue mani la rivista diventa un collage coerente e coeso di articoli, storie, fumetti tenuti assieme dal fil rouge del Mistero, la grande ossessione dello sceneggiatore americano.
J.J. scrive di suo pugno un articolo che è quasi un manifesto (qui) e compila una sua Top 10 di cose che lo ossessionano questo mese. Ma è il resto che rende questo numero di Wired imperdibile: c’è una graphic-novel di una pagina di Chris Ware, un articolo di Adam Horowitz (anche lui scenegiatore di Lost) su Nabokov, del graphic design di House Ind., un fumetto di Paul Pope sul Dr. Spock, e chi più ne ha più ne metta. Il tutto condito da decine di indovinelli, codici, enigmi da risolvere, sparsi fra un articolo e l’altro. Abrams invita i lettori a leggere e studiare molto attentamente la rivista, lasciando intuire di averci nascosto chissà quali segreti.
Di segreti io ancora non ne ho visti. Ma la rivista non riesco a metterla giù.
Intanto, per chi fosse curioso e avesse voglia di sentirsi raccontare un’altra storia da J.J., questo è la sua conferenza al TED dove racconta cos’è la scatola di cartone che potete vedere nella foto sopra e cosa c’è dentro.
La Tetris Furniture, ovviamente modulare e ovviamente componibile a piacimento in casa o nei propri sogni. Perchè accontentarsi di usarla per i libri se può diventare un divano-futon, un vano televisione o una cassettiera?
E’ una naturale evoluzione di cose come questa e questa, di cui si era già parlato, ma per una volta, tra colori e possibili utilizzi mi sembra tanto utile quanto bella (forse).
In un futuro perfetto, prima di uscire di casa, potrete urlare a vostra moglie: "Amore, ti ho lasciato le chiavi della macchina sul tetramino verde a L". Si, avere un divorzio sarà così semplice.
-Disclaimer di rito-
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