Listening room (3)
– Marlene Kuntz – Senza peso: Forse sarà un mio problema, o forse no, sta di fatto che i Marlene mi hanno un po’ stufato. Un tempo erano tra i miei gruppi preferiti: taglienti, complessi, eterogenei ma con una cifra stilistica inconfondibile. E’ proprio quella cifra, ora, ciò che mi disturba di più. I testi di Godano sono sempre i soliti fastidiosi capolavori di criptica logorrea (scritti, si narra, usando il dizionario dei sinonimi), gli intrecci chitarristici -che in qualche caso si incrociano qui con il violino di Warren Ellis (Bad Seeds, Dirty Three)- sempre precisi. Eppure ora mi annoiano.
Comunque, badate, Senza peso è migliore del precedente Che cosa vedi. Se ne differenzia privilegiando le ballate (alcune ottime, come Notte o Schiele, lei, me), ma ne condivide il difetto principale, ovvero un cantato sopra le righe, prodotto in modo da risultare ancora più sopra le righe. Una volta Godano sapeva cantare, quindi dev’essere una scelta precisa. Molto infelice.
Senza peso, insomma, lascia incerti e non convince, e non solo me: mentre RockOl invoca al capolavoro, Kronic definisce l’album Senza idee e Rockit si posiziona a metà, e sembra dubbioso. Boh.
– Carnival of Fools – Blues get off my shoulder: Blues malato di inizio anni ’90, atmosfere a metà tra il primo Nick Cave e Morricone ed una qualità generale che gareggia con le più blasonate produzioni estere. Questo in due parole è Blues get off my shoulder, antologia di brani dei Carnival of Fools, fondamentale band di una decina di anni fa capitanata da Mauro Ermanno Giovanardi, ora voce dei La Crus.
Chi conosce i La Crus e i Santa Sangre, i due gruppi nati dalle ceneri dei Fools, può ben immaginarsi la loro musica: incrociate i due gruppi, aggiungete una voce più wave e togliete ogni riferimento alla canzone italiana, che è invece un tratto distintivo dei La Crus, e infilateci ogni tanto Manuel Agnelli al piano. Otterrete un suono senza tempo, che spazia da pregevoli composizioni originali (Not the same, di cui è incluso anche il video) a cover d’autore (Joy Division, Sonic Youth, Nick Drake), e non ha nulla da invidiare alle star dell’epoca. Anche se con un decennio di ritardo, diamo a Cesare quel che è di Cesare.
[Listening room 1 e 2 sono qui e qui.]
Marlene.
Il disco non è pessimo, ma concordo con il tuo giudizio di Godano, personaggio sempre troppo pieno di sè, in ogni cosa che fa.
Alcuni sanno gestire il successo e lo fanno con modestia e lavorando seriamente, altri si insuperbiscono e … si rendono antipatici al pubblico, anche ai concerti, che per loro sono lavoro e quindi fonte di vita.
Basta leggere alcune recensioni. Godano, proprio così non va, non serve fare il filo al grande cuore di Nick Cave e a Polly Harvey se poi dentro lo spessore è quello che è.
Peccato per gli altri tre del gruppo e per il pubblico deluso.
firmato:”gratuita”.