Secret Someones
Sulla copertina del disco c’è una sua foto. E’ il primo piano un po’ impietoso di una ragazza spettinata, non proprio una gran bellezza (io la trovo adorabile, ma questa è un’altra storia), con un vestito a fiori che si intravede sotto la giacca e un’anonima strada cittadina nello sfondo. Sembra la ragazza timida che incontri in biblioteca, lo sguardo triste che incroci sul metrò, oppure la vicina di pianerottolo misteriosa che non ti rivolge mai la parola. Non lo diresti che Laura Veirs è nata in mezzo alla natura del Colorado, è solita passare una buona parte dell’anno campeggiando nei boschi nordamericani ed è laureata in geologia. E non diresti che ha pubblicato alcuni album bellissimi. Non diresti queste cose, ma solo se non hai ascoltato il suo ultimo disco, Year of Meteors.
Nella musica di Laura Veirs, la natura è una continua e imprevedibile metafora di ciò di cui canta, dalle storie agli stati d’animo come delle melodie che li accompagnano. Ovviamente niente di nuovo sotto il sole (appunto), ma, come spesso accade e ci piace che accada, è il come a fare la differenza, e a fare di Year of Meteors un disco di sorprendente bellezza e complessità invece della banale opera della solita indie-folkster. Ci sono il paesaggio catarticamente sulfureo di Fire snakes, le costellazioni pop di synth implosi del singolo Galaxies, il drumming liquido dei perenni viaggiatori che portano nel cuore i propri Secret Someones, lo skylark veneziano (quasi una foto, quasi un Canaletto) di Rialto (le potete ascoltare qui), il malcelato parallelismo speleologico di Speluking e un paio di belle immagini che parlano di lampade a olio e consapevolezze tardive che ti lasciano ammirato quando finalmente le capisci.
Nella musica di Laura Veirs convergono in modo non scontato il folk classico e l’osservazione partecipante di Suzanne Vega, il cantautorato artsy e imprevedibile di una Cat Power meno concentrata sul proprio ombelico, la curiosità musicale di Beth Orton e la fiera assertività di Mirah. Year of Meteors è il suo quinto disco, uscito da poco su Nonesuch (quella dei Wilco) in America e su Bella Union (quella dei Devics) in Europa; e se non sono referenze queste..
Se non la conoscete ancora rimediate; se, fortunati voi, già vi siete già imbattuti nei suoi vecchi dischi, sappiate che Year of Meteors è meno confessional rispetto al precedente Carbon Glacier (anche se quando lo è, come nella spettrale Magnetized o nella sua sgangherata versione telefonica ghost track, è da brividi), meno classico rispetto a Troubled by the fire e contemporaneamente più pop e meno immediato di tutto quanto l’autrice americana abbia prodotto in passato. Il livello, però, è sempre altissimo, forse di più. E a prima vista, forse, non lo diresti.
non la conoscevo. Ottima segnalazione e recensione. Ho trovato il disco e me lo sono ascoltato. Veramente niente male.
bel commento per un disco BELLISSIMO. p.ette
_Massimo: non credo che LaChapelle possa mai adattarsi all’indiemondo, neanche di sbiego. Il massimo a cui può arrivare è Gwen Stefani, o al limite i Weezer..
_NCP: :)
_Ugo: eddai, in alcune foto sembra molto più carina. E’ proprio una questione di modo di presentarsi, e a me non dispiace.
_Kit: in effetti sì, Geologia o una qualunque materia scientifica, lo stampo è un po’ quello..
_Rampino: esatto.
_Kit(2): Always on the run lo conosco da quasi 10 anni, ci ho trovato i testi di PJ Harvey e dei Portishead agli albori del boom di Internet, quando i siti di testi non erano diffusi come ora. Grande sito.
_Valentine: prego. :)
_Anonimo: de gustibus bla bla bla
_Valido: ma dai, non è così sfigata. Uffa, mammaaaa
_Milkandmint: a me in realtà tutto quello che è extramusicale di solito interessa. Non quanto i dischi, è ovvio, ma aggiunge quel quid che, spesso, fa la differenza.
pensare che a volte io mi sento come lei.. è un po’ sfigata ma dai adesso non esageriamo! poi a volte sembra che si dia più importanza alla storia e alla persona che alla musica che fa.. la sua musica è bella.punto. il resto a noi interessa relativamente, interesserà a chi la conosce :)
No no, te lo dico io a chi somiglia, somiglia alla maestra delle elementari frustrata, sfigata e bigotta che scappa dall’aula in lacrime al primo ragazzino che le fa uno scherzo o le risponde male. Ok che gli indie devono sembrare dei loser, ma si sta un po’ esagerando…
tutto bello…ma “adorabile sti cazzi…dai!!!!
BEl disco. Non la conoscevo. La sto ascoltando ora per la prima volta e mi piace molto. grazie della segnalazione. :-)
VALENTINE BLOGGED @ http://www.gqonline.it/degnedinote
Ecco i testi di questo disco QUI (un sito di testi che straconsiglio questo a te Ink e ai lettori del tuo blog, gran bella musica lìssopra)
Kit
io la trovo intrigante, e la storia è che mi piace il tipo, quello per cui credi di averne capito il valore solo tu: ad alto rischio di innamoramento
Rampino
bella recensione. io l’ho ascoltato al volo mentre cucinavo, mi è parso un pò malinconico ma niente male. E sì c’ho sentito Beth Orton incrociata con Suzanne Vega. Epperò la faccia da laureata in geologia ce l’ha dai…. ;-)
Kit
porella, che faccetta sfigata ha…
ugo
belle parole per un gran bel disco :)
La copertina, non c’è che dire è un mix di simpatico misto al singolare..Certo non è da effetto come quelle di lachapelle..ma questa è un’ altra storia.. :)