Video Software Dealers Association contro Schwarzenegger non è il titolo di un B-movie con l'attore che interpreta se stesso. Ma una sentenza di una Corte della California che dà ragione ai venditori di videogames contro una proposta di legge californiana che voleva proibire la vendita ai minori di videogiochi violenti. Per questa legge, i giochi proibiti sono quelli in cui
la gamma di opzioni disponibili per il giocatore include uccisioni, mutilazioni, smembramenti o violenza sessuale contro un'immagine di essere umano, qualora tali atti siano rappresentanti [in un modo] che secondo una persona ragionevole, che consideri il gioco nel suo complesso, attragga l'interesse deviato o morboso dei minori [che è] palesemente offensivo del prevalente sentire comune riguardo a ciò che è adatto ai minori
Per i venditori di videogiochi la legge è contraria al Primo Emendamento della Costituzione USA e in particolare a quella parte del Primo Emendamento (che sancisce anche la libertà religiosa, la libertà di associazione eccetera) che è nota come la Free Speech Clause, la clausola sulla libertà di parola. Cioé il principio per cui la legge non può in alcun modo limitare la libertà di espressione degli individui.
La Corte ha dato ragione ai venditori di videogiochi e la California ha quindi fatto ricorso alla Corte Suprema. E lunedì la Corte Suprema ha confermato la sentenza californiana, concludendo, con votazione di 7 a 2, che la restrizione al contenuto dei videogiochi è una restrizione alla libertà di espressione e non può essere ammessa se non in casi eccezionali. Per la Corte Suprema, il principio della libertà di espressione è sempre identico, a prescindere dal medium con cui ci si esprime:
La Free Speech Clause esiste principalmente per proteggere il discorso su questioni pubbliche, ma è stato riconociusto da molto tempo ormai che è difficile distinguere la politica dall'intrattenimento ed è pericoloso provarci. "Chiunque ha familiarità con esempi di propaganda tramite opere di finzione. Ciò che per un uomo è svago insegna la dottrina di un altro" (Winters contro New York). […] Come i libri, le opere teatrali e i film, che li hanno preceduti, i videogiochi comunicano idee – e persino messaggi sociali – attraverso espedienti letterari familiari (come personaggi, dialoghi, trama e musica) e attraverso caratteristiche specifiche del mezzo (come l'interazione tra il giocatore e il mondo virtuale). Ciò è sufficiente a riconoscere la protezione ai sensi del Primo Emendamento.
La Corte Suprema ha già sostenuto che "i giudizi estetici e morali sull'arte e sulla letteratura sono materia di scelta dell'individuo non di decreti del Governo, anche se quest'ultimo dovesse avere un mandato della maggioranza" (Stati Uniti contro Playboy Entertainment Group Inc.). E ha anche ribadito che il principio base in materia è quello per cui "il Governo non ha alcun potere per restringere l'espressione a causa del suo messaggio, delle sue idee, del suo oggetto o del suo contenuto" (Ashcroft contro American Civil Liberties Union).
Esistono delle eccezioni, ad esempio l'oscenità, l'istigazione a delinquere e le aggressioni verbali. Si tratta, però, di "categorie di discorso ben definite e strettamente limitate, la cui prevenzione e la cui punizione non hanno mai sollevato alcun problema costituzionale" (Chaplinsky contro New Hampshire). E, peraltro, la Corte ha un'idea ben chiara di cosa sia "oscenità":
l'eccezione di oscenità al Primo Emendamento non copre qualsiasi cosa che il legislatore ritiene scandaloso, ma solo la rappresentazione di "atti sessuali"
Né ci si potrebbe appellare facilmente alla necessità di proteggere i minori dalla rappresentazione della violenza:
Certamente i libri che diamo da leggere ai bambini (o che leggiamo loro quando sono più piccoli) non difettano affatto di violenza. Le fiabe dei Grimm, ad esempio, sono per l'appunto tetre [grim, gioco di parole da giudici della Corte Suprema]. [In Biancaneve] la strega regina è fatta danzare in pantofole rosse roventi "finché cadde per terra morta, triste esempio di invidia e gelosia". […] Alle cattive sorellastre di Cenerentola vengono beccati gli occhi dai piccioni. […] E Hansel e Gretel (dei bambini!) uccidono la loro rapitrice cuocendola dentro a un forno […]. Le liste di lettura per i licei sono pieni di simili portate. L'Ulisse di Omero acceca Polifemo il Ciclope cavandogli l'occhio con un bastone incandescente. […] Nell'Inferno, Dante e Virgilio guardano politici corrotti che lottano per rimanere sommersi in un lago di catrame bollente, al fine di evitare di essere infilzati dai diavoli in superficie.
La Corte ricorda che in passato c'è stata parecchia resistenza al consumo di intrattenimento violento da parte dei minori, dai cosiddetti "dime novels" nell'800, ai film che, come scriveva il New York Times nel 1909, "sono in grado di volgere i pensieri dei più influenzabili verso i percorsi che conducono alla prigione". La Corte Suprema ha inizialmente appoggiato forme ampie di censura cinematrografica, a causa della capacità di certi film di essere "utilizzati per scopi malvagi". Tuttavia questa posizione fu poi abbandonata. Così come è avvenuto per i radiodrammi, i fumetti, la televisione, i testi delle canzoni.
Secondo la California, i videogiochi presenterebbero profili peculiari a causa della loro interattività, per cui il giocatore parteciperebbe attivamente all'azione violenta rappresentata sullo schermo e ne determinerebbe l'esito. Tuttavia, per la Corte, anche i libri per bambini "scegli-la-tua-avventura" consentono di costruire lo sviluppo della trama e tutta la letteratura, a ben vedere, è in qualche misura interattiva:
Migliore è [la letteratura], maggiore è l'interazione. Quando raggiunge appieno il suo scopo, la letteratura trascina il lettore nella storia, lo fa identificare con i personaggi, lo invita a giudicarli e a litigare con loro, a sperimentare le loro gioie e le loro sofferenze come se fossero dello stesso lettore.
Molti dei videogames presi in considerazione sono particolarmente estremi. Sbudellamenti, decapitazioni, vittime fatte a pezzi.
Il Giudice Alito [che condivide l'incostituzionalità della legge, ma con motivazioni meno tenere con i videogames violenti] ci elenca tutti questi disgustosi videogiochi ma il disgusto non è un valido fondamento per restringere la libertà di espressione.
La sentenza è stata scritta dal giudice Antonin Scalia, conservatore nominato da Reagan nell'86 (è il giudice che siede da più tempo in Corte Suprema). Alito, invece, ha presentato una "concurring opinion". E' d'accordo, cioè, che la legge californiana vada annullata, ma è più cauto nell'approccio. Dice Alito:
Nel considerare l'applicazione di immutati principi costituzionali a nuove tecnologie che evolvono rapidamente, questa Corte dovrebbe procedere con cautela. Dovremmo fare ogni possibile sforzio per comprendere la nuova tecnologia. Dovremmo tenere in considerazione la possibilità che tecnologie in via di sviluppo possano avere importanti implicazioni sociali che saranno evidenti solo col passare del tempo. Non dovremmo saltare alla conclusione che le nuove tecnologie sono fondamentalmente identiche a certe altre cose con cui abbiamo familiarità. E non dovremmo liquidare frettolosamente il giudizio del legislatore, che potrebbe essere in una posizione migliore della nostra per valutare le implicazioni della nuova tecnologia. La sentenza della Corte non mostra nessuna di queste cautele.
Alito, per farla breve, vede di buon occhio la restrizione pensata dalla legge della California, ma ritiene che sia stata scritta male e che lo standard di violenza vietato dalla legge sia troppo vago e quindi non valido. Poi approfondisce anche alcune tematiche di dettaglio, sostenendo che la legge non vieterebbe la creazione di videogames violenti, né la loro commercializzazione e neppure il loro uso da parte di minori (ad esempio, perché i genitori li hanno comprati per loro).
Ma il fulcro del parere di Alito (che è stato nominato da George W. Bush ed è spesso descritto come un conservatore con una certa venatura libertaria) è sostanziale: i videogiochi sono cosa diversa dai libri e dai film e il rapido sviluppo tecnologico porterà in breve tempo alla riproduzione di mondi alternativi, perfettamente realistici, in cui il personaggio avrà le sembianze fisiche del giocatore e il giocatore potrà ottenere feedback sensoriali "reali" di ciò che accade virtualmente (come, ad esempio, "sentire in faccia il sangue che esce a fiotti da una testa che è stata fatta esplodere").
C'è un gioco [scrive Alito] il cui scopo è struprare una madre e sua figlia; in un altro, lo scopo è stuprare donne Native Americane. C'è un gioco in cui i giocatori devono intraprendere una pulizia etnica e possono scegliere se abbattere Afro-Americani, Ispanici o Ebrei. In un altro gioco ancora, i giocatori devono tentare di sparare in testa al Presidente Kennedy mentre la sua auto passa davanti alla Texas School Book Depository.
La letteratura, insomma, non è interattiva come i videogames. E quindi il legislatore può ben introdurre una nuova limitazione alla libertà di espressione sostanzialmente basata sulle peculiarità e i pericoli di una nuova tecnologia.
Due altri giudici, Clarence Thomas (considerato tra i più conservatori della Corte) e Stephen Breyer (considerato membro dell'ala liberal), hanno invece votato contro la decisione di respingere la legge e hanno presentato due diverse dissenting opinion. Mentre Thomas, in soldoni, sostiene che la libertà di espressione non include la libertà di rivolgersi ai minori senza il consenso, o il filtro, dei genitori, Breyer fa un ragionamento più interessante, che prova a far saltare la distinzione tra sesso (che può costituire eccezione al Primo Emendamento) e violenza, distinzione che è alla base della decisione della maggioranza.
Dopotutto [scrive Breyer] in letteratura si possono trovare tante (se non più) descrizioni di amore fisico quante sono le descrizioni di violenza. […] Per ogni Omero c'è un Tiziano. Per ogni Dante c'è un Ovidio. E di tutti gli adolescenti che hanno letto le versioni originali delle fiabe dei fratelli Grimm, sospetto che ce ne siano alcuni che conoscono la storia di Lady Godiva.
Breyer distingue anche la componente "espressiva" dei videogiochi (che merita tutela ai sensi del Primo Emendamento) e la componente di "azione fisica" (pigia pulsanti, muoviti, colpisci) che invece non è protetta dalla Free Speech Clause. Giocare a un videogioco non è quindi come leggere un libro o guardare un film e non si può applicare meccanicamente lo stesso principio a tutti i media.
Per Breyer, infine, l'interesse che la California vuole tutelare non è vago o infondato. E, allegando 15 pagine di bibliografia, il giudice dissenziente cita studi che mostrano una correlazione positiva tra videogiochi violenti e comportamenti aggressivi o che sostengono addirittura che "giocare a videogames violenti è un fattore di rischio causale per esiti nocivi nel lungo periodo". Non sono un esperto in materia, dice in sostanza Breyer, ma molti esperti ritengono ci sia un rischio potenziale e questo è sufficiente perché un'assemblea legittimamente eletta (cioè l'assemblea legislativa della California, in questo caso) possa decidere una restrizione in materia (anche tenuto conto del fatto che la restrizione è modesta, visto che basta la presenza di un adulto perché il minore possa comprare il suo sparatutto).
Da noi si interessava dell'argomento il ministro Meloni, con qualche idea confusa sulla materia. La Meloni, anticipando il nocciolo del ragionamento dei Supremi Giudici di Washington, ha poi sponsorizzato il videogioco patriottico Gioventù Ribelle.