Il popolo italiano ci capisce qualcosa? Perché si ostina a dare fiducia a questo Governo dopo tutto quello che si è venuto a sapere? Dopo le escort, Mills, il lettone di Putin, le mille forzature costituzionali, le leggi ad personam? Perché sostiene candidati che urlano slogan razzisti? Perché vota chi promette cose come la sconfitta del cancro? O chi nomina o fa eleggere amici o dipendenti senza competenze o ex show-girls? Forse il popolo italiano è incivile? Forse condivide i vizi dei suoi rappresentanti? Lo fa per opportunismo? Guarda troppa televisione? E' razzista? Non legge i giornali e non s'informa? Non gliene frega nulla? E' obnubilato dal carisma di Berlusconi? E se è così, forse la democrazia non funziona?
A sinistra, si comincia a pensarla così. Le ripetute, lugubri, "analisi delle sconfitte" hanno perduto, negli anni, smalto e immaginazione. Il tarlo ha cominciato a rosicchiare i pensieri degli insospettabili: il popolo non ci capisce un cazzo. L'equazione è svelta, ma imbarazzante: la democrazia forse non è questo granché.
Nella galassia dell'antiberlusconismo pensante, si è venuta a creare una frattura cruciale, altro che correnti. Di qua ci sono i Pessimisti Democratici, con fortune in ascesa, che vedono l'apocalisse e sanno che il problema è alla radice: i cittadini non sanno scegliere bene i loro rappresentanti. Non c'è mica nulla di male a dirlo: perché mai tutti dovrebbero interessarsi di economia e politica e giustizia e poi avere gli strumenti adeguati per distinguere un cretino da un genio? La democrazia non è un dogma in bianco: bisogna vedere come la si attua. In sé e per sé può pure essere un guaio, soprattutto se il popolo s'infradicisce. Infatti, oltre a non saper scegliere per ignoranza o distrazione, spesso la gente non sa scegliere perchè ha perso di vista il Bene Comune. C'è stato un decadimento formidabile: etica, politica, società civile, cultura delle regole. E la nuova società incivile ha espresso i suoi bravi rappresentanti, incivili anch'essi.
Di là ci sono invece gli Ottimisti Democratici. Pensano che invece ci sia un deficit di democrazia. Pensano che il problema sia nelle proposte fatte alla gente: idee nuove e buone, spiegate bene, ribalterebbero la faccenda; candidati giovani e grintosi ripulirebbero l'ambiente. Gli Ottimisti bollano gli altri come snob, dicono di saper vedere i difetti della propria parte, hanno fiducia nella risposta e nella mobilitazione del popolo. Agli Ottimisti piacciono anche le primarie, perchè un candidato scelto dalla gente è meglio di un candidato scelto da chi pensa di saperla più lunga. Il popolo sa cosa è bene e cosa no. Basta guardare Vendola o Renzi o la Serracchiani o Civati. Giovani, grintosi, democraticissimi: scelti dal popolo e premiati alle urne. La democrazia funziona eccome. Scriveva Thomas Jefferson, nel 1813, in una lettera a John Adams:
[E]siste un'aristocrazia naturale tra gli uomini. Le sue fondamenta sono la virtù e i talenti […]. Non possiamo persino dire che sia la miglior forma di governo quella che provvede più efficacemente alla pura selezione di codesti naturali aristoi nelle cariche di governo?
Da secoli ci si arrovella sul tema della selezione dei politici. Ad Atene, si usava il sorteggio (e qualche studioso lo ripropone, seriamente, per le democrazie di oggi). Ma più di recente, dalle nostre parti, si preferiscono le elezioni. La gente sceglie; chi ha più voti vince. Questa è la regola base, ma i sistemi elettorali variano parecchio e le regole per la scelta (e le conseguenze delle scelte) possono essere le più fantasiose. Le regole per l'elezione di deputati e senatori italiani, ad esempio, sono considerate poco democratiche: il popolo non può scegliere se votare Pino o Gino, perchè le liste sono "bloccate" e una volta scelto il partito il potere del popolo è finito lì. E' il partito che compila le liste e l'ordine dei candidati nelle liste. E' il partito, quindi, che decide se sarà Pino o Gino a diventare Senatore della Repubblica.
Gli Ottimisti sanno bene che un Parlamento eletto così è un Parlamento peggiore. Un Parlamento con meno esperienza, meno competenza, più vecchio, più maschilista. Inoltre, un Parlamento eletto a liste bloccate è un Parlamento che risponde poco agli elettori e più ai leader (o al Leader) del partito che ha scelto i nomi nelle liste. Quest'ultima affermazione è difficile da controbattere: se è stato il Segretario o il Potente Dirigente a farmi mettere in lista in quella posizione, be', ho pochissimi incentivi a contrariare lui e a ottenere il gradimento degli elettori del collegio.
Ma tolti gli incentivi (che sono però un tema cruciale), è vero che il popolo sa scegliere meglio delle segreterie di partito? E' vero che un Parlamento scelto dagli elettori membro per membro è migliore di quello cooptato da altri politici?
La risposta è difficile, ma qualche giorno fa un ricercatore dell'Università Cattolica di Milano ha pubblicato su La Voce i risultati di un'analisi parecchio interessante. Nel sistema elettorale regionale, in Italia, convivono due schemi diversi: il voto di preferenza, con cui l'elettore sceglie un candidato della lista (Gino o Pino) e il cosiddetto listino del presidente, cioè una lista bloccata già impacchettata i cui eletti sono "cooptati" e non selezionati dal popolo.
L'analisi in questione ha dei limiti: non tiene conto, ad esempio, dei candidati "scartati" dagli elettori (cioè, non compara gli eletti con i non eletti). Però mette a confronto chi è stato scelto dal popolo e chi è stato cooptato dalle "segreterie di partito", per così dire. Ebbene, tra gli eletti dal popolo in Lombardia ci sono mediamente meno donne, meno laureati, più politici con esperienza nella carica e l'età anagrafica è più o meno uguale.
Brutte notizie per gli Ottimisti della democrazia? I fattori che andrebbero dissezionati sono troppi per poter trarre delle conclusioni. Nel frattempo, però, nel Partito Democratico si cerca di azzoppare le primarie.
e io che ne so? per quel che ci capisco io (che non sono manco da lontano un economista o uno statistico, ma solo un curioso di cose variegate) il campione è limitato, ma ci dice semplicemente che, ad esempio, l'elettorato è forse più arretrato in tema di parità dei sessi rispetto alle già arretrare gerarchie politiche. Oppure ci dice che le donne candidate nelle liste con le preferenze erano meno degne di quelle scelte dal listino (tra cui la famosa igienista dentale di Berlusconi http://www.vip.it/regionali-lombardia-candidata-nicole-minetti/ ). Non so cosa ci dica di preciso, in verità. Men che meno so cosa ci vorrebbe per rendere il sistema più virtuoso. Mi piaceva però insinuare il dubbio che forse il popolo scelga "peggio" delle famose segreterie di partito.
trino, scusa anche se fra la fretta nello scriver, la dislessia e e il pc che procede a salti do l'impressione di avere in odio la sintassi italiana.
trino, scusami, ma devo fare una domanda da profano (o da idiota) che non mi è chiaro.
diamo per assunto che questo sia un campione sufficientemente rappresentativo, geograficamente e cronologicamente. quali sono i possibili correttivi acché il sistema si comporti nel modo più virtuoso possibile?(
mi sento come se stessi scrivendo all'economista pubblicato su internazionale, di cui mai, mai mai mi ricorderò il nome)
La seconda che hai detto.
hai ragione, ho scambiato meno e più. correggo, grazie.
Caro Trino, la lettura dei "meno politici con esperienza nella carica" è l'esatto opposto di quanto scrivi (a meno che io non abbia compreso bene la definizione in tabella).
Mi pare di capire, ovvero, che i cittadini hanno scelto con preferenza (direttamente) il 50,7% di mai eletti prima in Consiglio Regionale (neofiti) e abbiano scelto senza preferenza ("inseriti dall'alto nel listino bloccato") il 66,7% di mai eletti prima in Consiglio Regionale (neofiti).
Come a dire una cosa semplice e comprensibile a tutti: è più facile che un signor nessuno venga promosso dall'alto piuttosto che dal basso. L'esperienza è ancora un pochino considerata valore (in politica) ed è una variabile che storicamente, segue la direzione del maschile e dell'età alta.
In tutto ciò resto pessimista