Come Gabriele Salvatores.
Prologo
Milano, Esselunga di Viale Cassala.
Tre transessuali sovrappeso e trasandati si aggirano per gli scaffali, ridendo tra loro in modo scomposto.
Primo Trans: Sorella, dove minchia sei stata?
Secondo Trans: A scannare porci.
Primo Trans: Grossi porci?
Secondo Trans: Grossi e grassi.
Terzo Trans: Come quel coso lì, quell’Androne…
Primo Trans: Era Sandrone!
Secondo Trans: Era un Ladrone.
Terzo Trans (ridendo sguaiatamente): Se l’è meritato, sorella.
Secondo Trans: Ce n’era di carne da scannare
Terzo Trans: Era un Lardone!
(Ridono rumorosamente. Altri clienti li scostano con sguardi di disapprovazione)
Primo Trans (prendendo dei cosmetici da uno scaffale): Questo fucsia come lo vedete?
Secondo Trans: Come un bel rossetto da troia!
Terzo Trans (ridendo): Perfetto!
Primo Trans: Ne prendo per tutte e tre, per stasera.
Secondo Trans (con aria sarcasticamente poetica): Meghebetti sarà trafitto da cupido!
Terzo Trans: Prendi anche quel foulard cogli arabeschi, che fanno molto chic.
Primo Trans: Saremo bellissime, sorelle, per il nostro nuovo amichetto.
Scena Prima
Forres Soluzioni Aziendali, bagno degli uomini.
Un uomo sui quaranta (G. Meghebetti) – asciutto, ben vestito, in forma – si lava i denti fissandosi allo specchio. Ha l’aria stanca.
Entra un ragazzo aprendo la porta bianca a spinta.
Meghebetti: Allora?
Ragazzo (timido): Mi scusi.
Meghebetti: Ti scuso per cosa?
(Il ragazzo non risponde)
Meghebetti: Allora? A che punto sono?
(Il ragazzo si stava avviando verso uno dei bagni; si ferma e si volta)
Ragazzo: Siamo ancora sul 16.2, dottore.
Meghebetti (irrigidito): Abbiamo chiamato Grevas?
Ragazzo (annuendo): Si sono chiusi in un’altra saletta. Stanno parlando.
Meghebetti: Ok.
(Il ragazzo si gira nuovamente verso il bagno)
Meghebetti: E’ la prima operazione importante che segui?
Ragazzo (sorridendo, orgoglioso): Ho già fatto Plastic W.
Meghebetti (ridacchiando): Plastic W era una robetta in confronto a questa.
(Il ragazzo annuisce e entra nel bagno. Si sente il rumore dell’urina sulle pareti del w.c.; poi lo squillo di un telefonino)
Ragazzo: Cazzo!
(Si sente un rumore di plastica; il telefonino squilla. Poi l’urto della plastica sul pavimento bianco. Un blackberry scivola da sotto la porta. Meghebetti guarda il nome sul display – GREVAS – e risponde)
Meghebetti: Allora.
Meghebetti: Come chi. Sono Giulio.
Meghebetti: Non abbiamo tempo, Franco. Se rimettiamo le mani su quello dobbiamo ripassare dagli avvocati. Se ripassiamo dagli avvocati oggi non si chiude. Se non si chiude oggi non si chiude più.
Meghebetti (alterato): Non me ne frega un cazzo delle priorità. Hanno avuto sei mesi per valutare le priorità. Noi siamo venuti qui per chiudere e se ce ne andiamo senza una cazzo di firma, vuol dire che siamo venuti per niente.
Meghebetti (alterato): Allora: a me non frega un cazzo. Sai la pazienza che ho avuto? Lo sai? Tu non ci sei stato a fare le notti. Chiedi a Rossello, chiedi a chi cazzo vuoi. C’ero io con loro a fare le notti. Vogliamo far saltar tutto per la sensibilità di Giandonato? No, dimmi tu.
(Il ragazzo nel frattempo è uscito dal bagno, preoccupato per l’incidente del blackberry)
Meghebetti (al telefono): Risolviamo la cosa per favore.
(Riaggancia. Restituisce il telefono al ragazzo. Esce)
Scena Seconda
Forres Soluzioni Aziendali, una sala riunioni.
Meghebetti e Banco parlano.
Banco: Per loro è anche un tema di immagine.
Meghebetti: L’abbiamo discusso. Vuoi vedere il mio hard-disk? E’ pieno di ‘sta roba.
Banco: Hanno calato le mutande sul prezzo. Hanno calato le mutande sulla quota di minoranza. Vogliono portare a casa qualcosa di simbolico.
Meghebetti: Per loro è simbolico. Per me è una rottura di palle infinita. Qui dobbiamo rivoltare l’azienda, lo sappiamo. Giandonato in consiglio, Presidente!, è una complicazione.
Banco: Lui così salva la faccia. Dice che i dipendenti apprezzerebbero anche.
Meghebetti (infastidito): Maurizio, per favore. Ma di che cazzo stiamo parlando, eh?
(Bussano alla porta. Entra Grevas, seguito da altra gente in abito scuro, tra cui Giandonato, sui sessantacinque, robusto e con la voce roca).
Giandonato (sorridendo): Sapete perché queste riunioni oggigiorno durano di più?
Meghebetti (sforzando un sorriso): Perché ci si attacca alle piccolezze.
Giandonato: No, no. (Scuote la testa). Perché non si può più fumare. Non ci si concentra. Si comincia a pensare alla sigaretta. Si perde l’attenzione. Poi si deve andare giù per farsene una. Si cerca il balcone con lo sguardo. Bisogna fare una pausa dietro l’altra.
Meghebetti: Io non fumo.
Giandonato (ridacchia): Ecco, ecco. Lei è di questi giovani in salute, moderni. Non dà valore alle cose tradizionali.
Meghebetti: Ma do molto valore alla sua Cawdor, Ingegnere. Seriamente, abbiamo dormito cinque ore in tre notti. Vogliamo far partire questo progetto comune oppure no?
Giandonato: Ma certo! Ma certo! E chi c’ha dubbi?
Meghebetti: Dovevamo firmare a mezzogiorno. Sono le quattro.
Giandonato: Ma cosa c’entra. La cosa è fatta. E’ come se fosse firmata. Però, dottor Meghebetti, io lo dico anche per voi. Un’azienda serena, coi dipendenti sereni, coi fornitori sereni, lavora meglio. E se lavora meglio è tutto vantaggio della Glamis. Tutto vantaggio vostro.
Meghebetti: Lei e sua figlia sarete azionisti della nuova Cawdor, Ingegnere. Minoranza, certo, ma minoranza significativa.
Giandonato: Insomma, insomma. Noi facciamo la figura che vendiamo tutto e chi s’è visto s’è visto, cari miei.
Meghebetti: Ma voi state vendendo. A novantaquattro milioni di euro. Con le difficoltà che ha l’azienda adesso. E con la quota di minoranza che dopo la ristrutturazione, una volta in pista…
Giandonato: Mio padre questa cosa l’ha messa su che io non ero manco nato. La famiglia c’è sempre stata.
Meghebetti: E continuerà a esserci.
Giandonato: Sì ma noi non facciamo la finanza come voi. Noi se ci siamo dobbiamo fare qualcosa. Mica stare a guardare. E poi io lo dico per voi, per i futuri azionisti di maggioranza. Una presenza forte, rassicurante, in consiglio. Con una posizione di autorevolezza, ma senza incarichi operativi…
Meghebetti: Ingegnere…
Giandonato: Cosa vi cambia? Non mi volete in cda? Stiamo parlando di questo? Assieme a mia figlia avrò il dodici e mezzo per cento. Nemmeno un consigliere? Dopo settantasette anni di storia di quest’azienda?
(Meghebetti beve un po’ d’acqua)
Meghebetti: Ingegnere, noi siamo qui con un progetto di rilancio della sua società. Novantaquattro milioni per lei e il rilancio dell’azienda.
Giandonato: Già così mi diranno che sto svendendo…
Meghebetti: Io la vedo così. La Cawdor è sull’orlo del collasso. Certo, alle spalle ci sono settantasette anni di storia. Ma ci sono dieci anni di errori, anche. Vuole pensare alla serenità dei lavoratori? Qui rischiate di mandarne altri quaranta in cassa integrazione. Domani stesso. E senza risolvere un bel niente. Crede che i lavoratori la vorrebbero Presidente? E i fornitori? La colpa del collasso a qualcuno la daranno. E non siamo noi, Ingegnere. Noi abbiamo dormito cinque ore in tre notti. Per salvare l’azienda messa su da suo padre. Oggi, quest’azienda è finita. Qui ci sono novantaquattromilioni di euro, lei li prende e si mette da parte, con grande dignità. Oppure non li prende, si fissa con questa cosa del Presidente, rinuncia ai soldi e continua a guidare la Cawdor verso il fallimento. Sarà Presidente di una stupenda società fallita. Faccia lei.
Scena Terza
Armani Privé.
Meghebetti e Banco siedono a un tavolo. Intorno a loro, cocktail, gente elegante, musica ad alto volume.
Banco: Allora, il quattordicesimo brindisi. Scervèllati.
Meghebetti: Il tredicesimo.
Banco: Cosa?
Meghebetti: E’ il tredicesimo. Non abbiamo ancora brindato “Al più grosso contratto firmato dalla Glamis negli ultimi cinque anni”.
Banco: Quello lo abbiamo fatto.
Meghebetti: Quando?
Banco: Era il settimo brindisi. O l’ottavo, forse.
Meghebetti: Non mi ricordo proprio.
Banco: Mi ricordo io. Era subito dopo “Al contratto che accenderà il fuoco sotto al culo di Danca”.
(Meghebetti ride. Versa un po’ del cocktail sul tavolo)
Meghebetti: Quello era un brindisi un po’ prematuro. Danca chi cazzo lo smuove?
Banco: Dai, Giulietto, non fare il fifone. A ‘sto giro ti fanno Managing.
Meghebetti: Tira una brutta aria.
Banco: Ho il quattordicesimo brindisi.
Meghebetti: Spara.
(I tre transessuali dell’Esselunga, vestiti in modo eccessivamente vistoso, si avvicinano rumorosamente verso il tavolo di Meghebetti e Banco)
Banco: E quelle chi cavolo sono?
Primo Trans: Buonasera, buonasera.
Secondo Trans (ridendo): Che uomini meravigliosi!
Banco (ridacchiando): Buonasera.
Meghebetti (rigido): Ci conosciamo?
Terzo Trans (accennando un inchino): Grandissimo esperto di finanza!
Banco (ridendo): Vedi? Ti conoscono!
Primo Trans (sempre rivolta a Meghebetti): Grandissimo Manager! Prossimo capo della società!
Banco (applaudendo): Cazzo, due grandissime profezie!
Meghebetti (a Banco, serio): Non è molto divertente.
Secondo Trans (a Meghebetti): Prossimo Ministro del Governo!
Banco (eccitato): Addirittura?
Primo Trans: Ci puoi scommettere, tesoro.
Banco: E per me? Nessuna profezia? Fatemi le carte.
Secondo Trans: Tua sorella fa le carte, bellino.
Banco (ridendo): Non fate i tarocchi?
Primo Trans: Il tuo futuro è semplice semplice: Fotterai il tuo amichetto, qui, e gli soffierai il posto.
Banco: Questa profezia non vi è riuscita tanto bene. Dove l'avete trovata?
Terzo Trans: Leggiamo il futuro sul fondo dei cocktail.
Banco: Volete da bere?
Meghebetti (turbato): Non mi sembra il caso.
Primo Trans: Cosa c’è, Giulietto? Non ti piace il nostro rossetto?
Banco (a Meghebetti): Ma la conosci?
Meghebetti: Ma di che cazzo parli.
Banco: Ti ha chiamato per nome.
(Squilla un telefono. Meghebetti guarda il display del suo blackberry.)
Meghebetti (a Banco): E’ Danca.
Banco: Eccolo che alla fine cede e ti chiama per i complimenti.
(Meghebetti risponde. Le donne ridono assieme a Banco. Meghebetti parla riparandosi dal rumore, poi riaggancia).
Banco: Allora?
Meghebetti (con aria smarrita): Mi hanno promosso.
Banco (alzandosi in piedi): Cazzo, un'altra bottiglia magnum allora.
Primo Trans (guardando negli occhi Meghebetti): Allora, Giuliettino, sei contento?
(Fine Prima Puntata)
ahah, ok. torno al grazie.
avevo capito, ci avevo solo fatto su una battuta stupida (luttazzi dice che rifà, anzi che cita, anzi che migliora). facciamo che ritorno a "sempre spettacolare"?
scritta così sembrava presuntuosa: mi rifaccio al plot del macbeth
rifaccio shakespeare. sono stato troppo criptico, alla prossima puntata (se ci sarà) lo dichiarerò esplicitamente. rifaccio il macbeth
mannaggia l'html col nuovo form. che devo fare per mettere un link? uff. che vita grama.
papà, è inutile che fai finta di non conoscermi (oggi è una giornata un po' così) (ah, quindi rifai. come <a href="http://ntvox.blogspot.com/">daniele luttazzi</a>)
punch-drunk, grazie. così sembra però che siamo parenti e invece non ci siamo mai parlati nè visti. Salvatores c'entra poco o nulla: era una sorta di geston scaramantico e autoironico (il film di Salvatores è assurdo: plagia Wes Anderson milanesizzandolo, tutto qui. io diciamo che plagio (o rifaccio, come si dice) qualcun altro, com'è abbastanza evidente. fine dell'analogia).
(anche se io salvatores ancora lo devo vedere, quindi non posso apprezzare appieno. rimedierò)
sempre spettacolare
il paese è reale.
aspetto il resto…