Avete mai desiderato di avere di nuovo 11 anni?
Io mai, lo confesso. Le scuole medie di solito sono un periodo tutt’altro che piacevole: finita la spensieratezza delle elementari e non ancora imboccata la selvatica esplorazione del mondo adolescenziale, per una manciata di anni si è intrappolati in una terra di mezzo in cui non ci sono coordinate sicure e in cui ciascuno va alla sua velocità. Io non ricordo quasi niente dei miei 11 anni, se non i pomeriggi a leggere Lo Hobbit e Il Signore degli anelli e a registrare mostruose compilation di canzoni dalle radio locali con il radiolone rosso di mia sorella, mentre uno dopo l’altro i miei amici delle elementari tutto d’un colpo diventavano bulletti da bar e smettevano di trovare interessanti i Lego con cui io, imperterrito, continuavo un po’ colpevolmente a giocare.
Probabilmente è uno dei pochi periodi della mia vita che non ho mai desiderato di rivivere. Almeno fino a un paio di giorni fa, quando ho letto Facciamo un videogioco!.
Facciamo un videogioco! è il primo romanzo di Ivan Venturi, illustrato da Francesco Mattioli e edito da GradoZero Edizioni (un nome che dovrebbe dire qualcosa a più di uno di voi, visto che un suo 50% ha scritto varie volte su queste pagine). E’ un romanzo per ragazzi («a partire da 9 anni», recita la quarta di copertina), un genere che normalmente fa fuggire a gambe levate qualunque adulto che non abbia figli in età scolare, e che personalmente non frequento appunto da quegli anni. Quando ho saputo che GradoZero avrebbe pubblicato un romanzo per ragazzi dedicato al mondo dei videogiochi ho pensato che le ragazze avessero un gran coraggio, data la nota difficoltà di rendere per iscritto (quasi) tutte le tematiche tecnologiche diverse dalle visioni di fantascienza e cyberpunk. Quando ho saputo che il libro non parlava solo di giocare ai videogiochi ma addirittura di crearne uno, ho concluso che fossero completamente impazzite. E ne ho prenotata una copia.
Non consideravo che a firmare era Ivan Venturi, uno che di videogiochi ne sa, perchè per quella strada c’è passato. Già colonna portante della leggendaria Simulmondo (per cui nel 1987 ha creato Bowls, il primo uno dei primi videogiochi interamente italiani), Venturi è qui all’esordio come scrittore, ed è forse proprio questo -unito al dichiarato, inevitabile, autobiografismo- a rendere la storia così autentica. E in qualche modo addirittura entusiasmante, nel momento in cui le parti narrative si incastrano alla perfezione con quelle più didattiche per raccontare una storia che è prima di tutto una lezione sull’importanza dell’immaginazione e su quello che può fare. Soprattutto se ha in mano gli strumenti giusti.
Strumenti che ci sono. Come ciliegina sulla torta, allegato al libro c’è il CD-ROM Inventastorie, versione light dell’authoring system usato dai protagonisti del libro, che consente in modo piuttosto semplice di creare a chiunque adventure games spartani ma di sicuro effetto. Magari non ci si riesce a ricreare Monkey Island, ma certi adventure dei vecchi tempi non sono poi così lontani.
E ti riscopri, a fine lettura, a desiderare di poter avere di nuovo 11 anni, per poterti imbattere in un libro così, leggerne le pagine ancora e ancora e scoprire che anche tu potresti non essere così diverso dal protagonista del libro. E che avere 11 anni, dopo tutto, forse non è poi così male.
[…] Si chiama "The invisible hand", è prodotto a Bologna dalla Koala Games (quella di Facciamo un videogioco). Progetto molto interessante con cui a Impronte digitali abbiamo giocato e parlato con Maddalena […]
Oddio.
Direttamente dal passato, Ivan Venturi – F1 Manager.
Collasso.
ZAL
Ok, mi sono accorto da solo che sul sito di Grado Zero Edizioni c’è il link per ordinarlo.
Sembra molto interessante..
Dove si compra?
Sapevo che qualcuno avrebbe scritto qualcosa del genere. :-) Correggo.
"il primo videogioco interamente italiano" <– Che siccome sono rompicoglioni, faccio notare che ‘Avventura nel castello’ di Enrico Colombini è del 1982 ed è 100% italian pure lui. :)
Atrus