“If I had a world of my own, everything would be nonsense. Nothing would be what it is because everything would be what it isn’t. And contrary-wise; what it is it wouldn’t be, and what it wouldn’t be, it would. You see?”
Alice in Wonderland
Nel 1874 a Parigi nel salone del fotografo Nadar alcuni artisti “indipendenti” esposero le proprie opere. Il desiderio era quello di bruciare i ponti con il passato e aprire la via ad una nuova ricerca artistica. I nomi erano quelli di Monet, Renoir, Degas, Cézanne, Pissarro, Sisley. A questa mostra ne seguirono altre negli anni successivi sempre suscitando le reazioni scandalizzate della critica ufficiale e del pubblico cosiddetto benpensante. I pittori sopra citati avevano stili e idee anche molto diverse gli uni agli altri, ma comune era l’intento di chiudere con l’arte “accademica”. Era la prima volta che alcuni artisti rifiutavano volontariamente di essere collocati nei luoghi tradizionalmente dedicati all’arte.
Nell’epoca in cui mi trovo a vivere e a studiare l’arte è sempre più palpabile la sensazione che l’arte contemporanea sempre meno trovi casa nei musei e nelle chiese. L’arte contemporanea non è mai stata così complicata, sfuggente, è un’arte che bisogna letteralmente andarsi a cercare spesso fuori dai grandi circuiti, nelle piccole gallerie, negli happening, ma anche per le strade, oppure setacciando le numerose biennali con grande attenzione. Significativo in questo senso è il successo di un artista come Banksy, che ha iniziato la propria “carriera artistica” come writer per le strade di Londra e poi con piccole ed innocue azioni terroristiche ha cominciato ad appendere i propri quadri nei musei senza che mai nessuno riuscisse a catturarlo. Una sorta di moderno Lupin al contrario che non porta via quadri dai musei ma che ne porta di nuovi, che impone in modo scherzosamente violento la propria arte al “museo”.
Potrei citare anche il caso di Blu che dopo essere stato cacciato da Milano, è stato invitato ad esporre alla Tate Gallery di Londra, senza timore, questa volta, che i propri graffiti possano essere ricoperti da tristi pennellate grigie. Oppure Rirkrit Tiravanjia il quale come forma d’arte cucina pranzi e cene ad invita il pubblico a sedersi e chiacchierare mentre assaggia il suo cibo. O ancora Cai Guo-Quiang che crea esplosioni di fuochi d’artificio nel cielo, visioni che durano il tempo di un battito di ciglia.
Sono tutti esempi di come l’artista contemporaneo si trovi sempre più spesso a suo agio in ambienti in cui è libero di sperimentare senza limiti. Dunque potremmo affermare che l’arte contemporanea ama luoghi non convenzionali.
Ecco alcuni siti assolutamente di primo piano per chi volesse entrare nel crazy word dell’arte contemporanea:
Le immagini galleggiano nel web con tutta la loro violenza e immediatezza, sembra davvero che la critica sia così obsoleta.
Complimenti vivissimi !!!! Siete molto bravi e “contemporanei”… Grazie per aver allargato ulteriormente le mie conoscenze in ambito artistico. Continuate nella vostra ricerca e divulgazione dell’arte contemporanea. Gi Morandini
delle gambe e una schiena così, le vorrei avere anche io.