Ormai, che scaricare significhi rubare l’abbiamo accettato praticamente tutti. Ma scarichiamo lo stesso. Ne abbiamo bisogno.
Perciò ognuno di noi, chi più chi meno, si costruisce la sua etica personale della situazione. Di solito ciò si traduce in una serie di domande a scelta sì/no, che vanno a formare un percorso, e alla fine di quel percorso c’è un dito su un tasto.
Ad esempio, forse voi vi chiedete sto rubando il pane di bocca a qualcuno (sì / no), pagherei anche solo mezzo centesimo per acquisire una copia legale (sì / no), mi dovrebbero pagare a me (sì / no), c’è possibilità che arrivi nel paese dove al momento abito (sì / no), c’è possibilità che vada in onda prima delle 02:00 di Ferragosto del 2015 (sì/no), ci sono già i sub (sì /no), la storia a cui sto lavorando potrebbe presentare punti di contatto con questa storia (sì /no), voglio aspettare di vederlo doppiato orribilmente senza rumori di fondo e proiettato in una sala dove c’è odore di puledro (sì / no). Giusto per citare le più comuni. (1)
Stando così le cose, scaricare una workprint è la cosa più scema si possa fare e il più sonoro schiaffo in bocca a un sistema vissuto come “corrotto”.
“Workprint” – copia lavoro – significa la versione provvisoria di un film: quella ancora suscettibile di aggiustamenti al montaggio, magari con suono o effetti speciali mancanti. (2) Nessuno dovrebbe vederla a parte chi ci sta lavorando sopra. Non è quello il suo scopo.
D’altro canto, anche quello che scelgo di vedere obbedisce a logiche non sempre chiare.
Ci sono cose di ovvio interesse, cose che appagano una curiosità, cose a cui bene o male un occhio ce lo si butta, cose da vedere in nome dell’affetto (presente o passato) per qualcuno che ci ha messo le mani, cose che ho visto perché sono stata pagata per farlo, e cose per cui a un certo punto ho pensato ehi, dovrei lavorare, ma sulla base della photo gallery credo che questo si qualifichi come “pausa estetica”.
E poi ci sono Gli Inspiegabili.
Magari sono pochini – sia come biglietti staccati sia come scaricamenti inopinati – però ci sono. Devono esserci. Fa parte del gioco.
Ora, la mia curiosità verso una copia lavoro è direttamente proporzionale al drama che la sua messa in rete ha suscitato.
Se Eli Roth non avesse frignato come una casalinga, non mi sarei mai sognata di depredarlo dei miei sette euro per Hostel 2 – anche perché, con ogni probabilità, non avrei mai visto il film. (3) E aggiungiamoci pure che, per i bizzarri percorsi della vita, ho passato un anno a vedere film non finiti, capendo così che la qualità essenziale di qualcosa non dipende da un missaggio del suono preciso al mille per mille, e che se una casa di produzione col prodotto interno lordo di una piccola nazione in caso di leak attacca una sceneggiata a colpi di oh noes, per amor di Dio, aspettate di vederlo in sala, siamo indietro con gli effetti, non si interrompe così un’emozione, la pirateria ammazza il cinema, non fate piangere San Luigi, questo significa, senza ombra di dubbio e a prescindere dal contesto, che il film fa schifo.
Perciò ho scaricato la workprint di X-Men: Le Origini – Wolverine.
Ho poi naturalmente proceduto a ignorarla per quattro mesi, dando la precedenza a qualunque altra cosa, crogiolandomi nel pensiero che – ehi! – il film faceva schifo e tante brave persone in tutto il mondo l’avevano disprezzato, ma almeno non dovevo né pagare né uscire di casa per averne le prove. Se mai le avessi volute. E mentre il disco fisso mi guardava sussurrando apra la bocca signo’ io stringevo i denti. Il paradiso lo vogliamo in questa vita. (4)
Avanti veloci fino al sette agosto (venerdì), quando facendo pulizia sono andata a sbattere contro il classico dilemma del nerd. (5)
“Ok, abbiamo questo file, lo spostiamo dritto nel cestino dando retta al buon senso e a tutti i tuoi amici che con una sola eccezione (la quale poi non si capisce bene come è messa) hanno usato l’espressione ‘brutto forte’, oppure ne guardiamo i primi 20’ tanto per essere sicuri?”
La risposta al dilemma è stata la più convenzionale.
Attorno al minuto 18’ arriva Ryan Reynolds che fa Deadpool. Lì ho capito che mi ero fottuta con le mie stesse mani.
[continua]
1. Io ci aggiungo “questo libro ha un prezzo tutto sommato ragionevole e mi arriverà entro due mesi (sì/no)”, ma sono in minoranza. Credo.
2. Oddio, c’è chi si spinge più in là: Rob Zombie nella copia lavoro di Halloween ha inserito un finale opposto a quello del montaggio finale, confermandosi l’indiscusso Re Del WTF.
3. E quindi non avrei mai versato calde lacrime nel vedere Heather Matarazzo appesa per i piedi. Per non parlare della bionda finita in mano a Ruggero Deodato. Come si dice, una storia a lieto fine.
4. Ogni tanto potrei anche aver picchiato un pugno sul tavolo.
5. Beh, io lo sono. Questa storia ne è la prova vivente.
V for Violetta
[..] Violetta Bellocchio contro Uno spoiler dietro l’altro, ma ne vale la pena. Parti 1-2-3-4, via inkiostro. [..]
Il problema di Wolverine theatrical e’ che pure li’ sembra che manchino gli effetti speciali. Nella workprint almeno hai l’illusione che “poi ce li metteranno” e nel frattempo lavori di fantasia… un po’ come quando leggi un libro…
funckin-A!
:D
LG
LG, hai anticipato quello che avrei detto (e dirò) nella parte 2, online domattina. Che bello!
però wolverine in workprint è nettamente più interessante di wolverine theatrical. Divertente almeno con le mancanze di effetti speciali e le indicazioni su cosa deve succedere (le unghie che si devono allungare, i tappetini verdi su cui la gente collassa, i blob di nuvole) e i dubbi su quello che devono dire i personaggi. Dai, secondo me educativo almeno. Ne facessero il secondo dvd del cofanetto che faranno quasi quasi mi scapperebbe una risata liberatoria.
LG