E’ naturale che un partito cerchi consensi. Il suo scopo non è solo quello d’interpretare problemi e proporre soluzioni: il suo scopo è anche quello di attuarle, quelle soluzioni. E per attuarle bisogna essere eletti. E per essere eletti, insomma, ci siamo capiti.
E’ naturale, quindi, che un partito cerchi consensi.
Quello che è strano, invece, è perdersi alla ricerca del Consenso. Se hai la fissa del consenso, vuol dire che sei disperatamente lontano dai consensi.
Il fatto strano è che lo scopo principale del Partito democratico non dovrebbe essere quello di creare consenso, come tutti ripetono, bensì di creare dissenso.
Popper diceva più o meno che una teoria, per essere scientifica, deve essere falsificabile. Non serve dimostrare che sia vera. E’ scientifico solo ciò che ti consente, con un esperimento, di essere smentito.
Bisognerebbe applicare un test simile alle tesi politiche: se sostieni qualcosa e tutti sono d’accordo, probabilmente non stai dicendo un bel niente. Non è politica, è fuffa. Quando sostieni qualcosa e qualcuno là intorno comincia a obiettare, ad argomentare, a esprimere disaccordo, anche a incazzarsi, allora forse è il caso di sedersi e parlarne. Forse hai torto, ma se ne può discutere. Hai una tesi. Non è fuffa.
Il feticcio del Consenso è la premessa di ogni paralisi culturale. Bisogna avere il coraggio del dissenso: questo è il requisito primo di una forza politica sensata. Minimo. Bisogna smettere di inseguire il feticcio del consenso e cominciare a creare dissenso.
Vorrei vedere un Pd che crea dissenso su economia, giustizia, diritti civili, immigrazione, ambiente, scuola, istituzioni, fisco. Vorrei vedere un partito che discute di cose. Avere paura di dire cose strane, cose nuove, cose faziose, cose che difficilmente si sentono dire all’aperitivo o al bar significa avere paura di fare politica e di fare cultura.
Creare dissenso non vuol dire "parlare alla gente". Non vuol dire "parlare al paese" o "parlare dei problemi del paese". Queste espressioni stanchissime sono le etichette della palude culturale italiana. In un sistema parlamentare si parla alla gente, certo, si parla al paese e si parla dei problemi del paese. Ma si dicono cose su cui non tutti necessariamente devono essere d’accordo.
Parlate alla gente, ma non per rassicurarla, per incuriosirla. Per stimolarla. Per creare sopracciglia inarcate e battibecchi. Discussioni vivaci. Incazzature. Piatti che volano. Questo è il fottuto momento di dire cose che suscitano disaccordo.
La paralisi di questo paese è la paura. Il coraggio parte dal dissenso.
resto dell’idea che siano post situazionisti/ironici. edt/pf.
dopo aver ascoltato le parole del pd sull’afghanistan, mi chiedo cosa ci sia ancora di sinistra in quel partito…
i partiti che storicamente puntavano alle “cose strane, cose nuove, cose faziose, cose che difficilmente si sentono dire all’aperitivo” sono nel frattempo finiti fuori dal parlamento :-/
O no?
e’ un blog democratico
Se esiste un mondo in cui qualcuno ancora cita Popper allora non tutto è perduto.
ma non dovevamo parlare di calvin harris da queste parti?
il dissenso che manca di più non è tanto quello “contro” il centrodestra o chi altri, ma quello che potrebbe esserci “contro” una qualsiasi opinione del pd. manca il dissenso perchè mancano le opinioni.
l’elogio del dissenso che provo a fare non è un dissenso attivo: non voglio che il Pd mostri od opponga dissenso verso certe cose. Cioè, quello è importante, ma non è l’oggetto del post.
il dissenso che manca è quello base, diciamo così passivo. il Pd si perde in equilibrismi vuoti per paura di creare dissenso (subire dissenso) e così facendo non dice nulla.
il dissenso auspicabile è dissenso verso le proposte del Pd.
già il dissenso. generare una polemica costruttiva e chiedersi il perché delle cose piuttosto che accettarle come assolute… ma quando non hai un interlocutore che capisca il tuo dissenso non è molto semplice portare avanti la battaglia.
sottoscrivo ogni parola. aggiungerei a paura conformismo e familismo
mi consenta