venerdì, 13/03/2009

Il Calcio e le Patrie Virtù Democratiche

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Al cinema e non solo, il baseball ha sempre sfoggiato un fascino metaforico che scavalca il fenomeno sportivo per invadere la riflessione sociologica, politica, morale. Basti pensare al discorso di Robert De Niro / Al Capone ne Gli Intoccabili. O agli scritti sul baseball del columnist conservatore (e vincitore del Premio Pulitzer) George Will. O al primo formidabile capitolo di Underworld di DeLillo. Agli americani piace filosofeggiare sul baseball e vederci dentro metafore densissime che, secondo loro, spiegherebbero al meglio l’autentico spirito a stelle e strisce: l’equilibrio complesso tra individualismo e appartenenza alla squadra; la ricompensa per il duro lavoro; il fair-play; la mobilità sociale; la democrazia.

E il nostro amato calcio? Qualche anno fa sull’autorevole settimanale (neo)conservatore Weekly Standard, Frank Cannon e Richard Lessner denunciavano il nichilismo decadente sotteso al nostro passatempo nazionale:

Nel recente incontro con l’Italia nel campionato mondiale,  la squadra USA ha giocato quella che è stata definita, da molti conoscitori del gioco, la migliore partita mai giocata da una squadra di calcio americana su suolo straniero. Lo storico match è finito in un epico pareggio, 1-1. Ma in quella che è stata strombazzata come una delle migliori partite mai giocate da una squadra americana, gli Stati Uniti non sono riusciti a segnare. Il gol attribuito agli Americani è stato infatti realizzato da un avversario che – ops! – ha accidentalmente messo la palla nella sua rete.

Pensateci per un attimo. Questo riassume tutto quello che vi serve sapere sul soccer o football, come è noto da altre parti. Il calcio è il gioco perfetto per il mondo post-moderno. E’ l’espressione quintessenziale del nichilismo che prevale in molte culture, cosa che senza dubbio spiega la sua popolarità in Europa. […] Un gioco sul nulla, dove i punti sono accidentali, è di scarso interesse per gli Americani che credono ancora che il mondo abbia senso, che la vita abbia un significato e una struttura più grandi e che l’essere non sia un fine in sé.

Gli autori arrivano a dire che il calcio è un gioco per quadrupedi, in quanto nega ciò che ha elevato l’uomo al di sopra degli altri animali: una testa pensante e il pollice opponibile. Ma nel calcio, scrivono, a differenza degli altri sport, la testa non è protetta e la si può usare per colpire brutalmente una palla; mentre le mani, quelle sono vietate.

Qualche giorno fa, Stephen H. Webb su First Things (blog dell’Institute on Religion and Public Life) ha scritto:

Per chi è incline alla paranoia, sarebbe facile addebitare il successo del calcio alla sinistra, che, dopotutto, ha lavorato per anni per portare la decadenza e la disperazione europea in America. La sinistra ha cercato di trasformare il marxismo, il post-strutturalismo e il decostruzionismo in fenomeni di moda al fine di indebolire la chiarezza, il pragmatismo e l’energia della cultura americana. Ciò che la sinistra non è riuscita a realizzare per mezzo di quei capricci intellettuali, si potrebbe pensare, sta cercando di ottenerlo con lo sport.

Ma davvero il calcio è un gioco nichilista? Espressione di una cultura stanca e decadente? Sintesi dei mali del nostro Paese, del suo scarso pragmatismo, della carenza di democrazia, dell’assenza di una sana cultura meritocratica, in cui per essere premiato devi lavorare duro invece che azzeccare un punto per caso?

Ho deciso di approfondire la questione.

A un primo esame, bisogna ammetterlo, molti dei maggiori successi calcistici nazionali non sono esattamente legati a momenti di brillante pragmatismo democratico ed energia repubblicana. Due titoli mondiali su quattro l’italia li ha vinti sotto il Duce. Il quarto lo abbiamo ottenuto durante il mandato del governo con la più risicata maggioranza (e non certo la più frizzante energia) della storia. Il Presidente Berlusconi è anche il Presidente della Pluripremiata Squadra di Calcio del Milan. Nel ’70, anno in cui gli Azzurri diventano vice-Campioni del Mondo, si tenta (forse) il Golpe Borghese.

Insomma: avranno ragione i neoconservatori dello Standard e i tizi dell’Institute on Religion and Public Life? Il calcio è il gioco dei decadenti nichilisti europei?

Per scoprire l’arcano, ho deciso di analizzare le correlazioni tra il Calcio e i Governi della Repubblica Italiana, da De Gasperi a Prodi. 58 governi abbastanza traballanti, come noto. Qual è segno più cristallino di un sano ed energico pragmatismo all’americana se non l’agognata e (quasi) mai realizzata stabilità dell’esecutivo? E qual è, d’altro canto, segno più evidente di un sano e trionfante calcio italiano se non l’affermarsi della Gloriosa Nazionale Italiana nei più prestigiosi tornei internazionali?

Ho provato, pertanto, a confrontare la durata dei governi italiani con i successi degli Azzurri negli stessi anni. E, più in particolare, a misurare eventuali correlazioni tra le variazioni nella stabilità dei governi e le variazioni nel successo della nazionale di calcio alle Olimpiadi, agli Europei e ai Mondiali.

Ebbene: la correlazione c’è. E smentisce fieramente le plutocratiche insinuazioni d’oltreoceano.

Ho suddiviso i 58 Governi repubblicani (dal De Gasperi II al Prodi II) in 7 differenti "classi di stabilità" sulla base dei giorni di durata in carica (la più bassa fino a 100 giorni, la più alta dopo gli 800) e in 12 differenti categorie sulla base dei successi della Nazionale Italiana di Calcio (A e Olimpica) negli anni in cui hanno governato anche parzialmente (la più bassa categoria in caso di mancata qualificazione sia agli Europei sia alle Olimpiadi, cioè nel 1972; la più alta in caso di vittoria ai Mondiali, e raggiungimento dei quarti di finale sia agli Europei che alle Olimpiadi, cioè nel biennio prodiano 2006-2008). Ed è emerso che le variazioni di segno dei due suddetti indici da un governo all’altro mostrano una discreta correlazione (anche, in parte, nell’entità):

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Salvo casi isolati di spiccata divergenza, può dirsi orgogliosamente che negli anni in cui il Popolo Italiano mostrava all’Europa e al Mondo la bravura dei suoi Atleti sui Campi da Calcio, i nostri Illuminati Governanti servivano proficuamente un’Idea di Governo Stabile e Concorde. La nostra amata Patria bandiva litigi e fragilità e debolezze così nei Palazzi del Governo come nei Verdi Campi da Gioco.

Altro che decadente nichilismo. Altro che post-strutturalismo. Altro che marxismo.

Quando il Popolo e i suoi migliori Calciatori rafforzano le Atletiche Virtù Patrie, i Patrii Rapppresentanti rafforzano i loro legami per il miglior servizio del bene pubblico.

Diteglielo, al Weekly Standard.

9 Commenti a “Il Calcio e le Patrie Virtù Democratiche”:

  1. utente anonimo ha detto:

    Ottimo lavoro.

    Bandini

  2. utente anonimo ha detto:

    trino gioca molto bene di testa

    j. mascia

  3. utente anonimo ha detto:

    sul baseball c’è anche Il gioco di Henry di Coover

  4. utente anonimo ha detto:

    cazzodigenio! (a pacchi -cit.-)

    Eazye

  5. NicoleDiver ha detto:

    Io adoro i tuoi post perchè in realtà scrivi di fantascienza :)

  6. inkiostro ha detto:

    Trino, secondo me hai troppo libero. E pure gli italiani. :)

  7. valido ha detto:

    Allora il post sul perche’ gli Americani combattono il loro frustrante senso di inferiorita’ nei confronti del calcio marketizzandolo di prepotenza alle donne lo scrivo io (pero’ corto)

  8. utente anonimo ha detto:

    ah dicono che sono strano, eh? maledetti!! :D

    trino

  9. utente anonimo ha detto:

    questa geniale cazzata di post è la cosa che fa dire alle persone: Trino? Simpatico, ma è uno strano.

    vai campione!

    dario