Nel weekend, mentre pulivo la casa (ah, la Primavera! io odio la primavera), mi districavo tra le lavatrici e cercavo una disposizione sensata per i panni stesi, mi sono imbattuto nella mia copia di Infinite Jest. Il fatto che il voluminoso tomo di David Foster Wallace, a varie settimane dal termine della sua lettura, fosse ancora nella pila di libri di fianco al letto invece di trovare la strada della libreria come tutti gli altri, è un ottimo esempio della sensazione che mi ha lasciato. Dopo circa 4 mesi di rapporto conflittuale (ne accennavo qui e qui), segnato dall’impressione che si trattasse di un libro contemporaneamente geniale e tediosissimo, piacevole e ostico, perfettamente costruito e perfettamente alla cazzo, non sono ancora riuscito a capire se alla fine mi sia piaciuto o meno. Appena chiusa l’ultima pagina, ho pensato che si trattasse di una unica, enorme, presa per il culo; perchè anche se era assolutamente prevedibile che un libro del genere non avesse un vero e proprio finale, dopo 1200 pagine uno in qualche modo ci sperava anche. E invece niente, il libro finisce in un punto a caso, senza risolvere quasi nulla di quanto seminato in precedenza, e tutti a casa.
Ci è voluta la (spoilerosissima) voce di Wikipedia a farmi aprire gli occhi. La visione d’insieme (anzi, le visioni d’insieme) che dipinge, gli spunti nascosti dalla continuity sbriciolata che approfondisce, le nerdissime risorse che linka (come l’Index o la guida scena per scena) e i collegamenti tra personaggi, scene, concetti che ricostruisce, danno al libro la profondità che questo cerca fino alla fine di celare (riuscendoci), rivelandone la grandezza. E finendo per suggerire che un’opera del genere non possa essere valutata con le categorie normalmente applicate al romanzo, e che anche gli strumenti che si usano per interpretare la letteratura postmoderna in questo caso possano rivelarsi tragicamente parziali. Per apprezzarlo appieno bisognerebbe trattarlo come un film di David Lynch, come l’Ulysses di Joyce, o come alcuni cortocircuiti della Lost Experience.
A guardare in giro, non sono il solo ad averci messo tempo ad apprezzare Infinite Jest; ai tempi dell’uscita del libro, Dave Eggers lo recensiva su Might Magazine con impietosa sufficenza e più di una perplessità (testo completo qui), mentre ora, dieci anni dopo, lo troviamo a incensare l’opera nell’introduzione all’edizione del decennale. Un’introduzione (testo completo qui) che, per intenderci, dice cose tipo:
«It’s possible, with most contemporary novels, for an astute reader, if they are wont, to break it down into its parts, to take it apart as one would a car or Ikea shelving unit. That is, let’s say a reader is a sort of mechanic. And let’s say this particular reader-mechanic has worked on lots of books, and after a few hundred contemporary novels, the mechanic feels like he can take apart just about any book and put it back together again. That is, the mechanic recognizes the components of modern fiction, and can say, for example, I’ve seen this part before, so I know why it’s there and what it does. And this one, too—I recognize it. This part connects to this and performs this function. This one usually goes here, and does that. All of this is familiar enough. That’s no knock on the contemporary fiction that is recognizable and breakdown-able. This includes about 98 percent of the fiction we know and love.
But this is not possible with Infinite Jest. This book is like a spaceship with no recognizable components, no rivets or bolts, no entry points, no way to take it apart. It is very shiny, and it has no discernible flaws. If you could somehow smash it into smaller pieces, there would certainly be no way to put it back together again. It simply is». [#]
«Questo libro è come un’astronave senza componenti riconoscibili, niente viti nè bulloni, nessun accesso, nessun modo per smontarla. E’ molto lucida, e non ha difetti visibili. Se si riuscisse in qualche modo a ridurla in pezzi più piccoli, sarebbe sicuramente impossibile rimetterli insieme.»
Ci si è messo anche il formidabile genio, a prenderci per il culo?
Già, bella domanda. Io ho abbandonato. E mi sono ricordato del tuo post. Saluto.
leggi qui
io quelli che si nascondono dietro i superlativi non li capisco.
Cosa è “perfetto”? Cosa significa?
E’ così strano pretendere che una storia vagamente “perfetta” abbia un capo e una coda? Che alla fine di una narrazione si sappia se X ha veramente fatto sesso con Y o perché Z non riesce più a parlare? Dimmi che ti piace di più così, ok, i gusti sono gusti, ma non dire che è “perfetto” perché è esattamente l’opposto. Madame Bovary è perfetta. I Demoni sono perfetti. 1984 (da cui DFW è costretto a citare una scena di pacca perché non sarebbe stato in grado di fare di meglio) è perfetto. Non ti piacciono? Non lo discuto, i libri perfetti sono delle palle. Infinite Jest è interessante proprio perché è mostruoso, quasi in ogni sua singola parte.
“Come fai a non amare una banalissima partita di tennis o una semplice ragazza del tuo corso, dopo aver letto tutto questo?”
E’ sufficiente non frequentare corsi e non giocare a tennis. Però mi piacevano le repliche di mash.
bè, la comprensione di wallace prescinde da una buona conoscenza di wittgenstein…
E’ uno dei libri più clamorosi di sempre. Perfetto in ogni sua parola, in ogni suo punto, in ogni suo personaggio, in ogni sua storia e sotto-storia. E’ un poderoso e intelligente calcio a tutta la spazzatura che circola adesso, un libro per tutti e non. Come fai a non amare una banalissima partita di tennis o una semplice ragazza del tuo corso, dopo aver letto tutto questo?
Mr.Vigorous
Giuro che non mi ricordo, se l’ha comprato o no.
mai fidarsi delle cose sul comodino.
d.
Sono contento della rivalutazione.
Questo di Wallace mi manca… rimedierò dopo il mio bel Mordecai (Richler naturalmente) ;-)
Quando un solo romanzo consta di 1200 pagine (minimo 30 ore di lettura?), ci si deve sempre aspettare che dietro ci sia la volontà di fare del male al lettore. Perchè, mia opinione, uno che ri-corregge la bozza di un affarre di 1200 pagine (non importa il contenuto), è innanzitutto uno che ha fatto del male a se stesso! Cioè… Mi punisco per 3000 ore, ma poi ogni lettore darà 30 ore della sua vita (e darà anche denaro).
E’ una sorta di cilicio di carta.
ma lui, poi, l’ha comprato?
non fare come wallace che non finisce….
Io l’ho letto forse nel periodo meno indicato: avevo cominciato a scrivere una storia a puntate ambientata nel futuro e non avevo più la minima idea di dove andare a parare. Le opzioni vecchio stile (Bradbury, Dick, Orwell) mi sembravano retrò, ed è sbagliato diventare retrò quando si scrive al futuro. Allora mi sono chiesto: qual è l’autore di libri veri che negli ultimi anni si è trovato nella stessa situazione e ne è uscito bene?
Dopo un po’ sono incocciato in questo Infinite Jest e me lo sono letto; per scoprire appunto, verso pag. 1000, che in realtà non ne era uscito bene; non ne era uscito affatto. Si può parlare di opera volutamente complessa e senza fine; in realtà a me (che forse ho della scrittura una concezione più manuale) è sembrato piuttosto di vedere i cartelli dei lavori in corso, e l’eco di qualcuno che gli dice “metti punto perché non ti pubblicheremo più di totmila pagine”.
Devo anche dire che, avendolo letto rapidamente, un po’ sulla spiaggia e un po’ durante una Chiamata alle Supplenze, non mi è parso un libro “così” lungo: è semplicemente un libro molto popolato. In realtà ormai siamo talmente abituati a narrazioni seriali come i telefilm che ci aspettiamo anche da un libro almeno una 20ina di personaggi problematici: anche se fisicamente in un libro non ci stanno. I libri stanno cercando di diventare intrattenimento tv, con scarso esito.
La lezione che ne ho ricavato è: fottitene del finale, tanto l’80% dei lettori li hai già persi. Cerca di scrivere pezzi belli: ancora oggi di Infinite Jest mi ricordo i pezzi belli, certo non la struttura. Chi ha voglia di storie strutturate si faccia le saghe a fumetti. (Invecchiando si diventa crociani (nel senso di Croce Benedetto) e gli ampi affreschi sembrano tutti fumettoni).
Poi l’anno scorso ero nella libreria universitaria di Yale, giuro, e un ragazzone un po’ gualcito, l’equivalente locale dei nostri pancabbestia, mi chiede: “do you know this book?” Io di libri moderni in effetti ne leggo pochi, perché sto sempre su Internet, ma quel libro era IJ e gli ho detto Sì, l’ho letto. Non solo l’avevo letto ma mi sembrava un po’ di viverci: l’ossessione per l’ordine e per la pulizia in un paesaggio di monnezza; l’élite intellettuale a stretto contatto con gli slum; la solitudine, la religione dei 12 passi, e tante altre cose minuscole che respiravo.
“Ho in tasca solo i soldi per la cena. Devo mangiare o devo comprare questo libro?”
Vorrei avere avuto una risposta più brillante in quel momento, però in quel momento ho formulato il mio giudizio definitivo provvisorio su IJ: vale i soldi per una cena, e si ricorda con più gusto.
io non l’ho letto.
tuttavia, la prova del nove secondo me è questa: se ti venisse svelata la fine, se wallace in persona ti spiegasse ogni storia e il suo significato, ti piacerebbe di più o di meno?
se è la prima, mi puzza (appunto) di cagata. perché l’incompiutezza sarebbe fine a se stessa e potrebbe pertanto essere colmata.
se invece esiste un grande salto nel vuoto, da grande opera d’arte, la spiegazione finirebbe per banalizzare il tutto.
m.ari.o.
basta con la letteratura spazzatura!
Viva la GRANDE letteratura!!!
http://edizionistacchia.splinder.com/
subire in…silencio riferito a lynch è oltremodo appropriato….
ma.ri.o.
finalmente qualcosa sta cambiando nel rapporto autore/pubblico
e io che volevo consigliarti il pendolo di focault o in controtendenza stilistica la fortezza della solitudine di lethem :P
ps ele, hai deciso che leggi un libro solo praticamente da qui ai prossimi due anni? :)
Junkiepop
ps io comunque ho avuto un approccio lynchiano fatalista dove non arrivo a capire subisco in silenzio, e mi è piaciuto
vabeh, io mi sono fermata intorno a pagina 1000. ma non per smettere: per ricominciare da capo. per problemi tecnici non ho ancora ripreso a leggerlo, ma non ho minimamente cambiato idea.
volevo anche scriverci un post, su sta cosa, ma per un motivo o un altro non l’ho ancora fatto.
non so se quando finirò vivrò le stesse tue sensazioni.. ma al momento, e praticamente fin da pagina 67, lo *adoro*.
poi, appena finito in italiano, lo rileggo in inglese.
:P
e.
se l’hai letto nella traduzione italiana non puoi parlare.
rileggilo in inglese!! subito. ora.
mario