Se i soldi non fossero un fattore rilevante
Pitchfork sarà anche la webzine più antipatica del pianeta, ma quando il suo staff ci si mette è davvero tra i migliori a fotografare lo zeitgeist musicale, indipendente e non. L’articolo The Chumbawamba factor parte dall’intervista a Big Champagne -società specializzata nell’internet survey e, in particolare, nello stilare in modi più o meno fantasiosi la classifica delle canzoni più scaricate della rete- per dipingere un lucidissimo ritratto della situazione attuale e delle possibili evoluzioni del mercato discografico. Se si accettano le premesse di Big Champagne, studiando i flussi e le configurazioni seguite dal peer to peer e dal download legale è davvero possibile «assistere a quello che gli ascoltatori farebbero con la loro musica se i soldi non fossero un fattore rilevante». Bellissimo a dirsi, comodo a viversi (troppo?) ma più complicato di quanto sembra come fenomeno da valutare. Le conseguenze sono affascinanti e al contempo terrorizzanti: le library navigabili, gli audioscrobbler, i blog e i myspace creano geografie complesse di ascolto che tanto arricchiscono la personalità, le conoscenze e il gusto di chi entusiasticamente ne fa uso quanto sono rivelatrici di preziosissimi dettagli personali. In parole povere, per le ricerche di marketing sono una miniera d’oro di informazioni a costo zero. Inevitabile evoluzione della specie o Grande Fratello delle hit a tavolino anche nel mondo della musica indipendente? Per la risposta è ancora troppo presto. Chi è pronto da tempo a profetizzare la fine dell’industria discografica as we know it, però, potrebbe ahimè essere costretto a fare un passo indietro.
diranno che ‘ci verranno incontro’. e allora vediamo di essere da un’altra parte, come le famiglie auditel (Pompeo al proposito è tornato a bloggare, e più che bene!)
Forse hai ragione, in realtà non è esattamente lo stesso campo da gioco, e fenomeni del genere non sono una novità. Però vedere fino a che punto può arrivare la precisione delle indagini su dati che noi stessi, volontariamente, mettiamo in mano di chiunque voglia servirsene assume sfumature sinistre.
Ink, non mi inquieterei più di tanto. condivido il concetto che l’ampliamento del ventaglio dei media di massa allarga sia il campo d’azione per cool hunters [cercatori/teorizzatori dei nuovi trend], sia il campo di divulgazione per i trend setters, provocando di conseguenza, un maggior potere d’influenza sull’utenza. ma in fondo, questo è un meccanismo che si ripete sempre uguale già da molti anni. e comunque stiamo parlando di mode [i megatrend ce li siamo giocati da un pezzo: troppa carne al fuoco ormai] che svaniscono, in un attimo. insomma, tanto danno credo non lo possano fare.
Io invece la vedo in maniera un po’ più occulta, a livello di selezione più che di scrittura. Le band continueranno a fare le band e chi scrive le hit a bacchetta continuerà a farlo come già lo fa ora (solo con più cognizione di causa). Le etichette, le tv, i gionali, loro invece mi fanno paura, mi fa paura la possibilità di determinare a priori quello che avrà successo e, di fatto, di tagliare fuori il resto. Di questo i blog possono essere un buon antidoto, ma basta guardare i grandi m-blog americani per rendersi conto che un certo processo di selezione a priori è già in atto. Poi boh, forse sarò pessimista solo perchè sentire parlare di musica in termini così violentemente di marketing mi terrorizza sempre un po’..
e poi comunque i gusti sono così frammentati e parcellizzati (e lo diventano ancora di più man mano che aumenta l’accesso indiscriminato a ogni fonte sonora) che lo spazio per l’imprevedibilità ( e per il successo di musiche al di fuori di ogni strategia di marketing) non diminuisce affatto secondo me, anzi.
Franz, resteranno sempre gli indipendenti-indipendenti. Il rischio paventato riguarda solo chi nelle etichette ha soldi e ‘materiale umano’ (leggi: gonzi che sanno scrivere a comando e a bacchetta) per far editare il pezzo killer appunto a tavolino. Chi è fuori dal gioco avrà la stessa libertà di ora. Guarda i CYHSY…
_Enver: in teoria non fa una piega, ma in pratica mi fa molta paura. La predicibilità tanto necessaria alla aziende (che le nuove tecnologie aiutano) rischia di mettere a repentaglio la visibilità del disco imprevedibile che non ti aspetti e che ti fa secco..
_Massimo: esatto, era quello che intendevo sopra. Nella band battle vedo che Rihanna sta dando del filo da torcere a Missy Elliot. La domanda a questo punto è una sola: chi è Rihanna?
_Pat: disorientamento cognitivo, mi piace…
I Chumbawamba li avevo completamente dimenticati.. Articolo interessante, mi fa salire un pessimismo mica male. Vedere l’arte svilita in questo modo mi sembra molto triste. Non è una cosa nuova, ovviamente, ma sentirne parlare in questi termini è molto brutto. Ora però per depistare chi mi spia i file metto in condivisione anche quella merda che si scarica mia sorella, così imparano.
ma se fosse kosì la musica si conformerebbe troppo ad un unico standard.sbaglio forse!?
p.s
non centrerà molto col contesto ma stà andando molto d moda in zone spagnole/latine ecc (hit del momento) la camisa negra dei juanes..
post egregio. Anche secondo me la contromossa più facile al ‘contropotere’ del download è quella di creare a tavolino pezzi (singoli, soprattutto, piuttosto che interi album; o al massimo ep) mirati alla soddisfazione del downloader medio. Slsk-oriented anziché mtv-oriented… la qualità delle composizioni va da sé ne guadagnerebbe, isn’t it?