Fenomenologia del Loser
[un post un po’ pretenzioso, che parla di questo]
A metà anni ’90, essere dei Loser aveva delle connotazioni molto precise. Camicioni di flanella e t-shirt sdrucite, pessimismo venato di cinismo e ironia, chitarre strapazzate, suoni in bassa fedeltà, rivalutazione delle minoranze e delle subculture, con Beck, Coupland e Linklater a fare da portabandiera per la prima generazione nata senza nulla in cui credere. Negli anni successivi, quella del perdente -declinata nelle varianti slacker, nerd, geek e compagnia- è diventata una vera a propria estetica, celebrata da più parti e, in qualche misura, istituzionalizzata; inevitabile, ma non per questo meno calzante.
Time (and place) warp: dalle nostre parti, in musica, essere Loser qualche anno fa voleva dire mettere su dal nulla una webradio, ascoltare e promuovere piccole band italiane di rock indipendente con visibilità più che scarsa, finendo per crearsi un nome e un marchio ed approdare sui media tradizionali. Voleva dire farsi interprete dei tempi che cambiano, della fruizione della musica che si evolve, delle relazioni sociali che mutano luoghi e modi di aggregazione, e del concetto di Loser che assume connotazioni diverse. E Voleva dire creare e mettere a disposizione compilation di mp3 scaricabili gratuitamente (le tre Loser, my religion) quando nessuno lo faceva: contenti i musicisti che potevano farsi conoscere, contenti gli ascoltatori con un bel disco gratis da godersi.
Nel 2004 essere Loser ha un significato ancora diverso. Dopo lo sdoganamento del pop e del trash, dopo l’intellettualizzazione e la contemporanea democratizzazione dell’elettronica, con l’onnipotenza musicale data dai computer e dagli audio-tools e il calderone del peer to peer come blob totale a cui attingere senza restrizioni di sorta, il Loser non è più quello di una volta. Il remix e l’uso dei campionamenti sono talmente una prassi, e la commistione di generi talmente normale che solo l’ibridazione totale del bastard pop, che crea canzoni composte dalle parti di altri brani diversi, mischiando alto e basso, sacro e profano, e fregandosene della legge e delle convenzioni, riesce ad essere veramente rappresentativa dello stimolante smarrimento giocoso che esalta l’appassionato di musica.
L’ultima compilation Loser: Re-Login parte da qui, proponendo 8 brani che altro non sono se non i mash-up e i remix bastardpoppizzati dei brani delle vecchie 3 compilation di Loser; una scelta piuttosto coraggiosa, che da una parte si rivela sfortunata, mentre dall’altra vincente. Sul piano del risultato musicale, infatti, l’esito è piuttosto incerto. Come è già stato notato, il gioco del bastard pop rivela presto i suoi limiti quando i riferimenti intertestuali sono troppo oscuri, e non fanno parte dell’enciclopedia del pop rock come avviene di solito. Certo, quando il pezzo bootleggato è clamoroso come The sample and the loser dei Perturbazione (da LMR#3) i risultati raggiunti sono notevoli (ed è infatti il brano che compare più volte, ritoccato sia da Pinktronix che dai Girdini di Mirò). Le altre canzoni, invece, lasciano assai poca traccia.
Nonostante ciò -anzi, in parte proprio per questo-, Loser: Re-Login è anche un progetto vincente. Sul piano della rappresentatività e della filosofia sottesa ad un’operazione simile, il successo è totale: Loser rimane ancora una volta al passo coi tempi, realizzando l’unica compilation possibile con i mezzi che aveva, mostrandone così i limiti ma non rinunciando alla sfida. Anzi: nell’esplorare (all’interno della legalità, è bene ricordarlo) i confini di questo non-genere, Loser: Re-Login mostra nella maniera più chiara possibile quanto, quando viene a mancare la componente più spudoratamente pop, il tutto si riduca a qualcosa di non molto diverso dalla pratica del remix creativo. E’ messo in evidenza quindi l’esatta frontiera tra il classico bastard pop (clandestino, illegale, underground per sua natura) e una compilation del genere, che -per quanto digitale- ha tutti i crismi dell’ufficialità e della legalità, e regole cui suo malgrado deve sottostare. Come risultato non è poco, per quello che una volta era un semplice perdente.
Esistono pure gli Atomic Loosers di Bologna, non dimetichiamocelo!
ringrazio il mio press agent per la pubblicità. mi aggrego ai complimenti. elrocco
klloshar, the Albanian word for loser
siete tutti un po’ klloshar :-)
ottimo articolo :-)
mi permetto solo di precisare che oltre alle “debolezze” in un altro mio post avevo segnalato anche i pezzi più convincenti della compilation.
Di Loser4 ne parla anche elrocco.splinder.it.
ciao:e.
Winners don’t use drugs…I’m a loser
facendo la cronistoria mi hai fatto tornare in mente le chattate su mIRC con quelli della newsletter di loser… Cos’era? 2001? Sembrano passati dieci anni… Il progetto e l’idea son sempre stati validi… con l’ultima raccolta c’è forse l’intento di spiazzare ancora di più e la consapevolezza che più i risultati saranno buoni (anche solo in termini di passaparola) e più la cosa avrà dell’incredibile, del “prodigioso”… cià