Death Cab for Ben Gibbard
Caro Mr. Ben Gibbard, perchè l’hai fatto? Fino a 6 mesi fa non ti avevo mai sentito nominare, eppure adesso stavi rapidamente diventando uno dei miei beniamini musicali. Perchè ora devi rovinare tutto e pubblicare con i tuoi Death Cab for Cutie un album mediocre come Transatlanticism?
La prima volta che ti ho incontrato è stata in una compilation online di tributo a Bjork: la tua versione acustica di Jòga si stagliava nitida in mezzo ad un mare di interpretazioni mediocri. Ma mi sarei scordato presto del tuo nome, se un blogger al tempo sconosciuto non mi avesse dato in un commento, la dritta giusta: Ben Gibbard è quello dei Death Cab for Cutie, ora anche voce di Postal Service (in anteprima: uno dei 10 migliori dischi del 2003). Informazione provvidenziale (e verissima): il pop indietronico dei Postal Service è stato il sottofondo principale della mia primavera, mentre The Photo Album dei Death Cab for Cutie è rapidamente diventato uno dei miei cd preferiti. Il nuovo cd, in uscita ad Ottobre, doveva in teoria essere l’album della maturità. Doveva.
Non dico che Transatlanticism sia un brutto album, tutt’altro: rimane sempre una spanna sopra l’80% della produzione pop-rock, indipendente o meno. Contiene almeno un paio di grandi canzoni, come la trascinante The Sound of Settling (una scheggia di spensieratezza ed orecchiabilità stile Weezer; potenzialmente un hit da classifica) e Title and registration (un outtake dei Postal Service?), mentre la drammatica We looked like giants è uno splendido pezzo sulla giovinezza e l’amore perduto, che parte serrato, cresce smanioso e sfuma nel ricordo. Se i pezzi fossero tutti così, il cd sarebbe un capolavoro; peccato che gran parte delle altre canzoni siano invece noiose e debolucce come Lightness, Transatlanticism e Passenger Seat, ballate lente ed eteree, in cui pigri arpeggi chitarristici si fondono con uno stile pianistico a dir poco didascalico. Non ci si può far nulla: alla terza canzone del genere gli sbadigli non si trattengono più, inevitabili come il dubbio su cosa abbia spinto il taxi della morte (Death Cab) di Ben Gibbard lontano dalla strada dell’ottimo indie-rock d’autore che gli era solita per fargli intraprendere, in modo fallimentare, la strada di una musica pretenziosamente più ricercata. Speriamo sia solo una sbandata temporanea.
beh, la versione dei Gang è più vicino a quella di Cohen originale piuttosto che alla Cover di De Andrè… Lolli è Lolli… o lo adori o lo trovi inascoltabile ;-)
ciao
a.
Mah, a me le loro versioni non sono piaciute granchè, entrambe troppo enfatiche per i miei gusti (e IMHO per De Andrè).
ho letto solo adesso il tuo pensiero su “Non più i cadaveri dei soldati”… io consiglio “Giovanna D’Arco” dei Gang e “Via del campo” di Lolli… due persone che amo e che in un mondo (quello musicale) pieno di “schifo”, riescono a mantenersi nella bellezza dei margini… puri…
ciao
a.
“Dopo due ore passate a parlare coi Gang, ho capito che ha un senso quasi fatale, inevitabile il loro chiamarsi fuori dai giochi. I Gang
sono due galantuomini, orgogliosi, testardi, ma indifesi contro le porcherie: con loro si respira onestà. Gli errori che possono commettere,
odorano sempre di bucato. Mentre certi loro colleghi esibiscono virtù che puzzano di fogna.”
[Massimo Del Papa – Mucchio selvaggio]
ho come paura che no…