Le nove vite di Cat Power
Da brava gatta, Chan Marshall deve avere nove vite: un attimo sembrava prossima al come etilico, e l’attimo dopo era lì, che si agitava ballando al ritmo delle canzoni che piacciono a noi indie kidz, catalizzando, anche grazie al suo non trascurabile fascino, l’attenzione degli astanti. Non sembrava la stessa artista nevrotica e schiva che, seduta al buio in un angolo del palco, faceva temere la fuga dal momento all’altro e biascicava frasi all’indirizzo del pubblico e dei tecnici, confessano di essere ubriaca (ma và..?). Qualcuno è persino rimasto fino a tarda notte per vedere quanto avrebbe retto prima del collasso. Io me ne sono andato; il concerto mi aveva seriamente provato.
Non è stato un brutto concerto. Non è stato neanche un bel concerto. C’era della genialità e della meraviglia, qua e là, ma solo qua e là. Cat Power, infatti, ha al contempo deliziato e tediato la platea con un concerto equamente diviso tra canzoni quasi perfette, incorniciate da una chitarra liquida e da un violino illuminante (nonchè dalla splendida voce della stessa Chan, è chiaro), e noiosissime ed autocompiacenti canzoni solitarie al piano. Squarci di grande canzone d’autore, scarne e bellissime, ma anche monotonia e scarsissima considerazione per il pubblico, già messo alla prova dalla ressa delle grandi occasioni e dalla temperatura tropicale del Container. A me sta ancora simpatica, la vecchia Chan. E’ solo che non è tagliata -e non vuole esserlo- per fare la star.
io la cara signorina marshall l’avrei strangolata
ciao ink!
oggi sono tornata di nuovo online, la breve vacanza a bologna è stata molto movimentata….purtroppo sono arrivata tardi per la trasmissione radiofonica :(
non s’è smentita allora….. domani a roma faranno molto meglio gli oneida!